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Il Pepe rosa, (Schinus molle), spesso confuso con il Pepe rosso (Schinus terebinthifolius), è un albero della famiglia delle Anacardiaceae, originario degli altopiani di Perù, Bolivia, Argentina, Brasile e Cile.
Così come il Pepe rosso brasiliano, sebbene il Pepe rosa sia chiamato volgarmente “pepe”, non è imparentato con il Pepe nero (Piper nigrum).
Schinus: dal greco, simile al Lentisco.
Molle: morbido, elastico, flessuoso.
Conosciuto anche come: Falso pepe del Perù, Pepe peruviano, Lentisco del Perù, Pepe molle, Terebinto dalle foglie strette, Peruvian peppertree, American pepper, Escobilla, Rosé pepper, Molle del Perù, Peppercorn tree, California pepper tree, Pirul, Peruvian mastic, Anacahuita, Aguaribay, Pepperina, Faux poivre, Mastic du Pérou, Mollé d’Amérique, Poivrier sauvage, Peruanische Pfefferbaum, Aroeira-salsa, Periquita, Molho.
Coltivato a scopo ornamentale nelle parti più calde del Mediterraneo, anche in Italia, questo albero, che può raggiungere i 15 metri d’altezza, presenta rami flessuosi, chioma folta composta da foglie fitte e pinnate lunghe una ventina di centimetri, e fiori bianco-gialli raccolti in pannocchie pendule, con aroma pepato.
I frutti sono subglobosi di colore rosa vivo brillante a maturità, raccolti in densi grappoli, e contenenti un unico seme legnoso, globoso, dal colore che varia dal verde al rosso, rosa o viola, e che, alla frattura, emana un gradevole odore resinoso e pepato.
In Messico, il Pepe rosa è noto come Anacahuita ed è utilizzato per la preparazione del Pulque, una bevanda alcolica considerata sacra.
Nelle Ande, invece, è chiamato Quechua de Gualeguay.
La Schinus molle è raffigurata in statue a carattere religioso e in numerosi idoli dei nativi amerindi dell’odierno Cile.
Esistono prove archeologiche che l’antico Impero Wari, durante il periodo del Medio Orizzonte (600-1000 d.C.), utilizzava ampiamente le drupe di Pepe rosa, per produrre Chicha de molle, una bevanda alcolica fermentata simile alla birra, preparata solitamente con mais, quinoa, manioca, ecc.
Ma se, miscelata con i semi di Vilca (Adenanthera colubrina), si preparava una Chicha maggiormente allucinogena.
Le sue bacche rosa/rosse vengono vendute come grani di pepe rosa e spesso miscelate con pepe commerciale.
Esse vengono usate per insaporire sciroppi, aceti e varie bevande in Perù; vengono aggiunte ai vini in Cile e sono usate come sostituti (o come adulteranti) del pepe nei tropici.
Il frutto e le foglie sono, tuttavia, potenzialmente velenosi per il pollame, i maiali e probabilmente i vitelli.
Bisogna comunque usarlo con cautela in quanto tossico ad alte dosi, soprattutto per i bambini.
Nelle Ande, le foglie sono utilizzate per preparare una tintura naturale gialla per i tessuti, pratica che risale all’epoca precolombiana.
Gli Incas usavano l’olio delle sue foglie nelle prime pratiche di mummificazione, per preservare ed imbalsamare i loro morti.
Il Pepe peruviano ospita la Bombycommorpha bifascia, “Bruco dell’Albero del pepe”, una falena le cui larve si cibano del fogliame.
Nella medicina popolare, questo albero è utilizzato come analgesico, antimicotico, antitumorale, antispasmodico, diuretico, antisettico topico e per trattare l’ipertensione, le ferite, le infezioni batteriche e l’asma.
Studi farmacologici hanno riportato diverse proprietà come sedativo, antinfiammatorio, antimicrobico, insetticida, antifungino.
Le lesioni alla corteccia dell’albero di Pepe rosa producono un’essudato resinoso (una gommoresina detta Resina Molle o Mastice Americano) la quale forma gocce bianco latte di dimensioni variabili, che con il tempo cambiano di colore per diventare giallo rossicce.
Masticandole si ammorbidiscono e rilasciano un sapore aspro ed amaro, con un retrogusto simile a quello del Cubebe, il Pepe di Giava, ed un odore sgradevole, e si usano come purgante o da masticare, mentre in Uruguay si usano per il controllo della fertilità, mal di denti, reumatismi e purgante.
In Esoterismo, il Pepe rosa è utilizzato nelle pratiche di Stregoneria, Santeria, Voodoo e Reiki per la pulizia spirituale e la rimozione delle influenze malvagie, come il malocchio, l’invidia ed anche per portare fortuna, prosperità e buona salute.
Esso viene utilizzato nella Magia dell’amore, per accendere la passione tra due persone o migliorare ciò che già c’è.
E’ utile negli incantesimi di allontanamento, protezione e per comunicare con i defunti.
In molte culture sudamericane,è amato per le sue proprietà legate ai vantaggi spirituali, che includono la sua capacità di respingere gli spiriti maligni, purificare il corpo e la mente ed incoraggiare lo sviluppo spirituale.
Le persone spesso vedono l’albero come un simbolo di protezione e lo usano in vari rituali e cerimonie.
Usato nelle pratiche spirituali come la meditazione e la preghiera, si pensa
che il profumo calmante e le proprietà purificanti, contribuiscano a creare un ambiente pacifico e positivo e che, quindi, possa aiutare a promuovere la crescita spirituale e migliorare l’intuizione.
Infatti, molti si sentono più rilassati ed a proprio agio, dopo aver trascorso del tempo vicino all’albero del Pepe rosa, il quale aiuta le persone a connettersi con il proprio lato spirituale, per acquisire un senso più profondo sul significato e sullo scopo della propria vita.
L’uso più popolare del Pepe rosa è quello di fumigare gli ambienti, in uno smudge insieme con Salvia bianca.
Infatti, con il profumo distinto e pulito della Salvia dovrebbe scacciare gli spiriti maligni, purificare la stanza dei malati, allontanare le energie negative.
Insieme sono considerati l’erba più potenti per purificare l’Aura, la casa, gli oggetti), per allontanare i demoni, le malattie ed il cattivo umore.
L’elisir di fiori permette di “prendere coscienza dei propri limiti” e di lavorare su di essi, ed è legato all’archetipo paterno.
Nelle Ande questo albero è considerato il rifugio dei morti ed è sconsigliato addormentarsi alla sua ombra; mentre in Bolivia, si dice che la gente metta ancora rami di Pepe rosa nelle bare.
I curanderos (guaritori) messicani utilizzano i rami di questo Pepe peruviano nelle Limpias, i loro rituali di guarigione: i rami vengono fatti passare lentamente sul corpo del paziente per assorbire il disturbo, dopodiché vengono bruciati.
I grani di Pepe rosa si mettono nei sacchetti Mojo, in ottima combinazione con le foglie di Ruta, per tenere lontano tutto ciò che di negativo possa avvicinarsi a chi li indossa.
Oppure, queste piccole bacche rosa si utilizzano per realizzare collane e braccialetti, sempre a scopo protettivo.
Nelle giungle dell’Honduras si trovano frequentemente pietre, che portano l’impronta fossile di piante, felci e foglie varie e, quelli che conservano una bella e chiara impronta dei grani di Pepe rosa sono amuleti molto ricercati.
PIANETA: Marte
ELEMENTO: Fuoco
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO:Ariete/Bilancia
CHAKRA:2, Svadhisthana (C. Sacrale)
Spesso, erroneamente, pronunciamo le parole Hoodoo e Voodoo, credendo che siano dei sinonimi, ma non è così.
Innanzitutto, la differenza più importante tra loro è che il Voodoo è una vera religione, mentre l’Hoodoo no.
Il Voodoo ha i propri rituali, leader, insegnanti, rappresentanti e servizi, oltre a due rami distinti: il Vodou di New Orleans e della Louisiana e il Vodou di Haiti.
Hoodoo, invece, non è una religione, bensì una branca esoterica, praticata da individui, a volte chiamati Rootworker**, ovvero “medici delle radici” o “guaritori delle radici”, che affermano di detenere determinati poteri magici.
** Rootworker non si riferisce necessariamente ad erbe e piante o alle loro radici. Piuttosto, “radice” si riferisce ad intrugli o incantesimi magici, quindi un rootworker è qualcuno addestrato a creare incantesimi magici o altri artefatti magici e può sfruttare il potere soprannaturale per metterli in azione per il risultato desiderato**
Ma andiamo con ordine.
Voodoo, scritto anche Vodou, Voudou, Vudù, Vodun o Vaudou è una religione tradizionale afro-haitiana, che rappresenta un sincretismo tra la religione Vodun dell’Africa occidentale ed il Cattolicesimo romano, da parte dei discendenti dei Fon, Bakongo, Yoruba ed altri gruppi etnici, che erano stati ridotti in schiavitù e trasportati nella colonia Saint-Domingue (l’odierna Haiti), in parte cristianizzata dai missionari cattolici romani nel XVI e XVII secolo.
La parola Voodoo significa “spirito” o “divinità” nella lingua Fon, ed è una visione del mondo comprendente filosofia, medicina, legge e religione.
Il suo principio fondamentale è: tutto è spirito e gli esseri umani sono spiriti che abitano il Mondo visibile.
Il Mondo invisibile, invece, è popolato da Lwa (Spiriti), Mystè (Misteri), Anvizib (gli Invisibili), Zanj (angeli) e dagli spiriti degli antenati e dei defunti di recente.
Tutti questi spiriti vivono in una terra mitica chiamata Ginen, una “Africa” cosmica e sono stati creati dal Dio della Bibbia cristiana (creatore anche dell’Universo), chiamato Bondye, per aiutarlo a governare l’umanità ed il mondo naturale.
Scopo ed attività del Voodoo è “sevi lwa” (“servire gli spiriti”), offrire preghiere ed eseguire vari riti devozionali diretti a Dio e a particolari spiriti in cambio di salute, protezione e favore.
Così come in tante religioni del mondo, nella religione afro-haitiana gioca un ruolo importante la possessione spirituale pertanto, durante i riti religiosi, i credenti a volte entrano in uno stato di trance in cui il devoto può mangiare e bere, eseguire danze stilizzate, dare consigli ispirati soprannaturalmente alle persone, o eseguire cure mediche o imprese fisiche speciali.
Tutto ciò dimostra che il devoto in trance ha incarnata la presenza del Lwa, e tutta questa attività rituale, come la danza, i gesti, le preghiere, ha lo scopo di affinare e ripristinare l’equilibrio e l’energia nelle relazioni tra le persone e tra le persone e gli spiriti del Mondo invisibile.
Il Voodoo è una tradizione orale praticata da famiglie che ereditano dai loro anziani, gli spiriti familiari con le pratiche devozionali necessarie.
Sacerdoti e sacerdotesse (Oungan e Manbo), figli degli spiriti (Ounsi) e suonatori di tamburi rituali (Ountògi) sono riuniti in congregazioni (Sosvete), nelle quali viene trasmessa la conoscenza attraverso il Kanzo, un rito di iniziazione in cui il corpo diventa il luogo della trasformazione spirituale.
Esistono anche Bizango o Sanpwèl, società segrete che svolgono una funzione religioso-giuridica.
Nel Voodoo, Bondye non intercede direttamente nella vita degli esseri umani, lo fa attraverso i sacerdoti e le sacerdotesse che invocano i Lwa, di cui ci sono diversi tipi responsabili di vari aspetti della vita umana.
Tre sono le famiglie di spiriti più importanti del Voodoo:
= Rada (spiriti benevoli),
= Petro (spiriti arrabbiati, malvagi o violenti),
= Gede (quelli che hanno a che fare con la morte ed i defunti).
Molti spiriti Gede sono zombies, nel senso originale della parola, senza però mangiare i vivi o attaccarli violentemente, come nei film.
Nel Voodoo, uno zombie è una vittima, non un mostro, è un morto che cammina e deve prestare obbedienza alla persona che lo ha resuscitato dai morti.
Molti credono che l’idea degli zombies sia entrata nella cultura Voodoo haitiana come mezzo per esprimere la morte dell’essere uno schiavo, ovvero sia il concetto di zombie che lo stesso Voodoo, sono nati come forza spirituale tra gli schiavi per aiutarli a sopportare la loro sofferenza.
Nel Voodoo, durante l’anno si rispetta un calendario di feste rituali, che rispecchiano le date degli onomastici di quello cattolico romano.
Per esempio, gli Spiriti degli Antenati si festeggiano nel giorno di Ognissanti (1 novembre); gli Spiriti dei Defunti (2 novembre); Danballa, lo Spirito Lwa della Conoscenza, simboleggiato dalla biscia o dal boa, il giorno di San Patrizio (17 marzo); Ezilí Dantor, il più importante spirito-guida della famiglia Petro, il giorno della Madonna del Carmine (16 luglio); Ogou, semidio della guerra, del fuoco, del ferro, della caccia, dell’agricoltura, nel giorno di San Giacomo (25 luglio), e tanti altri.
Il Vodou haitiano (Vudù) nasce dalla fusione del cattolicesimo, della spiritualità occidentale e dell’Africa centrale, influenzata dagli schiavi fuggiti, che volevano ispirare ribellioni sotto un’identità spirituale comune.
Infatti, esso fu al centro dell’incitamento alla rivoluzione del 1791 ad Haiti contro la schiavitù e il colonialismo.
Dal 1835 al 1987, il governo haitiano bandì il Vodou con leggi che proibivano le pratiche rituali, ma che praticamente erano impossibili da attuare, in quanto esso era già diventato un sistema di credenze dominante, influenzando segretamente persino la cultura d’élite.
In seguito, la Chiesa di Roma costrinse Haiti ad adottare il Cattolicesimo romano come religione ufficiale, ma poi lanciò diverse campagne anti-Vodou, insieme alla Chiesa protestante, tanto da farlo associare prevalentemente alla Stregoneria.
Oggi, il Vodou è utilizzato in molteplici modi, soprattutto nella guarigione come sistema sanitario, in cui gli spazi religiosi possano diventare luoghi terapeutici dove i malati ricevono aiuto nella gestione di malattie e altre disgrazie.
Nonostante ciò, per molti, il Vodou rimane associato alla Stregoneria ed al culto satanico.
Hoodoo è una tradizione esoterico-spirituale, una forma di magia popolare tradizionale afro-americana, che si è sviluppata negli Stati Uniti da una combinazione di credenze di un certo numero di culture africane diverse, durante la tratta degli schiavi.
Non deve essere confuso con il Voodoo perché, sebbene anche l’Hoodoo sia nato come religione, ha perso lo status religioso dopo il 1880.
Nell’era storica, i quartieri degli schiavi della maggior parte delle piantagioni ospitavano almeno un praticante di Hoodoo, o un “rootworker**” (dottore della radice o guaritore della radice) a cui gli schiavi si rivolgevano per assistenza medica e spirituale.
Gli schiavi in genere si avvicinavano al medico europeo con sospetto, oppure non avevano accesso tempestivo alle cure mediche, anche perché le classi dei coltivatori europei chiamavano spesso un dottore come ultima risorsa, solo quando la produzione lavorativa era compromessa.
La maggior parte delle persone schiavizzate faceva quindi affidamento sui propri dottori, che combinavano la conoscenza medicinale delle piante con rituali soprannaturali per cure, protezioni e altri benefici per i credenti.
Le credenze Hoodoo sono puramente naturalistiche e le pratiche utilizzano materiali ottenuti naturalmente come erbe, minerali e persino animali.
Queste pratiche includono la guarigione a base di erbe, la venerazione degli antenati africani, la danza in cerchio in senso antiorario (Ring Shout), l’immersione in acqua, la musica sacra, la possessione spirituale, la divinazione, l’uso di incantesimi per la protezione spirituale contro i danni fisici e le evocazioni.
Nell’Hoodoo, un praticante attinge al potere spirituale che risiede dentro di sé per eseguire un rituale, per ottenere potere o successo.
L’Hoodoo è utilizzato per combattere disturbi comuni, intervenire e reindirizzare problemi relazionali, offrire protezione spirituale, portare fortuna, rendere omaggio o comunicare con gli antenati, fare divinazione ed attuare la vendetta, quando il sistema di giustizia sociale fallisce.
Arrivati in America, gli schiavi hanno preso in prestito la conoscenza delle proprietà curative delle piante e delle erbe locali dai guaritori dei nativi americani, anche per tentativi ed errori, iniziando poi a sperimentare per trovare cure simili parallele a quelle usate nelle loro terre d’origine africane.
Le pratiche Hoodoo vengono tipicamente tramandate generazionalmente, attraverso individui all’interno di famiglie riconosciute, per portare il manto di una speciale conoscenza rituale.
Esse hanno il compito di mantenere la responsabilità di utilizzare la loro conoscenza con saggezza ed a beneficio della comunità.
Ai credenti viene offerta l’opportunità di rivolgersi a questi specialisti rituali, per assumere il controllo delle proprie situazioni e, di concerto con l’intervento spirituale, per influenzare il destino.
In pratica, i rituali incoraggiano l’azione umana a raggiungere i risultati desiderati e forniscono un senso di potenziamento, che la preghiera da sola non potrebbe dare.
La cultura tradizionale di oggi spesso descrive l’Hoodoo come una pratica negativa, a causa dell’idea sbagliata comune, che tutti coloro che lo praticano siano avidi o corrotti; e ciò a causa della commercializzazione che ne ha modificato l’essenza, gli usi e la storia.
Il simbolismo del colore era ed è una componente forte nel folklore cosmologico dell’Africa occidentale: verde e giallo sono associati al vantaggio economico ed al successo in qualsiasi impresa; bianco e blu rappresentano l’acqua e gli spiriti dell’acqua e venivano usati per incantesimi di protezione.
Il bianco può essere rappresentato non solo dalla cera delle candele, ma anche con oggetti comuni per incantesimi protettivi.
Gli “alberi” in barattolo blu sono un comune ornamento da giardino contemporaneo nel sud-est, dove bottiglie di vetro blu sono posizionate all’estremità dei rami degli alberi o creano forme di alberi, appese ai rami o poste su espositori da giardino per portare fortuna, protezione e pace alla famiglia.
Rosso e bianco sono spesso associati ad incantesimi d’amore e/o rotture.
È inoltre possibile depositare nella terra borse/sacchetti evocatori (Mojo o Gris-gris) fatti di stoffa di flanella legati attorno ad altri oggetti, che aggiungono potere all’incantesimo.
Il sale è una sostanza usata nelle benedizioni ed oggi, quello nero, la cera di candela nera ed il tessuto nero sono tipicamente usati per maledizioni, fatture ed incantesimi di vendetta.
Spesso vicino alle tombe vengono sotterrati dei barattoli “vasi per incantesimi”, contenenti degli oggetti o del materiale, che hanno della cera versata sotto il coperchio con carta oleata sopra, per creare una chiusura ermetica.
I coperchi possono essere avvolti con un panno e legati con un nastro dello stesso colore, che varia sempre a seconda dell’associazione a cui sono destinati.
I vasi possono contenere monete, foto, candele, materiale organico, erbe, peperoncino, uova e tanto altro, dipende sempre dall’uso che bisogna farne.
Un tipo di vaso è quello che contiene gli “incantesimi di richiesta” o “incantesimi dannosi” (negativi), che richiedono l’aiuto degli spiriti o degli antenati.
Esso solitamente all’esterno è ricoperto di stoffa, nastri e cera neri, mentre all’interno contiene urina, ammoniaca, peperoncini rossi, insomma tutti oggetti o vegetali che parlano di rabbia e/o maledizione.
Invece, per un “incantesimo di petizione” si richiede che il vaso venga posto su un altare nella casa del “dottore della radice”, per un certo numero di giorni prima di essere avviato con un rituale al cimitero.
Poi ci sono gli “incantesimi di relazione”, che hanno a che fare con una rottura e che maledicono le persone, che il richiedente ritiene responsabili del loro dolore e sofferenza.
Insomma, l’Hoodoo è una tradizione magica molto e troppo complessa e, per praticarlo, devi essere in grado di interagire con la sua storia.
Per quanto possa infastidire sentirlo, i “bianchi” non possono praticare Hoodoo, perché non possono coinvolgere gli antenati degli oppressori dei “neri” ed impegnarli nelle loro tradizioni magiche.
Inoltre, sebbene le parole “Voodoo” ed “Hoodoo” siano talvolta usate in modo intercambiabile a causa di incomprensioni o disinformazione, si riferiscono a tradizioni nettamente diverse con origini e pratiche diverse.
Quindi, confondere queste tradizioni può portare all’ignoranza e agli stereotipi, che possono essere offensivi per i praticanti e per le culture da cui provengono, mentre una rappresentazione accurata promuove il rispetto e la comprensione delle diverse pratiche e credenze culturali.
Ma questo vale per tutte le cose di cui non conosciamo esattamente origine, uso, effetti ed efficacia.
Diffidate sempre dei ciarlatani…
Nell’Hoodoo, il Mojo è un amuleto costituito solitamente da un sacchetto di stoffa, preferibilmente flanella rossa (poiché il colore rosso è usato per proteggere chi lo indossa dal male e dal potere spirituale), in alternativa va bene anche nero, marrone o verde, contenente uno o più oggetti magici, ma come contenitore si possono usare anche bustine, zucche, bottiglie, conchiglie ed altro.
La creazione di Mojo è un sistema esoterico della magia afro-americana, che prevede a volte l’alloggiamento degli spiriti all’interno di questi contenitori per protezione, guarigione o danno, e per consultarsi con gli spiriti.
Altre volte invece, il Mojo viene creato per manifestare risultati nella vita di una persona come buona fortuna, denaro o amore.
E’ come un incantesimo che può essere portato con sé, o sul corpo del richiedente.
Il nome Mojo deriva dalla lingua kikongo (lingua bantu del Congo) “mooyo”, che si riferisce agli “spiriti che dimorano negli incantesimi magici” (nkisi, contenitore degli spiriti), oppure da “moco’o” = “stregone” nella famiglia Fula delle lingue dell’Africa.
Esistono svariati tipi di Mojo, che può essere chiamato pure Gris-gris, Juju, Mano, ecc, a seconda che provengano dalle culture dei nativi americani o dal sud America.
Ma esso ha avuto origine nell’Africa centrale ed occidentale, arrivando poi in America con l’avvento della schiavitù.
Il Mojo ha una grande importanza nella storia e nella cultura delle delle piantagioni africane.
Gli abitanti dell’Africa centrale ed occidentale praticavano l’arte spirituale di creare borse magiche per protezione, guarigione e per comunicare con gli spiriti.
Originariamente il Mojo era adornato con scritture islamiche e veniva utilizzato per allontanare gli spiriti maligni o la sfortuna, e spesso erano indossati sia dai non credenti che dai credenti, oltre ad essere attaccati agli edifici.
Con la schiavitù, la pratica dell’uso del Mojo arrivò negli Stati Uniti, venendo rapidamente adottata dai praticanti del Voodoo ed Hoodoo della Louisiana e dal Vudù ad Haiti.
Di seguito, l’origine di alcuni nomi utilizzati per questi amuleti.
Il popolo Mandinka della Sierra Leone, chiamati anche Malinke o Mandingo, furono il primo gruppo musulmano schiavizzato ad arrivare nelle Americhe.
Quest’etnia era nota per le sue potenti borse da evocazione, chiamate Gris-gris (ed in seguito ribattezzate Mojo negli Stati Uniti), col significato di “feticcio”, in quanto le consideravano “cose viventi”.
Tutte le altre persone schiavizzate si rivolgevano ai Mandinka per servizi di magia, chiedendogli di realizzare questi sacchettini, per proteggersi dai loro schiavisti.
I popoli Bakongo e Yoruba dell’Africa centro-occidentale, invece, creavano borse medicinali, utilizzando pelle o stoffa, nei quali vi collocavano piume, parti di animali, radici, erbe e altri ingredienti per proteggerli.
Quando furono ridotti in schiavitù e portati negli Stati Uniti, la pratica di utilizzare piume, parti di animali, ossa di animali e umane ed altri ingredienti per creare sacchetti di Mojo, continuò nelle comunità afroamericane, secondo la tradizione di Hoodoo.
Infatti, qui iniziarono a portare Nkisi, Wanga (bambola) ed altri oggetti portafortuna, per allontanare ed invertire il male e per curare le malattie.
I sacchetti magici si chiamavano Juju, parola usata anche per descrivere tutte le forme di ciondoli realizzati in Hoodoo.
Questi Juju africani influenzarono la creazione delle borse Mojo e la pratica filosofica spirituale nelle comunità afro-americane.
Essi venivano appesi agli alberi, legati ad una corda, o indossati sotto i vestiti per provocare un effetto sul bersaglio prestabilito.
I Bakongo dicevano che i “Simbi” (Spirito dell’acqua) potevano dimorare nelle borse evocatrici (Mojo), per curare o proteggere un individuo o una comunità.
Chi creava il Mojo si chiamava Nganga e lo faceva utilizzando ingredienti specifici adatti ad un certo Simbi, per invocarlo nella borsa dell’evocazione.
Quindi, la filosofia spirituale dello Juju ha influenzato la creazione del Mojo, poiché gli Afroamericani includono alcuni ingredienti naturali ed animali, come ossa, artigli o denti di animali, ossa umane o terra di cimitero, per ospitare uno spirito Simbi o uno spirito ancestrale all’interno di questo sacchetto per protezione o guarigione.
Per quanto riguarda il termine “Mano”, alcuni archeologi hanno trovato in una piantagione del Tennessee, alcuni ciondoli-amuleti, tra cui radici portafortuna, ossa di pene di procione, ceramiche, perline blu e “mani Mojo”.
La parola Mano, quindi, è definita come una combinazione di ingredienti messi nel sacchetto, tra cui ossa delle dita e delle mani dei morti trovati, che ne prende il nome.
Col tempo la creazione del Mojo si “americanizzò”, quando i Neri in America usarono materiali del luogo e la reinterpretarono applicando concetti cristiani od islamici.
I Mojo vengono utilizzati per radicare gli spiriti in determinati luoghi, per impedire a quelli dei morti di tornare e perseguitare i vivi, e si posizionano gli ultimi oggetti che i defunti hanno toccato sopra le loro tombe.
Questi ultimi oggetti toccati dai morti vengono preventivamente posti all’interno dei sacchetti Mojo, per trasportare lo spirito del defunto insieme ai vivi per protezione.
Prima che una borsa Mojo possa essere usata, deve essere “risvegliata”, ovvero deve essere nutrita e pregata da un prete o da uno “stregone”.
Ciò avviene tramite una preghiera detta sopra la borsa, che solitamente coincide con la religione del santone o di chi la indossa.
Dopo che il Mojo è stato pregato, viene “nutrito”, per mantenerlo attivo, nel senso che viene unto con un liquido come alcol, acqua santa o profumo; ma si può anche bruciare dell’incenso o delle erbe sopra di esso, per nutrirlo.
Per riempire il Mojo si possono usare diversi ingredienti, tra cui: erbe, radici, chiodi, aghi, parti di animali, capelli, ditali, terra tombale, minerali, monete, cristalli, terra rossa, lana d’acciaio, argilla, semi di zucca, calamita, polvere d’incenso, gettoni di buona fortuna e amuleti intagliati, ad ognuno dei quali viene assegnato uno scopo ben preciso.
Importantissimo è che gli ingredienti siano di numero dispari.
Naturalmente, nessun Mojo è uguale per tutti in quanto, prima di prepararne uno, il cliente consulta un preparatore, Rootworker, o un prete, per riferirgli esattamente ciò di cui ha bisogno.
Aghi e chiodi vengono spesso usati per Mojo protettivi; denti ed artigli di alligatore per fortuna nella vita e nel gioco d’azzardo; cannella e petali di fiori per attirare l’amore nella vita di chi lo indossa.
La cosa più importante, comunque, è il successo del Mojo che dipende da chi lo indossa, in quanto deve tenerlo sempre vicino a sé e assolutamente nascosto agli occhi degli altri.
Infatti, se qualcuno fosse a conoscenza che una persona indossa una borsa Mojo, la metterebbe a rischio sia nella riuscita che nella propria sicurezza.
La maggior parte degli uomini appunta il Mojo nella tasca sinistra dei pantaloni, mentre le donne lo appuntano al reggiseno, o alla biancheria intima, o attorno alle cosce.
Per i primi tre giorni, bisogna tenere il sacchettino Mojo a contatto con la pelle, mettendolo sotto il cuscino durante la notte.
Con il passare delle settimane, e se la tua richiesta non sembra manifestarsi, potrebbe essere il momento di nutrire di nuovo la tua borsa Mojo: basta strofinarle un po’ d’olio sopra, ogni volta che senti il bisogno di un sollievo magico.
Ma perché potresti utilizzare un sacchetto Mojo?
Per esempio, se oggi tu hai un buon successo, sei popolare, persuasivo, potrebbe non essere una condizione permanente, giusto?
Quindi, procurarti una di queste borsettine magiche, potrebbe aiutarti a proteggerti.
Oppure, hai bisogno di riaccendere quella scintilla di ispirazione, per aiutarti a riconnetterti all’impegno ed alla motivazione, che ti occorrono nella vita.
Il Mojo può essere utile per chi si scoraggia facilmente a causa degli intoppi e si arrende; fatica a portare a termine le cose; si sente stanco, abbattuto e piatto e può dubitare della propria capacità di affrontare la giornata ed i compiti da svolgere.
E’ valido quando sono richiesti sforzo ed impegno, perché le cose sembrano troppo complicate e si ha voglia di abbandonare tutto.
Il potenziale positivo del Mojo è di farti sentire la volontà di dare una possibilità, di rispondere positivamente alle sfide della vita con tenacia e una mentalità di risoluzione dei problemi.
Per aiutarti a ripristinare un senso di ambizione, con resistenza nei momenti di stress e rinnovato interesse per la vita.
Ma può servire anche per aumentare la fedeltà e l’impegno, e creare forti legami d’amore tra te e il tuo partner.
Alcune donne ne portano uno appositamente creato allo scopo di controllare il proprio uomo….
E’ chiamato “sacchetto della natura” ed anticamente era utilizzato anche per mantenere fedele un amante, o allontanare un marito, in quanto i suoi contenuti sono legati all’amore, alla devozione e al dominio.
Solitamente esso dovrebbe contenere necessariamente anche radice di Iris di Jezebel (Iris hexagona), ampiamente usata nella magia dell’amore in Hoodoo, e conosciuta anche come ‘Love Drawing Herb’, o ‘Radice della regina Elisabetta’.
Oltre ad essa, è consuetudine usare il sangue mestruale come elemento chiave, così come lo sperma dell’uomo coinvolto.
Esiste anche un Mojo in chiave moderna, chiamato “Jackball”, realizzato ed utilizzato in modo molto diverso: contiene anche radici ed altri componenti tipici del Mojo, ma essi vengono racchiusi in una palla di cera d’api, aggiungendola lentamente agli ingredienti e modellando una palla.
Si avvolge, quindi, in filo rosso o spago rosso, lasciando dietro di sé una lunga coda, una volta completato.
Il Jackball è considerato incantesimo/contenitore, che invoca la stessa energia che si utilizzerebbe per creare un Mojo o una bottiglia di strega.
E’ usato come talismano per proteggersi dal male, per influenzare gli altri, per conferire maestria al custode e può anche essere usato per la divinazione, come il pendolo.
Certo, alcuni utilizzano il Mojo come strumento dannoso, per maledire altre persone, spesso lasciato sulle lapidi di chi è stato crudele in vita, o appeso su edifici e case di chi si odia.
Ma io voglio pensare, che la maggior parte di noi lo utilizzi solo in maniera positiva, come portatore di buona fortuna, rispecchiando la parte “buona” della pratica Voodoo.
Insomma, il Mojo deve essere creato per manifestare risultati nella vita di una persona come buona fortuna, denaro, amore, benessere.
Basta usare i giusti ingredienti appropriati ed indossarlo in un luogo segreto del tuo corpo.
Cosa aspetti…
“La nostra Arte ha molte forme di rituali e cerimonie in tutto il mondo.
Non possiamo ignorare i principi basilari di ciò che chiamiamo magia e religione
più di quanto non possiamo ignorare le leggi della fisica e della chimica,
per quanto diversi siano il linguaggio e l’attrezzatura di laboratorio.”
—Cora Anderson–
Feri (o Faerie, Faery, Fairy) è una tradizione neopagana americana legata alla Stregoneria, fondata nella costa occidentale degli Stati Uniti tra gli anni ’50 e ’60 da Victor Henry Anderson e sua moglie Cora.
La coppia si era sposata nel 1944, affermando di essersi incontrati molte volte prima di farlo, nel Regno astrale, un luogo metafisico in cui la dimensione spirituale superiore si abbassa di livello, tramutandosi in energia psichica, in pratica una sorta di limbo situato tra il mondo dello spirito e quello terrestre.
Fin dall’infanzia, Cora era stata esposta alle pratiche di magia popolare, quindi non era neofita sull’argomento.
Victor, invece raccontava che, da piccolo, aveva trovato una donna minuscola e bruna nei boschi vicino a casa sua in Oregon, seduta nuda in cerchio, circondata da diverse ciotole di ottone piene di varie erbe.
Era stato attirato fuori da casa, dal suono dei tamburi e la donna gli disse che era una strega, lo accolse nel cerchio e lui, istintivamente, si spogliò e fu iniziato sessualmente.
Dopodiché, gli fece avere una visione, in cui lui poteva vedere perfettamente nonostante fosse quasi totalmente al buio, e dove la donna divenne la Dea posta in alto in un brillante cielo tropicale pieno di stelle.
La luna era verde e lui era consapevole dei suoni e degli odori della giungla attorno a lui, dalla quale emerse un uomo bellissimo, nudo, effeminato e tuttavia potente, col suo fallo eretto, aveva le corna e una fiamma blu si irradiava dalla sua testa.
Dopo alcune comunicazioni da parte degli spiriti, la visione svanì e la donna lo istruì nell’uso rituale delle diverse erbe e tisane che li circondavano, lo lavò con burro, olio e sale e gli disse anche, che avrebbe dovuto essere paziente, perché alla fine sarebbe stato trovato da altri come lui, e poi proseguì per la sua strada.
Quando gli Anderson si sposarono, da subito iniziarono a praticare alcuni rituali, erigendo un altare in casa, chiamando il figlio con un nome ricevuto in sogno, dedicandosi agli Dei, ecc.
Victor, per un certo periodo di tempo, ebbe contatti con Gerald Gardner (creatore del Libro delle Ombre ed esponente della Rede Wicca) dal quale, si pensa, che egli trasse una sorta di “guida di stile” per lo sviluppo della sua tradizione di Stregoneria neopagana.
Negli anni ’60, gli Anderson fondarono una congrega, chiamandola Māhealani, dalla parola hawaiana “Luna piena”, avviandovi un certo numero di persone, tra cui Gwydion Pendderwen, esperto di Esoterismo.
Questi contribuì allo sviluppo di quella che divenne nota in seguito come tradizione Feri, quindi in un certo senso ne fu un cofondatore, insieme con gli Anderson.
Dopo vari tentativi, chiusure e nuove fondazioni, durante i successivi quattro decenni, gli Anderson iniziarono alla loro tradizione Feri circa trenta persone, dove lo stesso Anderson era considerato il “maestro fondatore” e la “voce seminale”.
Ma, in realtà, sembra che egli si considerasse un “Gran Maestro e un capo delle fate”.
Egli era la voce originale di Feri e diede inizio ad alcuni dei luminari pagani più influenti nel movimento della Stregoneria di oggi.
Inizialmente il nome originale di questa tradizione era Vicia ed il nome Fairy (Fata) si sovrappose ad esso in modo quasi accidentale, in quanto si usava spesso quella parola, parlando degli spiriti della natura e della magia celtica.
All’inizio, gli adepti scrivevano alternativamente il nome della tradizione come Fairy, Faery o Faerie, ma Anderson iniziò ad usare Feri durante gli anni ’90, per differenziarlo più facilmente da altre tradizioni Wiccan con nomi uguali o simili.
Sua moglie invece affermava che Feri fosse un nome originale, che significava “le cose della magia“.
Feri è principalmente una tradizione orale, non esiste un modo “ufficiale” di tramandarla scrivendone.
Feri è davvero paradossale, non ci sono molte regole su rituali e pratiche, non esiste quasi nemmeno un insieme di regole etiche solide ed intellettualizzate.
La tradizione Feri cerca di trasformare l’individuo attraverso pratiche di magia rituale, meditazione e lavoro energetico, traendo potere da varie culture e dai loro sistemi magici, incluso Huna, Evocazioni, Hoodoo, Voodoo, Tantra, Folclore celtico, Misticismo cristiano, Mitologia Yezidi, Gnosi greca, ecc.
Quindi integra la magia ed i misteri delle culture antiche e in evoluzione nel suo ricco arazzo spirituale, attraverso l’esperienza diretta, mentre gli aderenti includono praticanti dedicati e persone iniziate ritualmente ai suoi misteri.
I praticanti la descrivono come una tradizione estatica, che pone molta enfasi sull’esperienza sensuale e sulla consapevolezza, compreso il misticismo sessuale, che non si limita all’espressione eterosessuale.
Anche se alcune persone la confondono ancora con i Radical Faeries, non è specificamente una “tradizione gay”, in quanto vengono onorati allo stesso modo tutti i generi e gli orientamenti sessuali.
La tradizione, fondamentalmente relazionale, afferma la natura erotica dell’essere in tutte le cose, in particolare nell’ecosistema interdipendente di cui gli esseri umani fanno parte.
La forza vitale nelle sue pratiche nasce dall’amore e dal desiderio tra Sé e l’Altro, che sono parte l’uno dell’altro, riflessi di una nascita divina e santa.
Feri afferma che l’Universo non abbia avuto inizio con parole o comandamenti, bensì facendo l’amore, pertanto onora questo modo di essere non solo nelle pratiche apertamente spirituali, ma in ogni respiro e momento della vita degli adepti.
I principi base della Tradizione Feri sono:
1–Uguaglianza tra gli Iniziati: Nessun Iniziato Feri ha autorità su un altro. L’insegnante o un tutore possono sentirsi protettivi e desiderare guidare il nuovo Iniziato, ma ciò deve essere fatto riconoscendolo come loro pari. Ogni Iniziato è autonomo e libero, legato agli altri Iniziati solo dall’amore.
2–Rapporti reciproci e consensuali: nel mito della Creazione, la Dea delle Stelle guarda nello specchio dello spazio dicendo che, ciò che sperimentiamo è il nostro riflesso. La frase: “Fai agli altri quello che vorresti fatto a te” dimostra che la reciprocità è la base di tutte le interazioni autentiche. Inoltre mostra che l’amore per l’altro scaturisce dal sentimento d’amore interiore, che l’amore e il desiderio di unirsi all’amore sono santi. Il sesso è sacro di per sé e, naturalmente, deve essere assolutamente consensuale, altrimenti non sarà espressione di amore, ma di potere. La predazione sessuale è la peggiore forma di violazione contro l’umanità e viene condannata vigorosamente. Quando è consensuale, il sesso deve essere celebrato come un atto divino ed in tutte le sue forme.
3–Rapporti comunitari etici: Bisogna rispettare tutti i ricercatori e gli studenti, così come tutti gli Iniziati, in quanto figli della Dea delle Stelle, quindi è necessario trattare tutti i soggetti coinvolti con tatto, cortesia e cura. Insegnare richiede molto lavoro, e qualche insegnante potrebbe ritenere che gli debba spettare un compenso. Ma gli Anderson non hanno mai richiesto alcuna forma di pagamento, manodopera o altro compenso per il loro insegnamento, per cui il miglior “pagamento” che un insegnante possa ricevere, dovrebbe essere che lo studente si eserciti bene e poi si assicuri che gli insegnamenti vengano trasmessi correttamente. Questo è l’unico scambio energetico necessario per una sana relazione insegnante/studente, così da trasmettere il beneficio che è stato donato gratuitamente all’insegnante.
4–Responsabilità nell’insegnamento: L’autoritarismo non è necessariamente inerente alla gerarchia, perché facilmente può generare paura che, con il conseguente desiderio di controllare l’altro, può portare a complessi di superiorità/inferiorità, che possono interferire con relazioni sane. Nelle strutture gerarchiche della congrega, l’insegnante governa il cerchio, ma deve sempre comprendere il valore dei propri studenti, non per le loro capacità, ma per quello che sono. Se l’insegnante non riconosce il valore intrinseco dello studente fin dall’inizio della formazione, in seguito non accetterà mai pienamente la sua parità: si è tutti uguali, anche se non si posseggono uguali livelli di abilità o conoscenza.
5–Ospitalità: Il modo in cui si trattano gli altri è racchiuso nella propria ospitalità, o nella sua mancanza, per cui riflette ciò che si ha nel proprio cuore. Essere consapevoli nell’accogliere gli ospiti e nel prendersi cura delle loro esigenze aiuta a creare calore e rispetto tra tutte le persone della casa, siano esse nuove arrivate o vecchi amici, giocando anche un ruolo importante nei luoghi pubblici, fisici o elettronici.
6– Trattamento rispettoso delle opere creative: Gli Iniziati Feri ed i loro studenti hanno responsabilità nei confronti degli altri Iniziati, riguardo ai loro contributi originali alla tradizione, come rituali, poesia e liturgia. Per esempio, divulgare senza permesso del materiale ricevuto in via confidenziale da un altro adepto, equivale a rubare il lavoro creativo di questa persona. Inoltre, a causa di questa violazione della fiducia, i materiali formativi tradizionali che richiedono un contesto ed una guida individuale, diventano così di dominio pubblico, e possono essere facilmente fraintesi, sfruttati o utilizzati in modo non etico.
Naturalmente questi sono solo alcuni dei principi Feri, che oggi è una tradizione mondiale, con la maggior parte dei suoi aderenti che risiede ancora sulla costa occidentale dell’America.
Essa ha avuto un enorme impatto sull’insegnamento e la visione particolarmente “aperta”, che deve aver dato ai suoi studenti.
Nonostante ciò, non tutti conoscono la Tradizione Feri, non tutti sono consapevoli delle innumerevoli sue connessioni o di quanta gratitudine possa esser scaturita da questo tesoro vivente, quanto le dovremmo tutti noi, spesso sembra una storia ai margini.
Ma soprattutto, Feri è una pratica per persone ribelli, intese come insofferenti di ogni autorità, soggezione ed imposizione negativa.
Ribelli che insorgono contro gli oppressori, l’ipocrisia, l’ingiustizia e la mancanza di libertà.
Non si possono stabilire regole per i ribelli.
Si dice che gli Iniziati Feri abbiano un certo luccichio negli occhi o un profumo che li rende riconoscibili.
Potrebbe essere vero…
“Essere Feri significa essere una brava persona”
–Cora Anderson–
Drimia è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Asparagacee, spesso confuso col genere Scilla o con l’Asfodelo.
Questo genere comprende un centinaio di specie, di cui una molto conosciuta è la Drimia maritima (o Urginea maritima, o Charybdis pancration), chiamata comunemente anche Cipolla di mare, Scilla marittima, Squilla, Carpentaria, Sea squill, Meerzwiebel, Crusader Spear, Scille maritime, Escilla blanca.
‘Drimia’ deriva dal greco e significa “aspro, amaro”, in riferimento al sapore del suo bulbo.
‘Scilla’, dal greco ‘sculleum’, significa ‘straziare, tormentare’, alludendo alle proprietà venefiche del bulbo.
‘Urginea’, per il territorio della tribù araba dei Beni Urgin, presso Bonav in Algeria, dove la pianta cresce spontanea.
‘Charybdis’ è il nome greco di Cariddi, uno dei mitici mostri a difesa dello stretto di Messina; mentre ‘pancration’ deriva sempre dal greco e significa “supero tutto, vinco tutto”, probabilmente per la capacità della pianta di resistere alle condizioni estreme dell’habitat.
Pianta caratteristica del bacino del Mediterraneo, cresce spontanea soprattutto nelle vicinanze delle coste occidentali della penisola italiana, su spiagge, garighe, in suoli sassosi e rocciosi.
E’ presente in quasi tutte le regioni dell’Italia centrale e meridionale, in Sardegna, tranne che in Toscana, nelle Marche e in Molise.
La Drimia marittima è caratterizzata da un grosso bulbo, che può superare i 3-4 kg di peso, da foglie strette e lineari, e dallo scapo fiorale alto fino a 1 m, con fiori bianchi o rosa in grappolo.
I fiori sono disposti stretti tutto lungo il grappolo e sono molto profumati.
Il bulbo può raggiungere anche i 30 cm di diametro, ha odore neutro, ed il suo sapore è acre ed amaro.
Il frutto è costituito da una capsula derivata dall’ingrossamento dell’ovario che, col vento, si apre a maturità liberando, i numerosi semi alati.
Infatti, i semi sono dotati di un’ampia ala di colore nero lucido, di forma vagamente ellittica che, se liberati dalla sottile membrana che li ricopre, si presentano fusiformi e color crema.
E’ una pianta ingegnosa in quanto, poiché da un grande bulbo, ha a disposizione una riserva di nutrienti ed acqua.
All’inizio della primavera produce foglie, che fungono come pannelli solari, assorbendo l’energia luminosa, la quale provoca una reazione chimica, nota come fotosintesi.
Ciò determina una reazione chimica, che combina acqua e anidride carbonica insieme ai minerali assorbiti dal suolo attraverso le radici, per produrre materia organica.
All’inizio dell’estate, quando il terreno è completamente secco, le foglie avvizziscono e muoiono, ma la pianta sopravvive a questo periodo difficile con il suo bulbo sotterraneo.
A fine estate, così parte della pianta utilizzerà parte del cibo immagazzinato nel bulbo, per avere la forza di produrre fiori e semi.
Nota dall’antichità con il nome Scilla, con tale nome viene tuttora frequentemente richiesta, soprattutto in erboristeria.
La Drimia marittima è una droga molto antica, conosciuta dagli Egiziani, dai Greci e dagli Arabi.
In Egitto, anticamente questa pianta era consacrata al Dio Tifone.
Le mummie delle donne egiziane avevano spesso la Drimia marittima in una mano, probabilmente come emblema della generazione.
Gli Egiziani piantavano la Scilla nei boschetti e l’appendevano nelle loro case per preservarle dagli spiriti maligni.
In Arcadia, alla festa del Dio Pan, la statua della divinità era decorata con Drimie.
Dioscoride, Plinio e Galeno conoscevano i suoi effetti cardiotonici e diuretici.
La Drimia era conosciuta fin dai tempi di Ippocrate, Galeno, Teofrasto e Plinio, per le sue proprietà medicinali diuretiche.
Nel XVIII secolo, era famosa per le sue proprietà cardiotoniche simili a quelle della Digitale, dalla quale fu poi soppiantata un secolo dopo.
La Drimia era utilizzata anche per il trattamento della tosse e dell’artrite, come diuretico ed emetico.
La pianta veniva consumata sotto forma di tisana per la cura di bronchiti, asma bronchiale, tosse, idropisia ed insufficienza cardiaca congestizia.
Oppure, si applicava esternamente al cuoio capelluto contro la forfora grassa e la seborrea.
ATTENZIONE: PIANTA CONTENENTE ALCALOIDI MOLTO TOSSICI, MORTALI.
Durante la prima Guerra mondiale, questa pianta ha contribuito ad incrementare la mortalità tra i prigionieri austro-ungarici giunti sull’Isola dell’Asinara.
Essi, per la penuria di cibo, utilizzavano i bulbi, sia crudi che cotti, con conseguenze dannosissime per la loro salute, peraltro già precaria.
Nella medicina popolare i bulbi sono utilizzati anche per le loro proprietà repellenti e come veleno per topi i quali, attirati dall’odore aromatico, affondano i denti e rapidamente giungono alla morte.
In particolare, la varietà a bulbo rosso contiene lo “scilliroside”, appunto un potente topicida.
Anticamente, le puerpere mettevano un bulbo di Scilla sotto il letto, per evitare di perdere il latte.
Inoltre, nel Medioevo europeo esisteva il “Giudizio di Dio”, richiesto in vertenze giuridiche che non si potevano, o non si volevano, regolare con mezzi umani ed ufficialmente riconosciuto dalle varie legislazioni medievali.
Esso consisteva in determinate prove, il cui esito si concepiva come diretta manifestazione della “volontà divina” e prendeva il nome di Ordalia.
Uno di questi metodi, praticato fino alla prima metà del ‘900, consisteva nel bagnare gli occhi dell’imputato con acqua in cui era stata mescolata la Drimia: in caso di colpevolezza o di spergiuro, gli avrebbe procurato la cecità.
Israele ha dedicato un francobollo alla Drimia marittima.
Questa pianta, considerata magica, è stata usata in magia fin dai tempi classici, durante i quali veniva coltivata negli orti, a protezione dal malocchio.
Se vuoi proteggere la tua casa, appendi una Scilla di mare sopra la finestra.
Se vuoi aumentare il tuo denaro, metti un bulbo di Drimia marittima in un barattolo, o in una scatola, ed aggiungi monete d’argento.
Ma, per tale scopo, nel Voodoo sembra che siano più efficaci catenine ed oggettini in argento.
Invece, se ritieni di essere stato maledetto, porta con te una Scilla e spezzerà l’incantesimo.
La Drimia marittima è “una pianta per la purificazione” e dovrebbe essere utilizzata l’ultimo giorno del mese lunare.
Questo uso viene spiegato da Teofrasto, il quale dice che questa era una pianta, che combatteva naturalmente la decomposizione e aveva il potere di mantenere tutto puro dall’attacco dei parassiti.
“ Skilla è tenace della vita (…). È anche in grado di conservare altre cose che sono immagazzinate, per esempio il melograno, se il picciolo del frutto è incastonato in esso” ( Hist. Pl . 7.13.4)
Questa pianta veniva usata anche nei rituali per rimuovere l’impotenza maschile, o l’impurità che la causava; ma era anche in quelli per curare la pazzia, che doveva essere espulsa dal corpo anche attraverso la purificazione.
Inoltre, la Drimia serviva a picchiare sui genitali un ‘pharmakos’, ovvero una persona (a volte capro espiatorio), che si era macchiato di un atto sessuale, e poi veniva cacciato dalla città, insieme ai suoi misfatti.
Nel linguaggio dei fiori, la Drimia marittima significa: Forte moderazione, autocontrollo, ed è il simbolo di persone di bell’aspetto che nascondono, al loro interno, un nucleo velenoso e pericoloso per chi le circonda, in grado di covare risentimento a lungo e di ferire al momento più opportuno.
PIANETA: Luna
ELEMENTO: Aria
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Bilancia
CHAKRA: 5, Vishuddha (C. della Gola)
Marie Catherine Laveau nacque il 10 settembre 1801, anche se c’è una certa confusione riguardo all’anno di nascita.
Infatti alcuni documenti indicano che nacque nel 1794, ma comunque sia, da una donna africana libera e di colore di nome Marguerite D’Arcantel, e da Charles Laveau Trudeau, un politico francese bianco.
Nel 1819, Marie sposò un uomo creolo di Sainte-Domingue (oggi Haiti) di nome Jacques Paris, che era fuggito come rifugiato dalla rivoluzione haitiana il quale, secondo le cronache, ben presto scomparve e, in seguito, dichiarato morto.
Da quel momento, la donna iniziò a presentarsi come la “vedova Paris”.
In seguito, Marie iniziò una relazione con Jean Louis Christophe Duminy de Glapion, un nobile di origine francese, col quale ebbe diversi figli, alcuni dei quali morirono nelle epidemie di febbre gialla, che affliggevano New Orleans a quei tempi, a causa dello scarso sistema di drenaggio della città.
Nonostante la donna fosse una buona madre e moglie, gran parte dell’aiuto pratico le proveniva dai suoi figli spirituali e dalla comunità in generale.
Marie divenne una parrucchiera, per creare stabilità economica per sé e per la sua famiglia e, grazie ai contatti che aveva con i suoi clienti neri che erano domestici, veniva a conoscenza di informazioni personali sui suoi ricchi clienti bianchi, che spesso cercavano il suo consiglio.
Ella, quindi, utilizzava queste informazioni per fornire alle persone che glieli chiedevano, consigli utili e sapienti sui loro affari privati e personali cosicché, durante le sue consultazioni Voodoo con ricche donne orleaniane, la donna migliorava la sua immagine di chiaroveggente.
Così in molti, ricchi e politicamente benestanti, sia bianchi che neri, pagavano Marie per consigli personali, interventi in alcune situazioni e protezione contro qualsiasi energia malvagia, che avrebbe potuto essere messa contro di loro.
Bisogna ricordare che, all’epoca, in quelle zone era molto praticato il Vodou (o Vodu, Vodù, Vudù, Voodoo, Hoodoo) come sistema religioso, il quale derivava dalle pratiche spirituali del Dahomey, lo storico regno dell’Africa occidentale (attuale Benin).
Esso era il culto prevalentemente della popolazione nera discendente dagli schiavi deportati nell’isola di Haiti, dopo lo sterminio nel 1533 della locale popolazione india.
Nonostante il divieto del 1685, gli schiavi deportati mantennero i loro riti, che di fatto erano un fattore di identità culturale, religiosa e politica.
Vodou è in realtà una parola della popolazione Fòn, che significa “spirito” o “divinità” e come religione, fu portata a New Orleans, prima dal gruppo iniziale di africani ridotti in schiavitù, provenienti dall’Africa occidentale poi, arrivò una seconda ondata, dopo la “Rivoluzione di Sainte Domingue” (1791–1804).
Quindi, Marie Laveau, era un’erborista ed ostetrica rinomata di New Orleans, praticava il Rootwork, ovvero un sistema che combina la credenza nella causalità magica della malattia con le cure per stregoneria, ed una tradizione empirica che sottolinea la causalità naturale della malattia, con le cure per mezzo di erbe e medicine.
Inoltre, praticava l’evocazione e lo spiritualismo.
Marie, con l’aiuto del dottor John Bayou, un noto prestigiatore senegalese, che si occupava di rootwork, iniziò a dominare la cultura e la società del Vodou a New Orleans.
Per decenni, ella fu una donna molto potente, una regina, una madre per molti.
Le persone chiedevano il suo consiglio per affari coniugali, controversie domestiche, questioni giudiziarie, gravidanza, finanze, salute e buona fortuna.
La donna, a sua volta, consigliava i suoi praticanti, fornendo loro consigli o oggetti spirituali protettivi come candele, polvere ed un assortimento di altri oggetti mescolati insieme per creare un gris-gris (amuleto voodoo, che protegge chi lo possiede dalla sfortuna o attira su di sé la buonasorte).
Marie era nota per assistere i prigionieri condannati a morte ad alcuni dei quali, circolavano voci, avrebbe dato veleni o altre sostanze prima che andassero al patibolo, cosa che non è mai stata provata.
Ma, dopo la sua morte, sua figlia Marie Philomène affermò, durante un’intervista con un giornalista del Picayuneche che, durante queste visite, avrebbero avuto luogo solo tradizioni cattoliche e che sua madre avrebbe anche preparato l’ultimo pasto degli uomini e pregato con loro.
Marie qualche volta chiese anche la grazia o la commutazione delle condanne, per coloro che aiutava, avendo spesso successo nelle sue richieste.
Marie morì il 17 giugno 1881, serenamente nella sua casa, così come annunciato dal Daily Picayun.
Il suo funerale fu sontuoso, con la partecipazione di un pubblico eterogeneo, inclusi membri dell’élite bianca.
Subito dopo, si iniziò a raccontare, che molte persone l’avevano vista in città dopo la sua morte.
Il nome di Marie Laveau e la sua storia continuano ad essere circondati da un alone di mistero e da leggende, ispirando numerosi testi, rappresentazioni e musiche artistiche.
Anche se in molti l’additavano come “strega”, era anche chiamata “Sacerdotessa Voudou” e, soprattutto “Regina Voodoo”, titolo che indiscutibilmente mantiene ancora oggi, visto che molti seguaci del Voodoo della Lousiana, la pregano come se fosse uno spirito Lwa (spiriti intermediari tra l’umanità e Bondyé, una divinità creatrice trascendente), chiedendole favori e canalizzandola tramite la possessione degli spiriti.
Inoltre, ancora oggi alcuni lasciano offerte di elastici per capelli accanto alla targa nella sua ex casa al 1020 di St. Ann Street, doni che onorano la sua fama di parrucchiera.
Marie Laveau fu sepolta nel cimitero n. 1 di Saint Louis nella cripta della famiglia Laveau-Glapion (in tutto ci sono 3 cimiteri).
E di tutte le tombe elaborate, che si trovano a New Orleans, quella che attira il maggior numero di visitatori ogni anno, è proprio la sua.
C’è un’altra cripta nel cimitero n. 2, che è conosciuta come Wishing Vault o Voodoo Vault, dove i visitatori (illegalmente) disegnano “XXX” sulla sua lastra bianca, nella speranza che lo spirito di Marie esaudisca loro un desiderio, oltre a decorarla con cuori, pentagrammi, poesie ed iniziali.
Sebbene non ci siano prove reali, che si tratti effettivamente della tomba di Marie Laveau, centinaia di visitatori ogni anno compiono un pellegrinaggio regolare al sito dove, secondo la tradizione, lo spirito di Marie interverrebbe personalmente a chiunque lasci un’offerta di monete, perline del Mardi Gras, fiori, rum o candele.
Inoltre, vengono lasciate offerte di ciambelle alla statua di Sant’Espedito, che rappresenta lo spirito in piedi tra la vita e la morte, ritenendo che queste offerte accelerino i favori richiesti a Marie Laveau.
I giocatori d’azzardo gridano il suo nome, quando lanciano i dadi e sono state raccontate molteplici storie di avvistamenti della regina Voodoo.
La sua lapide ha più visitatori della tomba di Elvis Presley e, sebbene non sia ancora ufficialmente considerata una santa, c’è un forte movimento per far canonizzare Marie.
L’obiettivo principale del Voodoo della New Orleans di oggi è servire gli altri ed influenzare l’esito degli eventi della vita, attraverso la connessione con la natura, gli spiriti e gli antenati, aiutare gli affamati, i poveri ed i malati, proprio come faceva una volta Marie Laveau.
Molto probabilmente, dopo la morte di Marie, una delle sue figlie assunse la sua posizione, mantenendo il suo nome, e continuò la sua pratica magica, assumendo anche il ruolo di regina poco dopo la morte di sua madre.
Non si è mai saputo se sua madre abbia scelto il ruolo per sua figlia, o se Marie II abbia scelto di seguire le orme di sua madre, ma sembra che si assomigliassero molto fisicamente.
Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, la figlia non ha mai eguagliato la fama di sua madre.
Apparentemente le mancava il calore e la compassione di sua madre, perché ispirava più paura e sottomissione.
Come la madre, iniziò come parrucchiera, finendo per poi gestire un bar e un bordello in Bourbon Street.
Marie II fu proclamata una “talentuosa mezzana”, in grado di soddisfare i desideri di qualsiasi uomo a pagamento.
Durante le sue sontuose feste, tenute alla Maison Blanche, si offrivano champagne, buon cibo, vino, musica e ragazze nere nude, che ballavano per uomini bianchi, politici e alti funzionari.
La donna, presumibilmente, morì annegata in una grande tempesta.
“ La Magia naturale si basa sulla connessione con l’energia intorno a te.
La Magia nera consiste, invece, nel trarre potere
dal proprio odio e dalla propria rabbia”
-John Blackwell-
Magia è un concetto usato, per descrivere un comportamento o modo di pensare, che guarda a forze invisibili per influenzare gli eventi, effettuare cambiamenti nelle condizioni materiali o presentare l’illusione del cambiamento.
Le pratiche classificate come magiche includono astrologia, divinazione, incantesimi, stregoneria, alchimia, negromanzia, meditazione spirituale e tanto altro ancora.
Il termine Magia è anche usato nella cultura popolare occidentale, riferendosi ad atti di prestidigitazione e giochi di prestigio per l’intrattenimento.
Tornando all’Esoterismo, lo scopo della Magia è acquisire conoscenza, potere, amore, ricchezza; guarire o allontanare malattie o pericoli; garantire la produttività o il successo in un’impresa; arrecare danno a un nemico; rivelare informazioni; indurre la trasformazione spirituale; ingannare.
La sua efficacia è determinata dalle condizioni e dalle capacità del ‘mago’, il quale dovrebbe avere accesso a forze invisibili e una conoscenza speciale delle parole e delle azioni appropriate, per manipolare quelle forze.
Ho già parlato della Magia bianca (leggi articolo https://www.madameblatt.it/2021/01/27/magia-bianca-la-protezione-delluniverso/), oggi è il momento della “Magia nera”.
La Magia nera è tradizionalmente riferita all’uso di poteri soprannaturali, per scopi malvagi ed egoistici, controparte malvagia della Magia bianca.
Probabilmente, è stata praticata dall’uomo fin dall’inizio del Mondo, in quanto spinto dal bisogno di spiegare e controllare un ambiente spesso ostile e mortale.
Il Mondo, il cielo, le stelle, la nascita, la malattia e la morte erano solo alcune delle tante cose, che lasciavano perplessi i primi esseri umani, i quali pensavano che fossero entità controllate da forze sconosciute e potenti.
Nello sforzo di spiegare i misteri del Mondo, e per provare a controllarne almeno alcuni, si dette origine a molte pratiche magiche e rituali, per manipolare il tempo, la fertilità, le persone, la malattia, la morte e altre forze apparentemente incontrollabili.
Grande fascino ha sempre suscitato la Magia nera, un tipo di magismo che viene spesso utilizzato per danneggiare un’altra persona.
Essa è fortemente associata al diavolo e, durante i processi alle Streghe di Salem nel 1692 (leggi articolo https://www.madameblatt.it/2021/03/08/la-festa-delle-streghe/), si pensava fosse da esse praticata, avendo stretto un patto con il demonio.
La Magia nera è utilizzata, per evocare i poteri dell’oscurità e del male, nel tentativo di controllare le forze naturali, attraverso l’uso di incantesimi, sortilegi, rituali e altri mezzi.
In un certo senso, la Magia bianca è l’opposto di quella nera, e non si pensa che causi danni agli altri.
Però, potrebbe essere difficile distinguere tra le due, poiché entrambe cercano di controllare le forze della natura e si pensa che entrambe abbiano il potenziale per arrecare danno, anche se non intenzionale: vedi gli incantesimi d’amore di Magia bianca, apparentemente a fin di bene, ma in realtà controllano e manipolano i sentimenti di un’altra persona.
Innumerevoli persone credono o praticano la Magia nera, o sono destinatari di un incantesimo malvagio, una fattura o un’altra forma di danno, molto reale.
Nel ventesimo secolo, la Magia nera ha visto una rinascita, mediante tradizioni neopagane, wiccane e dianiche, che si sono diffuse in tutte il Mondo e dove è ancora praticata, anche in molti gruppi culturali, come per esempio i praticanti di Voodoo, che esercitano le arti nere.
Un elemento importante della Magia Nera è il ‘Malocchio’, una superstizione antica e abbastanza diffusa in tutte le zone del Mondo.
Ha molti nomi tra cui ‘Evil Eye’ (Occhio del Diavolo), ‘Ayin Harda’, ‘Mal de Ojo’, ‘Occhio cattivo’, ‘Occhio stretto’, ‘Sguardo e occhio ferito’.
Una persona con questo potere può ferirne un’altra di cui è invidiosa, o gelosa di qualcosa che vorrebbe ottenere, semplicemente guardandola, colpendola direttamente al cuore.
Si attribuisce questo potere, generalmente, alle donne anziane, ma è una falsa credenza.
Chi pratica il Malocchio potrebbe non essere consapevole delle sue capacità e qualsiasi danno inflitto sarebbe così non intenzionale.
Invece, per coloro che lo usano intenzionalmente, il Malocchio è strettamente legato alla Magia nera e alla Stregoneria.
Si può perfettamente affermare, che la Magia nera sia una forma di Stregoneria incredibilmente potente, che attinge a poteri malevoli e può essere utilizzata per scopi malvagi, causando deliberatamente danni in qualsiasi modo, come distruzione o sventura, o per ferire e uccidere senza rimorso per la vita umana.
Essa trae potere dall’odio e dalla rabbia di chi la utilizza.
La Magia nera può essere fatta usando capelli, vestiti, foto della vittima, o guardandola direttamente negli occhi.
Gli individui più deboli, o facilmente influenzabili, sono facili bersagli della Magia nera, poiché hanno un’aura debole intorno a sé.
Sembra che ci siano dei sintomi di base, per capire se si è vittime di questo maleficio, come disturbi del sonno, brutti sogni, mal di testa, comportamenti eccentrici, ecc.
La Magia nera rende le persone vittime di paure infondate, inverte la fortuna ed infonde confusione.
Può capitare di essere vittima di incidenti ricorrenti, sentirsi emotivamente sempre controllati da qualcuno, perdere il lavoro o affari, aver paura che qualcuno possa farci del male, fallire nelle relazioni amorose, ecc.
Questi potrebbero essere tutti segnali di essere sotto l’influsso della Magia nera.
Nel folklore popolare, esistono dei metodi per respingere al mittente questi influssi negativi e deleteri per chi ne è colpito.
Eccone alcuni:
♠ Nella notte di Amavasya, quest’anno il 6 ottobre (ricorda la data), quando avremo la Luna Nuova, prendi un filo nero e fai su di esso 7 nodi a distanza equivalente. Ruota 7 peperoncini rossi secchi 7 volte sul filo e avvolgili in un panno nero. Tienilo così per 7 minuti, dopodiché brucia solo il panno fuori casa, dopo averci messo dell’olio ed indossa quel filo nero sulla caviglia destra.
♠ Lo stesso giorno, dona 7 vestiti neri a 7 sconosciuti diversi.
♠ Metti 7 pizzichi di sale in una ciotolina e ruotala in senso antiorario sulla testa di chi è vittima di Magia nera, poi gettalo nell’acqua corrente (il sale…)
♠ Se pensi di essere attratto da qualcosa di negativo e la tua aura è leggermente diversa dal solito, dovresti bruciare della canfora ogni mattina e sera, fuori sul davanzale di una finestra o balcone, per 7 giorni.
♠ Prendi dei semi di Senape nera (Brassica Juncea), foglie di Basilico sacro Tulsi (Ocimum tenuiflorum), foglie di Menta, semi di Sesamo nero (Til), foglie di Tè nero (Nilgiri) e fai bollire il tutto in acqua per 7 minuti. Dividilo in 7 porzioni e ungi il tuo corpo con 1 porzione al giorno, per 1 settimana.
La domanda che sorge spontanea è: la Magia nera è una realtà?
Sì, e forse no.
La Magia è energia e l’energia è solo energia; non è né divina né malvagia e ne possiamo fare ciò che vogliamo, in quanto tutto dipende da chi la sta adoperando in quel momento.
Ma ricordiamo anche, che la maggior parte delle volte il ‘male’ ed i suoi effetti sono psicologici.
Se qualcuno vuol farti impazzire, basterebbe che, per esempio, sporcasse di rosso il tuo zerbino e gettasse qualche ossicino di pollo.
Tu rimarresti impressionato ed inizieresti a pensare al ‘male’, fissandoti su questa idea, lasciando andare in malora la tua vita ma, in realtà, nessuna ‘Magia nera’ ti sarebbe stata fatta, è solo la tua mente.
Quindi la maggior parte delle volte è solo psicologico.
Anche se ti venisse fatta la Magia nera, solo il dieci percento potrebbe essere cosa reale.
Il resto saresti tu che distruggi te stesso.
Ecco perché bisogna stare attenti a non fissarsi su false superstizioni e valutare razionalmente ciò che succede.
Ricorda sempre, che il Sole rimane fermo al centro, mentre tutti gli altri pianeti gli girano intorno, senza intaccarlo in alcun modo.
Quindi, una volta che riuscirai a focalizzare la tua immagine in quella del Sole che risplende, rimarrai immune da qualsiasi forza maligna esterna e da tutti coloro che vogliono convincerti di poterti distruggere.
Renditi conto che non sei una candela, che deve essere accesa da qualcuno, ma che sei il Sole eterno auto-luminoso.
E che nessuno ha il diritto di farti del male.
Sii il Sole!
“Il simile produce il simile”
-Sir George James Frazer-
La maggior parte delle culture del Mondo crede, che i poteri soprannaturali possano essere costretti, o almeno influenzati, ad agire in certi modi per scopi buoni o cattivi, usando formule rituali.
Queste formule sono, in un certo senso, magiche.
Eseguendo certi atti magici in un modo particolare, i raccolti potrebbero essere migliorati, le mandrie di selvaggina ricostituite, le malattie curate o evitate, gli animali e le persone rese fertili, ecc.
Un modo, per ottenere qualcosa in maniera ultraterrena, è la Magia Simpatica.
Essenzialmente, il termine ‘simpatia” indica l’impulso e la capacità di entrare nello stato mentale di un’altra persona o creatura, che sia quello di un uomo o di un animale, e provare sia un’affinità che una compassione per la loro esistenza.
Quindi, la Magia Simpatica si basa sulla connessione di un’immagine, alla cosa o alla persona che rappresenta.
Nel 1189, l’antropologo inglese Sir James George Frazer ha delineato per primo i principi alla base della Magia Simpatica nel suo libro “The Golden Bough”, supponendo che essa si basasse su due principi fondamentali: Legge di Somiglianza e Legge di Contagio (o Contatto).
Il grafico esplicativo era il seguente:
La Legge di Somiglianza dice, che “il simile produce il simile e che l’effetto somiglia alla causa”.
Ci sono due modi in cui possiamo usare questa idea nella magia.
In primo luogo, se desideriamo effettuare un cambiamento, possiamo realizzarlo pre-producendolo attraverso un’azione simbolica come, per esempio, le danze della pioggia di alcune tribù indiane, o quelle eseguite dalle comunità di cacciatori, prima di una grande battuta di caccia.
Nei tempi odierni, potrebbe essere che una “strega” con un talento artistico, che desideri acquistare la casa dei suoi sogni, si metta a cantare o a meditare in uno stato di trance, dipingendo poi un’immagine della casa con se stessa in piedi sulla soglia sorridente.
L’altra regola della Legge di Somiglianza è che cose, che assomigliano ad altre cose, possono produrre effetti simili a quelle cose.
In sintesi, per esempio il fiordaliso, avendo i fiori blu, si riferisce gli occhi di quel colore, oppure la noce ha effetti sul cervello; in realtà concetti che si ritrovano anche nella “Dottrina delle Segnature”.
La Legge del Contagio, invece, afferma che le cose, che una volta erano in contatto, rimangono connesse dopo la separazione e che qualunque cosa influenzi l’una, può ancora influenzare l’altra, e qualunque energia fosse nell’originale rimane nella parte rimossa.
Mentre generalmente si crede che un oggetto, che una volta era in realtà una parte di un oggetto più grande, sia collegato più saldamente di uno che era solo periferico (diciamo un’unghia del piede contro una vecchia scarpa), qualsiasi oggetto, che è entrato in contatto con l’originale, può ancora essere utilizzato in questo modo.
Ci sono due modi principali in cui questi oggetti possono essere usati.
1) Come talismano protettivo, per esempio il dente o l’artiglio di un animale pericoloso.
2) In maniera simbolica: per esempio, un capo di abbigliamento viene immerso in un bagno caldo profumato con erbe curative, per aiutare a guarire il proprietario che è lontano.
Spesso quando si eseguono magie a distanza, vengono utilizzate sia la Legge di Somiglianza che la Legge di Contagio e può essere creato un oggetto, che assomigli a ciò che si vuole ottenere.
La Magia Simpatica è anche la base per l’uso delle bambole Voodoo nella tradizione popolare di Haiti.
Se qualcuno infila uno spillo nello stomaco della bambola, ci si aspetta che la persona che rappresenta, provi un dolore simultaneo allo stomaco.
Si può ferire o distruggere un nemico, ferendo o distruggendo una sua immagine, nella convinzione che, proprio ciò che succede all’immagine, accada all’uomo.
Gli Indiani peruviani modellavano immagini di grasso misto a grano, per imitare le persone che detestavano o temevano, e poi bruciavano l’effigie sulla strada in cui doveva passare la vittima designata.
Questo era chiamato “bruciare la sua anima”.
Una malìa malese dello stesso tipo è la seguente:
Prendi ritagli di unghie, capelli, sopracciglia, saliva e così via della tua vittima designata, abbastanza da rappresentare ogni parte della sua persona, e poi rendili a sua somiglianza con la cera di un favo d’api abbandonato.
Brucia lentamente la figura, tenendola sopra una lampada ogni notte per sette notti e dì:
“Non è la cera che sto bruciando,
è il fegato, il cuore e la milza del Tal dei tali che brucio”.
Ma, come detto in precedenza, con la Magia Simpatica non si fa solo del male, ma anche del bene, essendo in un certo senso, uno dei principi fondamentali dell’Omeopatia.
Per esempio, gli antichi Indù eseguivano una cerimonia elaborata, basata sulla Magia Omeopatica, per la cura dell’ittero.
La sua tendenza principale era quella di bandire il colore giallo alle creature e alle cose gialle, come il sole, a cui appartiene propriamente, e di procurare al paziente un colore rosso sano da una fonte viva e vigorosa, vale a dire un toro rosso.
Con questa intenzione, un sacerdote recitava il seguente incantesimo:
“Fino al sole andranno il tuo mal di cuore e il tuo ittero:
nel colore del toro rosso ti avvolgeremo!
Ti avvolgiamo in tinte rosse, a lunga vita.
Possa questa persona rimanere illesa ed essere libera dal colore giallo!”
Mentre pronunciava queste parole, il sacerdote, per infondere il colorito roseo della salute al paziente giallastro, gli dava da sorseggiare dell’acqua mescolata con il pelo di un toro rosso; versava dell’acqua sul dorso dell’animale e la faceva bere al malato.
Inoltre, faceva sedere il paziente sulla pelle di un toro rosso e gli legava un pezzo di pelle.
Quindi per migliorare il suo colore sradicando completamente la macchia gialla, prima lo imbrattava dalla testa ai piedi con una poltiglia gialla, fatta di curcuma (o comunque una pianta gialla), lo metteva su un letto, legava tre uccelli gialli, ovvero un pappagallo, un tordo e una ballerina gialla, con una corda gialla ai piedi del letto; poi, versando dell’acqua sul paziente, lavava via ila poltiglia gialla e, così facendo, trasferiva senza dubbio l’itterizia, da lui agli uccelli.
Dulcis in fundo, per dare un’ultima coloritura alla sua carnagione, prendeva dei peli di un toro rosso,li avvolgeva in foglia d’oro e li incollava sulla pelle del paziente…
Nel XVII secolo, il medico belga Johann Baptist Van Helmont fu perseguitato dalla Chiesa cattolica romana, per aver promosso l’uso della “Polvere della compassione”, o “Polvere di simpatia”, una miscela che avrebbe dovuto curare le ferite, applicandola su una medicazione insanguinata, che aveva precedentemente coperto la ferita.
Si credeva, infatti, che la “Polvere di Simpatia”, un unguento costituito da vetriolo polverizzato e gomma, potesse sanare ferite o piaghe rapidamente, in assenza del ferito.
La Royal Navy, nel 1687 effettivamente testò la Polvere Simpatica.
Un cane era stato ferito e mandato in mare, mentre la sua benda insanguinata era rimasta a Londra.
All’ora stabilita, la benda sarebbe stata trattata con la polvere e il cane avrebbe sentito l’effetto.
A quanto pare non accadde, perché la Marina non ha perseguito nella pratica.
Sebbene la fede nella Polvere della Compassione abbia offuscato la reputazione scientifica di Van Helmont, ha dato alcuni preziosi contributi alla scienza.
Egli fu il primo a studiare sistematicamente la produzione di gas nelle reazioni chimiche.
Si accorse che, quando il carbone bruciava, rilasciava quello che chiamava “uno spirito selvaggio”.
Questo ovviamente era anidride carbonica.
Johann Baptist Van Helmont introdusse persino la parola gas nella lingua inglese, apparentemente derivandola dal greco ‘caos’.
Studiò anche un gas rosso, il biossido di azoto, rilasciato quando l’acido nitrico, allora noto come “aqua fortis” veniva versato sull’argento.
La combustione dello zolfo rilascia anidride solforosa.
Egli scoprì anche che il gas intestinale era infiammabile e dimostrò, che la polvere da sparo bruciata in una nave chiusa, aveva provocato un’esplosione a causa della produzione di gas.
Nonostante queste importanti scoperte, Van Helmont è ricordato di più, per la sua interpretazione errata del suo famoso “Esperimento sugli alberi”.
Credendo che gli alberi fossero composti d’acqua, progettò un esperimento per verificare l’ipotesi.
«Avevo preso un vaso di terracotta. Vi avevo posto
200 libbre di terra, seccata in un forno, di seguito
annaffiata, e vi avevo piantato una piantina di
salice del peso di 5 libbre.
Cinque anni più tardi, l’albero ottenuto da questa
piantina pesava 169 libbre e 3 once. Ma il vaso era
stato costantemente inumidito unicamente con
della pioggia o, se necessario, con acqua distillata
…
Non ho rilevato il peso delle foglie cadute nel
corso dei quattro autunni. Alla fine, seccai
nuovamente la terra del vaso e rilevai che pesava
200 libbre meno 2 once: 169 libbre di legno,
corteccia e radici erano dunque state prodotte
unicamente dall’acqua.»
Sorprendentemente quest’uomo, che ha trascorso gran parte della sua vita a studiare i gas, non si è reso conto che l’albero stava assorbendo anidride carbonica dall’aria.
Aveva fatto un’osservazione interessante, ma era giunto alla conclusione sbagliata.
RICETTA PER SANARE LE FERITE E LE PIAGHE
“Prendi un vetriolo romano da sei o otto once,
battilo molto piccolo in un mortaio,
setaccialo attraverso un setaccio fine
quando il Sole entra in Leone;
tienilo al caldo del sole di giorno e asciugalo di notte.”
-Sir Kenelm Digby-
Erzulie è uno spirito o una divinità familiare (Lwa in lingua originale) tipica del Voodoo, praticato principalmente ad Haiti e in altre regioni del mondo caraibico.
Questo termine Erzulie è la deformazione della parola “Azilih” che, nella lingua fon (Dahomey), indica il serpentello d’acqua.
Nella religione Voodoo, i Lwa Erzulie rappresentano la maggior parte delle figure femminili del Pantheon (il Tempio di tutti gli Dei) e simboleggiano le varie manifestazioni femminili dello spirito.
Le Erzulie sono le Vergini, le Madri e le Madonne del culto.
Erzulie Freda Dahomey è sicuramente la manifestazione di Erzulie più conosciuta, chiamata anche “Metre Zilì”, mentre a Santo Domingo è conosciuta come la “Metresa”.
Erzulie Freda Dahomey è la signora dell’amore, del fascino, della seduzione, della sensualità.
Spesso Erzulie Freda piange, di un pianto profondo che pare nascere da un dolore incolmabile.
Questa sofferenza sgorga dalla certezza, di non poter essere mai amata abbastanza.
Le sue avventure multiple ed i flirt, con quasi tutti i Lwa del Pantheon, non devono essere interpretati come mancanza di serietà, ma simboleggiano una ricerca di amore profonda e sincera.
Erzulie ama e vuole essere amata , ma l’amore che può ricevere non sarà mai abbastanza , dal momento che solo con un Dio (che nel Voodoo è Padre e Madre, Bondiè) sarebbe possibile.
La divinità è anche la protettrice degli omosessuali maschi (Masisi), che difende con agguerrita e strenua determinazione.
L’energia di Erzulie è sensualità e amore, ma anche lo sciogliersi dei blocchi emotivi e fisici, rappresentati dalla sua danza sensuale, che sprona a far fuoriuscire le emozioni, la fluidità del corpo, dello spirito e del pensiero.
Le persone hanno sempre pregato Erzulie, perché credono che ella abbia la capacità di influenzare le loro storie d’amore, i loro matrimoni ed anche le loro capacità artistiche.
Erzuile rappresenta quella parte dolce e sentimentale del Voodoo, essa sincretizza il cuore dolce dentro a questa “oscura” religione.
Il simbolo di Erzulie è il cuore, iIl giorno a lei dedicato è il venerdì, i suoi colori sono il verde, il bianco, il rosa e il celeste.
Viene omaggiata di fiori (possibilmente dei suoi colori preferiti) e di offerte alimentari dolci.
Bagno Erzulie per richiamare l’amore
Per effettuare questo rito, si può scegliere la destinazione che si vorrà attribuire a questo bagno, scegliendo se indirizzare le energie per il lusso e la ricchezza, per richiamare l’amore della propria vita o addirittura per rendere il proprio compagno più amabile nei momenti di crisi.
Quindi, può essere utilizzato come bagno per richiamare l’amore, per riavvicinarlo nel caso in cui si fosse allontanato, ma anche per richiamare la ricchezza e il lusso.
Può farlo chiunque, di qualsiasi sesso.
Ingredienti:
• Acqua della Florida (colonia floreale)
• Basilico fresco
• Champagne
• Petali di rosa
• Latte
• Estratto di vaniglia
• Latte di cocco
• Foglie di arancio
• Foglie di lattuga fresca
• Foglia di aloe fresca
Preparare un bagno, mettendo nell’acqua calda Champagne, Latte, Latte di cocco, estratto di vaniglia.
Pestare in un mortaio il Basilico, i Petali di rosa, le foglie, fino ad ottenere una poltiglia che andrà filtrata e il cui succo andrà versato nell’acqua della vasca.
Accendere una candela bianca o rosa ed immergersi nella vasca.
Mantenere l’acqua piacevolmente fresca, o almeno non troppo calda.
Quando si sarà dentro la vasca, giocare con l’acqua, prenderla tra le mani, immergersi.
Dopo di che, chiedere ad Erzulie di essere rigenerati e purificati.
Domandarle la concessione al più presto della felicità e dell’abbondanza, o scrivere una richiesta specifica in base alle proprie esigenze.
Quando si uscirà dalla vasca, con un panno pulito (meglio se è un asciugamano bianco, nuovo, quindi mai usato, lavato e asciugato) asciugarsi, tamponando il proprio corpo dall’acqua.
Mettere un po’ di colonia o profumo, e indossare solo abiti di colore bianco immacolato.
Mettere in testa un asciugamano come un turbante, bianco o rosa, e rilassarsi.
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