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“… unguento unguento
mandame alla noce de Benevento
supra acqua et supra vento
et supra omne maltempo “.
Il Noce è conosciuto sin dai tempi più antichi e proviene dalle regioni dell’Asia occidentale.
Il suo nome scientifico è “Juglans regia”, “ghianda di Giove” che, facendo anche riferimento al glande, è simbolo di fecondità e fertilità.
I Greci pensavano che fosse stato importato in Europa dai re persiani, pertanto lo chiamavano “Karya basilica” (noce regale) ed il suo nome era legato alla leggenda mitologica del dio Dioniso ed al suo amore per la principessa Caria.
“Dioniso, ospite nella casa di Dione, re della Laconia, non seppe resistere al fascino di Caria, una delle figlie del re, di cui s’innamorò, riamato.
Poi ripartì per il suo viaggio intorno alla Terra.
Quando finalmente lo concluse, tornò nella casa di Dione, spinto dall’amore per quella giovane.
Le sorelle di Caria, incuriosite, cominciarono a spiarlo, raccontando tutto al re.
A nulla valsero gli avvertimenti di Dioniso: le due sorelle non riuscivano a resistere alla tentazione; sicché il dio decise di punirle facendole impazzire, per poi mutarle in rocce.
Caria ne morì per il dolore; ma Dioniso, che l’aveva tanto amata, la trasformò in un Noce dai frutti fecondi”.
Artemide, sorella di Apollo e molto legata a Dioniso, raccontò questa storia ai Laconi che, successivamente, eressero in suo onore, chiamandola “Artemide Cariatide”, un tempio dalle colonne scolpite in legno di Noce modellato in sembianze femminili, che furono dette “Cariatidi” (personificazioni del destino, che portavano via ogni eroe quando moriva.
Erano raffigurate come esseri alati, neri, con grandi denti bianchi ed unghie aguzze, intente a straziare i cadaveri ed a bere il sangue dei morti e dei futuri).
Un’altra leggenda narra, che il famoso “Nucillo” (un liquore, “Nocino di Sorrento”) debba essere preparato con le Noci raccolte la notte di S. Giovanni, 24 giugno, poiché la rugiada di quella notte è considerata magica e medicamentosa.
Nella simbologia popolare, la Noce evoca il ternario sacro che presiede ad ogni manifestazione: corpo (guscio), spirito (mallo), anima (gheriglio).
Ha anche il significato di “protezione dagli sguardi dei profani”, grazie al suo involucro.
Il legame del Noce con divinità femminili si è tramandato anche nella cultura medioevale, come testimonia la leggenda del “Noce di Benevento”.
Si narra che, nella notte di S. Giovanni, le streghe sciamassero a migliaia nei cieli, recandosi al gran Sabba che si teneva, appunto, sotto il Noce di Benevento.
Queste streghe erano soprannominate “Janare”, in onore di Artemide, in quanto sue seguaci, la quale aveva ereditato le funzioni di Caria.
Quell’albero era molto vecchio perché, nel VII secolo, sotto il regno di Costante II, il vescovo Barbato l’aveva fatto sradicare, per stroncare alcune pratiche pagane, che vi si celebravano durante i Sabba.
Al primo tentativo di reciderlo, apparve il diavolo, nelle sembianze di un serpente.
In seguito, alla morte del vescovo, il Noce rinacque, facendo riprendere i riti janari.
La convinzione che streghe e demoni prediligessero il Noce, per i loro Sabba, era diffusa in tutta Italia.
Gli antichi Romani, durante la festa “Cerealia” o le cerimonie nuziali, effettuavano la “sparsio nucum”, nelle quali si gettavano Noci lungo la strada, come auspicio di fecondità.
A Roma, una leggenda narra, che la chiesa di Santa Maria del Popolo fu costruita per ordine di Pasquale II, nel luogo in cui precedentemente vi era un Noce, intorno al quale migliaia di diavoli danzavano nel cuore della notte.
Anche a Bologna si credeva, fino al secolo scorso, che le streghe si riunissero sotto questi alberi.
Nelle campagne si dice, ancora oggi, che non conviene riposare, e tanto meno dormire, all’ombra di un Noce, perché ci si potrebbe risvegliare con una forte emicrania, se non addirittura con la febbre.
E si crede che, se le radici dell’albero penetrano nelle stalle, faranno deprimere il bestiame.
Effettivamente le sue radici, come le foglie, contengono una sostanza tossica, la “juglandina”, capace di provocare la morte di molte piante che crescono nelle vicinanze.
Può anche aumentare l’alcalinità del suolo intorno alle radici.
Alcune piante, come il lampone nero o il mirtillo rosso, non hanno difficoltà a crescere sotto il Noce.
Altri, come pomodori, pini, mele o betulle, non possono crescere e saranno avvelenati dalla juglandina.
Questo è stato ben noto e documentato per secoli, fino a Plinio il Vecchio che scrisse: “L’ombra degli alberi di Noce è veleno per tutte le piante nel suo raggio d’azione”.
La juglandina è concentrata nei gusci di noci, radici e germogli; in misura minore, si trova anche nelle foglie e negli steli.
In Belgio, le ragazze che vogliono sposarsi, il giorno di San Michele, mescolano noci vuote a piene, afferrandone una a caso con gli occhi bendati: se prendono la noce piena, troveranno presto marito.
Una leggenda slava narra che, il giorno del diluvio universale, le persone giuste, destinate a ripopolare il mondo, si salvarono grazie ad un guscio di noce, dentro al quale raggiunsero la terraferma.
Si dice che una noce con tre setti sai un ottimo portafortuna.
Ed anche che, se si mette una noce sotto il piede di una sedia, sulla quale è seduta una strega, questa non riuscirà più ad alzarsi.
Tenuta in una tasca, allontana sortilegi e malattie, oltre a favorire i parti.
Anticamente, agli ammalati si donavano 9 noci, per una pronta guarigione.
Nella tradizione Hoodoo, le foglie ed i frutti delle Noci sono usate per mettere i Jinx (affascinatura/incantesimo) sulle persone.
Le Noci sono usate anche per “innamorarsi”.
Catherine Yronwode (scrittrice, editrice e praticante americana di magia popolare), nel suo libro “Hoodoo Herb and Root Magic”, descrive un rituale, in cui si prepara un tè di nove noci nere (intere), bollite in tre litri d’acqua, bollendolo fino a quando l’acqua evapora fino a 1 litro.
Poi, fare il bagno in quest’acqua, rinunciando ai legami con il vecchio partner, e buttare l’acqua a un bivio o contro un albero.
Questo tipo di bagno, ovviamente non si può fare nella vasca da bagno, di solito viene fatto in una vasca più piccola.
Il Noce è legato a poteri mentali, infertilità, salute e desideri.
Portare con sé una Noce, può rafforzare il cuore e mitigare i reumatismi.
Se ti viene regalato un sacchetto di Noci, i tuoi desideri saranno esauditi.
Se invece lo regali, auspichi al ricevente tanta energia o l’inizio di nuovi progetti.
Si possono posizionare foglie di Noce intorno alla testa (o in un cappello), per prevenire mal di testa o colpi di sole.
Si racconta, che una donna che voleva rimanere senza figli dopo il matrimonio, poteva mettere le Noci nel suo corpetto il giorno del suo matrimonio: ogni Noce rappresentava un anno di assenza di figli.
Ed ora, dedichiamoci a qualcosa di corroborante…
NOCILLO
Per preparare squisitamente il famoso “Nocillo”, le Noci verdi, non ancora mature, devono essere rubate da una ragazza illibata a piedi nudi, la notte di S. Giovanni.
Ingredienti:
1 lt. Alcool
13 Noci
13 chicchi di Caffè tostato
3 Chiodi di Garofano
3 gr. Cannella tritata
1 Noce moscata appena schiacciata
Preparazione:
Tagliare le Noci in 4 parti, unirle all’alcool assieme a tutte le spezie. Mettere l’infuso in un grosso barattolo ermeticamente chiuso, tenendolo all’aperto, sole ed aria per 40 giorni.
Filtrare l’alcool, preparare a parte uno sciroppo, con un bicchiere di acqua e 3 cucchiai di zucchero, facendolo sciogliere sul fuoco appena bolle. Appena lo sciroppo è freddo, aggiungere l’alcool aromatizzato e lasciar riposare per altri 40 giorni.
Pianeta: Sole
Elemento: Fuoco
Il Melo cotogno (Cydonia oblonga) è una delle più antiche piante da frutto conosciute: era coltivato già nel 2.000 a.C. dai Babilonesi .
I frutti, di colore giallo oro intenso, sono di dimensioni variabili, asimmetrici, meliformi o piriformi.
La buccia del frutto è fittamente ricoperta di peluria che scompare a maturazione ed è comunque facilmente rimossa.
La polpa è facilmente ossidabile (scurisce all’aria), poco dolce ed astringente.
La Mela cotogna è usata per la preparazione di confetture (ottima la Cotognata), gelatine, mostarde, distillati e liquori, oltre ad essere anche posta negli armadi e nei cassetti per profumare la biancheria.
Il termine “marmellata” deriva dal portoghese “marmelo”, che è il nome lusitano della Mela cotogna.
Anticamente, si consigliava di piantare uno di questi alberi, in maniera tale che fosse ben visibile dalla camera da letto.
Si riteneva, infatti, che la vista dei vari cicli vitali dell’albero, dalle grandi corolle dei fiori rosa a conchiglia e dai mitici grossi frutti in autunno, avrebbe predisposto alla tranquillità ed al sonno ristoratore.
I Greci conoscevano la pianta fin dal VII secolo a.C. e ne fecero fonte inestinguibile di miti e leggende, legate essenzialmente al suo frutto: quelle mele d’oro, gialle e sensualmente profumate, che a Sparta si offrivano agli esigentissimi Dei.
Il suo frutto era chiamato dai Greci “pomo d’oro” e si pensa che fosse proprio una Mela cotogna il frutto che Paride, nel racconto mitologico, offrì a Venere, la dea dell’Amore.
Nell’antica Roma, una Mela cotogna era condivisa dagli sposi, per garantire la loro futura felicità. Veniva anche utilizzata per garantire la fedeltà.
Quindi, questo frutto divenne “simbolo d’amore”, non mancava mai nei banchetti nuziali e le giovani spose lo addentavano prima di varcare la soglia della nuova casa, come auspicio di vita felice e colma d’amore.
Un tempo, un’usanza molto diffusa faceva lanciare una Mela cotogna verso la fanciulla amata, come proposta di matrimonio.
Inoltre, si credeva che, se una ragazza fosse riuscita a conservare sane fino a Pasqua tre Mele cotogne, avrebbe avuto fortuna in amore.
Nel Medioevo, le donne incinte mangiavano molte Mele cotogne, perché credevano così di partorire bimbi sani, belli e intelligenti.
Essendo, pertanto, simbolo di fecondità, gli sposi ne mangiavano, per assicurarsi figli numerosi.
Esiodo narra di come le Esperidi, bellissime ninfe che custodivano un giardino incantato, avessero soprattutto il compito di sorvegliare un albero che si trovava al centro del giardino e che portava frutti color dell’oro, appunto il Melo cotogno.
Un’antica tradizione greca chiamava il Melo cotogno “Chrisomelon” e associava i suoi frutti ai pomi d’oro del giardino delle Esperidi.
Nel Rinascimento, si riteneva che se una donna incinta avesse spesso mangiato questi frutti, il suo figliolo sarebbe stato “industrioso e di segnalato ingegno”.
Fino al XVII secolo, questi frutti furono considerati un toccasana per l’azione astringente e come antidoto contro i veleni.
Venivano inoltre somministrati per la cura dei mal di stomaco, in caso di inappetenze e per migliorare il funzionamento delle vie biliari.
A Pompei, la Mela cotogna è stata spesso raffigurata in opere d’arte e mosaici di piastrelle, ed anche mostrata nella zampa di un orso.
In Croazia, gli alberi di Mele cotogne vengono piantati quando nasce un bambino, come simbolo di amore e vita.
Portare i semi di Mela cotogna ti proteggerà dal male, dai danni e dagli incidenti.
Se sei preoccupato che qualcuno ti invii energia negativa, mangia i semi di Mela cotogna per proteggerti.
USI MAGICI E RITUALI
• Mettere sette semi di Mela cotogna in un sacchetto di flanella, tenuti appesi al polso, per proteggerti da ogni danno.
• E’ un frutto da inserire in cerimonie importanti, per benedire un’unione. Può essere parte della festa, per esempio inserendolo nella torta. Oppure i rametti con i fiori possono essere inclusi nel bouquet della sposa o in quelli dell’allestimento della location.
Inoltre, la condivisione del frutto prima del Grande Rito, è opportuno per benedire i voti.
• Usa la Mela cotogna per respingere l’energia negativa degli altri.
Quando sei bersaglio dell’energia negativa degli altri, mangia dei pezzetti di Mela cotogna con la tua colazione mattutina. Eviterai che la negatività si manifesti nella tua vita.
• Se il tuo animale Totem è l’Orso, tieni a portata di mano un barattolo di conserve di Mele cotogne. Ti proteggerà.
Ed ora, vi scrivo la ricetta tipica salentina, per degustare pienamente questo antico e meraviglioso frutto.
Solitamente si accompagna a formaggi pecorini, anche se io la preferisco da sola, per gustarne a pieno aromi e profumi.
COTOGNATA LECCESE
• 1 kg di Mele cotogne
• 700 gr di zucchero
• succo di 1 limone
• acqua
Lavare le Mele cotogne per eliminare la patina pelosa in superficie, poi tagliarle a pezzi grossi, eliminando i torsoli, quindi metterle a bollire per circa 30 minuti in una pentola con l’acqua che copre appena i frutti.
Cuocere lentamente e mescolare in continuazione con un mestolo per evitare che la marmellata si attacchi, fino a quando le Mele cotogne non saranno morbide.
Dopo aver passato la poltiglia al setaccio o al mixer, rimettere il tutto sul fuoco insieme allo zucchero e al succo di limone e cuocere a fuoco lento e senza coperchio, fino a quando la confettura si staccherà dalle pareti della pentola, avendo consistenza.
Stendere la confettura su una teglia precedentemente oleata e livellarla.
Quando sarà raffreddata e solidificata, tagliarla a quadretti e lasciare ancora asciugare per una decina di giorni in un luogo ventilato.
ELEMENTI MAGICI
Pianeta: Saturno
Elemento: Terra
L’Agrimonia Eupatoria è una pianta perenne, di aspetto erbaceo, diffusa in gran parte delle regioni del mondo.
In Italia è specie comune in tutto il territorio, nei pascoli, nei prati, nei luoghi incolti, nelle siepi, ai margini dei prati soleggiati; predilige i terreni ben drenati in posizione soleggiata.
Fiorisce da giugno a luglio, sino a 1.200 metri.
E’ conosciuta anche come: Eupatorio, Erba di S. Guglielmo, Erba del taglio, Erba dell’andata, Agrimony, Aigremoine, Acrimony, Harvest lice, Stickwort, Odermennig, Herba Agrimoniae, Agrimoniae herba.
L’origine del nome è molto discusso: alcuni dicono che Agrimonia sarebbe un’alterazione di Argemone (riferito ad una specie di papavero), pianta in grado di guarire le ulcere dell’occhio (in greco “argema”).
“Eupatorium” farebbe riferimento a Mitridate Eupatore (I-II sec. a.C), re del Ponto, che per primo avrebbe introdotto l’uso terapeutico della pianta.
Per altri Eupatorium sarebbe un’alterazione latina del greco Epatorion, da Epatitis e da Epar (fegato), visto che l’uso principale della pianta era proprio nella cura delle malattie epatiche.
Santa Hildegarda (sec. X) reputava la pianta uno dei più grandi rimedi nelle malattie mentali.
L’Agrimonia ha una storia antica.
Già in stazioni neolitiche, sono state ritrovate grandi quantità di frutti di questa pianta.
L’uso in fitoterapia fu introdotto da Miriade Eupatore nel I secolo a.C., utilizzandola per le applicazioni più svariate: morsi dei serpenti, problemi di vista, perdita di memoria.
È sempre stata un’erba usata per medicare le ferite: era infatti un ingrediente de “l’eau d’arquebusade”, una lozione francese che, in origine, era appunto applicata sulle ferite d’archibugio.
In esoterismo, si usa spesso nei sacchetti e nelle ritualistiche di protezione atti a scacciare le negatività.
Inoltre, nella pratica magica l’Agrimonia serve soprattutto per rimandare al
mittente negatività, fatture ed incantesimi.
Unita all’Olmo (Ulmus procera, chiamata volgarmente “tapa boca”) dà origine ad una mistura che combatte le malelingue e ogni tipo d’influenza nefasta causata da terzi, che possa danneggiare un’unione.
Se si desidera spezzare e rimandare al mittente sortilegi fatti in un luogo o in un locale ben definito, occorre spargere Agrimonia in polvere e sale, ben mescolati insieme.
Successivamente si devono eseguire delle pulizie, atte a proteggere e ad armonizzare.
Se invece si desidera mandare al mittente il malocchio, occorre mescolare quest’erba alla ruta, creando una polvere finissima, che si impiega in fumigazioni, bagni, amuleti o messa nelle scarpe.
Se si pensa che qualcuno voglia utilizzarla magicamente, o si abbia subito minacce in tal senso, sono raccomandate fumigazioni con una polvere speciale composta da Agrimonia, sangue di drago e verbena.
Uno dei suoi primi nomi comuni è stato “bacchetta di fata”, perché durante un processo alle streghe in Scozia, nel XVIII secolo, l’Agrimonia fu menzionata in quanto usata dalle streghe, sotto forma di bacchetta, per le persone che erano state “colpite da elfi” o che soffrivano di malattie inspiegabili.
L’Agrimonia, messa sotto il cuscino, è usata per provocare il sonno e per difenderlo.
Ma attenzione…
NON bisogna usarla per curare l’insonnia poiche’, secondo la leggenda, in tal caso “chi si addormenta, non si sveglierà fino a che l’erba sarà rimossa”….
In alchimia è un potente alleato, per spezzare una delle maledizioni più comuni: quella che l’uomo impone a se stesso attraverso il senso di colpa, l’autopunizione, i timori e le paure, reali o immaginarie che siano.
Aiuta a liberarsi da ogni sentimento destabilizzante, anche quelli che non si ammette di provare.
La raccolta dell’Agrimonia segue un rituale preciso ed è un’erba custodita come un tesoro da tutti i membri della congreghe esoteriche.
Se volete ottenere una risposta ad un quesito importante, o avere una visione, durante la luna nuova recatevi presso il luogo in cui cresce la pianta d’Agrimonia e ringraziate la pianta, ponendovi un’offerta (latte, pane, acqua, ecc).
Lavatevi le mani e prelevate la pianta, riponendola in un sacchetto di tela.
Ritornati a casa, lavatela bene, tagliate la radice e fate bollire il resto in mezzo litro d’acqua per 30 minuti.
Filtrate il decotto, riempitene un bicchiere ed aggiungete un chiodo di garofano e un cucchiaino di miele d’acacia.
Ponete il bicchiere sul davanzale e lasciate raffreddare completamente.
Quando si sarà raffreddato, stringete la tazza tra le mani e dite:
“Nume della terra infondi a questa tua creatura e a me il dono di vedere in sogno; questo voglio, questo comando, così sia”.
Bevete la pozione e andate a dormire con la ferma intenzione di vedere in sogno ciò che vi interessa o di ricevere la risposta a qualcosa.
ASSOCIAZIONI:
Pianeta: Giove
Elemento: Aria
Segno Zodiacale: Cancro
Cristallo: Ametista
Datura o Stramonio comune (Datura stramonium) è una bellissima pianta ornamentale di tipo arbustivo, di coltivazione semplicissima, conosciuta già fin dall’ antichità.
La sua origine è incerta e le sue proprietà erano già conosciute dagli indigeni sia del Nuovo che del Vecchio Mondo, che, fin dai tempi più remoti, la utilizzavano nei riti iniziatici e in altri tipi di cerimonie religiose per indurre stati di euforia ed esaltazione.
In Italia, questa specie si trova naturalizzata in tutte le regioni.
E’ chiamata anche: “Stramonio”, “Erba del diavolo” oppure “Erba delle streghe” per gli effetti del suo veleno, “Yerba del diablo”, “Indormia”, “Noce spinosa”, “Noce mettella”, “Noce vomitta”, “Paracoculi “, “Erba rata”, “Erba degli incantesimi”.
Nell’Italia settentrionale la Datura è da considerarsi una pianta annuale.
I fiori hanno proprietà narcotizzanti conosciute fin dall’ antichità.
Le concentrazioni degli alcaloidi variano parecchio da pianta a pianta, questo rende difficile la produzione di tinture normate ed affidabili per scopi terapeutici. L’uso medico è consigliato solo a veri esperti del settore.
Gli Indios peruviani, prima di partecipare a determinate cerimonie religiose, usavano masticare le foglie, per entrare in uno stato di raptus, che durava varie ore.
Teofrasto, filosofo greco del terzo secolo a.C. diceva: “poche gocce di stramonio provocano allegria, una doppia dose eccitazione e paurose visioni, una dose tripla pazzia, mentre la dose quadruplicata porta alla morte”.
Nel linguaggio dei fiori la Datura simboleggia le facili illusioni e il breve incanto della bellezza, per la fragilità della corolla.
Ma anche incognita, magia ed incantesimo.
Il nome del genere deriva dal suo nome arabo: tatorha, mentre quello specifico sembra derivare dal greco “dtrychnon” = solanacea e “manicòs”= eccitato, per le qualità tossiche della pianta.
In considerazione della sua grande adattabilità, la Datura era conosciuta, sia in Europa che nelle Americhe, dalle tribù indigene che, fin dai tempi più remoti, la utilizzavano nei riti iniziatici e in altri tipi di cerimonie religiose per indurre stati di euforia ed esaltazione.
Quindi, la pianta è molto usata nella stregoneria.
I suoi semi infatti, erano utilizzati dai maghi per le proprietà narcotiche, per le visioni fantastiche che provocavano e per il presunto potere afrodisiaco.
Maghe e profetesse usavano bruciare la pianta per poter inalare i vapori, ottenendone un effetto narcotizzante.
Thomas Jefferson ( Presidente degli U.S.A.) fu testimone del fatto che, all’epoca di Robespierre, i Francesi condannati alla ghigliottina, preparavano con lo Stramonio un veleno che causava una morte rapida, evitando così di finire sul patibolo.
La scopolamina, estratta dalle radici di queste solanacee, ha l’effetto di rendere docile e toglie la memoria recente.
Si hanno notizie storiche, che in Colombia una tribù la usasse nei riti funebri, per seppellire vive le mogli e gli schiavi dei capi defunti.
Nel periodo nazista, in Germania, fu largamente usata da Joseph Mengele come siero della verità.
Pare che ancora oggi venga utilizzata dai servizi segreti di alcuni Paesi, per estorcere notizie ai prigionieri.
Ed ora, vediamo come si può utilizzare in maniera innocua.
VIAGGIO ASTRALE
Un aiuto, per effettuare un viaggio astrale, è prendere quattro gocce di essenza floreale di Datura (acquistabile in erboristeria), prima di andare a letto.
In alternativa, dormire con un ciondolo, o un sacchettino, pieno di foglie e fiori naturali di Datura essiccati o freschi, sotto il cuscino.
OCCULTAMENTO ED INVISIBILITA’
Se desideri nascondere o oscurare i tuoi pensieri, motivi o azioni, per qualsiasi motivo, o se desideri renderti il più vicino possibile all’invisibile, puoi eseguire un rituale con la Datura: carica un fiore naturale fresco con la tua intenzione; avvolgilo in un panno di cotone bianco pulito insieme a una pietra di pirite; legalo chiuso con un nastro o uno spago nero; e portalo con te per tutta la durata della situazione.
DIVINAZIONE
Si può usare la Datura nella lavorazione di un rituale, che si intende effettuare. Infatti essa aiuta nella divinazione, per i Tarocchi, i Ching, il Pendolo ecc. Ad esempio, prima di iniziare, potresti mettere un pizzico molto piccolo di foglie e fiori di Datura essiccati in un po’ d’acqua, in un fornello per pot-pourri ed accenderlo.
Oppure, per preservare la chiarezza delle tue letture e aumentare la potenza del tuo mazzo, cuci una borsa con coulisse. Mentre lo fai, cuci una foglia di Datura essiccata e pressata nella fodera. Usalo per memorizzare le tue carte dei Tarocchi.
INCANTESIMO
La magia che coinvolge completamente l’incantamento di un’altra persona, o gruppo di persone, può essere notevolmente aiutata dall’uso della Datura. Ciò è particolarmente vero, quando desideri che l’incantesimo sia combinato con un livello di profondo rispetto e soggezione. (Ad esempio, prima di un colloquio di lavoro o un appuntamento.) Un modo per farlo, sarebbe cercare un fiore di Datura in campagna. Siediti vicino alla pianta e fai una conversazione. Inizia rilassandoti e sintonizzandoti sulla Datura e, quando ti senti pronta, esprimi in silenzio la situazione in cui vorresti essere aiutata, focalizzando, per esempio, delle immagini o dei sentimenti. Quindi, chiedi rispettosamente al fiore di condivide i suoi poteri di incantesimo con te. Rilassati ancora più profondamente e permettigli di infonderti calma e sicurezza, con la sua energia di ammaliamento. Quando avrai ottenuto ciò che desideri, ringrazia la Datura con tre monete d’argento.
ELEMENTO: ACQUA
PIANETA: LUNA
Cananga odorata è un albero alto fino a 12-15 metri, originario dell’Indonesia, diffuso anche in Australia e in parte dell’Asia, sempreverde o semisempreverde.
E’ conosciuto anche con i nomi: Ylang Ylang, Olio di Macassar, Cadmia, Ilang-Ilang, Makosoi, Mokohoi, Mokosoi, Moso’oi.
Una leggenda narra, che la nascita della pianta risale alla storia di due contadini che, non riuscendo ad avere figli, si rivolsero a un “managanito” (indovino, sciamano), il quale riuscì, grazie alla mediazione soprannaturale, ad avere la concessione degli dei, ad una condizione: la bimba che sarebbe nata, non avrebbe dovuto essere toccata da nessun spasimante.
Nacque una ragazza bellissima tanto che, un giorno, un giovane uomo, vedendola passeggiare in un giardino, s’innamorò perdutamente di lei.
Ma quando le porse un mazzo di fiori, accidentalmente, le sfiorò la mano. Fu così, che la bellissima ragazza si trasformò in uno splendido albero dai fiori odorosi, Ylang Ylang.
Nosy Be, un’isola del Madagascar, è anche nota con l’appellativo di Nosy Manitra, ossia “Isola dei Profumi”, perché vi si trovano enormi coltivazioni di Ylang Ylang, ma anche caffè, vaniglia ( di cui il Madagascar è il primo produttore mondiale), cacao, cannella, pepe, geranio, frangipane ed altre piante tipiche del Nord Madagascar, che sprigionano nell’ aria un’ inebriante fragranza.
I fiori di Cananga hanno un profumo intensissimo, molto penetrante e gradevole, che viene da tempo utilizzato nell’industria cosmetica, presente anche in profumi molto famosi ed in erboristeria.
Il nome della pianta, Ylang Ylang, deriva dagli splendidi fiori che essa produce, infatti ylang ylang significa “il fiore dei fiori”.
Questi sono di colorazione gialla o bianca con sfumature verdi sui bordi e la forma a stella.
L’Ylang Ylang può essere utilizzato nei rimedi per la cura della pelle, poiché le sue proprietà includono la rigenerazione cellulare.
L’olio induce la produzione di sebo nella pelle, quindi è ritenuto adatto per pelli grasse, secche, screpolate e pelli mature.
A causa della produzione di sebo, l’olio funziona bene anche per l’eczema seborroico, una malattia in cui vi è una produzione irregolare di sebo nelle ghiandole sebacee, che causa frequenti infezioni delle cellule epidermiche della pelle.
L’olio essenziale di Ylang Ylang può essere utilizzato per questa malattia poiché, se usato regolarmente, aiuta a regolarizzare la produzione di sebo e riduce il peeling del viso.
L’olio essenziale di Ylang Ylang è un efficace antisettico e può essere utilizzato su qualsiasi taglio o ferita, per inibire la crescita di infezioni batteriche.
Poiché l’olio è molto calmante per le emozioni, aiuta anche a calmare il corpo, poiché è un agente efficace per abbassare la pressione alta.
Ylang Ylang è anche un protettore del sistema nervoso del corpo, poiché riduce lo stress e rafforza l’intero sistema nervoso.
L’olio essenziale di Ylang Ylang contiene un’elevata quantità di sesquiterpeni, una classe di composti organici che si trovano principalmente nelle piante.
Questi composti stimolano il fegato e le ghiandole endocrine, conferendo all’olio le sue proprietà antispasmodiche e sedative. Queste proprietà permettono all’olio di essere calmante, curativo, rilassante ed euforico per mente e corpo.
L’Ylang Ylang è un olio molto efficace sui Chakra del cuore e della gola, poiché infonde intuizione e visione chiara, consentendo all’accettazione e alla fede di fluire attraverso il cuore e la mente.
L’olio fornisce sollievo dall’attacco alle convinzioni sostenute e dal dire solo la propria verità interiore. Attraverso questo, si è in grado di fluire attraverso situazioni di alta tensione con facilità, armonia e pace.
Infatti, l’essenza di Ylang Ylang crea un senso di pace e scioglie la rabbia, che è ostacolo alla meditazione, alla guarigione ed a tutte le attività spirituali.
Il suo profumo allontana il dubbio, l’insicurezza, l’instabilità ed i sentimenti bloccati, come le offese e le delusioni, che vengono calmati e dissolti.
Porta fiducia in sé stessi e sviluppa la parte femminile e la sensibilità.
I coloni francesi la definirono “profumo afrodisiaco”.
L’essenza di Ylang Ylang è soave come poche, morbida, sensuale, profondamente femminile : stimola il cervello nella produzione di endorfine dall’ effetto antidolorifico, erotizzante ed euforizzante.
Si usa in aromaterapia per massaggi rilassanti, perché scioglie tensioni fisiche e psichiche, rilassa e rasserena.
Ma, allo stesso tempo, è euforizzante, e può essere impiegata come profumazione per risvegliare i sensi, di lui e di lei.
Ylang Ylang, infatti ha una fragranza inebriante, spesso considerata inebriante e sensuale.
Floreale e morbida, come una vaniglia cremosa, sfondo tropicale, Ylang Ylang è un profumo sognante ma energizzante, utilizzato in alcune culture dagli sposi la prima notte di nozze.
Ha effetti positivi sulle emozioni, elevando i sentimenti di calore e solidarietà, annullando la gelosia e la rabbia, mentre lavora a livello fisico, per aiutare a regolare il battito cardiaco.
CHAKRA INTERESSATI:
Primo Chakra (Chakra della radice): aiuta alleviando i sentimenti di depressione, ansia e paura causati dai sentimenti di isolamento dagli altri.
Secondo Chakra (Chakra sacrale): aiuta con i crampi mestruali. L’olio è anche uno degli afrodisiaci più efficaci, che aiuta con l’impotenza o la mancanza di impulso sessuale nella regione del Chakra sacrale.
Terzo Chakra (Chakra del plesso solare): aiuta a rilasciare la tensione sulle ghiandole surrenali, diminuendo la tensione nervosa.
Quarto Chakra (Chakra del cuore): rafforza il Chakra del cuore, bilanciando l’amore per se stessi e per gli altri. L’Ylang Ylang allevia anche il mal di cuore e calma il sistema circolatorio in caso di tensione.
Quinto Chakra (Chakra della gola): aiuta a sostenere la forza interiore e la forza d’animo, consentendo l’apertura del Chakra della gola.
Settimo Chakra (Chakra della Corona): funge da olio ad alta frequenza, che calma la mente e aiuta la meditazione.
Nella PRATICA MAGICA, si utilizza:
-per vestire le candele (diluito);
-in un olio naturale per cospargere il corpo prima dei rituali;
-per diffonderlo nell’aria durante la pratica esoterica, i rituali, gli incantesimi, le cerimonie;
-per la preparazione di sacchetti magici, per fare amuleti, talismani, oggetti magici di ogni genere;
-sulle polveri ed i grani da bruciare, sulle erbe;
-durante la meditazione diffuso nell’aria;
-durante la divinazione diffuso nell’aria o nella ciotola d’acqua che si utilizza per divinare.
La Malva (Malva sylvestris) è una pianta erbacea perenne, cespugliosa, con fusti eretti, a volte striscianti, può raggiungere e oltrepassare il metro di altezza, la radice è un fittone verticale.
Pianta originaria dell’Europa e dell’Asia temperata, è presente nei prati e nei luoghi incolti di pianura. Essa è eliotropica, cioè segue il sole.
Il nome Malva deriva dal latino” mollire alvum” = “rendere molle”, cioè capace di ammorbidire.
Oppure dal greco “Malakos” (lumaca), riferita alle proprietà emollienti dei succhi vischiosi, come la bava delle chiocciole.
E’ chiamata anche Riondela, Nalba, Marva, Maleva, Common mallow, Mauve sauvage, Cheeseflower, Grande mauve, Gulkhair, High-mallow, Kurxi.
La Malva è utilizzata per la preparazione di dentifrici, colliri, creme, e saponi.
La radice può essere tagliata a fette e utilizzata per estrarre schegge e spine.
Può essere consumata insieme ad altre verdure come spinaci, bietole ed ortica.
Greci e Romani ne facevano largo consumo, i Pitagorici la consideravano una pianta sacra, in grado di placare le passioni umane legate al vizio.
Carlo Magno la volle come pianta ornamentale nei suoi giardini.
Marziale Marco Valerio (poeta latino) usava il suo succo, dopo una serata di orge e libagioni.
Cicerone era così ghiotto dei suoi germogli, da farne indigestione.
I seguaci di Pitagora la adoravano, poiché pensavano che la pianta fosse sacra agli Dei.
I Celti credevano che porre i suoi frutti, a foggia di disco, sugli occhi di un morto, avrebbe tenuto lontano da lui gli spiriti maligni, aiutandolo nel suo viaggio verso il paradiso.
Ippocrate la raccomandava per le sue proprietà emollienti e lassative , dimostrate ormai scientificamente e apprezzate ancora oggi.
Nella nostra tradizione contadina, i fiori venivano raccolti alla vigilia di San Giovanni e collocati sui davanzali perché bevessero la “guazza”, per diventare così vera panacea per tutti i mali.
Nel XVI sec., in base alla dottrina delle Segnature, i peli della pianta favorivano la ricrescita dei capelli.
La radice era utilizzata come una sorta di spazzolino da denti, oppure, pelata, la si dava ai bambini da masticare durante la formazione dei denti.
In Italia è sempre stata considerata “omniborbia” ossia, una panacea per curare tutti i mali.
Nell’Ottocento, nella “Carta dei fiori”, era la pianta che simboleggiava l’Amor materno e la Mansuetudine.
La Malva è’ caratterizzata da una forte vibrazione femminile, posta sotto l’influenza dei pianeti Luna e Venere.
Nel Medioevo era considerata una pianta indispensabile nelle pozioni d’amore, ed era impiegata come antidoto calmante contro gli afrodisiaci.
Colta nel momento giusto, è efficace per combattere le negatività infatti, chi opera in magia, beve spesso per depurarsi un infuso di quest’erba, preparato come un normale the.
Per la forma dei suoi fiori, che richiama una stella e quella delle foglie (una mano-conchiglia) è ritenuta adattissima agli incantesimi, specie quelli di protezione e di “azione”.
Simbolo della calma e della dolcezza, il potere delle sue vibrazioni cromatiche aiuta a stimolare le proprie percezioni intuitive, soprattutto per essere d‘aiuto a se stessi e agli altri, in situazioni particolarmente complesse o dolorose.
Nella tradizione popolare, la Malva viene aggiunta anche ai bagni contro il malocchio e l’invidia, specialmente se deriva da gelosie legate all’ambito amoroso (persone invidiose della propria situazione sentimentale).
Nello spiritismo, con la Malva si prepara il “bagno dell’Anima Sola”: prendere fiori di questa pianta e di gelsomino notturno e metterli a bagno e farli bollire nell’acqua. Aggiungere un foglietto su cui si è scritto il nome della persona che si è allontanata e lasciarlo finchè l’acqua non è fredda.
Questo bagno si prepara in onore di uno spirito-anima, con lo scopo di fare ritornare una persona che si è allontanata o per sedurre un uomo.
Se si è stati lasciati da chi si ama, raccogliere un mazzo di Malva e metterlo in un vaso posto fuori dalla porta di casa (o una finestra).
Questo indurrà quella persona a ripensare alla storia che ha voluto troncare e, probabilmente, ritornerà.
La Malva è anche usata per attrarre l’amore.
Per difendersi da negatività, fare un unguento con foglie e steli di Malva in grasso vegetale e pressarlo bene.
Passarlo sul corpo come unguento, per scacciare i demoni ed essere protetti contro gli effetti della magia nera.
Pianeta: Luna-Venere
Elemento: Acqua
Segno zodiacale associato: Sagittario
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