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storie e leggende vegetali
La Canfora (Cinnamomum camphora) è un albero sempreverde di dimensioni variabili, tra i 20 e i 35 metri di altezza, originaria della Cina e scoperta da Marco Polo.
L’albero della Canfora è maestoso; raggiunge anche i cinquanta metri di altezza e può vivere anche fino a mille anni.
Esso ha una corteccia bruno-rossastra, squamosa o solcata in modo irregolare, che cambia colore in grigio chiaro, tipico negli alberi maturi.
Presenta foglie ovali o ellittiche con margini ondulati, disposte alternativamente sui ramoscelli.
Quelle foglie giovani sono di colore bronzo rosato, mentre le foglie vecchie sono verde scuro e lucide.
Produce fiori profumati, bianco-verdastri o giallo pallido, disposti in pannocchie lunghe circa 7 centimetri sulla punta dei rami.
Stropicciando le foglie, ramoscelli e radici, si sente un odore acre e pungente, quello appunto della Canfora (da non confondere con la naftalina, prodotto puramente chimico).
Le essenze volatili di queste foglie sono potenti decongestionanti delle vie respiratorie e forti stimolatori del muscolo cardiaco.
Insieme all’eucalipto, quest’albero è stato usato per bonificare terreni infetti dalla malaria.
Le sostanze volatili, che le sue foglie emanano, sono infatti dei forti repellenti per molti insetti.
I frutti dell’albero di Canfora sono drupe blu scuro o nere, rotonde e carnose, che possono essere viste sull’albero durante l’autunno.
Molti uccelli e animali consumano questi frutti, svolgendo un ruolo importante nella dispersione del seme in natura.
Le foglie giovani bollite e i germogli dell’albero di Canfora possono essere utilizzati nella dieta umana.
Le foglie vecchie sono usate come spezia, mentre la radice può essere consumata sotto forma di tè.
Bevande e piatti a base di Canfora dovrebbero essere consumati moderatamente, in quanto tutte le parti di questa pianta contengono sostanze che possono indurre un’eccessiva stimolazione del sistema nervoso centrale e portare a convulsioni.
Dal legno dell’albero, si ottengono i cristalli di Canfora solubili in alcool o olio, con cui si ricavano ottimi linimenti e pomate dal profumo antico e di eccezionale valore terapeutico.
Nella medicina erboristica, la Canfora è un analettico cardiaco e respiratorio, un antisettico bronchiale e polmonare.
Sciogliendo i cristalli di Canfora in olio di oliva, si ottiene l’Olio canforato.
Insieme con lo zafferano, si crea la famosa “Acqua di Dalibour” (utile per frizioni contro i dolori).
Mescolando Canfora e mentolo, si ottiene un’ottima pomata balsamica.
Il principio attivo viene estratto dai rami, incidendoli e facendoli bollire in acqua: la Canfora, così affiora in superficie, una volta che l’acqua si è raffreddata.
L’olio essenziale di Canfora viene estratto dal legno, per distillazione a vapore.
A dosaggio elevato la Canfora è, però, altamente tossica e può provocare vomito, delirio e convulsioni; così come il legno, velenoso.
La Canfora era molto popolare in Europa, prima del periodo rinascimentale.
Legno, foglie e ramoscelli venivano usati per affumicare la carne, mentre l’olio di Canfora veniva usato come ingrediente di caramelle, budini e bevande (come la birra alla radice).
Il legno della Canfora, con il suo caratteristico colore giallo-rosso, viene utilizzato per la fabbricazione di casse, bare, strumenti e sculture.
L’albero di Canfora è l’albero ufficiale di Hiroshima.
Nell’antico linguaggio dei fiori, la Canfora simboleggia l’unione con Dio.
La promessa del devoto di bruciare il proprio ego, fino a quando non rimane nulla ed emanare luce di conoscenza.
Proprio come il profumo che emana da essa, uno dovrebbe liberarsi del proprio ego e diffondere la bontà nella vita degli altri.
Secondo antichi testi indiani, la Canfora simboleggia un forte legame con il sacro e il divino.
Quando bruciata o diffusa, sprigiona fumi che significano ‘diventare cristallini attraverso il virtuoso del divino’.
I fumi e la fragranza della Canfora possiedono il potere di ridefinire l’ambiente circostante, rilasciando energie curative, che sradicano le energie negative presenti ed amplificano le energie positive.
Dalla serenità all’essere lenitiva, la Canfora è una potente miscela naturale di odore piccante, profumo di mentolo che pungendo il naso, risveglia i sottili agenti curativi pacifici manifestando una sensazione eterea e divina di tranquillità.
A volte, intorno e dentro di noi c’è una persistente sensazione di stress, ansia e negatività, e queste energie negative possono influenzare e pervadere tutto il corpo e l’ambiente in cui viviamo.
I fumi generati dalla Canfora rilasciano in modo significativo tutti i blocchi accumulati dentro di noi e nel nostro ambiente, bandendo la timidezza, la paura e le energie negative e migliorando il flusso di energie pacifiche positive.
Esistono varie tecniche per manifestare pacifiche energie curative della Canfora; la più semplice è quella di usare i diffusori con l’olio essenziale, o mettendone qualche goccia sulle candele.
Questa tecnica purifica l’aria per portare tranquillità e pace nel tuo ambiente ed allontanare tutte le energie negative, oltre ad avere proprietà antimicotiche ed antibatteriche.
Mettendo qualche goccia di olio di Canfora in un bruciatore, posizionato nella tua nuova casa, la libera dalle energie vecchie, stagnanti o dannose, che potrebbero persistere dall’inquilino precedente.
Bruciare la Canfora può anche portare prosperità, abbondanza e ricchezza alla tua famiglia.
Aiuta a rilasciare i blocchi e quindi aiuta nell’abbondanza finanziaria.
Per purificare la tua aura, puoi passare un pezzo di Canfora attorno al tuo corpo, dall’alto verso il basso e poi bruciarlo.
L’olio essenziale di Canfora può essere utilizzato anche durante la meditazione di bilanciamento dei Chakra: prendi una piccolissima porzione dell’olio con l’anulare e applicala nel Chakra del Terzo Occhio (tra le sopracciglia) in forma circolare, per sperimentare il profondo riflesso della consapevolezza ed un accresciuto senso spirituale di benessere all’interno del tuo corpo e della tua mente.
Spiritualmente, la Canfora è molto curativa, dando un senso di liberazione dai tuoi obblighi.
Può anche elevare l’umore, specialmente a una vibrazione più alta e più spirituale.
La Canfora è particolarmente utile per dissipare la negatività, la paura e la codardia e, associata agli angeli guerrieri, può bandire la timidezza e la paura.
Essendo utile quando ci si trova in situazioni stressanti o conflitti, usalo quando ‘vai in battaglia’, che si tratti di un combattimento fisico o di un altro tipo di sfida in competizione con gli altri.
La Canfora è usata classicamente per la pulizia e la purificazione spirituale quindi, se energie invadenti o entità dannose si attaccano a te, essa può eliminare tali forze dalla tua vita e purificare la tua aura.
Queste qualità si combinano per rendere la Canfora molto utile anche per la protezione pertanto, se ti trovi in una situazione pericolosa, o nel mezzo di viaggi pericolosi, qualche goccia di olio di Canfora sui tuoi vestiti può creare uno scudo protettivo intorno a te.
La Canfora è utile anche quando si pratica la divinazione, mettendo qualche goccia in un bruciatore apposito, quando stai lavorando: il profumo attiverà le tue capacità psichiche interiori e stabilirà una connessione con un’intelligenza superiore.
Puoi usare la Canfora anche per purificare strumenti, oggetti, tutto ciò che è di potere nella tua magia rituale.
La Canfora è molto usata anche per eliminare gli effetti della magia nera, ecco il rituale:
♠ Chiedi ad un anziano di bruciare della Canfora in un apposito contenitore, in sicurezza, muovendolo davanti a te, dalla testa ai piedi, stando ad una distanza di circa 1 metro e per 3 volte.
♠ Fagli mettere, quindi, il bruciatore con la Canfora in fiamme fuori dall’ingresso principale della casa, o fuori casa.
Questo rimuoverà tutte le energie negative e gli spiriti maligni, che ti hanno tormentato, e ripristina tutte le energie positive dentro di te.
PIANETA: Luna – Saturno
ELEMENTO: Acqua – Terra
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Cancro – Capricorno
CHAKRA: 6, Ajna (C. del Terzo Occhio)
Angelica è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere), originaria dell’Europa settentrionale, che comprende una trentina di specie, anche se la più utilizzata e conosciuta è l’Angelica archangelica.
E’ una pianta erbacea, rustica, che può raggiungere i 2 metri d’altezza e vive nelle zone appenniniche ed alpine.
Essa si trova spontanea e si coltiva in Italia e in tutta l’Europa, specialmente nel nord, ma è abbondante in Scandinavia e in Siberia.
Presenta foglie bipennate, formate da foglioline più piccole e fiori disposti ad ombrelle, di colore giallo-verde.
Alcuni dicono che il nome derivi dal latino medioevale “herba angelica”.
Infatti si credeva, che la pianta proteggesse dal diavolo e curasse tutte le malattie; fu poi, un medico di Lipsia, Rivinus, nel secolo XVII, a dare il nome di “Angelica” alla pianta, volendo con questo affermarne le origini sacre e le proprietà “magiche”.
Altri dicono invece, che Angelica deriva dal greco ‘anghelos’, cioè ‘angelo annunziatore’, pianta venuta dal cielo.
Arcangelica, dal credo ‘arco’ = ‘il primo, il capo’, pianta dell’Arcangelo.
E’ chiamata anche Angelica dorata, Bragosse, Cecil, Sambugari.
Le giovani foglie si consumano sia crude sia cotte; i gambi teneri, una volta canditi, servono a decorare le torte, e con essi si prepara anche un ottimo liquore, oltre ad essere uno degli innumerevoli ingredienti del Chartreuse, un antico e segreto liquore dei monaci certosini di Vauvert, Francia.
L’Angelica era una pianta molto coltivata attorno ai monasteri ed il suo gradevole sapore ne faceva un rimedio assai piacevole.
L’antica legislazione scandinava proibiva ai contadini, quando cambiavano casa, di asportare dai campi e dai giardini le piante di Angelica.
Nel XVI sec. veniva coltivata nei monasteri dell’Europa centrale e, appunto dai monaci, per le sue virtù vere e presunte, fu denominata ‘Erba degli angeli‘ o ‘Erba angelica‘ o ‘Erba arcangelica‘, quasi fosse venuta dal regno degli angeli.
Secondo l’abate Fournier, il nome Arcangelica deriva dalla leggenda, che attribuiva all’arcangelo Raffaele l’aver rivelato ad un eremita le proprietà specifiche della pianta contro la peste.
Oltre alle virtù soprannaturali, che le furono assegnate dai frati medievali, si ritenne a lungo che possedesse la capacità di garantire una lunga vita.
A conferma di tale prodigiosa prerogativa, si citava il fatto, ricordato da Raspail, di un certo Annibale Camoux, morto a Marsiglia nel 1759 all’età di 121 anni, il quale riteneva che la sua eccezionale longevità derivasse dall’uso quotidiano di succhiare pezzi di radici di Angelica.
I medici del Rinascimento soprannominarono l’Angelica “radice dello Spirito Santo”, per le sue divine proprietà di curare le malattie più gravi.
Gli esorcisti e i maghi si servivano di un ramo di Angelica Arcangelica, per liberare i fatturati, uomini o bestie e per spezzare gli incantesimi.
Paracelso, medico e grande ermetista (1490-1541), narra che, durante la peste del 1510, numerosi Milanesi si salvarono, per aver bevuto della polvere di Angelica nel vino.
I Lapponi avevano l’usanza di mettere sulla loro testa una corona di Angelica, quando cercavano l’ispirazione.
L’Angelica è un’erba meravigliosa, per eliminare l’agitazione, la depressione, i mal di capo, l’anemia, l’asma, l’influenza virale, le cattive digestioni.
Allevia la stanchezza e la tensione nervosa, calma i disturbi emotivi e il sistema respiratorio, soprattutto in situazioni di respirazione ansiosa.
Nel significato dei fiori, simboleggia ‘ispirazione‘.
L’essenza di Angelica è un profumo tipicamente solare, che apre il soggetto alle sue vere aspirazioni, alla generosità, alla parte più nobile del suo carattere.
Nell’Esoterismo è usata per invocare o potenziare sogni vividi, visioni, capacità psichiche, chiaroveggenza e rituali di divinazione.
L’Angelica è anche utilizzata per benedizioni domestiche, incantesimi curativi, armonia, intuizione, stabilità e meditazione, oltre che per maledire, bandire, legare, controllare e/o dominare un amante.
E’ validissima negli incantesimi di protezione, rituali di purificazione, rottura/non attraversamento di incantesimi, esorcismo e protezione dai nemici, o da coloro che cercano di farti del male.
È particolarmente utile per proteggere le donne, e coloro che si identificano come donne, dalla violenza, oltre che usata nei talismani per la fortuna nel gioco d’azzardo.
Questa pianta è associata a San Michele Arcangelo e si usa nei bagni, nelle defumazioni di scarico del male e nella confezione di amuleti.
Nella tradizione afrobrasiliana spezza le fatture e le maledizioni con l’aiuto di Oxalà.
L’Angelica è anche utilizzata, per frenare le passioni e placare il desiderio, e difende dagli scandali, specialmente quelli sessuali.
Il suo potere è anche molto consigliato, per liberare le persone dalla schiavitù della droga e dell’alcol.
Si dice che l’Angelica fiorisca per la prima volta nel giorno dell’onomastico dell’Arcangelo Michele, il 29 settembre.
Inoltre, metti l’Angelica in un sacchettino bianco e tienila per proteggere il tuo bambino.
Sembra, che fumarne le foglie aumenti la chiaroveggenza e incoraggi le visioni.
Ogni volta che stai attraversando un momento difficile, o hai dei timori per la tua famiglia, prova questo rituale.
Se l’energia negativa è intensa, brucia le foglie di Angelica con l’incenso, per esorcizzare il tuo spazio.
Mentre stai proteggendo te stesso e la tua casa dalla negatività durante questo rituale con l’Angelica, sperimenterai anche un accresciuto psichismo.
Dopo, quindi, presta molta attenzione ai tuoi sogni: arriveranno messaggi importanti.
PIANETA: Sole
ELEMENTO: Terra-Fuoco
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Leone
CHAKRA: 1, Muladhara (C. della radice) –Svadhisthana 2, (C. sacrale) – 4, Anahata (C. del cuore)
L’Amomo germanico (Sison amomum) è una pianta alta fino ad 1 metro che, se calpestata, emana uno sgradevole odore di benzina.
Ha foglie simili al prezzemolo e fiori bianchi.
E’ una pianta aromatica, dalla quale si estraeva un prezioso balsamo (dal greco ‘ámomos’ = irreprensibile, perfetto).
Di origine europea, cresce nei luoghi umidi, prati, ai bordi delle strade.
Le foglie cotte si utilizzano come il sedano, avendone il sapore simile.
Le foglie ed i semi sono usati come spezia.
La pianta possiede delle proprietà medicinali e può essere utilizzata come carminativo, diaforetico e diuretico.
La sua radice è buona per tutte le malattie delle vie urinarie, e i semi sono buoni nei disturbi dello stomaco e dell’intestino.
Il suo nome inglese è ‘Bastard Stone-Parsley‘.
Il genere Araucaria comprende circa venti specie di conifere sempreverdi, originarie dell’America meridionale e dell’Australia, introdotta in Europa dal sud America intorno al 1850.
Chiamato anche Albero Bunya, i suoi semi sono commestibili e sono parte integrante della dieta dei nativi dei suoi luoghi d’origine.
Gli Indigeni australiani mangiano la pigna dell’albero del Bunya sia cruda che cotta (arrostita e, in tempi più recenti, bollita), e anche nella sua forma acerba. Tradizionalmente, le pigne venivano inoltre macinate e trasformate in una pasta, che veniva mangiata direttamente o cotta nei carboni ardenti per fare il pane.
Le pigne venivano anche conservate nel fango dei torrenti e mangiate allo stato fermentato, cosa questa considerata una prelibatezza.
Oltre a consumare le pigne, gli indigeni australiani mangiavano germogli di Bunya e utilizzavano la corteccia dell’albero come legna da ardere.
Il nome deriva dalla tribú degli Araucanos, indigeni cileni che vivono nelle pendici occidentali delle Ande, fino a notevoli altitudini.
Le Araucarie sono molto simili ai resti fossili delle loro progenitrici, presenti già 195 milioni di anni fa, nel Giurassico.
Il loro aspetto arcaico è evocativo di paesaggi forestali scomparsi, all’ombra dei quali si muovevano animali mesozoici oggi estinti.
In alcuni casi è usata come albero di Natale in miniatura e, se si vuole sfruttare come tale, è necessario prestare attenzione a non danneggiare i rami.
Una leggenda racconta che, tanto tempo fa, quando il Paraná era ricoperto di foreste, vi vivevano molte tribù indigene.
Sulle montagne di Paiquerê, viveva l’indiano Curiaçu, il quale era più alto e più forte di chiunque altro nella sua tribù.
I suoi compagni lo ammiravano e i suoi nemici lo temevano.
Curiaçu era impareggiabile nella pesca, con una mira così precisa che catturava qualsiasi pesce desiderasse.
Forte e coraggioso, cacciava come nessun altro, non lasciando mai che alla sua tribù mancasse il cibo, anche se gli piaceva cacciare da solo.
Nonostante fosse molto grande, i suoi passi erano lunghi e silenziosi, e i suoi movimenti molto leggeri.
Un giorno Curiaçu partì per una delle sue cacce nel bosco, seguendo le tracce di un giaguaro.
Sentì che qualcosa lo stava conducendo verso la bestia e ne fu certo, quando vide in lontananza Guacira, figlia dello Sciamano della tribù nemica, che cercava e raccoglieva erbe curative.
Il giaguaro si avvicinò alla ragazza che, quando se ne accorse, ormai non poteva più scappare.
Mentre l’animale balzava verso la fanciulla, più veloce dei suoi pensieri, Curiaçu armò il suo arco e lanciò una rapida freccia, colpendo fatalmente la bestia.
Guacira si spaventò e svenne, venendo soccorsa da Curiaçu il quale la prese in braccio e la portò al fiume.
Con cautela, bagnò il viso della bellissima giovane donna per svegliarla, con la quale si scambiò sguardi appassionati.
Da lontano, un guerriero della tribù dei Guacira vide quella scena, riconobbe Curiaçu e pensò che la figlia dello Sciamano fosse stata rapita.
Poi chiamò i suoi compagni, che circondarono Curiaçu e iniziarono a scagliare frecce contro il ragazzo.
Egli combatté coraggiosamente e riuscì a fuggire, portando con sé Guacira nel bosco, però ferito dalle frecce nella parte superiore del corpo.
Capendo che le sue forze stavano per finire, chiese a Guacira di nascondere il suo corpo, poiché non voleva essere trovato dai suoi nemici.
La ragazza trovò un buco nel terreno, nascose Curiaçu e lo coprì di foglie.
Tornando sul sentiero che aveva preso con lui, notò le gocce di sangue del guerriero sparse sul terreno e cercò di cancellarle.
Quando i guerrieri se ne andarono e non c’era più pericolo, Guacira cercò di trovare Curiaçu, per usare tutte le erbe che conosceva per guarirlo, ma senza trovarlo, mai più.
Qualche tempo dopo, in quel punto esatto, apparve un albero enorme, bellissimo, con un tronco marrone scuro, come il dorso di un Indiano, i cui rami sembravano frecce conficcate nel tronco.
Fu così che apparve il primo Araucaria, il Pino del Paraná.
Tupã, il Dio del Tuono, ebbe pietà di Guacira e la trasformò nella Ghiandaia azzurra.
Da allora, ogni volta che i pinoli cadono a terra, la Ghiandaia azzurra, pensando che siano le gocce di sangue di Curiaçu, cerca di nasconderle e seppellirle, non ritrovandole poi più, così come il corpo di Curiaçu non fu mai ritrovato quando era un Indiano.
Dai pinoli interrati nacquero altre Araucarie, formando così immense e bellissime foreste a Paiquerê.
Nella lingua aborigena Mapuche, l’Araucaria si chiama Pehuén ed è l’albero nazionale emblema del Cile.
Una leggenda cilena narra che, molto tempo fa, il popolo Pehuenche viveva vicino ai “Pehuenes” o foreste di Araucaria.
Si radunavano sotto gli alberi per pregare, fare offerte e appendere doni ai loro rami, ma non ne raccoglievano i frutti, pensando che fossero velenosi e non si potessero mangiare.
Un anno, l’inverno fu molto duro e durò più a lungo, e le persone iniziarono a esaurire le risorse, i fiumi erano ghiacciati, gli uccelli erano migrati e gli alberi aspettavano l’arrivo della primavera.
Il terreno era completamente ricoperto di neve e molti dei Pehuenche resistettero alla morte di fame, ma i bambini e gli anziani morivano.
Dopo aver ascoltato le sagge parole di uno degli anziani della tribù, il popolo Pehuenche decise di raccogliere i frutti dell’Araucaria, i pinoli.
L’intera tribù partecipò alla preparazione del cibo e molti uscirono in cerca di altri pinoli, portarono l’acqua e accesero il fuoco.
Poi arrostirono, bollirono e mangiarono i pinoli che avevano raccolto.
Fu una festa indimenticabile e si dice che, da quel giorno, i Mapuche, che vivevano accanto all’albero Pehuén, e che si fanno chiamare Pehuenches, non soffrirono mai più la fame, sperando che un albero così bello ed utile non venisse mai loro portato via.
Ancora oggi, la raccolta dei pinoli è un rito che prende il nome di “piñoneo”, un’attività che si svolge ogni anno tra febbraio e aprile, ed è diventata un’attrazione turistica, alla quale possono partecipare solo i candidati prescelti.
Si ha bisogno di scarpe speciali per arrampicarsi sul tronco dritto e guanti rinforzati per maneggiare le foglie appuntite.
In alcuni casi le mietitrici devono salire diverse decine di metri, poi con un bastone, colpiscono i sacchetti di pinoli, fino a farli scoppiare per liberare i loro frutti.
In una buona annata, un Araucaria di 100 anni, può produrre fino a 400 chili di pinoli, ma deve essere un albero femminile.
A causa delle enormi dimensioni e dell’età di questi alberi, gli alberi di Araucaria erano considerati guardiani sacri, protettori delle tribù.
Vista come maschile nelle energie, a causa della longevità, delle sue dimensioni, del modello di crescita e del tempo impiegato dal frutto per maturare, era considerato un atto di guerra, se i membri di un’altra tribù prendevano frutti dall’albero di un’altra tribù, senza permesso.
La feroce protezione di questi alberi da parte degli Aborigeni e il riconoscimento del valore del legname, portarono le autorità coloniali a vietare ai coloni di tagliare gli alberi, nel 1842.
Nei paesi di origine, l’Araucaria è considerata una pianta magica; infatti viene sempre collocata vicino all’ingresso delle abitazioni, perché si crede che allontani i nemici.
Previa autorizzazione a tagliare, i rami possono essere usati per creare maestosi bastoni, bacchette, che richiedano energia maschile.
Forza, resistenza, pazienza, protezione sono altri aspetti magici di questo meraviglioso antico albero.
ELEMENTO: Terra
PIANETA: Saturno
SEGNO ZODIACALE: Capricorno
CHAKRA: 1° della Radice
La Reseda dei tintori (Reseda luteola), conosciuta anche come Guaderella, Erba guada, Erba Lutea e Luteola, è una pianta erbacea biennale, che può superare il metro di altezza.
E’ diffusa in tutta Italia nei luoghi incolti, sui muri, nei prati degradati, nelle scarpate e sui greti ghiaiosi dei fiumi, nelle cave e nelle zone ruderali.
Il nome del genere “reseda” = “che lenisce il dolore”, deriva dal latino, come anche quella della intera famiglia, le cui piante contengono sostanze calmanti.
Il nome specifico “luteola” dal latino luteus= giallo, per le sue qualità coloranti.
I fiori della Reseda attirano api e farfalle ed è molto apprezzata come cibo da bovini, capre, pecore e asini.
Questa erba mediterranea è la più antica pianta colorante gialla del Mondo.
La Reseda è menzionata nella Bibbia ebraica come ‘rikhpahe‘ e cresce ancora in Israele.
I Romani tingevano le tuniche delle Vestali e gli abiti nuziali con questa erba magica.
Era un colorante preferito in Persia nel Medioevo e ampiamente utilizzato in Europa come colorante.
Le foglie della Reseda hanno una concentrazione più intensa di tintura, ma l’intera pianta (tranne le radici) contiene colorante.
È particolarmente piacevole sulla lana, ma può anche tingere il cotone o la seta.
Con un mordente di allume, si ottiene un colore giallo limone resistente alla luce su lana e seta, con il rame, invece si ottiene il giallo verdastro, con il ferro si ottiene il color oliva.
Combinata con la pianta Isatis tinctoria (Guado), si preparava il verde ‘Lincoln Green’, il colore dei vestiti degli uomini di Robin Hood.
Con la Reseda si tingevano i vestiti della gente comune in Gran Bretagna, ma anche le sete dei ricchi Vichinghi, che però la importavano.
Infatti la Reseda era usata come colorante naturale, fino all’avvento dei coloranti sintetici, per tingere di giallo tutte le fibre naturali, la lana e il legno.
Questa pianta, nota quindi fin dai tempi antichi per le sue proprietà tintorie, suscitò il suo maggiore interesse nel XIII secolo.
Nel Medioevo, le richieste furono talmente elevate, che si sviluppò un fiorente commercio nell’Europa occidentale, a seguito di un grande consumo da parte delle industrie tessili e dei lanifici della Francia, dell’Inghilterra e della Germania.
Oggi la Reseda è utilizzata per tingere in maniera naturale la seta, nelle Belle arti, nell’industria cosmetica.
Il genere Reseda comprende una sessantina di specie, alcune delle quali vengono coltivate su vasta scala per la produzione dei fiori recisi, per la produzione di olio essenziale utilizzato in profumeria e, soprattutto, per gli impianti di un ottimo miele.
In fitoterapia, la Reseda è apprezzata per le sue proprietà diuretiche e diaforetiche, oltre che calmanti.
Plinio il Vecchio, scrittore, naturalista, filosofo naturalista, asseriva, che la Reseda curava le infiammazioni ma, affinché la cura avesse effetto, il malato doveva sputare tre volte, dicendo ogni volta:
“Reseda, reseda (in latino ‘allevia’) questi mali.
Tu sai, tu sai quale uccello ha strappato queste radici.
Fa che non abbiano né testa né piedi”.
Nel linguaggio dei fiori, Reseda significa ‘tenera amicizia’.
In Esoterismo, anticamente era chiamata anche Amorino, ed era considerata magica, utilizzata durante riti magici e propiziatori.
Un eccellente inchiostro magico può essere ottenuto facendo macerare la Reseda nell’alcol; questo produce un inchiostro giallo, buono per disegnare amuleti e talismani per la protezione e la magia offensiva.
Oppure con essa si tingevano gli indumenti rituali, per l’uso nella protezione magica o nell’attacco rituale.
Insieme ad altri coloranti naturali come l’indaco, la cocciniglia e la robbia, la Reseda veniva trasformata in una soluzione (precipitandola su una sostanza opaca, come il gesso) e utilizzata nella pittura e nella miniatura dei manoscritti medievali, come sostituto dell’orpimento velenoso e per rappresentare l’ oro.
Le antiche ‘Streghe’ della Gran Bretagna usavano la Reseda come impiastro su ferite e morsi di serpenti, o punture di insetti.
Comunque non era molto usata in medicina, a causa del suo calore elevato, ma era raccomandata contro la peste, come ultimo tentativo di guarigione, prima della morte.
PIANETA: Marte
ELEMENTO: Fuoco
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Scorpione, Acquario, Vergine
CHAKRA: 4° Anahata , Chakra del Cuore
L’Ancusa (Anchusa officinalis) è una pianta perenne o biennale, alta fino a 50 – 60 cm.
E’ detta anche Buglossa, Lingua di bue o Alkanet comune, ed è una pianta erbacea della famiglia Borraginacee.
E’ presente in tutto il Nord Italia, nei luoghi incolti, sassosi, coltivati, vigne.
L’etimologia del termine greco “ánchousa” identificava la pianta dalle radici color sangue, usate dai Greci per imbellettarsi di rosso (anchousízomai).
L’utilizzo di questa pianta, nei campi officinali, culinari e cosmetici, è antichissimo.
Le foglie e le sommità fiorite sono dotate di proprietà diuretiche, emollienti e sudorifere, oltre a combattere le infiammazioni intestinali.
L’Ancusa contiene dei principi attivi, tra cui la ‘cinoglossina’, un alcaloide dalle proprietà spasmodiche e sedative.
Insieme alla borragine, la violetta e la rosa, è uno dei quattro “Fiori cordiali” che compaiono nelle antiche farmacopee.
Gli autori classici sostenevano, che la radice e il seme dell’Ancusa, presi insieme o separatamente e messi nel vino, impedivano ai veleni di arrivare al cuore.
Inoltre Plinio il Vecchio segnalava, già nel I secolo, l’utilizzo di questa pianta come base per tinture.
Infatti, il nome del genere Anchusa, derivato dal greco, significa “tingere”, “dipingere”.
Il principio colorato si trova nella radice che contiene una sostanza rossa, utilizzata per uso cosmetico ed alimentare.
A sua volta Galeno riscontrò altre proprietà in questa pianta, che ne fecero un usatissimo cosmetico.
Le foglie dell’Ancusa si possono mangiare lessate e condite con olio e limone, ma sono buone anche ripassate in padella con olio, aglio e peperoncino; mentre gli steli lessati accompagnano ottimamente le uova sode.
L’essenza di Ancusa ci insegna, che possiamo essere in grado di andare avanti facilmente con amore e gentilezza, a differenza di quando dobbiamo solo rispettare i nostri obblighi, seguendo una disciplina.
Essendo più gentili e calorosi con gli altri, scopriremo che un sorriso può aprire molte porte.
Questa essenza funziona da ammorbidente e da chiave di apertura, per le persone che non sembrano avere troppi sentimenti, o addirittura non provarne nessuno, per chi ha il classico ‘cuore di pietra’.
Questo fiore aiuta anche le persone che sono interessate solo all’esercizio del potere, o che sono preda dei loro obblighi, che gli impediscono di conoscere altri aspetti della loro vita.
Inoltre, l’essenza di Ancusa porta umanità alle relazioni sociali, ad esempio aiutando a liberarsi del modello di leadership incentrato sul successo o sulla “rigidità del servo”.
Quando i nostri pensieri diventano rigidi e unilaterali, quando l’unica cosa che ci muove è l’adempimento degli obblighi, quando ci limitiamo a pensare senza sentire nulla, proprio a questo punto, l’essenza di Ancusa può aiuterci a preparare un nuovo percorso mentale.
Ci insegna a “nutrire” i nostri pensieri con gentilezza e cordialità, mentre assistiamo a reazioni completamente sorprendenti nel nostro ambiente.
L’Ancusa ci fa ridere dal profondo del nostro essere e ci permette di avvicinarci alla nostra spiritualità.
Insieme allo sviluppo dei nostri sentimenti, al cambiamento di opinione sui nostri vicini e alla nostra nuova ricettività e liberazione generale, saremo anche più ricettivi alla coscienza spirituale della nostra vita quotidiana.
I nostri valori emotivi saranno notevolmente arricchiti ed impareremo a scoprire e ad utilizzare i contenuti spirituali.
In Esoterismo, l’Ancusa è utilizzata in riti di purificazione e prosperità.
Bruciata come incenso, purifica l’aria dalle negatività e attira la prosperità in tutte le sue forme.
ELEMENTO: Acqua
PIANETA: Giove
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Toro III decade.
L’Aneto (Anethum graveolens) appartiene alla famiglia delle Ombrellifere, è di origine asiatica ed è facilmente riconoscibile, grazie ai suoi peduncoli filiformi ed ai fiori a ombrello, color giallo oro.
Le sue proprietà terapeutiche erano note già nell’antichità, come dimostrano alcuni semi e gambi di Aneto ritrovati nelle tombe dei Faraoni.
Ci sono due correnti di pensiero sull’etimologia del nome.
Alcuni asseriscono che derivi dal greco “ànetos” = ‘sciolto, scapigliato’, dalla forma delle foglie.
Altri che derivi dal greco “aneto” = ‘anice’ il quale, a sua volta, deriva dall’antico egizio, mentre l’epiteto specifico “graveolens” deriva dal latino “gravis”= ‘pesante, forte’ ed “olens”= ‘sentore’, in quanto ha un un odore forte, tra il finocchio e l’anice.
Il nome inglese ‘Dill’ deriva dall’antico norreno (una lingua germanica settentrionale parlata tra il IX e il XIII secolo), che significa cullare, cantare una ninna nanna, calmare i bambini, riferendosi all’effetto rilassante e calmante dell’Aneto.
Volgarmente è anche chiamato Finocchio bastardo, Rizu, Fetido.
Cresce spontaneamente nei prati incolti ed i suoi fiori sono molto ricercati dalle api.
L’aggiunta di qualche seme di Aneto sembra influire favorevolmente sulla germinazione di diverse sementi di ortaggi, in particolare delle carote, ma anche dei cetrioli, dei cavoli, delle rape rosse, delle insalate e delle cipolle.
Questa pianta è stata utilizzata dai popoli Ebraici come un ortaggio commestibile; dagli Egizi da più di 5.000 anni, come pianta medicinale; dai Greci e i Romani per il suo profumo e le sue virtù medicinali.
Infatti, gli antichi Greci pensavano che si potessero evitare attacchi di epilessia e vanificare i sortilegi, stringendo un rametto di Aneto nella mano sinistra, mentre i gladiatori romani credevano che accrescesse la forza fisica.
I legionari cospargevano le ferite con i semi di Aneto bruciati, per facilitare la guarigione.
I frutti sono usati come aromatizzanti di liquori, salse, conserve e in pasticceria.
L’Aneto è un’ottima fonte di vitamina C, gruppo B, calcio, ferro e magnesio, e le sue foglie e semi contengono un olio essenziale ricco di carvone, che viene tradizionalmente usato per trattare i disturbi digestivi.
Questa pianta può aiutare a controllare le infezioni ed eliminare l’eccesso di sale e liquidi, aiutando ad abbassare la pressione sanguigna e rendere più facile il pompaggio del cuore.
Gli effetti benefici dell’Aneto sono straordinariamente ampi, in quanto può essere allo stesso tempo uno stimolante, che aumenta la tua energia e un sedativo, migliorando il tuo sonno.
In Esoterismo, l’Aneto è comunemente usato come erba protettiva ed è spesso collocato nella culla di un bambino per tenerlo al sicuro dalle forze del male.
Può anche essere portato sulla persona in una bustina o in un ciondolo, e le teste dei semi essiccati sono appese alle porte per scopi di protezione.
L’Aneto è anche usato nei ciondoli e nelle bustine dell’amore e della lussuria.
Metti i semi in un sacchetto di mussola (aggiungendo cannella e dragoncello) sotto l’acqua della doccia, o dell’acqua del bagno, per renderti irresistibile per il tuo amante.
I semi dell’Aneto sono usati negli incantesimi di denaro e possono essere portati su di sé, per attirare denaro.
Inoltre, si può spargere la polvere d’Aneto davanti alla porta di casa, per tenere alla larga pettegoli e persone invidiose.
Durante il Medioevo, l’Aneto veniva usato come afrodisiaco.
Una sposa superstiziosa metteva alcuni semi di Aneto nella sua scarpa il giorno del suo matrimonio.
Ma anche lo sposo faceva la sua parte, assicurandosi di avere dei semi di Aneto in tasca.
Così facendo, i semi di questa pianta avrebbero fatto il loro incantesimo e la coppia avrebbe avuto un matrimonio lungo e gioioso, sicuramente benedetto da bambini.
I semi di Aneto erano anche chiamati “semi di preghiera” e, a volte, venivano fatti masticare ai bambini durante i lunghi servizi in chiesa, perché li avrebbe tenuti tranquilli e senza sentire fame.
L’Aneto porta fortuna e simboleggia vitalità, gioia e piacere.
ELEMENTO: Fuoco
PIANETA: Mercurio
SEGNO ZODIACALE: Gemelli
L’Ammarbia (Hammarbya paludosa, o Ophrys paludosa, o Malaxis paludosa), chiamata comunemente Orchidea di palude, Bocca di vipera di palude, o Orchidea bocca di vipera palude (in inglese Bog Adder’s Mouth), è una piccolissima orchidea, al massimo alta 10 cm., anche se spesso presenta un’altezza di 3 cm, il che rende impossibile scorgerla, nascosta tra le altre piante di palude.
Alla base dello stelo, presenta tre-quattro foglie con dei rigonfiamenti chiamati pseudobulbi.
Da questi nasce lo stelo con i fiori piccoli e verdastri, lievemente profumati di cetriolo, i quali vengono impollinati da piccole mosche.
Originaria dell’Europa, cresce in tutti i luoghi umidi, paludi, stagni, sullo sfagno bagnato, ai bordi di torrenti e fossi.
E’ presente in Europa, ma anche in Asia e nord America.
In Italia possiamo trovarla nella zona di Bolzano, in torbiere, su substrati composti da muschi e sfagni e, per questo motivo è considerata pianta epifita.
“Hammarbya” in riferimento al villaggio svedese di Hammarby, residenza estiva di Linneo, medico e naturalista svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi.
Questa pianta è considerata una delle orchidee più rare del Nord America, se non la più rara.
Secondo il DNR (Dipartimento Risorse Naturali americano), l’Ammarbia è stata inserita nell’elenco delle specie in pericolo di estinzione nel 1984.
Nelle migliori condizioni è estremamente difficile da individuare; le foglie piccole sono spesso nascoste sotto il muschio, lasciando intravedere solo la punta sottile e verde, che sporge di qualche centimetro nell’aria.
Amaryllis è un genere di piante bulbose originario del Sudafrica, spesso confuse con l’Hippeastrum, dal quale è stato distinto e separato nel XIX secolo, e si distingue per maggiore numero di fiori e minore grandezza degli stessi.
Inoltre l’Amaryllis fiorisce senza foglie in primavera, mentre l’Hippeastrum fiorisce con tutte le foglie nel periodo invernale.
Il genere comprende ‘Amaryllis belladonna’ ed ‘Amaryllis paradisicola’.
Il nome deriva dal greco e significa ‘brillare’.
I primi Amaryllis arrivarono in Europa nel 1700.
Le popolazioni indigene africane lo utilizzavano, per avvelenare le punte delle loro frecce, con misture di varie piante, tra cui appunto il succo del bulbo di Amaryllis.
Infatti, i bulbi, come altre parti della pianta sono velenosi, per il contenuto di alcaloidi, tra cui la ‘bellamarina’, che provocano vomito, diarrea, tremori e convulsioni, negli animali al pascolo o nell’uomo.
I fiori possono essere singoli o doppi, con i colori più popolari che sono il rosso e il bianco, ma possono anche essere rosa, salmone, albicocca o bordeaux intenso.
Questa pianta può fiorire per 75 anni di seguito, ed alcune varietà sono bicolore, come viola e verde o ‘picotee’ (con petali con un colore del bordo diverso).
Secondo la mitologia greca, il fiore di Amaryllis ha avuto origine dall’amore che Amarillide aveva per Alteo.
Amaryllis (Amarillide) era una ninfa, che si innamorò del pastore Alteo, giovane forte e bello, con una passione per i fiori.
Per conquistare il suo affetto, Amaryllis andò dall’Oracolo di Delfi, per un consiglio.
Per ordine dell’Oracolo, ella rimase per trenta notti davanti alla casa di Alteo, trafiggendosi il cuore con una freccia d’oro.
La trentesima notte, Alteo vide che era sbocciato un fiore dalla bellezza disarmante, dello stesso colore del sangue della ninfa innamorata.
L’Amaryllis è conosciuta anche con il nome di ‘suocera e nuora’, perché i fiori sbocciano dandosi le spalle, oppure come ‘femmina nuda’, per la sua caratteristica di fiorire senza foglie.
Nel linguaggio dei fiori, l’Amaryllis simboleggia l’eleganza e la bellezza splendente, uniti alla timidezza.
Ma può anche significare successo e viene comunemente regalato come dono di risultati duramente conquistati.
I Vittoriani associavano l’Amaryllis alla forza e alla determinazione, a causa della sua altezza e robustezza.
Il fiore dell’Amaryllis è usato come simbolo della malattia di Huntington.
La forma del fiore rappresenta la testa e la parte superiore del busto, a significare come la malattia di Huntington influenzi le funzioni mentali e fisiche.
L’Amaryllis in crescita rappresenta anche la speranza e celebra i risultati ottenuti nel trattamento e nella ricerca della malattia di Huntington.
ELEMENTO: Acqua
PIANETA: Nettuno
SEGNO ZODIACALE: Vergine
‘Hippeastrum’, invece, è originario del Sud America e comprende una novantina di specie, i cui fiori sono grandi e colorati di rosso, rosa, arancio, salmone, bianco striato e, solo in alcuni ibridi, giallo, raramente profumati.
Con i suoi bellissimi fiori e la sua crescita insolita, l’Hippeastrum ha sempre suscitato l’interesse, la curiosità e l’ammirazione di tutti.
I primi ad usare l’Hippeastrum furono gli Olandesi, che importarono bulbi dal Messico e dal Sud America.
Cominciarono a sviluppare ibridi all’inizio del XVIII secolo e, da allora, molti Paesi sono diventati produttori di questa pianta.
All’inizio fu chiamato Amaryllis, nome già usato per riferirsi ad un’altra specie originaria del Sud Africa.
Nel 1820, il botanico inglese William Herbert riconobbe la diversità di questa pianta e la riclassificò chiamandola “Hippeastrum”, appellativo che deriva dal greco e significa ‘Stella del Cavaliere’, per la somiglianza del fiore con un’arma medievale.
Alcune specie di Hippeastrum sono ricche di alcaloidi, in particolare ‘alcaloidi isochinolinici’, composti organici che hanno effetti fisiologici sull’uomo, quindi sono utili per la creazione di medicinali.
Gli alcaloidi di Hippeastrum aiutano con la depressione, convulsioni e ansia, oltre ad essersi rivelati promettenti come trattamento per il ‘morbo di Alzheimer’.
L’energia che l’Hippeastrum condivide con le persone è così forte, che può nutrire gli abitanti della casa in cui si trova, con il suo potere.
Secondo il Feng Shui, questo fiore satura le persone di energia positiva ed è in grado di elevare la sua bellezza, portandole ad un atteggiamento positivo e vivide emozioni.
Per apprezzare appieno la sua energia, non mettere mai l’Hippeastrum tra due porte o tra una finestra ed una porta, perché indebolisce la sua forza.
Meglio tenerla in camera da letto o in ufficio, così infonderà fiducia e protezione.
Il nome segreto dell’Hippeastrum è ‘Potere degli eroi’, quindi è ottimo per le persone che hanno bisogno di una sferzata di energia e un senso di determinazione.
Tratta la pianta con amore e tenerezza e in cambio riceverai splendide e luminose fioriture.
Se decidi di tenere l’Hippeastrum sul davanzale, evita il lato nord.
La magia di questa pianta aiuta a sbarazzarsi di nervosismo, stress, dà vigore e ottimismo, rafforza le relazioni familiari e le amicizie.
L’Hippeastrum è in grado di attrarre creatività ed immaginazione per cui, se sei un artista, mettilo sulla tua scrivania o nel tuo laboratorio e ne trarrai riconoscimenti e gloria.
Questa pianta ha un effetto terapeutico per le persone che hanno anomalie psicologiche, quindi è ideale ben collocato in un ospedale, in prigione.
ELEMENTO: Fuoco
PIANETA: Marte
SEGNO ZODIACALE: Sagittario
⇒ATTENZIONE: AMARYLLIS E HYPPEASTRUM SONO ALTAMENTE TOSSICI!⇐
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