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Una storia di fantasmi è un racconto spaventoso su fantasmi, spiriti o altri esseri soprannaturali, solitamente tramandata attraverso generazioni diverse.
Con queste storie si possono anche conoscere quali fossero le paure, le superstizioni e le credenze nelle diverse culture.
Racconti di ogni tipo possono aiutarci a capire come le persone in passato vedevano e comprendevano il mondo che li circondava.
E possono anche essere un modo divertente, per aiutarci a dare un senso alle nostre vite, ai nostri ambienti e a noi stessi.
Eccone alcune.
IL CORTILE DEI TESCHI DI PIETRA
Dietro Kirkgate (Edimburgo, Scozia) ci sono i resti di un vecchio fienile e di una stalla, che appartenevano al pub Crown and Fleece.
Oggi, il pub non c’è più, ma il posto è conosciuto da molti anni come “Skull and Stones Yard”, sapete perché?
Si racconta che due uomini stavano bevendo nel pub Crown and Fleece, in un inverno del 1800.
Ad un certo punto, arrivò la “press gang”, ovvero un gruppo di persone inviate dalle forze militari, solitamente la Marina militare, per costringere gli uomini all’arruolamento forzato e senza preavviso, che usava tra l’altro metodi brutalità.
Questi due uomini furono rinchiusi nel fienile durante la notte, ma quando la porta fu aperta, la mattina successiva, non si vedevano da nessuna parte.
La macabra verità divenne nota subito dopo: l’odore dei corpi in decomposizione crebbe e dopo pochi giorni i corpi degli uomini furono ritrovati sotto il fieno.
A quanto pare, erano erano rimasti soffocati ,dopo aver cercato di tenersi al caldo sotto il fieno.
Dopo la tragedia, il padrone di casa del pub eresse una pietra speciale, scolpita con due teschi, per commemorare gli uomini che vi erano morti.
E da allora, il luogo è conosciuto come Skull and Stones Yard.
Si dice che ancora oggi i fantasmi dei morti infestino gli edifici.
I FANTASMI DI TEMPLE NEWSAM
Temple Newsam è un quartiere di Leeds una cittadina nello Yorkshire occidentale, in Inghilterra, e prende il nome da una casa Tudor-Jacobean con annessa un’enorme tenuta.
Si narra che Temple Newsam ospiti diversi fantasmi, inclusi quelli di Phoebe Grey e Mary Ingram, quest’ultima la famosa “Blue Lady“.
Ma andiamo con ordine.
Phoebe Grey era una giovane cameriera, che nel 1704 lavorava nella grande casa Tudor, la notte in cui si svolgeva una festa, per celebrare la vittoria del duca di Marlborough nella battaglia di Blenheim.
A Williams Collinson, uno degli altri domestici della casa, piaceva smodatamente Phoebe e la tormentava da tempo. La giovane, in realtà, non aveva mai incoraggiato, né ricambiato nessuno dei suoi gesti affettuosi, ma lui non si era lasciato scoraggiare.
Tutto giunse al culmine, come narravo poc’anzi, dopo la battaglia di Blenheim nel 1704, in cui il duca di Marlborough ottenne una ridondante vittoria sui Francesi.
La vittoria di Blenheim era di enorme importanza per la Gran Bretagna e per festeggiare, quindi si stava tenendo una grande festa all’aperto nel parco di Temple Newsam. Sia Phoebe che William erano lì insieme a tutti gli altri servitori e partecipanti alla festa.
Durante la serata, Collinson aveva bevuto molto, ubriacandosi.
Phoebe, al termine della festa, invece era andata a prendere un bicchierino da Nanny Backhouse, come faceva sempre ogni sera.
La ragazza tornò, dopo aver preso il drink, al piano di sopra nella sua stanza, che si trovava in cima ad una lunga scala di pietra.
Collinson conosceva bene questa routine e si nascose nell’ombra, aspettando Phoebe, sperando di poterle rubare un bacio.
Come puoi immaginare, le scale erano molto buie e ombrose a lume di candela.
Mentre l’ignara ragazza scendeva innocentemente le scale, l’uomo saltò fuori dal suo nascondiglio e l’afferrò.
Phoebe lottò, ma Collinson era forte e la tenne stretta, mettendole la mano sulla sua bocca, per soffocare le sue grida.
Essendo ubriaco, non si rese conto che stava soffocando Phoebe, finché non fu troppo tardi e lei morì.
L’uomo iniziò a pensare a come nascondere il suo crimine. Il suo piano era di mettere il corpo della ragazza nel pozzo nelle cantine, e così fece.
Il mattino dopo, il corpo fu ritrovato e la gente si rese presto conto che Collinson era scomparso.
Quindi iniziò la sua ricerca, finché fu trovato ubriaco fradicio in una città vicina.
L’omicida fu poi portato a York, dove venne processato per l’assassinio, ritenuto colpevole ed impiccato.
Da quella notte, gli abitanti del luogo, i visitatori ed i cacciatori di fantasmi asseriscono di sentire le urla di Phoebe Grey risalire dalla cantina e giù per le scale di pietra, seguite dal rumore sordo del tonfo, e del trascinamento, gradino per gradino, del corpo della povera ragazza.
Passiamo al racconto dell’altra fanciulla: Mary Ingram, la “Signora Blu”, il cui ritratto è appeso nella splendida stanza Gothick della Temple Newsam House.
Nel XVII secolo, la giovane Mary Ingram vivema in quella magnifica tenuta e, all’età di appena 14 anni, vi stava ritornando dopo una festa, quando la sua carrozza cadde in un’imboscata da parte di una banda di spietati banditi vicino a Garforth.
Gli uomini le rubarono tutti i beni, inclusa la sua collana preferita, un regalo di battesimo di suo nonno Sir Arthur, cosa che lasciò la giovane Mary completamente sconvolta.
Tornata a piedi a Temple Newsam, dopo essere sfuggita agli assalitori, la fanciulla crolloò sul letto, svegliandosi il giorno successivo, senza alcun ricordo del furto e convinta di aver perso la preziosa collana di perle.
Cercando forsennatamente in tutta la casa, fece di tutto, dallo staccare i cuscini al sollevare le assi del pavimento, nel tentativo di ricongiungersi con il ninnolo perduto, e diventando così ossessionata dal trovarlo, che si rifiutava di mangiare o bere.
Purtroppo, solo due settimane dopo Mary, talmente traumatizzata, morì nel suo letto di “isteria” e, ormai da secoli si racconta, che il suo spirito infelice continui a vagare per la casa, alla continua ricerca dei suoi gioielli scomparsi.
La sua storia ha dato origine alla leggenda di “The Blue Lady”, che è stato uno dei racconti più da brivido di Leeds per generazioni.
Da quel periodo, fino ancora ad oggi, furono fatte segnalazioni di strani scricchiolii, improvvisi soffi d’aria fredda e strani movimenti increspati nel tappeto, oltre ad innumerevoli avvistamenti di una Mary in lutto e singhiozzante, che vaga per Temple Newsam House e il parco, alla ricerca delle sue perle…
GABBLE RATCHETS
Un tempo, nel nord-est dell’Inghilterra, si parlava di cani fantasma, i quali erano variamente conosciuti come Barghest, Black shuck, Padfoot, Trash, Guytrash, Skriker, Boggard, Langar-hede o Tatter -foal.
Però, di questi il nome più comune era “Barghest”, che deriva da “Beorh-ghost” (Fantasma del tumulo), ovvero uno spirito che custodisce il tumulo.
Il tumulo è un monticello di terra e pietre, spesso di grandi dimensioni, posto sopra una o più sepolture, a formare una specie di collina artificiale, ed è spesso mitizzato come il mito del drago a guardia del tesoro sotterraneo.
Il Barghest di solito assumeva la forma di un enorme cane nero, delle dimensioni di un pony, con grandi occhi rossi che brillavano come lampade.
Vederne uno presagiva “calamità e morte”, ed era una credenza che si ritrovava nella maggior parte delle storie locali nei villaggi o città del nord dello Yorkshire, ed anche Leeds, Halifax, Barwick-in-Elmet, Stillingfleet e altri posti.
Nello Yorkshire, i ” Gabble Ratchets ” erano i rumorosi fantasmi di bambini non battezzati, che assumevano la forma di questi cani neri ululanti ed infestavano i cimiteri.
Un’antica leggenda popolare era che le anime dei bambini morti prima di essere battezzati sarebbero tornate a perseguitare i loro genitori, sotto forma di cani-diavolo conosciuti come Gabble Retchets.
Dopo il blocco a causa della luce del giorno, quando arrivava la notte, arrivavano i Gabble Retchets, segugi fantasma, cani-diavolo che volavano nel cielo notturno a caccia di anime perdute, o depredavano gli spiriti dei vivi.
In alcuni racconti accompagnano la Caccia Selvaggia (Wild Hunt), correndo ed ululando davanti agli zoccoli dei cavalli.
La Caccia Selvaggia era un inseguimento guidato da una figura mitologica scortata da un gruppo spettrale o soprannaturale di cacciatori, in questo caso i cani Gabble Retchets, impegnati nell’inseguimento.
Questi cacciatori erano generalmente le anime dei morti o appunto dei cani spettrali, ma altre volte anche Fate, Valchirie o Elfi.
Vedere un Gabble Retchets era di cattivo auspicio, e chi lo vedeva avrebbe rischiato la morte, mentre il solo sentirne parlare avrebbe potuto portare la follia.
Solitamente i Gabble Retchets andavano in branco, ma a volte c’erano anche singoli cani, che infestavano la brughiera.
Il più mostruoso di tutti era Barguist, un terrificante cane nero con occhi luminosi, le cui mascelle gocciolavano fuoco.
JAN TREGEAGLE, L ‘EBREO ERRANTE DELLA CORNOVAGLIA
Jan Tregeagle, il grande fantasma gigante della Cornovaglia, era un amministratore di un signore, il barone Robartes, e lasciato per troppo tempo a capo delle terre del suo padrone, si riempì le tasche e derubò i poveri fittavoli delle fattorie.
Divenne molto ricco, ma la sua reputazione era così cattiva, che la gente diceva che aveva venduto la sua anima al diavolo, in cambio di più della sua giusta quota di beni del mondo.
Oltre a questo, pare che un tempo fosse anche un magistrato ed avvocato della Cornovaglia, famoso per i suoi atti malvagi e disumani, incluso l’omicidio di sua moglie.
Alla fine morì e fu sepolto nella chiesa di St. Breoke, ma la sua anima non doveva riposare.
Un giorno, Lord Robartes tornò nella sua tenuta per fare i conti e nel registro degli affitti scoprì, che Tregeagle non aveva segnato una croce sul registro in corrispondenza di una certa fattoria, per dimostrare che l’affitto era stato pagato.
Il povero contadino insisteva di avere debitamente pagato all’amministratore e chiedeva a gran voce l’apparizione di Tregeagle, che fosse convocato per confermarlo.
Allora, ad un certo punto ci fu un tuono in alto e la stanza divenne nera come la mezzanotte.
Man mano che tornava la luce, apparve la figura di Tregeagle, il quale testimoniò, vincolato da un giuramento sulla sacra Bibbia, che il contadino aveva effettivamente pagato l’affitto, sebbene non avesse segnato il libro.
Quindi il buon uomo fu autorizzato a tornare a casa.
Ma, una volta riportato in vita, Tregeagle non poteva essere bandito.
Lo spirito dell’uomo rifiutò di scendere all’Inferno, dove Satana lo stava aspettando per tormentarlo; e non poteva andare in Paradiso a causa di tutti i suoi peccati passati.
Ogni notte il diavolo ed i suoi cani lo inseguivano in giro per la parrocchia.
Le sue grida di dolore e le sue richieste di pietà turbarono così tanto il signore ed il popolo, che il parroco decise di aiutare sia Tregeagle che gli abitanti del villaggio.
Quindi, con i suoi fratelli, uomini di chiesa, ordinò che il fantasma dell’amministratore fosse portato a Dozmary Pool, un piccolo lago senza fondo, in alto nelle brughiere, dove avrebbe dovuto lavorare incessantemente ogni notte, per tirare fuori l’acqua con un guscio di patella (mollusco) che aveva un buco.
Finché avesse lavorato così, sarebbe stato al sicuro dal diavolo e dai segugi infernali ma, se durante la notte si fosse fermato una volta, avrebbero potuto prenderlo.
Per anni Tregeagle lavorò lì e Satana cercò in ogni modo di impedirgli di lavorare, in modo che potesse rendere schiava la sua anima.
Temporali, palle di fuoco, terremoti, uragani e grandinate: nessuno sembrava poterlo distrarre o fermare il suo lavoro ma alla fine, in una notte molto buia, uno dei segugi infernali balzò abbastanza in alto da far cadere il guscio della patella dalla mano di Tregeagle.
Il fantasma scappò attraverso la brughiera urlando, fuggì torturato con il branco del diavolo alle calcagna.
Arrivò a Roche Rock, e vi cercò rifugio infilando la testa attraverso la finestra della cappella, che il santo San Gonand aveva eretto in alto sulla roccia.
A quel punto, gli spiriti maligni dovettero indietreggiare, mentre lui si trovava su un terreno santificato, ma fecero un tale lamento e ringhio, che la gente di Roche non riuscì a dormire.
L’eremita di quella cappella pregò che Tregeagle fosse trasferito altrove, venne esaudito e l’abate di Bodmin bandì il fantasma sulle spiagge sabbiose lungo il fiume Camel di fronte a Padstow.
Lì gli fu affidato il compito di tessere corde dalla sabbia, un altro compito interminabile, perché ogni volta che aveva fatto un buon filato, la marea si alzava e lo lavava via.
Una notte, mentre trasportava un sacco di sabbia molto pesante, scoppiò un improvviso temporale; perso l’equilibrio, il gigante-fantasma inciampò e cadde, riversando tutta la sabbia nella foce del fiume, formando così il Loe Bar e il Loe Pool, due laghi che sono così ancora oggi, impedendo alle navi di salpare fino a Helston, come facevano in passato.
Le grida e le urla di Tregeagle divennero più gravi che mai, distruggendo la pace nella città di Padstow.
Così ancora una volta fu rimosso, questa volta dallo stesso San Petroc, che con un potente incantesimo lo legò all’estuario del fiume Cober sotto Helston.
Qui doveva trasportare sacchi di sabbia da Bareppa attraverso il fiume a Porthleven, finché la spiaggia non fosse stata completamente sgombrata.
Ma le correnti trascinavano la sabbia indietro ogni giorno; e così un’altra città fu turbata dagli ululati senza fine di Tregeagle.
Alla fine fu mandato sulla punta estrema di Land’s End, a spazzare la sabbia dalla spiaggia di Porthcurno intorno a Tol-Pedn-Penwith nella baia di Nanjizal.
Lì poche persone avrebbero potuto udirlo.
Da allora, Tregeagle lavora velocemente, combattendo contro il mare e la marea che riportano indietro la sabbia.
Tutto ciò continuerà fino al Giorno del Giudizio, a meno che non fallisca ancora o si addormenti, in modo che Satana ed i suoi segugi infernali possano finalmente portarlo sotto.
Se passate da lì, fate attenzione…
Oggi parlo di un argomento sempre in auge, grazie anche alla cinematografia, molto affascinante ma tanto pericoloso.
La tavola “Ouija”, o “Scatola Weegee”, il cui nome sembra derivare dall’unione di “oui” e “ja” (si, in francese e tedesco), è un piccolo strumento usato per le comunicazioni medianiche, ideato nella metà del 1800 in Francia, quando un medium, probabilmente di nome Planchette (infatti la tavola può anche chiamarsi così), costruì un tavolino ed utilizzò un triangolo con una penna, per interrogare uno spirito.
Il triangolo, solitamente, scriveva i messaggi ricevuti.
Però, esiste una prima menzione storica, di qualcosa di simile ad una tavola Ouija, trovata in Cina intorno al 1100 a.C., ed anche un metodo di divinazione chiamato Fuji (tavoletta di scrittura); oltre ad averne trovate traccia presso i medium “Chi Shengs”.
In America arrivò nel febbraio 1891, quando sui giornali apparvero degli strani annunci pubblicitari:
“Ouija, the Wonderful Talking Board”
presso un negozio di giocattoli e novità di Pittsburgh, che descrivevano un dispositivo magico, che rispondeva alle domande “sul passato, presente e futuro con meravigliosa precisione” e prometteva “divertimento e svago inesauribili per tutte le classi”, un legame “tra il noto e l’ignoto, il materiale e l’immateriale”.
Un’altra pubblicità su un giornale di New York lo dichiarò “interessante e misterioso” e testimoniò, “come dimostrato dall’Ufficio brevetti. Prezzo, $ 1,50.”
Ma di cosa stiamo parlando?
L’Ouija è costituita da una superficie piatta, generalmente in legno lucido o in plastica, sulla quale sono disegnate le lettere dell’alfabeto, i numeri da 0 a 9, Si e No, altri simboli tipo Sole e Luna, il cui utilizzo è abbinato ad un indicatore mobile.
Quest’ultimo è usato per ottenere le risposte dalle anime dei defunti.
Nella cultura popolare, queste Tavole, molto in voga negli anni ’20, sono considerate una “porta spirituale” per contattare i defunti.
Quindi è utilizzata nelle sedute spiritiche: si pongono delle domande ad imprecisate entità (fantasmi, anime, ecc.) che, attraverso un medium, farebbero in modo che l’indicatore si muova sulla tavoletta e componga la risposta, utilizzando le lettere, i numeri o i simboli.
I partecipanti, seduti intorno ad un tavolo, evocano l’entità con cui desiderano comunicare, posando l’indice della mano destra sull’indicatore, ed aspettando che lo strumento inizi a muoversi, lentamente e poi con maggiore velocità.
Alcuni sostengono, che l’Ouija possa effettivamente mettere in contatto con il mondo dei defunti, altri che possa veicolare entità del piano astrale.
O ancora, che si tratti di suggestione inconscia, od ipotizza che il contatto ci sia realmente, ma che possa avvenire, oltre che con spiriti ed entità, anche con il subconscio di persone viventi, in quel momento ignare.
Infatti, chi non crede all’intervento di forze “esterne”, suggerisce che sia il movimento delle persone presenti, che poggiano il dito sul puntatore, a farlo muovere.
Quindi si tratterebbe di un effetto ideomotorio, cioè un movimento umano inconscio suggerito dalla psiche.
La maggior parte dei ricercatori del paranormale sconsigliano l’uso disinvolto dell’Ouija, perché è una porta verso dimensioni sconosciute e potrebbe scatenare spiriti malefici.
Il mondo invisibile si dovrebbe indagare soltanto con serietà assoluta, senza fini malevoli, ma soprattutto, e questa è una regola generale, affidandosi ad una guida esperta.
Purtroppo, molte persone, soprattutto giovani, scelgono questa pratica pericolosa, per trascorrere una serata diversa, per divertirsi o spaventare qualche amico, con curiosità, incoscienza e superficialità da lasciare stupiti.
Il maggiore problema del rito, non è tanto iniziarlo, ma saperlo concludere correttamente, perché la presenza, eventualmente manifestatasi, potrebbe rimanere in loco e, una volta spezzata la catena dei partecipanti, sarebbe libera di manifestarsi, infestando il luogo in cui si è svolta, od annidandosi nella psiche di uno dei partecipanti, senza che nemmeno se ne accorga.
I danni causati potrebbero essere visibili immediatamente, ma anche dopo tempo, manifestandosi con problemi psichici, depressione, alterazione della personalità, crisi suicide ed omicide, possessione, per quanto riguarda le persone; mentre nei luoghi, renderebbero impossibile la vita degli abitanti.
Le insidie più frequenti, sul piano eterico-astrale, sono quelle causate da entità involute che vi gravitano, attratte ancora dalle passioni terrene e, non avendo più un corpo fisico, si insinuano negli sprovveduti, ossessionandoli.
Queste si trovano soprattutto in prossimità dei grandi centri urbani, abitati da migliaia di persone.
Parlo dei “Gusci” e delle “Larve”.
I Gusci sono i residui dello spirito delle persone, che rimane sul piano astrale, quello che resta quando la persona si reincarna, oppure quando il suo spirito si evolve.
Si può venirne a contatto durante una seduta spiritica, o durante un viaggio astrale.
Nel primo caso, avviene quando ci si accosta a tali sedute in maniera inesperta, immatura e sprovveduta.
Non avendo la capacità di raggiungere un defunto in astrale, o non sapendo concludere la seduta spiritica nel giusto modo, si lascia aperta una “chiamata”, che viene sfruttata dai gusci per acquisire energia e per assillare e tormentare il malcapitato.
Le Larve sono entità provenienti dal piano astrale, che possono presentarsi con un vapore biancastro (simile ad una nuvola o dello zucchero filato), grigio oppure nero, che si sprigiona accanto alla persona seguita dall’entità, oppure nel luogo in cui questa abita.
Si nutrono di energia, principalmente emozionale, che sprigionano dalle vittime continuamente sottoposte a situazioni che le turbano.
Si attaccano a chi lavora nell’ambito esoterico ed è inesperto: le sue energie saranno fuori controllo e saranno sfruttate da queste entità.
Sono anche chiamate “larve-vampiro”, perché si nutrono delle forme di pensiero degli esseri viventi, arrivando a guidarne i pensieri e le emozioni, succhiando energia vitale.
Queste entità si possono scacciare in maniera molto semplice: non facendosi intimorire dalle situazioni o visioni che esse procurano, in modo da costringerle ad andarsene, a causa dell’assenza delle paure o tormenti del soggetto che le ospita, procurandole così assenza di nutrimento.
Racconto di un’esperienza avuta con una Larva, quando ancora non ero del tutto consapevole delle mie potenzialità, delle mie energie ma, soprattutto, di come gestirle.
In effetti, è stata causata da un surplus di consulti, che effettuavo in maniera quasi compulsiva, in un momento di scoperta del potere e di spirito di esaltazione.
Una notte, dopo aver accompagnato una mia cara amica a casa, dopo ore di tarocchi à gogo, ero in auto con i miei bambini, per tornare a casa.
Mentre percorrevo una strada di campagna, sotto un cielo terso e stellato, mi si è parata sul cofano una “visione”.
Ho frenato per non investirla.
Era un “essenza” evanescente, simile ad una nube, ma con parvenza di donna con i capelli lunghi, che si è avvinghiata all’auto, come un’enorme ragnatela.
Sul momento, non ho capito veramente ciò che stesse succedendo, ho cercato soltanto di calmare la mia bambina terrorizzata, e poi di scacciare questa “cosa” col tergicristalli, dicendo alla piccola che si trattava soltanto di una grande e brutta ragnatela nuvolosa.
Dopo, istintivamente, ho accelerato, riprendendo il viaggio di ritorno.
Senza chiedermi cosa e perché fosse successo, devo dire con assoluta calma.
In seguito, ho approfondito l’accaduto.
La presenza di mia figlia, il dedicarmi con calma e sangue freddo a lei, per tranquillizzarla, ha evitato che la “larva” si appropriasse in qualche modo della mia mente.
Ed ho fatto in modo che non accadesse ancora, mai più…