Papaver è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Papavaraceae, comprendente circa 250 specie.
Molto conosciuto è il Papaver rhoeas, il Papavero comune rosso che vediamo in tutti i campi incolti.
Un’altra specie fin troppo conosciuta è Papaver somniferum, il Papavero da oppio, il cui nome sottolinea le proprietà psicolettiche dovute all’azione di vari alcaloidi, principalmente la morfina, presenti nell’oppio grezzo, una sostanza lattiginosa secreta dalla tipica capsula seminifera che caratterizza il genere.
Altri nomi: Beltis, Pappardo, Paparina, Papusciu, Pavot somnifère, Schlaf-Mohn, Opium poppy, Breadseed poppy, Adormidera, Amapol.
Presente in tutta Italia e non solo in Asia come si pensa generalmente, il Papavero da oppio può superare il metro d’altezza, presenta foglie marginate e fiori di colore bianco, roseo, rosso o violaceo, con macchie scure alla base.
Il frutto è una grande capsula tonda e grossa, contenente seme biancastri e reniformi, che cadono solo in seguito a forti scosse di vento, perché i pori sono posti nella parte superiore della capsula che non si piega a maturazione.
I semi contengono vari alcaloidi, tra cui codeina, morfina, papaverina, noscapina e tebaina.
Essi sono spesso utilizzati in cucina, in particolare nei paesi dell’Europa dell’Est, per aromatizzare i pani e le pasticcerie, o per la produzione di oli alimentari ed industriali (colori, saponi), mentre i residui sono usati come mangime per animali.
I semi di Papavero europei tendono ad avere un colore blu nello spettro, che va dal blu fluorescente fino al colore scuro quasi nero, e sono quelli che si trovano comunemente sui panini e su altro pane.
I semi bianchi di Papavero sono quelli coltivati in India e, dal punto di vista del gusto, non c’è differenza tra i semi di Papavero blu e quelli bianchi: entrambi sono dolci, ricchi di note di nocciola e hanno una sensazione burrosa in bocca.
La coltivazione estensiva del Papavero da oppio ad uso commerciale, in diversi Paesi europei tra cui l’Italia, è soggetta ad autorizzazione.
Però, a causa della bellezza dei fiori, in Europa sono disponibili delle cultivar selezionate appositamente a scopo ornamentale.
Tra le altre specie più coltivate troviamo il Papavero iraniano (Papaver bracteatum), il Papavero a clava (Papaver dubium), Papavero d’Oriente (Papaver orientale) e Falso Papavero orientale (Papaver pseudo-orientale).
Il Papavero da oppio è stato la prima fonte di farmaci naturali analgesici a base di morfina ed altri alcaloidi, grazie al suo lattice essicato, appunto l’oppio (o Lacrime di Papavero) , nome scientifico Lachryma papaveris.
Esso non viene utilizzato, però, solo per il trattamento del dolore intenso, ma è anche soggetto ad abuso di produzione di oppioidi e traffico di droga, a causa delle proprietà narcotiche di questi composti.
Pertanto, la loro produzione è regolamentata a livello internazionale.
In questo contesto, il Papavero può essere classificato in tre categorie principali a seconda dell’utilizzo: Papavero industriale, destinato all’estrazione degli alcaloidi dalla capsula della pianta; Papavero da cucina, coltivato per ricavarne semi ed olio; Papavero industriale e culinario.
ATTENZIONE: Mangiando semi di Papavero da oppio commestibili su torte e pane, potrebbe far risultare positivi ai test antidroga.
Il Papavero da oppio era coltivato dalle popolazioni indigene dell’Europa occidentale e centrale, tra il 6000 e il 3500 a.C.
Si ritiene tuttavia, che le sue origini possano derivare dal popolo dei Sumeri, dove venne riconosciuto il primo utilizzo dell’oppio. In alcuni siti archeologici sono state scoperte brocche, che assomigliano a baccelli di semi di Papavero con tracce di oppio, ed il fiore è apparso in gioielli e su opere d’arte nell’antico Egitto, datati 1550–1292 a.C.
Documenti dell’antica Mesopotamia (dal 5.000 al 4.000 a.C.) descrivono l’uso del Papavero da oppio, per alleviare la sofferenza e per avere effetti euforici.
La pianta era conosciuta ed usata anche dagli Egiziani, dai Greci, dai Romani e da molte altre culture in tutto il Mondo.
Fino agli anni ’50, la gente usava le teste di Papavero da oppio, acquistate in farmacia, come cura per il mal di denti.
Mettere in ammollo la testa del Papavero in una ciotola di acqua bollente, allevia il mal di denti, le ferite in bocca (ulcere), il mal di testa.
Mentre il vapore sale, basta appoggiare il viso sopra la ciotola, con un asciugamano sopra la testa, per mantenere i fumi attorno al viso.
Nel mondo antico questa pianta era molto apprezzata per scopi medicinali, rituali e ricreativi, in misura non trascurabile.
Le sue proprietà analgesiche e sedative hanno aiutato molti a sopportare meglio il dolore fisico o emotivo, anche se le sue sostanze creano forte dipendenza intrappolando il corpo e la mente, causando distruzione, autoillusione, dipendenza e persino la morte, a coloro che hanno ceduto ai suoi poteri di seduzione.
Ma, come disse Paracelso tanti secoli fa: “tutte le cose sono velenose; solo il dosaggio decide se una sostanza ucciderà o curerà”.
E questo è certamente vero per il Papavero da oppio.
L’oppio gode da tempo della reputazione anche di potente afrodisiaco, e pare che la famosa pozione d’amore della regina Cleopatra fosse una combinazione di oppio e qualche tipo di Belladonna o Mandragora, immersi nel vino di palma.
L’oppio è menzionato in tutte le antiche opere di medicina, da Ippocrate ad Avicenna, Dioscoride e Galeno.
Dioscoride descrisse dettagliatamente il processo per ottenere questo lattice: “Quelli che vogliono ottenere la linfa, devono andare dopo che la rugiada si è asciugata, e passare il coltello attorno alla stella in modo tale da non penetrare nell’interno della capsula, e fare anche delle incisioni diritte lungo i lati. Quindi con il dito, pulire lo strappo estruso in un guscio. Quando ci ritornerai, non molto tempo dopo, troverai la linfa addensata ed il giorno dopo la ritroverai più o meno la stessa. Pesta la linfa nel mortaio e riduci la massa in pillole”.
I Romani chiamavano il loro Dio del sonno “Somnus”, il cui nome riecheggia ancora nel nome latino Papaver somniferus, che deriva da “somnus ferre”, ovvero “portatore di sonno”.
Il Papavero da oppio era anche associato a Thanatos (per i Greci) o Ade, il Signore degli Inferi, che governa il regno dei morti, proprio perché, l’uso eccessivo del suo succo lattiginoso, può portare al sonno eterno.
La massa di minuscoli semi nascosti nella capsula dal ventre rotondo simboleggia la fertilità e la prosperità, ecco perché a Capodanno era consuetudine preparare dei pani dolci con i semi, come magico pegno di queste proprietà e benedizione per il nuovo anno.
In Persia, il Papavero da oppio rappresenta l’amore e coloro che sono morti per amore.
Troviamo questa stessa tradizione nel mito greco di Demetra e Mekon.
Il mortale Mekon morì, lasciando Demetra a piangere la sua morte.
Nella sua disperazione, ella trasformò Mekon in un Papavero, simboleggiando così il loro amore ed il ricordo di tale amore.
Inoltre, la fioritura del Papavero dura solo circa un giorno, a simboleggiare la perdita di una giovane vita stroncata.
Come agente medicinale il Papavero da oppio era l’ingrediente più efficace della panacea conosciuta come Theriak.
L’imperatore Nerone aveva ordinato al suo medico personale, Andromaco il Vecchio (I secolo d.C.), di produrre una pozione che avrebbe alleviato ogni dolore e malattia.
Andromaco inventò “Theriak”, una potente pozione di non meno di sessanta piante e sostanze diverse, che in seguito fu perfezionata da Galeno, che la ribattezzò “Galene”.
Questa panacea divenne popolare in tutta Europa, nonostante fosse costosa ed alcuni ingredienti fossero difficili da ottenere.
Nei secoli XVIII e XIX d.C., la tintura diluita di oppio e laudano divenne molto popolare e veniva comunemente assunta come antidolorifico e sedativo.
La pratica del fumo iniziò più tardi, diventando il metodo di consumo preferito mescolato al tabacco.
A partire dal XVII secolo, le fumerie di oppio furono introdotte in Cina, dove divennero molto popolari, quindi allora fu avviato un commercio molto redditizio, governato dagli Inglesi, attraverso la Compagnia delle Indie Orientali, che vendeva oppio in cambio di tè e seta da esportare in Europa.
Questa società controllava anche il commercio illegale concedendo licenze ai contrabbandieri locali, dai quali raccoglieva parte dei profitti.
La Via della Seta è un termine del XVIII secolo per una serie di rotte interconnesse, che correvano dall’Europa alla Cina.
Queste rotte commerciali si svilupparono tra gli imperi di Persia e Siria sulla costa mediterranea ed i regni indiani dell’Oriente.
Nel tardo Medioevo le rotte partivano dalla Cina settentrionale e raggiungevano quella meridionale, estendendosi agli odierni stati del Vietnam, delle Filippine, di Brunei, Siam, Malacca, Sri Lanka, India, Iran, Iraq, Egitto, Giordania, Siria ed Italia.
E l’oppio era uno dei prodotti scambiati lungo la Via della Seta.
Nel corso dei secoli XVIII e XIX il numero delle persone dipendenti dall’oppio aumentò in modo astronomico, tanto che il governo cinese dell’epoca ne vietò il consumo e l’importazione.
Il conflitto generato da questa situazione culminò nelle cosiddette “guerre dell’oppio” tra Cina e Gran Bretagna.
🟣 Trattato di Tiānjīn, 1858, che mette fine alla seconda Guerra dell’oppio tra Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti 🟣