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Mabinogi
In passato, la Terra con tutti i suoi doni era collegata agli Dei, che si manifestavano agli uomini attraverso frutti, semi, fiori, foglie e radici.
Così, alcuni umani iniziarono ad usare questi doni divini, creando antiche magie, sia per l’anima che per il corpo.
Nacque, quindi, anche la tradizione mistica del cibo, che probabilmente molti di noi hanno dimenticato ma, le energie senza tempo, che vibrano ancora nell’Universo stanno aspettando che tu le percepisca e le usi.
Iniziamo questo fantastico viaggio, tra ricette, ingredienti e significati sensoriali?
Anche questa è Magia…
Per poter cucinare, naturalmente, occorrono innanzitutto gli attrezzi ed utensili da cucina, spesso sottovalutati, ma che concorrono sicuramente alla buona riuscita di una ricetta, oltre a dare quel tocco in più di magia.
Il Forno
Simbolo del divino, il forno racchiude in sé il processo trasformativo della cottura, è caldo e luminoso e fa parte della nostra civiltà da migliaia di anni.
In tutto il Mediterraneo, l’Africa e l’Impero Romano, i fuochi di legna in un recinto di pietra erano usati per arrostire la carne e cuocere il pane.
Questa era la premessa fondamentale per il forno, in quanto forniva una fonte di calore diversa per la cottura, rispetto al fuoco all’aperto utilizzato per riscaldare l’acqua e fare la zuppa.
Sebbene ci siano stati alcuni fantastici progressi nel corso dei secoli, questo concetto di base per il forno originale è rimasto.
Gli esseri umani hanno creato diversi tipi di forni, da quelli di mattoni di fango del Medio Oriente, ai forni di terra usati sia in Nord America che in Polinesia.
Nell’antica Roma si festeggiava Fornacalia, una festa celebrata in onore di Fornace, la Dea romana del forno per il pane (fornax) o protettrice del processo di cottura del pane.
Era una sorta di personificazione del forno e la Dea si assicurava che il pane non bruciasse.
La festa veniva celebrata tra trenta Curie (curiae), le più antiche divisioni di Roma, create dal mitologico Romolo delle tre tribù originarie di Roma.
Si ritiene che, durante la festa, le famiglie romane di ogni curia fossero solite spargere un po’ di grano in casa, per assicurarsi che le stufe domestiche non si spegnessero durante l’anno.
Inoltre, durante i Fornacalia si offriva alla Dea, il Mola Salsa, ovvero chicchi di farro abbrustoliti e pestati in un mortaio.
Questa salsa veniva distribuita in piccole porzioni ai credenti, quale atto di purificazione, oppure utilizzata per cospargere gli animali destinati al sacrificio: da qui il termine “immolare“, che ha il significato di “ricoprire con Mola Salsa“.
Invece nell’antica mitologia cinese Zao Shen, il Dio del focolare inteso anche come forno, è una divinità molto popolare, tanto che molte case cinesi hanno una sua immagine di carta appesa, durante tutto l’anno, vicino al forno di famiglia.
Questo dio non solo veglia sugli affari domestici di una famiglia, ma è anche una forza morale nella vita di tutti i membri della stessa.
Ogni anno, una settimana prima del Capodanno cinese, le famiglie offrono un sacrificio chiamato “Nian gao” alla divinità, la quale ascende al Cielo per presentare all’Imperatore di Giada il suo rapporto annuale sul comportamento di ogni membro della famiglia.
Secondo il rapporto, di conseguenza l’Imperatore di Giada premia o punisce ogni famiglia.
Il ‘Nian gao’ è una torta appiccicosa simile a una radice di loto, fatta di zucchero e miele, una tipica caramella tradizionale cinese.
Spalmando zucchero appiccicoso e miele sulla bocca del Dio del focolare, i membri della famiglia cercano di “chiudergli le labbra”, sigillandole e “corrompendo” Zao Shen, affinché presenti una versione “addolcita” del rapporto all’Imperatore di giada, l’imperatore del cielo.
L’ascesa al cielo di Zao Shen si compie bruciando la sua immagine: il fumo che sale verso il cielo rappresenta simbolicamente il suo viaggio verso l’Imperatore del Cielo, mentre i petardi vengono accesi per accelerare il suo viaggio.
Alcune famiglie offrono denaro simbolico durante l’incendio della foto della divinità, oppure offrono una portantina ed un cavallo di cartapesta per il viaggio, o persino versare del liquore sull’immagine di Zao Shen, per produrre una fiamma luminosa, che dovrebbe accelerare il viaggio anche in Paradiso.
Una sua nuova foto viene quindi posta sopra il forno per il prossimo anno.
Nel pomeriggio del quarto giorno dopo l’ascesa al Cielo di Zao Shen, le persone preparano offerte di cibo per accogliere il suo ritorno dal viaggio alla corte dell’Imperatore di Giada, evento che segna la fine della libertà dalla sorveglianza spirituale.
Il primo forno ufficiale della storia documentata fu costruito nel 1490 in Francia, realizzato con mattoni e piastrelle.
In Europa il forno non divenne di uso comune fino al XVIII secolo; al suo posto veniva utilizzato il calderone, una specie di forno portatile.
Lo scopo dei forni è quello di trattenere il calore del combustibile che brucia e di fornire la temperatura necessaria per una corretta cottura.
I forni riscaldati a gas o elettrici vanno bene per la cottura magica, invece i microonde funzionano secondo un principio completamente diverso quindi, poiché la Magia del cibo è una pratica tradizionale, è meglio evitarli ed utilizzare gli strumenti tradizionali e consacrati per la preparazione del cibo.
Il Calderone
Quando pensiamo alle Streghe, subito ci viene in mente il Calderone, un tempo comune pentola da cucina usata in tutta Europa.
Realizzato in ferro, contrassegnato da nervature usate per misurare e poggiato su tre lunghe gambe, nelle antiche mitologie dei Celti gallesi ed irlandesi, il calderone ha svolto un ruolo importante, divenendo uno dei miti più duraturi.
Ad esso venivano spesso attribuite proprietà magiche ma, nella vita quotidiana dei Celti, era anche un utensile molto utile e versatile.
Utilizzato per cucinare, bollire, pulire, fare il bagno, portare l’acqua e altri compiti domestici, essendo un contenitore per l’acqua, l’oceano, i mari ed alcuni laghi erano di conseguenza considerati grandi calderoni.
A volte essi venivano lasciati come offerte votive agli Dei in paludi, fiumi e stagni.
Quando un calderone d’acqua veniva posto sopra un fuoco e riempito d’acqua per bollirla, la sua magia poteva essere vista gorgogliante in azione.
Tutto ciò che vi veniva messa dentro, ne usciva cambiato.
Nell’Altromondo celtico, la quantità di ispirazione poetica ed artistica che una persona riceveva, era regolata da come aveva vissuto la propria vita: il modo in cui l’acqua nel calderone ribolliva determinava la misura che ricevevano.
Tra le divinità irlandesi troviamo Dagda, spesso raffigurato come un gigante con una lunga barba nera.
Egli era chiamato il “Calderone dell’Abbondanza”, visto che ne portava uno in spalla, ed era uno dei Quattro Tesori dei Tuatha Dé Danann, il quinto dei sei popoli preistorici che invasero e colonizzarono l’Irlanda prima dei Gaeli.
Dagda era un dio importante di statura gigantesca associato alla fertilità, all’agricoltura, alla forza e alla virilità, spesso ritratto in modo umoristico, si credeva che controllasse il tempo, i raccolti, il tempo, le stagioni, la vita e la morte.
Di buon carattere, tutti potevano mangiare a sazietà dal suo calderone che non si esauriva mai.
Si narrava, che il mestolo fosse così grande, che due uomini potevano facilmente entrarci dentro.
Un’altra bella leggenda è quella del Calderone della conoscenza, dell’ispirazione e della rinascita di Ceridwen, una maga.
Ella usava il suo calderone per preparare una pozione, che avrebbe infuso conoscenza e saggezza a chiunque l’avesse bevuta, ma la preparava esclusivamente per suo figlio.
La miscela doveva essere bollita e mescolata per un anno e un giorno, quindi aveva incaricato un cieco di nome Morda di alimentare il fuoco e un ragazzo di nome Gwion Bach di mescolare la pozione.
Un giorno erroneamente, Gwion Bach bevve tre gocce dell’infuso che gli erano schizzate sulla mano.
Portandosi la mano alla bocca per alleviare il dolore, fu immediatamente pervaso di saggezza ma, sapendo che Ceridwen si sarebbe arrabbiata, fuggì.
La strega lo inseguì, e tra i due iniziò una serie di trasformazioni mutaforma in diversi animali e uccelli, che alla fine portarono il giovane a rinascere come Taliesin, il più antico poeta di lingua gallese del quale siano sopravvissute alcune opere.
Nella lista dei Tredici Tesori della Britannia, troviamo il Calderone di Dynwych, il quale possiede l’insolito attributo di saper distinguere tra un uomo coraggioso e un codardo.
Per un uomo coraggioso, la carne cuoce velocemente mentre quella per un codardo non cuoce mai.
Questo calderone è stato incluso in The Mabinogion compilato da Lady Charlotte Guest.
Da non dimenticare è Diwrnach Wyddel, l’amministratore di Odgar figlio di Aedd, re d’Irlanda, il quale possedeva un calderone magico, che gli fu richiesto dal gigante Ysbaddaden, per cuocere la carne per il banchetto di nozze di sua figlia, come condizione per dare a Culhwch il permesso di sposare sua figlia Olwen.
Re Artù, parente di Culhwch, si assunse l’incarico per suo conto, di farsi dare il calderone e salpò per l’Irlanda con una compagnia di guerrieri.
Diwrnach però si rifiutò di rispondere alla richiesta di Artù e Bedwyr (il campione del re) si impadronì del calderone, affidandolo a uno dei servi, che portalo sulle spalle.
In un colpo solo, con la spada chiamata Caledfwlch, Llenlleawg l’irlandese uccise Diwrnach e tutti i suoi uomini, e seguì uno scontro con le forze irlandesi, respinto da re Artù e dai suoi uomini.
Così risalirono a bordo della loro nave Prydwen e, portando con loro il calderone come bottino di guerra, tornarono in Gran Bretagna.
Diwrnach si rifiutò di darglielo, ma uno dei guerrieri di Artù se ne impossessò ugualmente, uccidendo il proprietario e scatenando una guerra, dalla quale. Diwrnach viene ucciso nel combattimento che ne segue, e Arthur ei suoi guerrieri combattono per tornare alla loro nave con il calderone e tornare in Gran Bretagna.
L’associazione del calderone con la Stregoneria deriva dalla famigerata scena delle “Tre streghe” nel Macbeth di Shakespeare.
Usare una pentola di ferro per preparare la birra (come per preparare il tè) o cucinare non era insolito nel XVI secolo, ma ciò che attrasse l’attenzione del pubblico, fu il tipo di cucina che facevano queste tre donne.
Tra i Wiccan moderni, il calderone è onorato come simbolo della Dea Madre, proprio come lo sono stati ciotole, barattoli e pentole.
Le pentole a tre gambe in ghisa sono ancora prodotte per scopi decorativi ed occulti, ma ti sconsiglio di provare a cucinare in un calderone, ci vogliono troppe ore ed un sacco di spazio.
Il Piatto
I piatti sono stati inventati probabilmente prima delle ciotole ed i primi erano fatti di legno o foglie rigide, mezze zucche o anche valve di conchiglie di mare, utili per contenere e raffreddare leggermente i cibi cotti prima di mangiarli.
Piatti in legno, ceramica e metallo risalgono all’antichità in molte culture più che altro occidentali, mentre la foglia di banana predomina in alcune culture dell’Asia meridionale e del sud-est asiatico.
I piatti sono governati dal Sole e dall’elemento Terra, e rappresentano il mondo fisico, il denaro e l’abbondanza.
Qualsiasi piatto fatto di materiali naturali può essere usato per la magia.
Il Cucchiaio
Osservandolo bene, un cucchiaio è una ciotola con il manico, quindi è legato alla Luna ed all’elemento Acqua.
I cucchiai sono stati usati da migliaia di anni, come dimostrano alcune collezioni museali che ne presentano di varie dimensioni e forme, realizzati a seconda dell’epoca: in argilla, pietra, ecc.
Anticamente, questo attrezzo era spesso presente durante incantesimi e magie nei quali 3, 7 o 9 cucchiai, raccolti in tre, sette o nove case, venivano usati per spezzare il pericoloso incantesimo del Malocchio.
Inoltre, questi cucchiai potevano essere usati per lanciare o spezzare la magia, per scremare il latte del bestiame, per raccogliere il mais dai campi e per il matchmaking (l’unione di due individui per affinità, di solito ai fini del matrimonio).
Si credeva che i cucchiai avessero il potere di “sciogliere” o “legare” lo sposo, cioè di aiutarlo o impedirgli di adempiere ai suoi obblighi la prima notte di nozze.
Pertanto, durante i matrimoni, i parenti degli sposi ispezionavano accuratamente capi di abbigliamento e coperte nella stanza preparata per la notte, alla ricerca di cucchiai.
Un altro simbolo del cucchiaio è di sostegno e sostentamento, in quanto è quasi sempre un percorso essenziale per procurarsi il cibo necessario venendo usato come forma di supporto per portare il cibo in bocca, in un piatto, pentola, ecc.
Mentre i migliori cucchiai per cucinare sono fatti di quercia, faggio o acero, nella Magia bianca e nella rottura dell’incantesimo del malocchio si richiedono legni di olmo, frassino o carpino.
In tutte le altre magie si utilizzano normalmente cucchiai di Bosso.
Nel folklore, gettare un cucchiaio sopra la testa di un uomo, lo liberava dalla paura, meglio ancora se prima si metteva dentro un po’ di sale e acqua, che la persona doveva bere, e poi glielo si lanciava sul cranio.
Bisognava ripetere questo rito più volte, fino a quando il cucchiaio cadeva con il lato concavo rivolto verso l’alto, altrimenti la paura non avrebbe lasciato l’uomo.
Si usava il potere protettivo del cucchiaio anche nei primi giorni dopo la nascita di un bambino, quando alle giovani madri era vietato uscire di casa prive di una candela accesa o un tizzone ardente su una tegola, stoffa bruciacchiata ed aglio, per scacciare i demoni e, naturalmente, non doveva mancare un cucchiaio di legno legato con un filo rosso.
Esiste anche un’interpretazione dei segnali con il cucchiaio:
-CUCCHIAIO IN PIU’ A TAVOLA: arrivava un ospite inaspettato.
-DUE CUCCHIAI ALLO STESSO POSTO IN TAVOLA: ci si sarebbe sposati due volte.
– CUCCHIAIO UTILIZZATO DA 2 COMMENSALI: a breve avrebbero litigato aspramente.
-CUCCHIAIO CHE CADE DA TAVOLA: arrivo di una visitatrice.
-CUCCHIAIO CHE CADE CON COLTELLO: arrivo di una coppia di visitatori.
-CUCCHIAIO SPORCO: sfortuna o eventi nefasti.
-SOGNARE CUCCHIAIO D’ARGENTO: significa stabilità economica.
-RICEVERE IN REGALO CUCCHIAIO D’ARGENTO: augura ricchezza, denaro, prosperità, abbondanza o successo. Infatti si usa anche la frase: “nato con un cucchiaio d’argento“, implicando che qualcuno sia nato nella ricchezza o nell’abbondanza.
Ne “L’Allegoria dei lunghi Cucchiai”, del rabbino Haim di Romshishok, si dimostra la differenza tra paradiso e inferno, tramite persone costrette a mangiare con lunghi cucchiai.
“In ogni luogo, gli abitanti hanno accesso al cibo, ma gli utensili sono troppo ingombranti per usarli da soli.
All’inferno, le persone non possono collaborare e, di conseguenza, muoiono di fame.
In paradiso, i commensali si danno da mangiare l’un l’altro dall’altra parte del tavolo e sono sazi”.
Questa parabola incoraggia le persone ad essere gentili l’una con l’altra.
Fino a poco tempo fa in Giappone lo Shamoji, la famosissima spatola per il riso, che ormai tutti conosciamo ed usiamo, era considerato un oggetto magico.
Piccoli Shamoji venivano inchiodati sulla porta d’ingresso di una casa per proteggerla, e nella speranza che i suoi abitanti non soffrissero mai la fame o la mancanza di riso.
Questa spatola di legno spesso intagliata a mano, nell’antico Giappone era spesso vista come un simbolo tradizionale per madri e mogli, e veniva tramandato dalle suocere/mamme alle nuore/figlie come diritto di passaggio per i nuovi anni, per comunicare che, da quel momento, la cucina sarebbe passata nelle mani della novizia.
Il Shamoji, presumibilmente, è stato inventato da un monaco a Miyajima, nella prefettura di Hiroshima, era considerato un porta fortuna ed anche la parte concava del cucchiaio (come di una ciotola) era considerata sacra, come un luogo in cui potevano vivere spiriti o Kami (divinità giapponesi).
Gli stessi cucchiai di legno sono usati nelle danze durante il festival Hakata Dontaku (manifestazione che risale al 1179 d.C., allora noto come Festival Matsubayashi).
La leggenda narra che diverse casalinghe, mentre erano nel mezzo della preparazione della cena, furono travolte dall’eccitazione del festival ed il suono della musica quindi, non riuscendo a resistere, parteciparono anche loro suonando i loro cucchiai, tradizione che vige tutt’oggi.
—segue—
I Quattro Rami del Mabinogi (Pedair Cainc Y Mabinogi) sono i primi racconti in prosa nella letteratura britannica, originariamente scritti in Galles.
Quest’opera si divide in 4 parti o, appunto, ‘Rami’ i cui racconti correlati possono essere letti come mitologia, temi politici, romanzi o fantasie magiche.
Essi si rivolgono a un’ampia gamma di lettori, dai bambini piccoli agli adulti più sofisticati ed appaiono come libri, spettacoli teatrali, film e continuano a ispirare molte rivisitazioni nelle opere d’arte e nella narrativa moderna.
All’inizio nell’XI secolo, erano in forma verbale, in seguito, sono sopravvissuti nelle biblioteche private di famiglia tramite manoscritti medievali, spesso in frammenti.
Negli anni ‘70, salvati e restaurati, i racconti sono stati riconosciuti come una letteratura secolare complessa, contenente elementi della mitologia gallese, con personaggi fortemente descritti, temi politici, etici e di genere, nonché fantasie elaborate.Lo stile di scrittura è ammirato per la sua semplicità ingannevole e il potere delle parole controllato, paragonato a volte allo stile celtico.Il mondo racconto all’interno del Mabinogi si estende attraverso il Galles, l’Irlanda e l’Inghilterra, narrando di una Gran Bretagna leggendaria, come una terra unita sotto un re, ma con potenti principati separati, in cui la legge gallese è unita alla magia ed al romanticismo.Ogni Ramo è composto da diversi episodi ed è intitolato con il nome del protagonista principale: Pwyll, Branwen, Manawydan, Math.
Quarto Ramo:
Math
Math fab Matholwy (Math figlio di Matholwy) era il signore di Gwynedd, mentre Pryderi fab Pwyll (Pryderi figlio di Pwyll) era il signore di ventuno Cantref nel Galles meridionale.
Math poteva vivere solo finché i suoi due piedi fossero stati posti nel grembo di una vergine, a meno che non fosse in guerra.
La sua promessa sposa era Goewin ferch Pebin, la fanciulla più bella conosciuta da chiunque, la quale viveva a Dôl Pebin, Arfon, anche se era sempre con Math.
A causa della clausola sulla sua vita, Math non poteva viaggiare per le sue terre per difenderle, quindi questo compito fu affidato ai suoi nipoti, Gilfaethwy fab Dôn ed Efeydd fab Dôn.
Sfortunatamente, Gilfaethwy si innamorò di Goewin e, in poco tempo, Gwydion il mago, suo fratello, se ne rese conto, promettendogli di aiutarlo a conquistare Goewin.
Gwydion disse a Math, che Pryderi aveva maiali speciali e che sarebbe stato saggio acquisirne alcuni.
Così, Gwydion si recò nel sud e convinse Pryderi, Re di Dyfed, a scambiare i maiali, con levrieri e cavalli con collari d’argento e dodici scudi d’oro.
Nel contempo, con un sortilegio glieli rubò, provocando una guerra tra Math e Pryderi.
Gilfaethwy andò in battaglia ma poi, aiutato dai suoi nipoti, tornò indietro e, quella notte, violentò Goewin ferch Pebin, nel letto di Math ab Mathonwy.
Quando Math tornò dalla battaglia, dopo aver ucciso Pryderi in duello, andò da Goewin, per metterle i due piedi sul grembo, ma non ci riuscì, poiché la giovane non era più vergine.
Così, per salvarle l’onore, decise di prenderla come sposa.
Poi, punì Gilfaethwy e Gwydion, condannandoli per tre anni a trasformarsi in tre coppie di animali: una coppia di cervi, il primo anno; una coppia di maiali, il secondo anno e una coppia di lupi, il terzo anno.
Dalla questa unione nacquero tre figli, i quali, inviati a Math, furono chiamati dallo stesso: Hyddwn, Hychddwn e Bleiddwn.
Al termine dei tre anni, Math fece tornare umani Gilfaethwy e Gwydion e, a causa della sua maledizione, avendo bisogno di una nuova vergine, chiese loro di procurargliene una.
Gwydion e Gilfaethwy gli suggerirono la loro sorella, Arianrhod, la quale, a dimostrazione della sua verginità, doveva camminare sulla bacchetta di Math.
Mentre lo faceva, però, partorì un figlio, Dylan, che abbandonò, fuggendo per la vergogna.
Durante la sua fuga le cadde un ‘grumo di carne’, il quale venne raccolto e riposto in una cassa da Gwydion, ai piedi del suo letto.
Quando stavano battezzando il figlio di Arianrhod, arrivò una tempesta e, quando il mare si alzò, Dylan sapeva nuotare come un pesce: per questo motivo fu chiamato ‘Dylan Ail Don‘ (Figlio delle Onde).
Un giorno, Gwydion si svegliò e sentì un urlo provenire dal fondo del suo letto.
Lì trovò un bambino, il quale visse alla corte di Math, fino all’età di quattro anni.
Quando il bambino aveva quattro anni, Gwydion lo portò ad Arianrhod, in modo che potesse dargli un nome, ma lei rifiutò, ponendo su di esso un Tynged (maledizione): non avrebbe avuto nome, finché non sarebbe stata lei a darlo.
Gwydion riuscì ad aggirare il Tynged per mezzo di un abile inganno.
Il giorno dopo, in riva al mare, costruì una barca con le alghe e tornò al castello di Arianrhod, con un aspetto che lo rendeva irriconoscibile, dicendo di essere un calzolaio.
La donna, volendo delle scarpe nuove, salì sul ponte della barca, guardò verso il bambino, anch’egli con un aspetto diverso, che aiutava Gwydion, e lo chiamò Lleu Llaw Gyffes (colui dai capelli biondi e dalle abili mani), senza averlo riconosciuto.
Vedendosi ingannata, Arianrhod gli lanciò un secondo incantesimo: non avrebbe potuto avere altre armi, a meno che non fosse lei a dargliele.
Gwydion e Lleu andarono a Dinas Dinlle, dove Lleu imparò a cavalcare e, quando venne il momento per possedere delle armi, Gwydion cambiò di nuovo aspetto ed entrambi andarono da Arianrhod, sostenendo di essere poeti di Morgannwg.
Il giorno successivo, Gwydion usò la magia per simulare un’enorme flotta ed un attacco imminente.
Senza sapere che il ragazzo fosse suo figlio, Arianrhod lo aiutò ad armarsi.
Gwydion le disse cosa aveva fatto e Arianrhod, livida dalla rabbia, lo maledisse ancora una volta: non avrebbe mai sposato una donna della razza umana.
Per il terzo Tynged, Gwydion chiese l’aiuto di Math, ed i due creano con la magia, dai fiori di quercia, ginestra e olmaria, una donna che chiamarono Blodeuwedd (Viso di Fiore).
Poi, Math diede a Lleu Cantref Didoning, il miglior territorio della sua Signoria e Lleu stabilì la sua corte a Mur y Castell, Trawsfynydd.
Un giorno, Lleu andò con la sua sposa a trovare Math a Caer Dathyl e, mentre era lì, Blodeuwedd si imbatté in Gronw Pebr, signore di Penllyn, che cacciava nella zona di Mur y Castell.
Secondo le usanze dell’epoca, Blodeuwedd accolse Gronw Pebr a corte e i due si innamorano subito, trascorrendo diverse notti insieme.
Entrambi decisero, che l’unico modo per stare insieme era che Blodeuwedd scoprisse come uccidere Lleu, fingendo di essere preoccupata per lui.
Quando suo marito tornò, la donna finse di temere la sua morte.
Lleu la ringraziò per la sua preoccupazione, ma le disse che non sarebbe stato facile ucciderlo: avrebbe dovuto essere colpito da una lancia prodotta nell’arco di un anno, non poteva essere ucciso dentro o fuori casa, se stava cavalcando o camminando; poteva essere ucciso solo quando faceva il bagno, avendo un piede sulla vasca e l’altro sul dorso di una capra.
Blodeuwedd trasmise le informazioni a Gronw Pebr, il quale fece produrre una lancia nel periodo di un anno.
La donna convinse Lleu a mostrarle, come avrebbe dovuto stare in piedi se fosse stato ucciso, nel bagno e, mentre l’uomo glielo dimostrava, Gronw lo colpì al fianco con la lancia.
Lleu si trasformò in un’aquila, lanciò un urlo assordante e volò via.
Gronw e Blodeuwedd vissero felicemente insieme a Mur y Castell, prendendo il posto di Lleu a capo del Regno.
Math e Gwydion erano molto tristi per l’accaduto, e quest’ultimo fece un viaggio attraverso Gwynedd, Powys e Arfon per cercare Lleu.
Finalmente, trovò un aquila a Nantlle ad Arfon e, credendo che fosse Lleu, gli cantò ‘englyn’ (rime poetiche tradizionali di Galles e Cornovaglia), restituendogli il suo aspetto umano.
Lleu fu curato a Caer Dathyl e, nel giro di un anno stando meglio, escogitò un piano per vendicarsi del tradimento di Blodeuwedd e Gronw.
Gli uomini di Gwynedd si recarono a Mur y Castell, ma Blodeuwedd seppe che stavano arrivando, così con le sue fanciulle fuggì verso la montagna.
Le donne erano così spaventate, da non essere in grado di guardare avanti, girandosi costantemente indietro per guardarsi alle spalle.
Tutte, Blodeuwedd, caddero nel lago annegando e, da allora, il lago si chiamò ‘Llyn Morynion’ (Lago delle fanciulle).
Gwydion trasformò Blodeuwedd in una civetta per il suo tradimento, così non avrebbe mai più potuto mostrare il suo viso alla luce del giorno.
Gronw Pebr scappò da Penllyn e chiese a Lleu di accettare oro, argento o terra per l’insulto contro di lui.
Lleu rifiutò e disse che voleva la possibilità di colpire Gronw con una lancia, nel punto in cui egli era stato colpito.
Gronw chiese ai suoi uomini, se qualcuno di loro fosse stato disposto ad essere colpito dalla lancia al posto suo, ma tutti rifiutarono.
Allora chiese se poteva usare una pietra dalla riva di Afon Cynfal, per difendersi.
Lleu esaudì questo desiderio, ma quando lanciò la lancia, questa spaccò la pietra e colpì Gronw, rompendogli la spina dorsale.
Gronw morì e questa pietra con un buco si trova ancora oggi sulla riva dell’Afon Cynfal, dove è conosciuta come ‘Llech Gronw‘ (Pietra di Gronw).
Lleu Llaw Gyffes riconquistò le sue terre e divenne, alla fine, signore di Gwynedd, succedendo a Math fab Matholwy.
∝E questo è l’ultimo capitolo del Mabinogi∝
I Quattro Rami del Mabinogi (Pedair Cainc Y Mabinogi) sono i primi racconti in prosa nella letteratura britannica, originariamente scritti in Galles.
Quest’opera si divide in 4 parti o, appunto, ‘Rami’ i cui racconti correlati possono essere letti come mitologia, temi politici, romanzi o fantasie magiche.
Essi si rivolgono a un’ampia gamma di lettori, dai bambini piccoli agli adulti più sofisticati ed appaiono come libri, spettacoli teatrali, film e continuano a ispirare molte rivisitazioni nelle opere d’arte e nella narrativa moderna.
All’inizio nell’XI secolo, erano in forma verbale, in seguito, sono sopravvissuti nelle biblioteche private di famiglia tramite manoscritti medievali, spesso in frammenti.