L’Aconito napello è un’erba officinale perenne delle Alpi, comune in Europa, in Asia e nell’America del Nord.
Riconoscibile per i fiori a cinque petali, dei quali il più alto sembra un elmo, l’Aconito può essere alto fino ad 1,5 metri.
I fiori, di colore viola o blu-viola, si presentano leggermente pelosi.
Abbastanza conosciuto è anche l’Aconitum lycoctonum, dal fiore bianco o giallo.
Le due specie contengono veleni diversi, per quanto simili ed entrambi letali, ma il più utilizzato rimane il napello.
Le mucche conoscono la sua tossicità e non lo mangiano, l’Aconito infatti è bello da vedere, ma contiene un alcaloide tossico: l’aconitina, molto pericolosa.
E’ consigliabile, quindi, non raccogliere o toccare nessun esemplare.
L’aconitina è uno dei veleni più potenti attualmente conosciuti, pericolosa anche per contatto (ovvero per assorbimento tramite l’epidermide); viene estratta dalla radice ma anche dalle foglie.
Si narra che l’Aconito sia stata una delle piante preferite dagli Antichi, per avvelenare le frecce o comunque per uccidere i nemici.
Plinio la cita come il veleno ad azione più rapida, ma la ritiene anche un potente antidoto per molti altri tipi di sostanze tossiche, come ad esempio il veleno degli scorpioni.
In pratica secondo Plinio, l’Aconito o uccide avvelenando, o incontra nell’organismo un altro veleno e combattendolo, annienta anche se stesso.
Gli antichi Greci cacciavano i lupi, avvelenando la loro esca con questa pianta: ecco perchè uno dei suoi tanti nomi comuni è “Wolfsbane” (Castigo del Lupo).
Questo nome venne mantenuto fino al Medioevo in quanto, in quel tempo, lupi e lupi mannari erano una vera paura in Europa.
Le persone spaventate si rivolsero, così, alla coltivazione di Aconito per la loro protezione, poiché le superstizioni dicevano, che i lupi mannari potevano essere respinti dalla pianta, o addirittura domati da essa.
Altri, tuttavia, credevano che avere un contatto con l’Aconito napello, durante la luna piena, potesse effettivamente causare un cambiamento di forma e trasformarli in lupi mannari.
Ai pazienti che soffrivano di licantropia (l’illusione di essere un lupo) venivano prescritte dosi regolari, e spesso letali, di Aconito dai loro medici medievali.
Antiche leggende narrano, che i Berserker, una famigerata tribù germanica, consumarono l’Aconito volontariamente, per trasformarsi in “lupi mannari”.
Si dice che l’Aconito provochi la sensazione sulla pelle di indossare una pelliccia o piume, e possa indurre allucinazioni di trasformazione in diversi tipi di animali.
L’Aconito è da sempre considerato simbolo di malefici ed uno degli ingredienti preferiti delle pozioni di maghe e fattucchiere.
Esso, infatti, era uno dei numerosi ingredienti per un unguento che, se applicato a una scopa, poteva facilitare il volo.
Le leggende affermano anche che una maga, che portava semi di Aconito napello avvolti nella pelle di lucertola, poteva diventare invisibile, e che le streghe applicavano la linfa velenosa della pianta alle loro pietre focaie e le lanciavano contro ignari nemici.
L’Aconito è anche chiamato “hecateis”, dalla Dea greca della stregoneria Ecate, associata a sortilegi, porte d’accesso, conoscenza di erbe e piante velenose, anime dei morti / necromanzia e mutaforma.
La mitologia lo vuole nato dalla bava di Cerbero, quando questi vide la luce del sole, nella dodicesima fatica di Ercole.
La mitologia nord europea considera il fiore dell’Aconito simbolo dei cavalieri erranti, con il potere di rendere invisibili, e ciò deriva dalla particolare forma di elmo posseduta dal fiore.
Nei paesi nordici, infatti, l’Aconito napello è conosciuto anche con il nome di “Cappello di Thor” o “Elmo di Odino” o “Elmo di Troll” (in Danimarca), o ancora, nei Paesi germanici come “Elmo di ferro”.
Quando la religione cristiana prese il sopravvento su quelle pagane, il nome fu cambiato in un più tranquillo, “Cappello del monaco”.
Si narra, che chiunque riuscisse ad usare il Cappello di Thor, aveva il potere di scomparire, per ricomparire improvvisamente ed inaspettatamente tra gli uomini, cavalcando un cavallo a otto zampe, accompagnato da due lupi e due cervi.
In Francia, ha invece prevalso l’aspetto legato alla bellezza dei fiori ed il nome comune, usato Oltralpe, richiama la dea dell’amore: “Char de Venus”, ”Carro di Venere”.