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Dottrina delle Segnature
“Può resuscitare i morti e può uccidere i vivi“
-antico proverbio-
Digitalis è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Plantaginaceae, comprendente circa venti specie, di cui 6 presenti nella flora spontanea italiana.
Il nome significa “dito, ditale”, per la caratteristica forma del fiore.
Comunemente è conosciuta come: Guanti delle streghe, Ditali degli uomini morti, Guanto di fata, Guanti della Madonna, Dita insanguinate, Guanto della Vergine, Dita di volpe, Cappellini delle fate, Ditali delle fate.
Il nome inglese Foxglove deriva dalla corruzione della parola “folksglove”, che associa i fiori al popolo delle fate, oppure, “dita di volpe”, per i suoi fiori usati come guanti dalle Volpi, per proteggere le loro zampe dalla rugiada.
Un’altra teoria suggerisce che il nome derivi dalla parola anglosassone “foxes-gleow”, in quanto “gleow” è associato al suono di campane.
Ciò è collegato alle leggende norrene, in cui le volpi portano i fiori della Digitale a forma di campana attorno al collo; infatti, il suono delle campane era un incantesimo di protezione contro cacciatori e segugi.
La Digitale presenta foglie pelose ed oblunghe, velenose anche in modica quantità.
L’altezza varia dai 5 cm. a 1,5 mt., a seconda della specie.
Il colore dei fiori varia dal bianco al purpureo, spesso con macchie colorate.
Digitalis grandiflora, Digitale dai grandi fiori (in inglese Yellow Foxglove) è presente in tutte le zone fredde e temperato-fredde dell’Eurasia, in Italia è al nord, dove cresce ai margini boschivi, tra le siepi e gli arbusteti, ma anche nelle zone incendiate.
E’ un’appariscente pianta erbacea perenne, che può raggiungere anche i 90 cm di altezza, i cui fiori sono giallo pallido.
Digitalis lutea, Digitale gialla (in inglese Straw Foxglove), è abbastanza simile alla grandiflora, tranne che per la grandezza dei fiori, che sono più piccoli.
E’ presente in tutto il nord Italia, con qualche apparizione in Abruzzo.
Digitalis purpurea, Digitale rossa (in inglese Foxglove), è presente in tutto il nord-ovest italiano, in Calabria e Sardegna.
I suoi fiori hanno colori variabili, dal rosa al rosso, al porpora.
L’impiego della Digitale in medicina, si deve al medico e botanico inglese William Withering (1785) il quale, avendo appreso da una vecchia guaritrice l’uso della pianta, dopo averlo sperimentato per dieci anni, scoprì le proprietà terapeutiche di un suo principio attivo, la ‘digitalina’, entrata di prepotenza nella farmacopea moderna nel trattamento delle cardiopatie, oltre a divulgarne l’impiego nel trattamento della “idropisia” (edema).
Sebbene la Digitale, già nell’antichità, era ritenuta molto pericolosa se usata in modo improprio, ha una lunga storia di uso medicinale per problemi cardiaci e renali, edema ed avvelenamento da Aconito.
Una leggenda dice che Vincent Van Gogh la usò per curare la sua epilessia.
Tutta la pianta è velenosa, in modo particolare le foglie durante la fioritura.
Contiene principi dannosi per il cuore; non sfiorare mai i fiori con le labbra e, comunque, maneggiare l’intera pianta sempre con guanti.
La Digitale è evitata dagli erbivori, che possono, tuttavia, mangiare impunemente molte piante velenose.
Per questa ragione, è stato proposto di utilizzarla come deterrente nelle aree protette, per evitare il pascolamento e preservarne la diversità biologica.
Questa pianta è un fiore preferito delle api mellifere, per questo motivo, le sue alte e maestose spighe di fiori danno il meglio di sé in quei giorni soleggiati di mezza estate, in cui le api sono più indaffarate.
Il labbro inferiore sporgente della corolla forma una piattaforma di discesa per l’ape la quale, mentre si spinge verso l’alto della campana, per raggiungere il miele che giace in un anello attorno al vaso del seme in cima al fiore, strofina le antere degli stami contro la sua schiena.
Passando da un fiore all’altro su per la spiga, li feconda ed i semi possono essere prodotti.
Secondo la Dottrina delle Segnature, risalente al tempo di Dioscoride e Galeno, la quale afferma che le erbe che assomigliano a varie parti del corpo, possono essere utilizzate dagli erboristi per curare i disturbi di quelle parti del corpo, affermava che i fiori della Digitale assomigliassero alla bocca aperta di un animale.
Ciò significava, che doveva avere un valore medicinale nel trattamento delle lesioni della bocca e della gola, anche perché le macchioline sulla bocca del fiore erano, secondo la Dottrina, il simbolo dell’infiammazione della gola.
Così ne scaturisce un’altra serie di nomi popolari, che riflette l’associazione della Digitale con la bocca: Throatwort (Gola), Rabbit’s Mouth (Bocca di Coniglio), Bunny Mouths (Bocca di Lepre), Tiger’s Mouth (Bocca di Tigre), Duck’s Mouth (Bocca d’Anatra), Gap-Mouth (Bocca vuota) e Dragon’s Mouth (Bocca di Drago).
Anticamente si diceva, che le screziature dei fiori della Digitale, come le macchie sulle ali delle farfalle e sulla coda di pavoni e fagiani, indicassero dove gli Elfi avevano messo le dita, ed una leggenda narra che i segni sulla pianta fossero un segnale di avvertimento dei succhi dannosi da lei secreti, che in Irlanda le è valso il nome popolare di “Dead Man’s Thimbles” (Ditali degli uomini morti).
Un’antica leggenda gallese del XIII secolo, basata sulla figura storica di Rhiwallon, il medico del principe Rhys il Rauco, del Galles meridionale, afferma che questo popolo è stato il primo ad usarlo come medicina, perché la conoscenza delle sue proprietà è arrivata ai “meddygon” (medici gallesi), in modo magico.
“Una sera, il giovane Rhiwallon stava camminando lungo un lago, quando dalla nebbia si levò una barca d’oro.
Una bella fanciulla remava sulla barca con remi d’oro, e scivolò via dolcemente nella nebbia, prima che lui potesse parlarle.
Da quell momento, Rhiwallon tornava ogni sera in cerca della fanciulla e, non incontrandola più, chiese consiglio a un uomo saggio, il quale gli disse di offrirle del formaggio.
Rhiwallon fece come gli era stato detto, così la fanciulla apparve e prese la sua offerta, scese a terra, divenne sua moglie e gli diede tre figli.
Dopo che i figli crebbero e il più giovane divenne un uomo, un giorno la moglie di Rhiwallon remò nel lago e poi ritornò con una scatola magica incastonata con gioielli.
Quindi, disse a Rhiwallon di picchiarla tre volte, in modo da poterle permettere di tornare nella nebbia per sempre.
Lui si rifiutò di colpirla, ma la mattina dopo, quando finì la colazione e si preparava per andare al lavoro, Rhiwallon batté affettuosamente sulla spalla della moglie tre volte. Immediatamente una nuvola di nebbia l’avvolse e lei scomparve. Dietro di sé lasciò la scatola magica ingioiellata e, quando i tre figli l’aprirono, trovarono un elenco di tutte le erbe medicinali, inclusa la Digitale, con indicazioni complete per il loro uso e proprietà curative.
Grazie a questa conoscenza i figli divennero i medici più famosi del Mondo”.
La Digitale era anche una pianta amata dalle fate che, come vuole una leggenda, si addormentavano alla sua ombra.
Infatti, la rugiada raccolta dai fiori veniva utilizzata negli incantesimi, per comunicare con le fate, anche se dovevano sempre essere indossati i guanti, quando si maneggiava la pianta poiché la Digitale è tossica.
In Scozia, le foglie di Digitale erano sparse sulle culle dei bambini, per proteggerli dagli incantesimi, venivano messe nei panni dei bambini per lo stesso motivo, oltre che come cura contro la scarlattina.
Un’altra leggenda narra che le fate si nascondessero all’interno dei fiori di Digitale.
I bambini dispettosi, volendo sentire il “tuono fatato”, tenevano una delle campane dei fiori e poi colpivano l’altra estremità con la mano.
La povera fata, giustamente sconvolta e probabilmente piuttosto irritata, emetteva uno schiocco, un tuono fatato, mentre scappava dal suo rifugio.
Si dice che raccogliere fiori di Digitale porti sfortuna, perché deruba le Fate, gli Elfi ed i Piskies di una pianta di cui si dilettano particolarmente.
Nel nord dell’Inghilterra, invece, si dice che i fiori della Digitale in casa permettano l’ingresso del diavolo.
In epoca romana, la Digitale era un fiore sacro alla Dea Flora, la quale sfiorò i seni ed il ventre di Giunone, stanca di Giove che concepiva figli con altre donne, ma non lei.
Così, Giunone concepì il Dio Marte.
Da allora, la pianta è associata all’ostetricia ed alla Magia delle donne, così come alle “Streghe bianche” (praticanti di magia benigna e curativa), che vivono allo stato brado con famigli volpi.
Ecco perché questi animali sono raffigurati con campane di Digitale incantate al collo.
Nelle prime registrazioni del Linguaggio dei fiori, la Digitale simboleggiava enigmi, misteri e segreti, mentre nell’Era vittoriana divenne il simbolo più negativo dell’insincerità.
Un’antica leggenda raccontata inglese, spiega perché la Digitale oscilla ed ondeggia anche quando non c’è vento: questa è la pianta che si inchina al popolo delle Fate mentre passa.
Le guglie di Digitali, che crescono sulle colline segnano un luogo amato dalle Fate, una Terra piena di enigmi, segreti e storie.
In magia, la Digitale è utilizzata per proteggere le abitazioni da malefici e negatività, da incendi e furti.
Puoi preparare un talismano protettivo a sacchetto, o cuscino da sogno, utilizzando della stoffa di cotone viola ed inserendo boccioli di Digitale purpurea, Salvia e un cristallo di Adularia.
PIANETA: Saturno
ELEMENTO: Acqua
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Capricorno
CHAKRA: 4, Anahata (C. del cuore)
Mandragora è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Solanaceae, conosciuto anche come Mandragola.
Il suo nome deriva dal persiano ‘mandrun-ghia’ = ‘erba-uomo’, per la forma antropomorfa delle radici.
Altri nomi sono: Herbstalraune, Mandrake, Mandragore.
Si tratta di piante erbacee perenni fetide, poste a livello del terreno, alte fino ad una trentina di centimetri, con foglie disposte in rosetta basale, al cui centro nascono i fiori di colore dal bianco-verdastro a blu pallido o viola.
Tra le varie specie, una è Mandragola mediterranea (Mandragora officinarum) di origine appunto mediterranea, radice eretta spesso ramificata, e fiori campanulati bianco-verdastri, seguiti da bacche gialle o arancioni.
Un’altra specie è la Mandragola autunnale (Mandragora autumnalis), di origine balcanica e con fiori violacei.
La Mandragola è una specie estremamente tossica, contenente alcaloidi simili a quelli della scopolamina, josciamina ed atropina, presenti anche nella Belladonna e nel Giusquiamo .
Dosata moderatamente viene talvolta utilizzata come preanestetico e nella cura degli spasmi intestinali, oltre che nell’omeopatia come rimedio sedativo nei casi di asma e tosse.
A causa di questi alcaloidi tropanici allucinogeni deliranti, che causano appunto delirio ed allucinazioni, e la forma delle loro radici che ricordano figure umane, nel corso della storia, la Mandragola è stata sempre associata ad una varietà di pratiche religiose e spirituali.
E’ stata (ed è ancora) a lungo usata nei rituali magici, nelle pratiche pagane contemporanee come Wicca ed Heathenry.
Tuttavia bisogna precisare, che le “Mandragole” utilizzate in questo modo non erano sempre specie di Mandragora, ma spesso si trattava di Bryonia alba.
La Mandragola è una pianta sacra, sia nella sua accezione positiva sia negativa: può dare la vita come la morte.
Evocando il corpo umano, essa rappresenta la panacea, ma contiene anche una forza malefica.
Si pensava che, strappare dal terreno una Mandragola, provocasse una morte istantanea, in quanto essa era lo strumento di Dio come del diavolo.
Infatti, nell’ epoca romana, si credeva che la Mandragola, svellendola dal terreno, avrebbe risvegliato il demone.
Quindi, si suggeriva di disegnare tre cerchi e di legarla al collo di un cane con un filo nero, per evitare l’evocazione malefica.
Nelle regioni appenniniche del lago Scaffaiolo (Modena), la Mandragola era considerata un potente rimedio contro i temporali e le bufere.
I pastori del luogo guardavano di mal occhio gli escursionisti, temendo che essi raccogliessero la pianta, spesso maltrattando i malcapitati soprattutto dopo una tempesta, ritenendoli responsabili delle perturbazioni atmosferiche.
Si narra che, quando la magica pianta viene estratta dal terreno, emetta un grido che fa morire chi lo sente.
Gli Assiri impiegavano il fumo della radice bruciata come esorcismo, soffiandolo sul corpo della persona da guarire, per cacciare il male, così come in Armenia si bruciava la radice per allontanare gli spiriti malvagi, mentre in Israele era nota come amuleto per rendere fertili.
Nel Testamento di Salomone (I – III secolo d.C.), si fa probabilmente riferimento alla radice di Mandragora dicendo, tra l’altro, che sotto la pietra preziosa dell’anello magico di Salomone, portatogli dall’arcangelo Michele, ci fosse un pezzo di radice della pianta, e che tale anello servisse per assoggettare gli spiriti e curare gli ossessi.
I nomi ebraici ed arabi per la pianta si riferiscono ad essa come “l’ardente“, o “Lampada del diavolo”, in quanto si credeva che brillasse di notte con una fiamma ultraterrena.
L’uso farmaceutico di questa pianta risale ai tempi più antichi e, superstiziosamente, gli uomini la credevano capace di provocare l’amore e di creare ricchezza.
Per queste virtù la Mandragola era nota anche come Circea, alludendo alle meravigliose ed incantevoli arti della maga Circe.
Ciò si spiegherebbe, in quanto la Mandragola era la pianta per eccellenza di Ecate, la quale probabilmente, in origine, era una Dea asiatica della Terra.
Madre delle maghe Circe e Medea, viveva in Caria (Asia Minore) ed era la Dea ctonia degli Inferi, la “Signora del mondo sotterraneo”, a cui erano rivolte formule di incantamento, oltre ad essere la Dea delle streghe, degli spiriti notturni, delle nascite e dei trivi.
Causava nell’uomo sonno pesante, sogni gravosi, stati di coscienza mutevoli, epilessia e pazzia, e portava una corona composta da serpenti e rami di quercia (esiste un’associazione tra Mandragora e quercia, secondo una leggenda francese del picchio).
Il cane era il suo animale sacro e spirito aiutante, ed essa stessa appariva come fantasma di un cane, oltre al fatto che era evocata come “nero cane”.
Pertanto, il cane era l’animale da sacrificare e dedicare a Ecate, durante la raccolta della radice di Mandragola, offerto anche nei templi a lei dedicati.
Spongia Somnifera
Esiste un’antica forma di anestetico, che utilizzava gli effetti inebrianti ed antidolorifici di piante come la Mandragola, il giusquiamo insieme all’oppio e ad altri ingredienti.
I liquidi volatili delle piante venivano assorbiti da piccole spugne, per immagazzinare il liquido una volta asciugato.
Quando era pronta per l’uso, la spugna inumidita veniva posta sotto il naso del paziente ed inalata, per beneficiare dei suoi effetti anestetici.
Le prime testimonianze delle spugne risalgono all’antico Egitto.
Per la rassomiglianza della figura umana, la cui radice ricorda gli arti inferiori dell’uomo, Pitagora la chiamò Anthropomorphos e l’iconografia, che sin dai tempi più lontani fu ricchissima, non abbandonò mai tale fantasticheria.
L’uso della pianta come “semplice” fu enfatizzato con l’avvento della “Dottrina delle Segnature” , che sfruttò altresì la già esistente atmosfera magica attorno ad essa.
Nel Medioevo, la diffusione della Mandragola fu enorme e divenne il simbolo delle arti occulte.
In tutte le pratiche magiche se ne fece un largo impiego, sfruttando gli effetti allucinogeni delle polveri e dei succhi.
In antiche tradizioni germaniche, si utilizzava il corpo della radice di alcune piante antropomorfe, soprattutto la Mandragora, come contenitore per lo spirito.
Venivano eseguiti preparativi rituali, per portare lo spirito nel feticcio e venivano fatte offerte regolari, per mantenere il tutto attivo.
Questa radice/contenitore/feticcio era conosciuto come Mannakin, Mandragora o Alraun, e veniva trattata con tutti gli onori.
Il Mannakin agiva come uno spirito familiare, protettore ed insegnante.
Il feticcio e il suo spirito venivano spesso tramandati di generazione in generazione, mantenendo il contratto con lo spirito originale, ed erano spesso conservati in una scatola simile a una bara, che era tenuta in un luogo segreto, poiché il Mannakin doveva sempre rimanere invisibile.
Altre fantastiche storie riguardano la nascita della pianta che, essendo di fattezze umane, non poteva altro che provenire dall’uomo, secondo il mito del “Homunculus”.
L’Essere innaturale, simile all’uomo, era ottenuto dallo sperma umano posto nelle più differenti strutture biologiche.
Così la tradizione popolare cercò fra gli uomini, chi poteva essere l’inseminatore e lo trovò in Adamo, il cui sperma, caduto sulla terra, originava la magica radice. Anche lo sperma degli impiccati, avendo trovato alcune piante sotto i patiboli, fu reputato in grado di generare la Mandragola.
Tutto ciò portò ad affermare, che la pianta, posta in un vaso accanto a sperma e mestruo femminile, potesse creare quindi l’Homunculus, cioè l’Essere innaturale dotato di poteri formidabili.
A seguito delle conoscenze che i Crociati portarono in Europa al ritorno dalla Terra Santa, la Mandragola era il rimedio più costoso in assoluto.
Quindi, si ritiene che molte leggende siano state create appositamente, per mantenerne alto in prezzo visto che, per esempio, nel 1690 una radice costava lo stipendio annuale di un artigiano medio.
Esistevano vari rituali per arricchirsi con la Mandragola: messo un pezzetto di radice in una cassetta o borsa con delle monete, le decuplicava in un giorno.
Nel ‘400, durante la luna di maggio, in Francia si preparavano talismani e amuleti con la polvere o le foglie seccate, in modo che procurasse amore e denaro, credenza talmente diffusa, che si faceva bruciare le Mandragore che la gente teneva in casa, sicuri che, in quel modo, non sarebbe mai diventata povera.
Anche se in seguito, un articolo del diritto di Bordeaux prescriveva pene severe, per chi usava la Mandragola con l’intento di procurarsi ricchezze.
Giovanna d’Arco portava la Mandragola nel corpetto, per avere “buona sorte, ricchezze e cose temporali”, coraggio e poteri particolari, e che le faceva udire le voci misteriose: tutte cose che la portarono al rogo.
Nel XVI secolo, era vietato ai carcerati il possesso di radice di Mandragola, perché si credeva che avesse il potere di aprire qualsiasi serratura, specialmente quelle di ferro vecchio, e soprattutto quelle di forzieri contenenti tesori .
Ciò ci riporta alla leggenda su citata del picchio, che usa la stessa radice per aprire il suo nido chiuso.
In Inghilterra, si credeva che la Mandragola avesse il potere di far vincere i processi e di far ottenere grandi vantaggi in carriera e nel gioco, mentre in Austria si pensava che, chi otteneva improvvisamente una grande fortuna, avesse una radice di Mandragola in tasca.
In Romania si racconta, che il possessore della Mandragola possa chiederle qualunque cosa ed arricchirsi rapidamente e, a tale proposito raccomanda:
“Una domenica, recati a cercarla nel campo, dalle da mangiare e da bere (del vino o del pane) e portala a casa tua, circondata da musicisti e da folla; se le rendi, in seguito, gli onori che merita, se le mostri un volto allegro, se non litighi e non bestemmi (stai attento a non dimenticare nessuno di questi consigli, perché essa ti ucciderebbe), potrai inviarla ovunque, chiederle qualunque cosa ed essa te la concederà. Ma stai attento: non far trascorrere una domenica senza condurre presso la pianta musicisti o uomini del villaggio per danzare; e non cessare di essere sempre allegro, specialmente in quel giorno”.
Inoltre:
∞ Se vuoi ottenere fortuna, cuci con le tue mani un sacchetto di stoffa blu e inserisci polvere di Mandragola, grano o farina, una piccola pietra di alta montagna, una margherita e un’oliva e, all’alba di un giovedì di dicembre, tenendolo stretto nelle mani, pronuncia le seguenti parole magiche: “Beliaz-Ivhaz-Avanhaz-Sira-Manuta-Ilka”. Poi indossalo appeso a un cordino blu, senza che sia mai toccato da alcuno tranne che te.
∞ Se vuoi ottenere ricchezza, recati a mezzanotte di ogni luna piena, nel luogo dove cresce la Mandragola, versale intorno in circolo del latte misto a vino tenuto in una brocca d’argento, poi inginocchiati davanti a lei, pregala di voler esaudire il desiderio ed infine sotterra vicino alla radice una moneta d’oro o d’argento, dicendo mentre ricopri con la terra: “Zibak-Izerav-Afraun”. Gli affari ed i guadagni prospereranno di molto se la moneta è d’argento, di moltissimo se d’oro, ma ricordati di ripetere il rito ogni mese, durante la luna piena, almeno per tredici mesi, altrimenti lo spirito della Mandragora si adirerà, causandoti miseria.
∞ Se vuoi vincere al gioco, scrivi il tuo nome su un biglietto di carta bianca con inchiostro magico blu, seguito dalla parola RHALAZ, poi arrotolalo intorno ad un pezzetto di radice di Mandragola e fissalo con un filo o una catena in oro, o con un nastro blu, e tienilo sempre in tasca, dalla parte del cuore.
∞ Se vuoi ottenere denaro extra, metti in una scatola di legno del denaro in banconote, denaro in monete, una moneta d’oro, una d’argento, un anello d’argento o oro bianco con zaffiro, grani d’incenso, semi di girasole, alcuni chicchi di grano, un po’ di farina, un po’ di zucchero, una bottiglietta d’olio, una pietra raccolta in un fiume, e della polvere o foglie o radice di Mandragola.
∞ Se vuoi protezione contro invidia, malie e sortilegi, cuci con le tue mani un sacchetto di stoffa rossa e inserisci un po’ di polvere di Mandragola, timo, ruta, incenso, sale, tre spine di rosa, un pezzetto di legno di olivo e un pezzetto di carbone. All’alba di un martedì di marzo, tenendo il sacchetto nelle mani, pronuncia le parole magiche: “Issax-Bezak-Makan-Ezeliah-Zanan-Ezeliah-Myrzah”, poi, indossalo legato a un cordino rosso, facendo in modo che non sia mai toccato da estranei.
∞ Se vuoi fare una strabiliante vincita al gioco, all’alba del giorno di San Giovanni, metti in un piccolo sacchetto di lino blu o bianco, della polvere di Mandragola mischiata a polvere d’oro e d’argento, chiudilo con nastro rosso e tienilo sempre con te.
PIANETA: Mercurio
ELEMENTO: Fuoco
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Capricorno
CHAKRA: 1, Mūlādhāra (C. della Radice)
Il Boccione maggiore (Urospermum dalechampii), chiamato anche Ingrassaporci, Lattugaccio, Grugno, Amarago, Weichhaariges Schwefelkörbchen, Smooth goldenfleece, Lechuguilla, Urosperme de Daléchamps, è una pianta un po’ pelosa, alta fino a 40 cm, con fiori gialli striati esternamente di rosso.
E’ originario dell’Europa e si trova in tutto il Mediterraneo, nei prati, ai bordi delle strade.
Il nome del genere deriva dal latino “uro” = ‘coda, becco’ e “spermum” = ‘seme’, per il prolungamento degli acheni.
Il nome specifico è stato dato in onore di Jacques Daléchamps, medico, botanico e naturalista francese.
Per i suoi principi attivi è da considerare una pianta commestibile ed officinale.
Di questa pianta si utilizzano le foglioline basali tenere, raccolte prima della fioritura, bollite e condite, da utilizzare come quelle degli spinaci, di norma insieme ad altre erbe, senza eccedere visto il suo sapore amarognolo, oppure nelle frittate.
Inoltre, i boccioli fiorali si possono conservare in salamoia come i capperi.
I frutti muniti di lungo becco con pappo di peli piumosi, al minimo soffio di vento si staccano e danzano nell’aria.
L’uso del Boccione maggiore nella medicina popolare è stato convalidato da studi scientifici, con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie ed analgesiche.
Anticamente, dalla pianta si ricavava un infuso, che si utilizzava come antinfiammatorio e digestivo.
Inoltre, sulla base della ‘Dottrina delle segnature’ (leggi articolo), il Boccione maggiore era ritenuta una pianta galattogena, grazie alla forma del bocciolo simile al capezzolo.
PIANETA: Venere
ELEMENTO: Terra
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Toro
CHAKRA: 2, Svadhisthana (C. Sacrale)
“Ciò che è in basso è come ciò che è in alto,
e ciò che è in alto è come ciò che è in basso”
-Copenhaver-
La ‘Dottrina delle Segnature’ (dal latino ‘firma’), chiamata anche ‘Teoria della Signatura’ o ‘Dottrina dei Segni’, è un’antica forma di conoscenza che studia l’aspetto, il segno, la forma con cui ogni elemento naturale di origine animale, minerale o vegetale si presenta, collegandolo per analogia a parti del corpo umano, per rivelarne la sua funzione terapeutica.
La Dottrina delle Segnature è ampiamente citata nella letteratura sulle piante medicinali, secondo la quale, alcuni attributi fisici delle piante servono come segni, per indicare il loro valore terapeutico.
Plinio il Vecchio, Dioscoride e altri primi studiosi classici alludono alla teoria, ma è stata sviluppata al meglio da Paracelso e dai suoi seguaci durante il Medioevo.
Nato Phillipus Auroleus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, Paracelso visse dal 1493 al 1541.
Occultista svizzero, guaritore, alchimista, astrologo, scrittore, filosofo, medico e padre della chimica moderna, Paracelso ha gettato le basi teoriche, per quella che in seguito sarebbe stata conosciuta come la Dottrina delle Segnature.
Egli ha attribuito l’idea che “simile cura simile” e ha osservato una relazione farmacologica tra l’anatomia umana e la forma, il colore e la consistenza di vari materiali vegetali.
“Noi uomini scopriamo tutto ciò che è nascosto
nelle montagne da segni e corrispondenze esterne,
e così troviamo anche tutte le proprietà delle erbe
e tutto ciò che è nelle pietre”
-Paracelso-
Jakob Böhme (mistico religioso tedesco) e gli erboristi inglesi Nicholas Culpeper e William Cole furono tra i suoi più forti sostenitori.
Jakob Böhme credeva che Dio fornisse aiuti visivi, per determinare il modo migliore per utilizzare ogni pianta, animale, roccia e altri fenomeni che apparivano in natura.
Nonostante la natura spirituale originale del suo libro ‘Signatura Rerum’ (La firma di tutte le cose), molti nella comunità medica presto adattarono e applicarono questa pubblicazione al loro lavoro quotidiano.
Nicholas Culpeper, botanico e farmacista rinascimentale inglese si rifece ad alcune delle teorie della Dottrina delle Segnature nei suoi scritti, come ‘Giudizio delle malattie’ e la sua opera classica ‘The English Physician’, pubblicata per la prima volta nel 1651.
Chiaramente, la teoria ha influenzato una generazione di osservatori vegetali, scienziati e guaritori, che condividevano l’obiettivo di ottenere l’accesso ai doni segreti, che le piante ospitavano per la guarigione.
William Cole, nel suo libro ‘The Art of Simpling’, che pubblicò nel 1656, scrisse: “Sebbene il peccato e satana abbiano fatto precipitare l’umanità in un oceano di infermità, tuttavia la misericordia di Dio, che è su tutte le sue opere fa crescere l’erba sui monti, e le erbe per l’uso degli uomini, e non solo ha impresso su di loro una forma distinta, ma ha anche dato loro firme particolari, per cui un uomo può leggere, anche in caratteri leggibili, il loro uso”.
A partire dalla metà del 1500, gli studiosi iniziarono a criticare la Teoria dei Segni, tra cui il medico ed erborista fiammingo Rembert Dodoens, il quale fu forse il primo a contestarne la validità.
Anche il naturalista inglese John Ray fu critico nei confronti della teoria, così come gli studiosi moderni, quasi universalmente d’accordo nello scartare la Dottrina delle Segnature, definendola assurda, fantasiosa, inverosimile, e pseudo-scientifico.
Tuttavia, i ricercatori continuano a fare riferimento a questa dottrina, come alla ragione per cui molte piante sono selezionate per uso medicinale.
Un’attenta valutazione della Dottrina delle Segnature mostra che essa non funzionava come un ‘indizio a priori’ del valore terapeutico, ma serviva come mnemonico, ed era particolarmente importante nelle culture pre-alfabetizzate in quanto, in un’epoca in cui la conoscenza delle piante medicinali veniva tramandata oralmente, si dimostrò un modo pratico per ricordare le proprietà di una pianta.
Questa pratica era in parte spirituale, poiché si credeva che Dio contrassegnasse le sue creazioni con una chiara indicazione o “firma” del suo scopo.
Si pensava, che gruppi di piante, che condividevano la stessa firma, avessero proprietà curative simili, o avessero un effetto curativo su parti simili del corpo.
Ma Paracelso, considerato il padre della chimica moderna, fece molto per rendere popolare la Dottrina delle Segnature e le sue applicazioni.
Infatti, credeva che le piante crescessero dove sono più necessarie; ad esempio le foglie di Lapazio/Romice (Rumex obtusifolius) venivano usate per curare le punture della pianta di ortica, e spesso si trovavano queste due piante a crescere vicine.
Gli aspetti della pianta che si pensava fornissero indicazioni al suo utilizzo includono:
♣ HABITAT: Il luogo in cui le piante vivono e crescono mostra molto sul loro rapporto con quella regione. Suggerisce anche il potenziale della pianta in una relazione di supporto con la forma umana.
La dottrina della posizione varia parecchio, in quanto non è necessariamente uno strumento visivo, ma invece, una vasta comprensione delle bioregioni e del terreno.
Il Regno vegetale è interamente connesso, comunicando tra sopra e sotto terra.
La personalità di ogni pianta è specifica delle condizioni di crescita di cui ha bisogno, per fotosintetizzare la luce solare e l’anidride carbonica nel nutrimento.
Ad esempio, la pianta di Aloe vera cresce in regioni aride e secche, come il deserto, immagazzina la sua acqua in queste condizioni povere.
L’interno della pianta di Aloe contiene il meraviglioso gel denso, idratante e rinfrescante, che si utilizza in molti prodotti erboristici, per la cura del corpo e persino alimentari.
L’Aloe vera, quindi, è spesso usata come pianta di primo soccorso per ustioni ed irritazioni cutanee, oltre ad essere utilizzata per aiutare con costipazione ed infiammazione dentro e intorno al corpo.
E’ una pianta meravigliosamente solidale e protettiva, non solo per se stessa, ma per l’ambiente e gli esseri umani che la circondano.
♣ COLORE (di fiori, frutti, radici o steli): E’ il metodo più semplice per osservare l’utilizzo della pianta che si potrebbe fare.
Per esempio, prendendo la Lavanda, con le sue morbide sfumature tra il viola e il blu, dovremmo chiederci a cosa ci fa pensare.
Il blu e il viola, come colori nello spettro cromatico visibile, hanno una frequenza più alta (vibrazione) ed una lunghezza d’onda più corta.
Ciò disegna una connessione tra i centri energetici del corpo umano e dove questa energia viaggia in noi.
Nei Chakra, blu, viola e magenta rappresentano i Chakra della Gola, del Terzo occhio e della Corona.
All’interno di queste variazioni di colore esiste la lavanda, che si protende verso l’alto e fuori dal corpo.
Questi centri energetici sono i luoghi in cui si tengono, si esercitano ed equilibrano comunicazione, ascolto, musica, visione, intuizione, canalizzazione, leggerezza, apertura e connessione con il divino.
Per analogia, la lavanda influisce sul sistema nervoso, lenisce il mal di testa, allevia la tensione trattenuta nei tessuti e può essere riparatrice.
Aiuta anche a portare chiarezza, purificando delicatamente e liberando l’energia bloccata in tutto il corpo, oltre che aiutare nell’area della comunicazione, offrendo articolazione di pensiero, discorso e ascolto perspicace.
Questa pianta è utilizzata in molti prodotti per la cura dei capelli, e ha un collegamento diretto all’attivazione del proprio Chakra della Corona.
♣ FORMA: Anche la forma ha la sua importanza, quindi bisognerebbe notare la direzione in cui le foglie crescono o, con un po’ di immaginazione, come le linee e le forme possono assomigliare a una parte del corpo, un animale o un corpo celeste.
Questi particolari possono indirizzarci verso l’energia della pianta e, inoltre, la sua possibile relazione con i sistemi corporei della forma umana.
Per esempio, il Pino bianco (Pinus strobus) che, con le sue radici profonde ed il tronco forte, possiede molta forza per resistere alle intemperie e al tempo.
Osservandolo, si può percepire il suo radicamento e, poiché gli alberi assomigliano alla forma umana in posizione eretta, e la forma dei rami e degli aghi del pino sono piuttosto intricate, imitano visivamente le camere del sistema respiratorio umano.
Pertanto, il pino è un forte supporto tonico polmonare con proprietà antibatteriche e antiossidanti ed apre le vie aeree, aiutando a liberare l’energia bloccata, portando calma e stabilità.
Altri esempi molto rinomati includono piante come la Polmonaria (Pulmonaria) le cui foglie maculate si credeva assomigliassero a un polmone malato, o le Noci, che erano considerate a forma di cervello umano e la radice di Ginseng, che era usata per aiutare la vitalità sessuale maschile, per la sua somiglianza con l’anatomia riproduttiva maschile.
L’Erboristeria moderna ha confermato alcune di queste osservazioni precedenti, ad esempio la Polmonaria è un’erba espettorante, usata per aiutare a eliminare il muco dai polmoni e le noci, con il loro contenuto di Omega 3, sono considerate benefiche per la salute del cervello.
♣ STRUTTURA: Spine, peli, resine e oli sono prodotti dalla maggior parte delle piante, come mezzo di protezione ed impollinazione.
Le loro variazioni di consistenza sono indicatrici della personalità di una pianta e della capacità di supporto alla salute.
Un esempio lampante è il Verbasco (Verbascus thapsus), le cui foglie sono morbide, simili al tessuto ciliato dell’apparato respiratorio.
Quindi, per coloro che necessitano di un aiuto a breve termine, per tosse o un’infezione polmonare, o di un supporto a lungo termine per l’asma, il Verbasco è una scelta affidabile e molto utilizzata in erboristeria.
Infatti, è stato usato tradizionalmente per molti anni, come tonico ed espettorante per i polmoni ed è preparato in una miriade di modi per ottenere benefici curativi.
♣ ODORE: Il profumo è probabilmente una delle ‘firme’ di questa Dottrina più piacevoli e dirette, per ricevere i benefici per la salute da una pianta.
Ciò comporta la pratica dell’aromaterapia, un’arte!
Alcune piante, in particolare le piante da fiore, contengono oli aromatici volatili, che sono interiorizzati attraverso i recettori nel naso ed hanno un effetto diretto sui nostri corpi, attraverso il bulbo olfattivo nel cervello.
Un ottimo esempio è la Menta piperita (Mentha piperita) che con il suo profumo pulito e rinfrescante, invita alla chiarezza ed alla calma tutto il corpo.
Sentendo l’odore della Menta piperita, viene dato un segnale al cervello, che risponde inviando messaggi a diverse aree del corpo, provocando una varietà di effetti sulla salute.
Non solo questa pianta aiuta a regolare le febbri, ma può anche aiutare a calmare un mal di stomaco e un sistema nervoso iperattivo, tutto grazie al suo profumo stimolante e rinfrescante.
La Dottrina delle Segnature, sviluppata da medici, alchimisti e botanici durante il Medioevo ed il Rinascimento, si basava sulla corrispondenza ermetico-filosofica tra Macrocosmo e Microcosmo, supponendo un rapporto di ‘simpatia’ inteso come affinità tra il Mondo e l’essere umano, per cui ad esempio un fagiolo aveva una ‘relazione occulta’ con i reni, a causa della loro somiglianza.
Questo studio veniva applicato soprattutto alle piante medicinali e si estendeva ai nessi, oltre a quelli sopradescritti, anche a: tempi di manifestazione, caratteri, esiti patologici, temi astrali e temperamenti umorali, che formavano un comune archetipo spirituale.
A questo proposito, il sopracitato Jacob Boehme credeva fermamente, che alcune stelle governassero le piante e, per questo motivo, alle persone poteva essere diagnosticata e curata una malattia, usando gli effetti dell’influenza astrologica delle piante stesse.
Boehme è stato uno dei tanti scrittori e mistici che hanno dimostrato la loro comprensione di questo concetto, inclusi Platone, Gerard, ed i succitati Culpeper e Paracelso.
Per comprendere meglio la connessione di una pianta con il Cosmo, all’interno della Dottrina delle Segnature, si potrebbe leggere un libro eccellente e completo: ‘The Language of Plantes: A Guide to the Doctrine of Signatures’ di Julia Graves.
Altre piante comprese nella Dottrina delle Segnature:
SANGUINARIA CANADESE (Sanguinaria canadensis): Il colore rosso sangue dei rizomi di questa pianta la rendeva l’erba preferita, da utilizzare per tutte le malattie del sangue. Al giorno d’oggi, è stato scoperto, che l’uso eccessivo di questa erba deprime il sistema nervoso centrale, che può portare alla morte.
ERBA FEBBRIFUGA (Eupatorium perfoliatum): Questa erba è stata usata per trattare la ‘febbre delle ossa rotte’. Nota anche come ‘febbre dengue’ (virus che si trasmette tramite puntura delle zanzare Aedes), era un tipo di influenza che causava forti dolori ossei e muscolari. Gli steli di questa pianta sembrano crescere direttamente attraverso le foglie della pianta, il che potrebbe essere indicativo del fatto, che essa potrebbe essere utilizzata per aiutare a fissare le ossa. Tuttavia, sono stati i dolori del corpo associati a forti febbri, che sono stati aiutati dall’uso di questa pianta. Gli erboristi moderni prescrivono cautela riguardo l’utilizzo di questa pianta, in quanto un sovradosaggio può causare nausea, vomito e probabilmente malattie del fegato.
ERBA MOSCATELLA O SALVIA VERBENA (Salvia sclarea): I semi, immersi in acqua, producono un rivestimento mucillaginoso. Questa pianta è stata utilizzata per il trattamento di tutte le malattie degli occhi ed i suoi semi servivano per schiarire la vista, in quanto con essi si creava un gel mucillaginoso, che aiutava a eliminare le ostruzioni dagli occhi. Oggi l’olio essenziale viene utilizzato per aiutare a migliorare la vista e contro il calo della vista legata all’età. Si immerge un panno in acqua tiepida con l’aggiunta di qualche goccia di olio di Erba moscatella, si strizza il liquido in eccesso, quindi si posiziona il panno sugli occhi per un massimo di dieci minuti, per dare sollievo agli occhi stanchi e affaticati.
EUFRASIA (Euphrasia officinalis): Poiché i fiori assomigliano a un occhio malato e iniettato di sangue, si pensava che questa pianta fosse un rimedio per alleviare tutti i problemi dell’occhio. Sebbene questa erba sia usata occasionalmente oggigiorno, l’uso eccessivo può causare confusione mentale, insieme a una varietà di problemi agli occhi come prurito, gonfiore e arrossamento.
NON TI SCORDAR DI ME (Myosotis scorpioides): I boccioli di questo fiore si sviluppano in uno schema a spirale, che sembra assomigliare alla coda di uno scorpione. Si credeva, quindi che questa pianta fosse un rimedio per i morsi di serpente e le punture di scorpione.
MIGLIASOLE (Lithospermum officinale): Si pensava che i semi, simili a piccole pietre, fossero in grado di sciogliere la renella, ovvero calcoli renali e vescicali. Questa erba può essere usata come tonico, per eliminare le tossine dal corpo e può aiutare a curare l’epatite e altri disturbi del fegato.
VIOLA DEL PENSIERO (Viola tricolor): Si credeva, che la parte superiore dei fiori assomigliasse ai lobi superiori del cuore, rendendola l’erba ideale per tutti i problemi legati a questo organo. Una volta veniva prescritta come tonico cardiaco generale e per aiutare ad alleviare il dolore emotivo di un cuore spezzato.
EPATICA O ERBA TRINITA’ (Hepatica nobilis): Le foglie ricordano vagamente la forma e il colore del fegato, quindi questa pianta veniva utilizzata per curare i disturbi di questo organo. Sebbene non sia spesso prescritta ai giorni nostri, l’Erba epatica è occasionalmente usata come tonico generale del fegato e digestivo.
CAPELVENERE (Adiantum capillus-veneris): Il nome latino di questa pianta significa i ‘capelli di Venere’, che potrebbero spiegare il motivo per cui si pensava che questa pianta fosse in grado di promuovere una sana crescita dei capelli. Oggi sono disponibili vari mix contenenti capelvenere, in quanto può aiutare a trattare i punti calvi causati dalla tigna.
RANUNCOLO FAVAGELLO (Ranunculus ficaria): Si pensava che le radici di questa pianta, con estremità globose assomigliassero alle varici emorroidarie, quindi, ancora oggi è utilizzato come uno degli ingredienti di una lozione, che può aiutare a ridurre le emorroidi dolorose.
PRUNELLA O BRUNELLA (Prunella vulgaris): La corolla del fiore ha la forma di un uncino, quindi secondo la dottrina, la Prunella era usata per curare le ferite risultanti da strumenti affilati. Gli erboristi moderni usano un’infusione esterna dell’erba, per aiutare a fermare l’emorragia e ridurre il gonfiore dovuto alle punture di insetti.
ARISTOLOCHIA SERPENTARIA (Aristolochia serpentaria): Ha molte radici lunghe e sottili, che danno origine al nome comune Serpentaria. La pianta un tempo era usata per curare i morsi di serpente ed i morsi di cani affetti da rabbia. Questa pianta è risultata velenosa, causando danni al sistema nervoso e persino la morte, a dosi più elevate.
CARDAMINA (Cardamine concatenata): Questa pianta ha rizomi color avorio, ricoperti da tante piccole escrescenze, che ricordano una mascella piena di denti. La pianta era usata per curare il mal di denti e altri problemi dentali.
CURCUMA (Curcuma longa): Secondo Nicholas Culpeper, il colore giallo di questa spezia serviva per aprire ostruzioni, era vantaggiosa contro l’ittero giallo ed il freddo cimurro del fegato e della milza. Oggi, i rizomi di Curcuma possono essere utilizzati internamente per l’ittero e le malattie del fegato e sono reputati adatti per abbassare i livelli di colesterolo.
“Ogni erba deve dire all’uomo
dalla sua forma o foglie, stelo o fiori,
di quale uso potrebbe essere per curare i suoi mali”.
-Helen Noyes Webster-
“Il simile produce il simile”
-Sir George James Frazer-
La maggior parte delle culture del Mondo crede, che i poteri soprannaturali possano essere costretti, o almeno influenzati, ad agire in certi modi per scopi buoni o cattivi, usando formule rituali.
Queste formule sono, in un certo senso, magiche.
Eseguendo certi atti magici in un modo particolare, i raccolti potrebbero essere migliorati, le mandrie di selvaggina ricostituite, le malattie curate o evitate, gli animali e le persone rese fertili, ecc.
Un modo, per ottenere qualcosa in maniera ultraterrena, è la Magia Simpatica.
Essenzialmente, il termine ‘simpatia” indica l’impulso e la capacità di entrare nello stato mentale di un’altra persona o creatura, che sia quello di un uomo o di un animale, e provare sia un’affinità che una compassione per la loro esistenza.
Quindi, la Magia Simpatica si basa sulla connessione di un’immagine, alla cosa o alla persona che rappresenta.
Nel 1189, l’antropologo inglese Sir James George Frazer ha delineato per primo i principi alla base della Magia Simpatica nel suo libro “The Golden Bough”, supponendo che essa si basasse su due principi fondamentali: Legge di Somiglianza e Legge di Contagio (o Contatto).
Il grafico esplicativo era il seguente:
La Legge di Somiglianza dice, che “il simile produce il simile e che l’effetto somiglia alla causa”.
Ci sono due modi in cui possiamo usare questa idea nella magia.
In primo luogo, se desideriamo effettuare un cambiamento, possiamo realizzarlo pre-producendolo attraverso un’azione simbolica come, per esempio, le danze della pioggia di alcune tribù indiane, o quelle eseguite dalle comunità di cacciatori, prima di una grande battuta di caccia.
Nei tempi odierni, potrebbe essere che una “strega” con un talento artistico, che desideri acquistare la casa dei suoi sogni, si metta a cantare o a meditare in uno stato di trance, dipingendo poi un’immagine della casa con se stessa in piedi sulla soglia sorridente.
L’altra regola della Legge di Somiglianza è che cose, che assomigliano ad altre cose, possono produrre effetti simili a quelle cose.
In sintesi, per esempio il fiordaliso, avendo i fiori blu, si riferisce gli occhi di quel colore, oppure la noce ha effetti sul cervello; in realtà concetti che si ritrovano anche nella “Dottrina delle Segnature”.
La Legge del Contagio, invece, afferma che le cose, che una volta erano in contatto, rimangono connesse dopo la separazione e che qualunque cosa influenzi l’una, può ancora influenzare l’altra, e qualunque energia fosse nell’originale rimane nella parte rimossa.
Mentre generalmente si crede che un oggetto, che una volta era in realtà una parte di un oggetto più grande, sia collegato più saldamente di uno che era solo periferico (diciamo un’unghia del piede contro una vecchia scarpa), qualsiasi oggetto, che è entrato in contatto con l’originale, può ancora essere utilizzato in questo modo.
Ci sono due modi principali in cui questi oggetti possono essere usati.
1) Come talismano protettivo, per esempio il dente o l’artiglio di un animale pericoloso.
2) In maniera simbolica: per esempio, un capo di abbigliamento viene immerso in un bagno caldo profumato con erbe curative, per aiutare a guarire il proprietario che è lontano.
Spesso quando si eseguono magie a distanza, vengono utilizzate sia la Legge di Somiglianza che la Legge di Contagio e può essere creato un oggetto, che assomigli a ciò che si vuole ottenere.
La Magia Simpatica è anche la base per l’uso delle bambole Voodoo nella tradizione popolare di Haiti.
Se qualcuno infila uno spillo nello stomaco della bambola, ci si aspetta che la persona che rappresenta, provi un dolore simultaneo allo stomaco.
Si può ferire o distruggere un nemico, ferendo o distruggendo una sua immagine, nella convinzione che, proprio ciò che succede all’immagine, accada all’uomo.
Gli Indiani peruviani modellavano immagini di grasso misto a grano, per imitare le persone che detestavano o temevano, e poi bruciavano l’effigie sulla strada in cui doveva passare la vittima designata.
Questo era chiamato “bruciare la sua anima”.
Una malìa malese dello stesso tipo è la seguente:
Prendi ritagli di unghie, capelli, sopracciglia, saliva e così via della tua vittima designata, abbastanza da rappresentare ogni parte della sua persona, e poi rendili a sua somiglianza con la cera di un favo d’api abbandonato.
Brucia lentamente la figura, tenendola sopra una lampada ogni notte per sette notti e dì:
“Non è la cera che sto bruciando,
è il fegato, il cuore e la milza del Tal dei tali che brucio”.