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Nella mitologia europea, Changeling, ovvero Cangiante, è una creatura simile ad un essere umano, ma in realtà è una fata lasciata al posto di un bambino o di un neonato, rubato da altre fate.
Quando menzioniamo la parola “fata“, pensiamo ad esseri gentili e benevoli, ma questo non è certamente il caso dei Cangianti, che venivano scambiati solitamente per uno di questi tre motivi:
1) perché le fate volevano che il bambino rapito fosse un loro servitore,
2) perché volevano ricevere l’amore di un bambino umano,
3) per malizia/vendetta.
La maggior parte delle volte, lo scambio veniva effettuato con una fata anziana, in modo che potesse vivere la sua vita nel comfort di un essere umano, o in modo che potesse morire.
Di solito venivano rapiti i bambini più belli, perché le fate desideravano ed ammiravano questa peculiarità.
Spesso un bambino poteva ammalarsi o assumere uno strano aspetto, oppure una persona poteva all’improvviso diventare incapace di muovere gli arti: “colpita dalle fate” si diceva, e la gente del posto iniziava a sospettare che sotto ci fosse il loro zampino.
Nel Medioevo, si pensava che i bambini con deformità, malattie o condizioni, che all’epoca erano inspiegabili, fossero stati sostituiti da Cangianti, motivo per cui molti di loro erano abbandonati o addirittura uccisi.
Ma c’erano quelli che sospettavano, che il loro bambino fosse stato scambiato con un Mutaforma e, quindi, sentivano di doversene prendere cura ugualmente ed amarlo, per paura che le fate facessero del male al loro vero bambino o, peggio, non lo riportassero mai indietro.
Alcuni credono che l’origine del mito del Cangiante derivi da un angolo molto oscuro della mente, che si azionava quando sussisteva un problema che non si riusciva a comprendere o risolvere, a causa della mancanza di comprensione di determinate disabilità e condizioni, come l’autismo o la malattia fisica.
Per esempio, se una famiglia non si sentiva in grado di prendersi cura di un bambino, in particolare uno che riteneva non sarebbe stato utile per loro in futuro, in quanto malato o deforme, era più facile per loro “perdere” il bambino, credendo che fosse stato rapito dalle fate, piuttosto che ammettere di aver lasciato morire il proprio figlio.
Infatti nell’epoca medioevale, l’infanticidio era un aspetto orribile ma molto reale della vita rurale, ed il fatto che esistano innumerevoli racconti sui Cangianti, indica che i genitori di questi sfortunati bambini li vedessero come una minaccia per la sopravvivenza delle loro famiglie, e quindi li facevano morire, considerando che fosse l’unico modo per salvare tutti gli altri.
Una storia del genere si può trovare in un episodio della prima stagione di “Outlander”, una serie Tv ambientata in Scozia.
Nelle leggende irlandesi e scozzesi, un bambino fatato appariva malaticcio e non cresceva di dimensioni come un bambino normale, e poteva anche avere caratteristiche fisiche notevoli, come barba o denti lunghi.
Era descritto con un’intelligenza superiore ai suoi anni apparenti, oltre a possedere una pungente intuizione.
Inoltre un Cangiante poteva mostrare un comportamento insolito quando pensava di essere solo, come saltare, ballare o suonare uno strumento.
Ma alcune storie raccontano addirittura che il Cangiante doveva essere torturato per rivelarsi, il che portò a molti casi reali di abusi sui minori.
Solo in rare occasioni i genitori furono ritenuti responsabili di questi abusi.
Uno di questi casi ebbe luogo nel 1690 a Gotland, in Svezia, dove una coppia fu processata dopo aver lasciato il proprio bambino di 10 anni su un mucchio di letame, durante la notte della vigilia di Natale.
Il bambino era malato e non cresceva correttamente e la coppia, credendo che fosse un Cangiante sperava che, lasciandolo in un posto simile gli elfi, che presumibilmente avevano rubato il loro bambino originale, li avrebbero scambiati di nuovo.
Invece, il bambino morì per esposizione al gelo.
In alcune storie, come il racconto islandese “The Changeling Who Stretched“, che racconta di un ragazzo che crebbe rapidamente fino a diventare adulto, i Cangianti non erano affatto bambini fatati, ma piuttosto fate adulte che assumevano la forma di un bambino, per poter convincere i genitori che il loro bambino fosse un Cangiante, e quindi a temerlo.
Nel 1826, ci fu un caso inquietante di un’anziana donna irlandese di nome Ann Roche, la quale si stava prendendo cura del nipote di quattro anni, Michael Leahy, che non era in grado di camminare o dormire ma, all’improvviso, lo annegò in un fiume, presumibilmente credendo che l bambino fosse “incantato dalle fate“.
Al processo per il suo omicidio, la donna disse di aver annegato il bambino “per mettere fuori gioco la fata“, credendo che lo avrebbe curato e…fu dichiarata NON COLPEVOLE.
Nel folklore scozzese, i bambini rapiti potevano sostituire i Cangianti nel tributo dovuto dalle fate al diavolo ogni sette anni, come narrato nella ballata Tam Lin e in quella di Thomas the Rhymer.
Secondo altri miti scozzesi, un bambino nato con un “caul” ovvero con una parte della membrana amniotica sul viso, era un Cangiante di nascita fatata e presto sarebbe morto.
Altre storie affermano, che il latte umano era necessario per la sopravvivenza dei bambini fatati, quindi o il bambino umano appena nato veniva scambiato con un bambino fatato per essere allattato dalla madre umana, oppure la madre umana veniva portata nel mondo delle fate, per allattare i piccoli fatati.
Ma, si racconta, che anche le ostetriche umane fossero necessarie per mettere al mondo i bambini delle fate.
Si narra, inoltre di Cangianti che dimenticavano di non essere umani e continuavano a vivere una vita umana, oppure che non dimenticavano, tuttavia, tornavano alla loro famiglia fatata, abbandonando quella umana senza preavviso.
Nel Medioevo, in Scandinavia si diceva che la bellezza nei bambini umani e nelle giovani donne, in particolare i tratti che evocano luminosità o riflessi, come i capelli biondi e gli occhi azzurri o argentati, attirassero le fate, poiché forse trovano preziosità in questi tratti.
In Cornovaglia, ci sono alcune pietre chiamate Mên-an-Tol, le quali hanno un guardiano fatato o un folletto, che può praticare cure miracolose.
Si racconta che un bambino Cangiante sia stato fatto passare attraverso una di quelle pietre, affinché restituisse alla madre il suo vero figlio, che i folletti malvagi avevano scambiato, in quanto solo le pietre erano in grado di invertire il loro incantesimo.
In Germania, i Cangianti si chiamavano Wechselbalg, Wechselkind, Kielkopf o Dickkopf (in riferimento agli enormi colli e teste di questi Mutaforma).
Qui esistevano diversi metodi per identificare un Cangiante e quindi farsi restituire il bambino reale:
∇confondere il Cangiante cuocendo o preparando la birra nei gusci d’uovo.
Questo costringeva il Mutaforma a parlare, rivendicando la sua vera età, rivelando la sua provenienza;
∇tentare di bruciare il Cangiante nel forno, cercando di fargli dire la verità;
∇colpirlo o frustarlo.
Una volta scoperta la sua reale natura fatata, l’essere doveva essere nutrito con il latte di una donna, prima di sostituire i bambini.
Nel folklore tedesco, inoltre, si parla anche di diversi possibili genitori, noti per i cangianti:
∇ il diavolo, credenza condivisa da Martin Lutero che, per questo motivo, sosteneva l’uccisione dei Cangianti;
∇ una nana femmina;
∇ uno Spirito dell’acqua;
∇una Roggenmuhme o Roggenmutter (donna demoniaca che vive nei campi di grano e ruba bambini umani).
In Polonia c’era il Mamuna o Boginki, uno spirito che scambiava i bambini nella culla.
Questi Cangianti avevano un addome anormalmente grande, una testa insolitamente piccola o grande, una gobba, braccia e gambe sottili, un corpo peloso e lunghi artigli.
Inoltre, i Cangianti Mamuna mettevano la loro prima serie di denti prematuramente rispetto a un bambino umano.
Le madri, per proteggere il proprio figlio dal rapimento della Mamuna, legavano un nastro rosso attorno al polso del bambino, gli metteva un cappello rosso in testa e lo teneva lontano dalla luce della luna.
Altri metodi preventivi includevano il non lavare i pannolini dopo il tramonto, e il non voltare mai la testa dal bambino mentre dormiva.
Tuttavia, se un bambino veniva rapito dalla Mamuna, si poteva costringerla a restituirlo, portando il Cangiante in un letamaio, frustandolo con un bastoncino di Betulla e versandogli sopra dell’acqua da un guscio d’uovo, il tutto gridando:
“Prendi il tuo; restituiscimi il mio“.
In genere, il Mamuna si dispiaceva per il proprio figlio e lo restituiva alla madre.
In Galles, il bambino Cangiante inizialmente assomigliava a quello umano sostituito, ma gradualmente diventava più brutto nell’aspetto e nel comportamento: malformato, con un cattivo carattere, che urlava e mordeva.
Poteva anche essere meno intelligente del solito, oppure essere ugualmente identificabile per via della sua saggezza ed astuzia tipica di un adulto.
Il modo più comune impiegato per identificare un Cangiante era cucinare un pasto in un guscio d’uovo, cosa che avrebbe fatto esclamare al bambino: “Ho visto la ghianda prima della quercia, ma non ho mai visto qualcosa di simile” e poi sarebbe svanito, per essere sostituito dal bambino umano originale.
In alternativa, o in seguito a questa identificazione, sarebbe stato necessario maltrattare il Cangiante mettendolo in un forno caldo, tenendolo in una pala sopra un fuoco caldo, o bagnandolo in una soluzione di Digitale.
In Irlanda, guardare un bambino con invidia, ovvero “guardare oltre il bambino“, era pericoloso, poiché metteva in pericolo il piccolo, che allora era in potere delle fate.
Così come era pericoloso anche ammirare o invidiare una donna (soprattutto neo sposa o neo mamma) o un uomo, naturalmente belli, a meno che la persona non aggiungesse una benedizione.
Varie leggende descrivono modi per sventare un’aspirante fata rapitrice, per esempio gridando: “Gairim agus coisricim thú” (Ti benedico) o “Dio ti benedica“, che avrebbe indotto la fata ad abbandonare il bambino che stava cercando di rubare.
Un’altra possibile tattica era quella di inserirsi in una discussione su chi avrebbe tenuto il bambino, urlando alla fata: “a me“, cosa che l’avrebbe indotta a restituire il bambino umano.
I Cangianti, in alcuni casi, non erano considerati bambini fatati sostituti, ma piuttosto vecchie fate portate nel mondo umano per morire.
Il nome Siofra, dato oggi alle ragazze irlandesi, significa “bambino elfico o cangiante”, e deriva da Síobhra che significa fata .
La credenza nei Cangianti resistette in alcune parti dell’Irlanda fino al 1895, quando Bridget Cleary fu uccisa dal marito che la credeva una Cangiante, per costringere le fate a restituire la sua “vera” moglie.
In generale, esistevano dei modi per tenere lontane le fate dalle culle dei neonati, come un cappotto rovesciato o forbici di ferro aperte, lasciate dove dormiva il bambino, che si pensava le allontanasse; altre misure includevano una costante sorveglianza sul piccolo.
Ma quando veniva rapito un adulto al posto di un bambino, al posto dell’umano rubato veniva lasciato un oggetto, come un tronco incantato con le sembianze della persona rapita.
Quest’oggetto al posto dell’umano poteva ammalarsi e morire, essere sepolto dalla famiglia umana, mentre l’umano vivente continuava a vivere tra le fate.
Vi lascio con una bella leggenda sui Mutaforma, raccontata dai Fratelli Grimm.
Nel 1580, in un campo vicino a Breslavia, in Germania, c’era un nobile che, ogni estate, richiedeva ai suoi sudditi di raccogliere il suo grande raccolto di fieno.
Nessuno era esentato da questo lavoro manuale, nemmeno una neomamma, che aveva partorito il suo primo figlio appena una settimana prima.
Non potendo fare altrimenti, la giovane madre portò con sé il neonato nel campo del nobile e si mise al lavoro, deponendo il bambino in un piccolo fazzoletto d’erba.
Quando più tardi tornò ad allattare il bambino, questi iniziò a ululare in modo disumano e le morse il seno con tanta forza e avidità, che la donna gridò di dolore.
Il piccolo non assomigliava per niente al bambino che conosceva, ma la mamma tornò a casa e lo tenne con sé per diversi giorni, tollerando nel frattempo il suo comportamento disgustoso, finché non riuscì più a sopportarlo.
Si rivolse al nobile per chiedere aiuto, e lui le disse: “Donna, se pensi che questo non sia tuo figlio, allora fai questa cosa. Portalo nel prato dove hai lasciato il tuo bambino precedente e battilo forte con un bastoncino di Betulla. Allora sarai testimone di un miracolo”.
La donna fece come le era stato detto e picchiò il bambino con un bastoncino, finché non iniziò ad urlare.
Fu allora che le apparve il Diavolo, tenendo in braccio il suo bambino rubato, e le disse: “Ecco, ce l’hai!”
E portò via il suo demoniaco figlio.
Fate attenzione…
Drimia è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Asparagacee, spesso confuso col genere Scilla o con l’Asfodelo.
Questo genere comprende un centinaio di specie, di cui una molto conosciuta è la Drimia maritima (o Urginea maritima, o Charybdis pancration), chiamata comunemente anche Cipolla di mare, Scilla marittima, Squilla, Carpentaria, Sea squill, Meerzwiebel, Crusader Spear, Scille maritime, Escilla blanca.
‘Drimia’ deriva dal greco e significa “aspro, amaro”, in riferimento al sapore del suo bulbo.
‘Scilla’, dal greco ‘sculleum’, significa ‘straziare, tormentare’, alludendo alle proprietà venefiche del bulbo.
‘Urginea’, per il territorio della tribù araba dei Beni Urgin, presso Bonav in Algeria, dove la pianta cresce spontanea.
‘Charybdis’ è il nome greco di Cariddi, uno dei mitici mostri a difesa dello stretto di Messina; mentre ‘pancration’ deriva sempre dal greco e significa “supero tutto, vinco tutto”, probabilmente per la capacità della pianta di resistere alle condizioni estreme dell’habitat.
Pianta caratteristica del bacino del Mediterraneo, cresce spontanea soprattutto nelle vicinanze delle coste occidentali della penisola italiana, su spiagge, garighe, in suoli sassosi e rocciosi.
E’ presente in quasi tutte le regioni dell’Italia centrale e meridionale, in Sardegna, tranne che in Toscana, nelle Marche e in Molise.
La Drimia marittima è caratterizzata da un grosso bulbo, che può superare i 3-4 kg di peso, da foglie strette e lineari, e dallo scapo fiorale alto fino a 1 m, con fiori bianchi o rosa in grappolo.
I fiori sono disposti stretti tutto lungo il grappolo e sono molto profumati.
Il bulbo può raggiungere anche i 30 cm di diametro, ha odore neutro, ed il suo sapore è acre ed amaro.
Il frutto è costituito da una capsula derivata dall’ingrossamento dell’ovario che, col vento, si apre a maturità liberando, i numerosi semi alati.
Infatti, i semi sono dotati di un’ampia ala di colore nero lucido, di forma vagamente ellittica che, se liberati dalla sottile membrana che li ricopre, si presentano fusiformi e color crema.
E’ una pianta ingegnosa in quanto, poiché da un grande bulbo, ha a disposizione una riserva di nutrienti ed acqua.
All’inizio della primavera produce foglie, che fungono come pannelli solari, assorbendo l’energia luminosa, la quale provoca una reazione chimica, nota come fotosintesi.
Ciò determina una reazione chimica, che combina acqua e anidride carbonica insieme ai minerali assorbiti dal suolo attraverso le radici, per produrre materia organica.
All’inizio dell’estate, quando il terreno è completamente secco, le foglie avvizziscono e muoiono, ma la pianta sopravvive a questo periodo difficile con il suo bulbo sotterraneo.
A fine estate, così parte della pianta utilizzerà parte del cibo immagazzinato nel bulbo, per avere la forza di produrre fiori e semi.
Nota dall’antichità con il nome Scilla, con tale nome viene tuttora frequentemente richiesta, soprattutto in erboristeria.
La Drimia marittima è una droga molto antica, conosciuta dagli Egiziani, dai Greci e dagli Arabi.
In Egitto, anticamente questa pianta era consacrata al Dio Tifone.
Le mummie delle donne egiziane avevano spesso la Drimia marittima in una mano, probabilmente come emblema della generazione.
Gli Egiziani piantavano la Scilla nei boschetti e l’appendevano nelle loro case per preservarle dagli spiriti maligni.
In Arcadia, alla festa del Dio Pan, la statua della divinità era decorata con Drimie.
Dioscoride, Plinio e Galeno conoscevano i suoi effetti cardiotonici e diuretici.
La Drimia era conosciuta fin dai tempi di Ippocrate, Galeno, Teofrasto e Plinio, per le sue proprietà medicinali diuretiche.
Nel XVIII secolo, era famosa per le sue proprietà cardiotoniche simili a quelle della Digitale, dalla quale fu poi soppiantata un secolo dopo.
La Drimia era utilizzata anche per il trattamento della tosse e dell’artrite, come diuretico ed emetico.
La pianta veniva consumata sotto forma di tisana per la cura di bronchiti, asma bronchiale, tosse, idropisia ed insufficienza cardiaca congestizia.
Oppure, si applicava esternamente al cuoio capelluto contro la forfora grassa e la seborrea.
ATTENZIONE: PIANTA CONTENENTE ALCALOIDI MOLTO TOSSICI, MORTALI.
Durante la prima Guerra mondiale, questa pianta ha contribuito ad incrementare la mortalità tra i prigionieri austro-ungarici giunti sull’Isola dell’Asinara.
Essi, per la penuria di cibo, utilizzavano i bulbi, sia crudi che cotti, con conseguenze dannosissime per la loro salute, peraltro già precaria.
Nella medicina popolare i bulbi sono utilizzati anche per le loro proprietà repellenti e come veleno per topi i quali, attirati dall’odore aromatico, affondano i denti e rapidamente giungono alla morte.
In particolare, la varietà a bulbo rosso contiene lo “scilliroside”, appunto un potente topicida.
Anticamente, le puerpere mettevano un bulbo di Scilla sotto il letto, per evitare di perdere il latte.
Inoltre, nel Medioevo europeo esisteva il “Giudizio di Dio”, richiesto in vertenze giuridiche che non si potevano, o non si volevano, regolare con mezzi umani ed ufficialmente riconosciuto dalle varie legislazioni medievali.
Esso consisteva in determinate prove, il cui esito si concepiva come diretta manifestazione della “volontà divina” e prendeva il nome di Ordalia.
Uno di questi metodi, praticato fino alla prima metà del ‘900, consisteva nel bagnare gli occhi dell’imputato con acqua in cui era stata mescolata la Drimia: in caso di colpevolezza o di spergiuro, gli avrebbe procurato la cecità.
Israele ha dedicato un francobollo alla Drimia marittima.
Questa pianta, considerata magica, è stata usata in magia fin dai tempi classici, durante i quali veniva coltivata negli orti, a protezione dal malocchio.
Se vuoi proteggere la tua casa, appendi una Scilla di mare sopra la finestra.
Se vuoi aumentare il tuo denaro, metti un bulbo di Drimia marittima in un barattolo, o in una scatola, ed aggiungi monete d’argento.
Ma, per tale scopo, nel Voodoo sembra che siano più efficaci catenine ed oggettini in argento.
Invece, se ritieni di essere stato maledetto, porta con te una Scilla e spezzerà l’incantesimo.
La Drimia marittima è “una pianta per la purificazione” e dovrebbe essere utilizzata l’ultimo giorno del mese lunare.
Questo uso viene spiegato da Teofrasto, il quale dice che questa era una pianta, che combatteva naturalmente la decomposizione e aveva il potere di mantenere tutto puro dall’attacco dei parassiti.
“ Skilla è tenace della vita (…). È anche in grado di conservare altre cose che sono immagazzinate, per esempio il melograno, se il picciolo del frutto è incastonato in esso” ( Hist. Pl . 7.13.4)
Questa pianta veniva usata anche nei rituali per rimuovere l’impotenza maschile, o l’impurità che la causava; ma era anche in quelli per curare la pazzia, che doveva essere espulsa dal corpo anche attraverso la purificazione.
Inoltre, la Drimia serviva a picchiare sui genitali un ‘pharmakos’, ovvero una persona (a volte capro espiatorio), che si era macchiato di un atto sessuale, e poi veniva cacciato dalla città, insieme ai suoi misfatti.
Nel linguaggio dei fiori, la Drimia marittima significa: Forte moderazione, autocontrollo, ed è il simbolo di persone di bell’aspetto che nascondono, al loro interno, un nucleo velenoso e pericoloso per chi le circonda, in grado di covare risentimento a lungo e di ferire al momento più opportuno.
PIANETA: Luna
ELEMENTO: Aria
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Bilancia
CHAKRA: 5, Vishuddha (C. della Gola)
L’Unguento volante, Flying ointment, è un unguento allucinogeno, che le Streghe europee utilizzavano nelle loro pratiche, fin dall’inizio del periodo della prima Età moderna, quando iniziarono ad essere registrate per la prima volta, ricette dettagliate per tali preparazioni.
Una delle idee più persistenti sulle Streghe era che volassero su manici di scopa, forconi o dorso di animali, mentre si recavano agli incontri di mezzanotte in terre lontane con il diavolo, i demoni e altre streghe, in eventi noti come il “Sabbath delle Streghe“.
In questi Sabbath, si diceva che si svolgessero tutti i tipi di attività offensive, perverse e disumane.
Nel 1458 Abraham l’Ebreo, un uomo misterioso, pubblicò il resoconto di un’esperienza interessante.
Egli incontrò una Strega a Linz, in Austria, che gli diede un unguento, dicendogli di metterlo su più punti del polso, come faceva lei.
Abraham ebbe la sensazione di volare in aria, verso un luogo che voleva visitare.
Quando si svegliò, la Strega gli raccontò una storia diversa dei suoi viaggi, che lo ispirò a indagare ulteriormente.
Allora chiese alla Strega di usare l’unguento, per poter vedere cosa succedeva.
Così la osservò cadere a terra e rimanere immobilizzata per ore e, al suo risveglio, gli narrò altre avventure.
A quel punto, Abraham concluse che le allucinazioni erano indotte dall’Unguento volante.
In vari tomi si trovano ricette dell’Unguento volante delle Streghe, tra cui il grasso dei bambini, che viene mescolato con molti ingredienti diversi, come erbe note per avere effetti allucinogeni e paralizzanti, o addirittura mortali (Belladonna, Digitale, Aconito, ecc.).
L’uso dei bambini piccoli, e più specificamente dei bambini non battezzati, si basava sulla convinzione, che prima del battesimo l’anima del bambino fosse nel limbo e non ancora protetta dalla Chiesa.
Quindi, nell’immaginario popolare, le ostetriche assunsero un ruolo significativo nell’ottenere bambini per questo scopo.
Comunque, fondamentalmente l’Unguento volante era un preparato contenente una miscela di erbe grasse e psicotrope, che presumibilmente dava alle Streghe l’abilità di saltare sulle scope e volare via alle loro celebrazioni del Sabbath.
In realtà, gli Unguenti volanti non risalgono al Medioevo, periodo in cui si può datare la maggior parte dei resoconti scritti e delle ricette, ma probabilmente a periodi precristiani.
Oltre al fatto, che sono stati ritrovati resti di varie droghe psicoattive, risalenti addirittura al periodo neolitico.
Quindi, le Streghe europee medievali non erano certo le uniche a sfruttare le erbe allucinogene durante i rituali.
Tornando alle ricette, gli Unguenti volanti erano fatti di erbe allucinogene e spesso tossiche come Belladonna, Aconito, Mandragora, Cicuta, Stramonio, Papavero da oppio e Giusquiamo.
Queste piante venivano infuse in una base di olio, filtrate o aggiunte allo strutto.
Le Streghe quindi applicavano questi unguenti sui loro corpi, per un’esperienza allucinogena “volante”, per volare ai Sabbath, lanciare incantesimi, cambiare forma e per piacere sessuale.
Le erbe utilizzate contengono costituenti chimici psicoattivi tra cui aconitina, atropina, iosciamina e scopolamina, chiamati “enteogeni”, ovvero sostanze psicoattive, caratterizzate da un marcato effetto psichedelico o allucinogeno, che favoriscono esperienze mistiche e spirituali.
Queste sostanze si trovano non solo nelle piante, ma anche negli animali, nei funghi e nelle sostanze chimiche, come:
Piante enteogeniche, funghi e sostanze chimiche includono: DMT (triptammina psichedelica, presente in molte piante e nel fluido cerebrospinale degli esseri umani), Amanita muscaria, Ayahuasca, Cannabis, Giusquiamo, Iboga, Stramonio, Psilocina (triptammina psichedelica presente in alcuni funghi allucinogeni del genere Psilocybe, Panaeolus, Inocybe, e Stropharia) e molte altre piante tossiche.
Solitamente, gli enteogeni sono usati nell’ambito dello sviluppo spirituale, in quanto alterano ed espandono i limiti della coscienza e della percezione, spesso con effetti allucinogeni.
Essi sono stati usati a questo scopo dagli indigeni per migliaia di anni, come nel caso dell’Ayahuasca, un infuso botanico fatto con diverse piante enteogeniche ed utilizzato dagli indigeni dell’Amazzonia.
L’uso degli enteogeni per l’esplorazione spirituale è diventato più diffuso dagli anni ’50 con l’uso di LSD, funghi psicoattivi ed altre sostanze allucinogene.
Naturalmente, ci sono restrizioni legali quando si tratta di enteogeni come le piante usate nell’Ayahuasca, alcuni funghi e, droghe come l’LSD e l’ecstasy.
Tuttavia, altre piante sono legali da coltivare, possedere ed utilizzare come Belladonna, Stramonio, Giusquiamo, Mandragora, Digitale, Artemisia, Elleboro nero.
L’unguento volante può essere usato nelle pratiche di stregoneria per viaggi astrali, sogni lucidi, comunicazione spirituale, divinazione; come afrodisiaci e per la magia sessuale.
Viene utilizzato anche in medicina, per trattare il dolore cronico e l’infiammazione, per il miglioramento dell’umore e problemi di sonno.
Nella sua funzione di allucinogeno, l’Unguento volante si usa come una pomata o olio, da strofinare sul corpo, per essere assorbito dalla pelle.
Esistono anche Unguenti volanti non tossici, miscele che generalmente includono una selezione di erbe associate alla proiezione astrale, combinate con un buon olio innocuo come di vinaccioli o jojoba.
Sebbene possano aiutare nella proiezione astrale, non sono veri Unguenti volanti nel senso storico della frase.
Le Streghe di oggi usano una versione moderna dell’Unguento volante nella loro pratica, anche se sarebbe il caso di avere buone conoscenze medicinali e/o erboristiche, per farlo in sicurezza.
Spero solo che almeno evitino di utilizzare erbe allucinogene nella loro pratica, in quanto si tratta per lo più di piante velenose, quindi potenzialmente mortali.
“L’ho reso circa mille volte più forte di quanto avrei dovuto, perché per estrarlo usavo alcol denaturato al posto dell’acquavite di vino, come facevano ai vecchi tempi, e invece del lardo usavo unguento idrofilo. Di conseguenza, ho aumentato la potenza dal duecento al trecento percento e ne ho avuto abbastanza sotto le unghie, semplicemente mescolandolo per uccidermi. Sarei morta se non fosse stato per un mio amico medico e mago, che ho chiamato subito. Ho imparato una lezione molto pesante. “
Testimonianza di un’esperta erborista Wicca
-tratto da “Drawing Down the Moon”, di Margot Adler-
LE ERBE DI SAN GIOVANNI
Le cimette io cogliea della mortella
spigo, timo, cedrina e vigorosa
menta, con rosmarino e nipitella
foglie di noce e qualche ultima rosa.
E tutta, entro una conca, l’odorosa
boccetta esposta alla Diana stella
con limpid’acqua, v’infondea gelosa
le spiche d’aglio e il pan, la nostra ancella.
Io ne ridea e le movea domanda:
perchè dell’aglio col maligno odore
offender l’aromatica lavanda?
Ella, facendo il segno della croce:
l’aglio di San Giovanni ha gran valore,
nè della strega or più l’occhio gli nuoce.
–Maria Alinda Bonacci Brunamonti –
La vigilia di San Giovanni, che inizia al tramonto del 23 giugno, è la vigilia della festa che precede la festa di San Giovanni Battista.
Il Vangelo di Luca afferma, che Giovanni nacque sei mesi prima di Gesù, quindi la festa di Giovanni Battista fu fissata il 24 giugno, sei mesi prima di Natale, secondo l’antico calcolo romano.
Questo giorno di festa è uno dei pochissimi giorni di santi, che commemora l’anniversario della nascita, piuttosto che della morte, del santo che viene onorato.
La festa di San Giovanni coincide strettamente con il Solstizio di giugno, chiamato anche ”Mezza Estate” nell’emisfero settentrionale.
Nonostante la festività cristiana sia fissata al 24 giugno, nella maggior parte dei paesi le festività si svolgono principalmente la sera prima, alla vigilia di San Giovanni, festa celebrata in molti luoghi, o addirittura fin dal 21 del mese corrente.
Naturalmente, i giorni che circondano il Solstizio d’Estate abbondano di leggende, divinazioni e rituali che coinvolgono acqua, piante e fuoco.
In quasi tutte le zone rurali d’Europa, la notte tra il 23 e il 24 giugno, giorno della natività di San Giovanni Battista, è scandita da feste e falò, ruote infuocate che rotolano giù per le montagne, purificazione rituale del bestiame con fumo, incendio di erbe aromatiche per allontanare il malocchio e guarire.
In Italia, al centro di questo inebriante mix di simbolismo e rituale, troviamo rituali magici, streghe, fate, spiriti della natura, santi cristiani, rimedi erboristici, raccolta delle noci per preparare il Nocino, il famoso “Liquore delle Streghe”.
Durante San Giovanni, il velo tra il mondo degli spiriti e il nostro si assottiglia, quindi dobbiamo proteggerci dagli spiriti maligni, dalla stregoneria e dal malocchio.
Vediamo come possiamo farlo.
In seguito all’avvento del Cristianesimo, la Chiesa dichiarò il 24 giugno, il giorno di San Giovanni in onore di San Giovanni Battista, incorporando le antiche tradizioni popolari di mezza estate nella nuova celebrazione religiosa.
Ma come spesso accadeva, le persone non erano preparate ad abbandonare le loro gioiose vecchie pratiche pagane.
Credevano che il velo tra i vivi e i morti fosse particolarmente evanescente in certe notti dell’anno, e non passò molto tempo prima che la vigilia di San Giovanni diventasse uno di quei giorni in cui i morti camminavano sulla Terra e le fate dispettose fossero più potenti.
Così la vigilia di San Giovanni si trasformò in una notte di magia, mistero e stregoneria in cui si credeva, tra le altre cose, che le erbe possedessero poteri curativi particolarmente forti.
Non è un caso, se in questo periodo dell’anno vengono raccolte molte piante aromatiche, appena fiorite, con aromi più intensi.
Le erbe specifiche variano in base al luogo in cui si vive, ma devono essere sette, anche se alcuni parlano di 9, ma io credo nel numero 7.
Il numero 7 è una costante in tutti rituali di San Giovanni: saltare 7 volte sul fuoco, bere da 7 fontane, saltare su 7 onde e raccogliere 7 erbe.
Molte delle erbe hanno proprietà medicinali, quindi sono raccolte sia per questo, che per il loro potere contro il male.
È tradizione che le donne raccolgano varie piante alla vigilia del 24 giugno, di cui la più famosa è “l’Erba di San Giovanni (Iperico)”, che si crede sia imbevuta del potere del sole, oltre ad essere magica e medicinale.
Fin dal Medioevo, era appesa su porte e finestre, per respingere le streghe e gli spiriti maligni.
Le sue proprietà curative sono ben note ed era utilizzata dai Cavalieri Ospitalieri, un ordine militare cattolico medievale che ha preceduto il Sovrano Militare Ordine di Malta.
Con le 7 erbe raccolte, si prepara la famosa “Acqua di San Giovanni”, chiamata anche “Guazza di San Giovanni”, ma intanto vediamo quali piante potreste raccogliere; a voi la scelta a seconda delle vostre esigenze.
–Finocchio selvatico: lavora contro il malocchio
–Felce maschio (Dryopteris filix-mas): secondo la leggenda fiorisce solo nella notte di San Giovanni, rimane visibile solo un attimo e può essere raccolto solo dopo aver combattuto con il diavolo
–Felce femmina (Pteris aquilina): invisibilità
–Ginestra ghiandolosa (Adenocarpus) : da questa pianta si ricavavano le scope per spazzare via gli spiriti dalla casa
–Erba di San Giovanni (Iperico): agisce contro il diavolo ed è molto popolare nella medicina tradizionale
–Malva comune: con proprietà antinfiammatorie, lenitive, emollienti, protettive delle mucose
–Rosmarino: usato per protezione
–Erba Luigia o Cedrina (Aloysia citriodora): buona per l’amore e associata alle feste
–Digitale: protegge le abitazioni da malefici e negatività, da incendi e furti
–Artemisia (Assenzio): contro le disgrazie e per proteggere la fedeltà e la felicità della coppia, fertilità
–Camomilla: prosperità, protezione, calma, creatività, amicizia, pace
–Ruta: tiene lontani i vermi, i demoni e il malocchio
–Menta: protegge dal male, aiuta nella guarigione, attrae il denaro
–Sambuco: allontana gli incubi, esorcismo e annulla gli attacchi di ogni tipo
–Prezzemolo: allontana il male, utile per la chiaroveggenza
–Aglio: assorbe e respinge il male e le malattie, ottimo in magia cerimoniale per allontanare durante i riti larve astrali o presenze negative in genere
–Lavanda: purifica, allontana le negatività, la sfortuna e il malumore, favorisce la felicità, l’amore, il raggiungimento della pace interiore
–Rosa: attira l’amore
–Achillea: guarigione delle ferite, il suo olio essenziale ha proprietà antinfiammatorie
–Trifoglio: usato in un bagno rituale, attira denaro e prosperità; usato per lavare i pavimenti, allontana gli spiriti maligni e gli ospiti indesiderati; contro le fatture o le interruzioni del malocchio; in un sacchetto giallo porta avanzamento nel lavoro
–Mandragora: con la doppia facoltà di sedativo ed eccitante data la sua essenza ambivalente, maschile e femminile; usata per preparare narcotici e filtri d’amore
–Ribes rosso: protegge dal male
–Pervinca: talismani vegetali
–Cardone (Carlina acaulis): impedisce i passaggi delle streghe; inchiodato alla porta di casa, costringe la strega a contarne tutti tubuli
–Biancospino: protegge la casa dalle calamità naturali e non
–Timo: per passare a una nuova fase della vita e lasciare il passato alle spalle.
Ma come li usiamo?
Le erbe, una volta raccolte, devono essere lasciate fuori durante la notte di San Giovanni, in modo che la rugiada e il Solstizio le infondano potere.
Esse raccoglieranno la rugiada e il giorno dopo farete il bagno con quest’acqua “benedetta”, per buona fortuna e fertilità .
Di solito vengono lasciate dentro una ciotola con dell’acqua, che va raccolta da sette fontane diverse (sarebbe l’ideale, ma visto che è estremamente difficile, si possono utilizzare 7 bottiglie o rubinetti diversi…).
Questa acqua infusa di erbe verrà utilizzata per lavarsi al mattino, e in seguito verranno essiccate e utilizzate nei rimedi casalinghi.
Le piante possono anche servire come protezione dagli spiriti maligni e dalle streghe, se appese in un bouquet vicino alla porta o alla finestra di casa.
Si crede che l’ Acqua di San Giovanni , sia comunque magicamente potente e, opportunamente preparata, aumenti la bellezza proteggendo dal malocchio, dall’invidia e dalle maledizioni.
Tra i molti rituali e tradizioni associati alla vigilia di San Giovanni, ci sono i seguenti, alcuni dei quali sono ancora utilizzati dai praticanti vudù.
In molti luoghi, le giovani donne non sposate mettono ruta, rosmarino e petali di rosa sotto i cuscini alla vigilia di San Giovanni, nella speranza di sognare i loro futuri mariti.
Si dice anche che allontanino il male e spesso vengono bruciati alla vigilia di San Giovanni.
Invece, le minute spore della Felce femmina, ha presumibilmente il potere di rendere invisibili, se raccolte alla vigilia di San Giovanni, nel momento preciso in cui è nato il Battista.
Peccato che, purtroppo, nessuno conosca l’ora della sua nascita.
Ciò che rende potente quest’Acqua, non sono solo le erbe, ma soprattutto la rugiada.
Questa rugiada dovrebbe essere raccolta da una donna che ha digiunato, e che recita l’ Ave Maria mentre fa le sue cose.
La rugiada della notte di San Giovanni è magica e propizia: raccoglila con un pezzo di stoffa o passeggia tra i prati al mattino presto, o rotolati nell’erba da essa bagnata all’alba… sarà il modo migliore per ottenere ciò che vuoi!
Dopo questa notte, si ritiene che alcune di queste piante, utilizzate nella preparazione di una bevanda, portino non solo benefici, ma anche salvezza e protezione spirituale elargite dal santo stesso.
Un’usanza simile consiste nel raccogliere la rugiada che rimane dopo il suo uso durante la notte di San Giovanni, distillarla utilizzandola per favorire la crescita dei capelli, migliorare la fertilità, curare le malattie della pelle e tenere a bada le malattie.