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La Cornucopia, dal latino ‘cornu’ = ‘corno’ e ‘copia’ = ‘abbondanza’, quindi anche ‘Corno dell’Abbondanza’, anticamente era un simbolo di abbondanza e nutrimento, solitamente rappresentato come un grande contenitore a forma di corno traboccante di frutta, fiori o noci.
Cestini o recipienti di questa forma erano tradizionalmente usati nell’Asia occidentale ed in Europa, per contenere e trasportare prodotti alimentari appena raccolti.
Il cesto a forma di corno si indossava sulla schiena o si appendeva al busto, lasciando libere le mani del mietitore per la raccolta.
Il primo riferimento a una Cornucopia si trova nella mitologia greca e romana, che risale a quasi 3000 anni fa.
La fonte più probabile del simbolo del Corno dell’Abbondanza è una storia legata a Zeus, re di tutti gli Dei.
Da bambino, Zeus doveva essere nascosto a suo padre, Crono, che altrimenti lo avrebbe divorato come tutti i suoi figli.
Zeus fu tenuto in una grotta con la capra Amaltea, che gli dava da mangiare ma, un giorno, egli spezzò accidentalmente uno dei suoi corni e questo corno iniziò quindi ad avere il potere di fornire cibo senza fine.
Un’altra fonte, invece, cita il mito di Ercole (il semidio figlio di Zeus), il quale ruppe il corno del Dio fluviale, Acheloo, durante una battaglia.
Fatto sta che, da allora, il simbolo del Corno dell’Abbondanza è stato utilizzato nell’Arte e nella Letteratura, oltre a divenire attributo di altre divinità legate alle messi ed alla prosperità, come Tyche (Dea della fortuna), Gaia (Dea primordiale della Terra) ed Annona, Dea del rifornimento di grano di Roma.
Nella Grecia micenea dell’Età del bronzo e nelle culture di tutto il Mondo, inclusi i Vichinghi, i Romani e le tribù germaniche, era cosa comune bere dai corni.
Questi erano riccamente decorati in avorio con decorazioni in oro, argento e smalto, ed erano prodotti come oggetti di lusso nell’Austria e nella Germania imperiali dal XIX all’inizio del XX secolo.
Erano oggetti stravaganti progettati per imitare la Cornucopia mitologica.
Le immagini della Cornucopia si trovano anche nell’antica Europa celtica (Isole Britanniche, Francia e Germania) in innumerevoli intagli, votivi, statue e santuari datati tra il I e il VII secolo, raffiguranti le Madri (o Matrone).
Queste divinità erano associate a fiumi, montagne, sorgenti ed alberi e contenevano Cornucopie piene di frutta e cereali.
Durante il raccolto, le donne lasciavano offerte in questi santuari, per assicurarsi le loro benedizioni.
Gli studiosi generalmente concordano sul fatto, che il “Culto delle Madri” fosse un tributo pagano alla divinità femminile in natura.
Il Corno dell’Abbondanza era anche associato alle leggende medievali del Santo Graal, il mistico calice che tornava verde nelle lande desolate ed era la fonte stessa della vita.
Nella mitologia norrena, il Corno era portato dalla Dea Idun, “la gloriosa fanciulla che conosce la cura dell’età degli Aesir“, che dispensava l’elisir dell’immortalità e l’eterna rigenerazione della giovinezza.
La Cornucopia, oltre a rappresentare abbondanza e buona fortuna, simboleggia anche la fertilità e la pace.
Innanzitutto, bisogna dire che non esistono simboli del Corno dell’Abbondanza esattamente uguali.
Il cestino stesso ha un suo significato simbolico: poiché il corno è cavo e ha la forma di un fallo, simboleggia l’immaginario sessuale di maschi e femmine.
Questo lega ulteriormente il simbolo al concetto di fertilità.
Insomma, per i nostri antenati la Cornucopia era un venerato oggetto rituale, che simboleggiava gli illimitati poteri procreativi di Madre natura.
Molti studiosi teorizzano che quest’oggetto fosse cerimoniale, usato per consacrare o benedire piante o oggetti posti nel suo interno, o per ricevere preghiere che venivano cantate o pronunciate nel suo interno.
Come strumento rituale, la Cornucopia ha assunto una varietà di forme in tempi antichi e contemporanei.
In origine aveva la forma di un vero corno ricurvo, che rifletteva le sue radici leggendarie, poi nel corso dei secoli, la Cornucopia è stata modellata anche con altri materiali, inclusi vimini, legno, carta, pietra, metallo e ceramica.
Sarebbe interessante creare una Cornucopia magica personale, iniziando nel procurarsene una, che io preferisco di vimini.
Dopo averne trovata una, purificala e consacrala come faresti con qualsiasi strumento rituale appena acquisito.
Un modo per farlo è benedirla con gli strumenti di ciascuno degli Elementi della Natura:
♦ Toccarla con un po’ di sale o terra (Terra).
♦ Ungerla con acqua di sorgente (Acqua).
♦ Sfumarla con l’incenso (Aria).
♦ Passarla sulla fiamma di una candela (Fuoco).
E, infine, usando un cristallo di quarzo, una bacchetta benedicente o un altro strumento dello Spirito, per dedicarla allo scopo previsto ed allinearla con la tua pratica spirituale e la forma(e) del Divino con cui lavori.
Quindi, metti in questo Corno dell’Abbondanza tutto ciò che si può trovare nel giardino, nei campi e nei boschi.
Riempilo con erbe e fiori come rosmarino, timo, ortica, rosa canina, bacche di biancospino, piccole pigne, fiori di nasturzio speziati, pungitopo, ghiande, ecc.
Una volta a casa, prenditi un momento per offrire la tua Cornucopia simbolicamente alle grandi Dee del raccolto del passato ed alle generazioni delle tue madri, i cui atti rituali di raccolta, celebrazione e “ringraziamento” hanno creato una magia per benedire se stessi e la terra.
E non dimenticare di dire qualche parola di ringraziamento per la generosità nutriente di Madre natura.
Ti suggerisco alcuni modi per lavorare con una Cornucopia come strumento rituale:
♣ Offerte dell’Equinozio d’Autunno: come parte di un rituale dell’equinozio d’autunno, riempi cerimoniosamente una o più Cornucopie con verdure, frutta, erbe, noci e altri prodotti assortiti, a simboleggiare ringraziamento per la generosità agricola e/o il “raccolto” dell’abbondanza in vari aspetti della vita. In un rito personale, pronuncia un ringraziamento mentre metti ogni oggetto nella Cornucopia.
Dopo il rituale, lascia la Cornucopia dell’Offerta riempita ritualmente in un luogo naturale durante la notte, affinché il suo contenuto possa essere consumato dalle creature selvatiche e dagli Spiriti della Natura.
♣ Segno della Stagione: una Cornucopia può essere utilizzata non solo all’Equinozio d’autunno, ma anche tutto l’anno per celebrare le stagioni.
Riempi la tua Cornucopia con materiali naturali e simboli associati a una particolare festa stagionale o Sabba.
Mentre riempi la tua Cornucopia con i simboli stagionali associati, sintonizzala spiritualmente, con te stesso e la tua casa alla stagione, quindi posiziona la Cornucopia come decorazione sacra stagionale sul tuo altare personale, o altrove nella tua casa.
♣ Banchetto rituale: riempi la Cornucopia con un particolare tipo di ingredienti commestibili, come mele, bacche, popcorn, cracker, cioccolatini o altro cibo da servire a una festa, o dopo un rituale. Metti la Cornucopia piena al centro della tavola della festa, non solo come decorazione, ma anche come contenitore da portata. Per cibi succosi o appiccicosi, fodera la Cornucopia con Lattuga, Consolida maggiore, altre verdure a foglia larga, carta velina o cerata.
Esempi su come potresti allestire una Cornucopia, a seconda dell’evento a cui è dedicata:
♥ Samhain: utilizzare foglie colorate, ghiande, mele, melograni, zucche, zucchine.
♥ Yule: riempire con rami sempreverdi, pigne, vischio, agrifoglio, palline lucide, pomi d’ambra (pomander).
♥ Imbolc: riempire con candele votive spente, o con ghiande, o utilizzare come letto per la ‘bambolina di Brigid’.
♥ Equinozio di Primavera: inserire bustine di semi, o uova sode colorate, o gelatine.
♥ Beltane: riempire con fiori appena tagliati di una varietà di colori.
♥ Solstizio d’Estate: riempire con erbe, fiori, foglie, simboli del Sole.
♥ Lughnassad: riempire con erbe aromatiche, mais, grano e primo raccolto.
♥ Equinozio d’Autunno: farcire con frutta, noci, cereali, erbe aromatiche, fiori, verdure.
RITUALE DELLA PROSPERITA’
Posiziona una Cornucopia sul tuo altare personale e riempilo con rametti secchi di Salvia, Cinquefoglia (Potentilla reptans), Rosmarino, Timo, Artemisia, Prezzemolo e/o altre piante sacre, come le Ghiande, associate a benessere, prosperità e buona fortuna.
Dedica la Cornucopia come strumento di abbondanza, quindi metti in fondo ad essa un augurio scritto per un particolare tipo di abbondanza.
Immagina che il desiderio si avveri.
Al termine del rituale, conserva la Cornucopia in un luogo protetto ma visibile, in modo da poterla vedere tutti i giorni.
Dopo aver raggiunto il tuo obiettivo, rendi grazie offrendo il contenuto a un fuoco sacro, o seppellendolo nel terreno.
INVOCAZIONE ALLA DIVINITA’
Usa una Cornucopia come strumento di invocazione, per chiamare e/o presentare in aspetto una Dea e/o un Dio, durante un rituale.
Una Cornucopia è uno strumento adatto per lavorare con varie divinità associate ad Abbondanza, Buona Fortuna, Agricoltura, Colture, Raccolto e Piante.
Prima di usare la Cornucopia per Divinità, riempila con vegetazione e simboli associati.
Ad esempio, per lavorare con Flora, riempi la Cornucopia con fiori freschi; per lavorare con Pomona, riempila di frutta, ecc.
BENEDIZIONE DELLA CASA
Puoi usare una Cornucopia, per benedire la tua casa o quella di una persona cara.
Riempi una Cornucopia con erbe, fiori, frutta, verdura, cristalli e altri oggetti associati al benessere ed a una casa felice.
Dopo aver pulito spiritualmente la casa con incenso ed altri strumenti, porta la Cornucopia piena in senso orario in ogni stanza della casa, mentre ti concentri sugli auguri.
Quindi, posiziona la Cornucopia nella stanza principale della casa per almeno un giorno e una notte.
Dopo che avranno perso la loro freschezza, gli ingredienti biodegradabili possono essere rimossi e restituiti alla Natura.
La Cornucopia in seguito può essere utilizzata in altri modi sacri in casa, come un Segno della Stagione o per la Magia della Prosperità.
La ‘Sfera delle Streghe‘ (Witch ball) è una palla di vetro che, anticamente, veniva appesa alle finestre dei cottage nell’Inghilterra del XVII-XVIII secolo, per allontanare gli spiriti maligni, l’energie negative, le streghe, gli incantesimi e la sfortuna.
Quest’oggetto è ampiamente usato ancora oggi, soprattutto per allontanare gli spiriti maligni.
L’uso della Sfera delle Streghe è stato importato nelle Colonie britanniche d’oltremare, divulgandosi poi nelle regioni costiere, fino al Continente.
Per oltre 3 secoli, sfere di vetro vuote sono state appese alle finestre o sotto i porticati, in quanto si pensava che appenderle avrebbe allontanato gli spiriti maligni, che avevano intenzione di minacciare la tranquillità di una casa.
Spesso, queste sfere venivano benedette o incantate dalla strega o stregone locale, prima di essere collocate ala finestra della propria dimora, per prevenire qualsiasi energia o spirito negativo, che potesse causare rancore o malattia.
Lo spirito ribelle rimaneva ipnotizzato dalla bellezza riflessiva o dai colori della palla e, se l’avesse toccata, sarebbe stato assorbito e intrappolato nei fili simili a ragnatele del vetro, all’interno della Sfera.
Esistono altre varianti relative allo scopo delle Sfere delle Streghe.
Secondo i racconti popolari, queste o gli specchi sferici, impedivano ad una strega di essere in una stanza, perché le streghe presumibilmente non avevano un riflesso, o non potevano sopportare di vedere il proprio.
Un’altra variante ancora sostiene che le Sfere delle Streghe fossero usate per scongiurare il Malocchio , attirando lo sguardo dell’occhio e prevenendo danni alla casa ed ai suoi abitanti.
Nel XVII secolo, le Sfere delle Streghe venivano riempite con acqua santa o sale.
Queste palle contenenti sale venivano appese al camino, per mantenere il sale asciutto ed essendo questo un bene prezioso, rompere la sfera era considerato porta sfortuna.
Solitamente, le Sfere delle Streghe misuravano fino a una ventina di centimetri e, quasi sempre, erano di vetro di colore verde o blu.
Qualche volta venivano realizzate di legno, erba o ramoscelli, invece del vetro.
Alcune sfere erano decorate con volute e strisce brillanti di vari colori, in quanto i colori della palla attiravano gli spiriti maligni, che a volte non erano così intelligenti; quindi rimanendone incantati, si avvicinavano, restando intrappolati nelle strisce colorate incapsulate all’interno.
Una volta racchiuso all’interno della palla, lo spirito era considerato innocuo e sarebbe stato dissipato dal sole mattutino.
Le Sfere delle Streghe, normalmente, avevano un foro nella parte superiore dove era possibile inserire un piolo, al quale veniva attaccata la corda per appenderla sopra a un camino o una finestra.
Ma le prime Witch Ball avevano spesso un collo corto sigillato da un tappo.
Un altro tipo di Palla delle Streghe era fatta di capelli neri, che venivano arrotolati con cera d’api, formando una pallina dura e rotonda delle dimensioni di una biglia, che veniva usata nelle maledizioni.
Infatti, una strega che voleva uccidere qualcuno, doveva prendere questa Sfera-gomitolo di pelo e lanciarlo alla vittima designata.
Per questo si diceva che, quando qualcuno veniva ucciso dalla maledizione di una strega, questa Sfera dura veniva trovata vicino al corpo.
Altre leggende dei Nativi americani narrano, che le Sfere delle Streghe fossero fatte arrotolando peli di mucca o cavallo in una pallina.
Una strega disegnava un’immagine della vittima designata, quindi lanciava la palla verso la parte della vittima che desiderava ferire.
Una variante della Sfera delle Streghe riguarda il dispositivo utilizzato per la divinazione.
Una sfera di cristallo, spesso piena d’acqua, veniva osservata dalla strega che, in base alle profondità riflessive, ai movimenti dell’acqua ed altro, poteva trovare risposte a domande urgenti, prevedere eventi futuri, o vedere luoghi lontani.
Nei villaggi marittimi irlandesi, le streghe usavano i globi di vetro, che i pescatori usavano per tenere a galla le reti.
Queste sfere erano solitamente fatte di vetro blu scuro o verde ed apparivano piuttosto innocue.
Si diceva, anche che la validità di questo oggetto, fosse dato dal fatto che la strega, vedendo il riflesso della sua vittima designata nella Sfera, ed essendo naturalmente attratta dalla sua superficie lucida, malediceva il riflesso piuttosto che la vittima designata, e quindi se stessa, disinnescando il sortilegio.
Si pensava anche che gli influssi maligni si accumulassero sotto forma di polvere sulla palla, e quindi fosse necessaria una pulizia regolare.
Inoltre, se la Witch Ball diventava torbida o opaca, prediceva una morte.
Altri sostengono che le Sfere delle Streghe anticamente fossero, invece, una forma primitiva di allarme antifurto e che il loro nome fosse ‘Watch Ball‘ (Sfera dello Sguardo), in seguito corrotto in Witch Ball, ampliandone il significato.
Esse erano un’allusione al loro uso nel riflettere un panorama esteso, oltre la normale linea di vista, che aiutava le persone, in sostanza, a guardarsi dietro gli angoli.
Questo le rendeva particolarmente utili per i negozianti, per individuare i ladri; posizionate vicino a una staccionata, riflettevano chiunque stesse camminando lungo il sentiero del giardino, per cui erano utili per i padroni di casa, per vedere chi stava salendo lungo il sentiero del giardino.
Alcuni genitori, inoltre, le appendevano negli asili nido o sopra le culle.
Questi usi prosaici hanno sbloccato il loro potenziale valore rituale: da oggetti di vigilanza ed osservazione, le “Sfere dello Sguardo” sono diventate “Sfere delle Streghe” e si sono sviluppate in oggetti di protezione magica.
Certamente, le sfere di vetro erano ovunque ornamenti decorativi popolari, come in Germania dove erano simboli di ospitalità e, successivamente, durante il XIX e XX secolo anche in America.
Erano anche ornamenti popolari nelle case dei soffiatori di vetro inglesi.
Nel tempo, le Witch Ball sono state realizzate nella maggior parte delle fabbriche di vetro in tutta Europa, come oggetti “stravaganti”, o pezzi da esposizione dei soffiatori di vetro, e poi vendute come oggetti decorativi.
Inizialmente nell’Europa continentale, la Sfera delle Streghe fu, quindi, un oggetto decorativo.
I suoi primi antecedenti erano larghe lastre di vetro colorato rotondo, collocate intorno ai giardini dei primi gentiluomini e donne moderni “su cui il sole poteva giocare”.
Le versioni tedesca ed austriaca (dove spesso le Sfere erano chiamate semplicemente ‘Kugel‘) furono commercialmente soffiate dal 1840 in poi, e poste su pali di filo metallico, conficcate in aiuole o poste in cima a muri e recinzioni.
In alcune parti della Gran Bretagna, queste importazioni sono ancora visibili.
In America, le Witch Ball, nella metà del diciannovesimo secolo, venivano poste su vasi dai bordi svasati, come brocche ed otri, per tenere lontani gli insetti.
Le Sfere delle Streghe divennero immensamente popolari negli anni ’30, quando erano vendute nei negozi lussuosi ed erano una decorazione comune nelle riviste femminili.
Per molti erano un antidoto alla modernità ed evocavano un “gentile vittoriano”.
La rivista ‘Sphere‘ raccomandava “coprisedie di chintz sbiadite e una Witch Ball“, per conferire un certo “fascino” alla propria casa in riva al mare.
Alcune persone piantavano le loro Sfere delle Streghe, per creare terrari, altri le riempivano di rocce, perline di vetro ed acqua, per creare effetti di luce scintillante.
Quest’ultima moda fu commercializzata come “Wizard Bowl“, sotto ogni aspetto uguale alla Witch Ball, ma con un’apertura più ampia nella parte superiore.
Iniziò anche a circolare la voce, che le autentiche Sfere delle Streghe potevano essere ottenute solo da spiritualisti e nomadi.
Quindi, per una particolare classe di consumatori benestanti dell’epoca, questi oggetti erano l’espressione materiale delle loro emozionanti transazioni, con coloro che si trovavano ai margini “occulti” della società.
Edward Lovett, un banchiere, collezionista e folclorista dell’inizio del XX secolo, riferì che le Sfere delle Streghe erano una caratteristica comune in Italia, Francia e Costantinopoli, dove erano appese “grandi come palloni da calcio“, fuori dai negozi dei farmacisti.
Dal 1898 al 1946 circa, una Witch Ball era appesa ad un lampadario, davanti all’iconostasi della Cappella dei Dodici Apostoli, nella Chiesa del Santo Sepolcro, a Gerusalemme.
E così anche in diverse chiese in Cornovaglia, dove si diceva che le sfere fossero lì solo per un gusto estetico, mentre si sussurrava che, in realtà, stessero lì per respingere le forze demoniache, a protezione dei santi Sacramenti.
Alcune fonti affermano che le moderne palline ornamentali natalizie discendano dalle Sfere delle Streghe.
L’ornamento sarebbe stato originariamente posizionato sull’albero, per dissipare l’invidia di un visitatore, per i regali lasciati sotto di esso.
CREA LA TUA WITCH BALL
1) Prendi una sfera ornamento per albero trasparente e rimuovi il cappuccio di metallo decorativo ed il gancio.
2) Riempila con cura con erbe o spezie macinate, a seconda del suo scopo. Per esempio protesti usare Salvia (come protezione), Cannella (buona fortuna), Lavanda (energia calmante).
3) Se vuoi, aggiungi frammenti di gemme, come Tormalina nera, Labradorite, Giaietto (varietà di Lignite), che hanno proprietà protettiva. In aggiunta, o in alternativa, puoi mettere conchiglie frantumate.
4)Aggiungi del filo scintillante, idealmente annodato e ad anello, per fungere da dispositivo di cattura, per le vibrazioni negative. Immaginalo come una ragnatela appiccicosa, mentre l’energia negativa è una mosca.
5)Potresti dipingere la sfera nel colore che preferisci. Per esempio, il blu è associato alla serenità ed alla tranquillità, quindi è una scelta di colore abbastanza comune. Oppure il grigio (auto-protezione), o verde (conoscenza superiore), insomma…fai tu!
6)Mentre monti la Sfera, pensa all’energia protettiva, che stai cercando di creare, e immaginala risplendere di poteri ipnotizzanti, pronta ad attirare qualsiasi vibrazione negativa ci sia là fuori. Immagina la Sfera come la tua protettrice, che aiuta a mantenere te e la tua casa al sicuro.
7)Appendi la Witch Ball al muro, dove ritieni che funzionerà meglio, o alla finestra, sopra la scrivania, o sopra il letto.
Quando inizierà a sembrarti offuscata, torbida o opaca, significherà che si sta riempiendo di vibrazioni negative.
Se ciò accade, svuotala semplicemente, puliscila, lasciandola riposare alla luce della Luna piena, e riempila con nuove erbe/cristalli/conchiglie/ ecc.
Ecco qua, hai trovato una protezione magica personalizzata,
che puoi usare tutto l’anno e che è anche decorativa!
Mesembryanthemum è un genere di piante, che conta circa 76 specie, il cui nome significa ‘Fiore del mezzogiorno‘.
Una delle specie molto conosciuta è Aptenia cordifolia (Mesembryanthemum cordifolium), una pianta succulenta tappezzante, originaria della parte sud dell’Africa, con foglie carnose e morbide e fiori generalmente rosa/fucsia, ma ci sono varietà con fiori rossi (Red apple), gialli e bianchi.
Spesso raggiunge una lunghezza di circa 2 metri.
Aptenia, dal latino = senza ali (“apten”), in riferimento ai semi privi di ali.
Cordifolia/cordifolium, dal latino = forma a cuore delle foglie.
Chiamata anche Erba cristallina, Baby sun rose, Heartleaf Iceplant, Ice Plant, Red Aptenia, Rugiada Plant, Rock Rose, Ficoïde à feuilles en cœur, Herzblättrige Mittagsblume, Rocío, Ibohlololo, Uncolozi omncane, Rooi Brakvygie, cresce sui muri e in ambienti rupestri, di solito presso gli abitati, nella fascia mediterranea, ed è molto coltivata a scopo ornamentale.
In realtà, l’Aptenia si dovrebbe distinguere in quattro specie: Aptenia cordifolia, Aptenia geniculiflora, Aptenia haeckeliana ed Aptenia lancifolia.
♣ Aptenia geniculiflorais è una perenne decidua eretta con rami a 4 angoli. Produce fiori da bianco a giallo pallido ed è originaria delle pianure asciutte della Namibia, dove cresce in cespugli rampicanti.
♣ Aptenia haeckeliana è una succulenta perenne, cresce piatta sul terreno e gli steli sono a 4 angoli. Anche le foglie sono piatte e produce fiori di colore giallo pallido. E’ originaria della zona di Port Elizabeth, sud Africa.
♣ Aptenia lancifolia (Aptenia viola) è una succulenta perenne, alta 30 cm. Produce fiori magenta con foglie strette o lanceolate, ed è originaria della provincia del Capo Settentrionale.
L’Aptenia cordifolia è usata in medicina come antinfiammatorio, come medicazione (impiastro) e deodorante.
Gambi e foglie bruciati vengono applicati alle articolazioni doloranti.
Le foglie vengono applicate come un impiastro sulle ferite e sono anche usate come un clistere delicato per i bambini.
Un infuso di foglie di Aptenia è utile, per alleviare il mal di gola e la sudorazione; la pianta è anche ansiolitica.
In Brasile, le sue foglie si consumano in insalata, in quanto ricche di proteine.
La pianta è anche usata come amuleto portafortuna.
La polvere nera preparata dalla pianta, è dotata di proprietà magiche ed usata per proteggere dalla Stregoneria, soprattutto se ci si deve sottoporre alla vaccinazione.
PIANETA: Sole
ELEMENTO: Fuoco
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Leone
CHAKRA: 1, Muladhara (C. della Radice)
Il Crisoprasio, chiamato anche Crisopraso, Crisopazio, Giada australiana, è una varietà di Calcedonio, contenente piccole quantità di Nichel.
E’ subito riconoscibile per il suo tipico colore verde-mela, anche se può avere anche varie tonalità più scure.
Il più apprezzato e costoso è il Crisoprasio imperiale, molto raro e dalla colorazione particolare, solitamente tagliato a ‘cabochon’ e spesso confuso con la Giada.
Il suo nome deriva dal greco e significa “porro d’oro”.
Importanti giacimenti di Crisoprasio si trovano in Australia, Tanzania, Indonesia, Queensland, Brasile, California, Germania, Polonia, Arizona, Russia.
L’utilizzo del Crisoprasio risale ad almeno 3.500 anni fa, il che lo rende una delle più antiche pietre semipreziose conosciute dall’umanità.
Numerose culture hanno utilizzato la bellezza del Crisoprasio, creando decorazioni, gioielli ed opere d’arte.
Gli archeologi hanno scoperto un’antica collana di sfere di Crisoprasio egiziano, datata 1500 a.C.; mentre in antichi siti archeologici greci e romani sono stati ritrovati figurine di Crisoprasio, sigilli e cammei.
Secondo una leggenda greca, Alessandro Magno indossava sempre una cintura di Crisoprasio per combattere e, un giorno, se la tolse per fare il bagno.
Un serpente morse la pietra, gettandola nel fiume e, da quel momento in poi, Alessandro non fu mai più vittorioso.
Storicamente, nel Medioevo si pensava di poter diventare invisibili, mettendosi in bocca una pietra di Crisoprasio, ed anche che perdesse il suo colore in presenza di veleno.
Secondo i filosofi greci, il Crisoprasio era la gemma consacrata ad Afrodite (Venere), e sostenevano che si potesse manifestare maggiore salute e relazioni, caricando la pietra sotto una mezza Luna.
La tradizione rumena medievale sosteneva, che il Crisoprasio fornisse una comprensione della lingua delle lucertole, basata su una leggenda locale.
La leggenda narra, che una principessa aveva una lucertola d’oro con gli occhi di Crisoprasio.
Uno stregone le disse che, se l’avesse tenuta, un giorno avrebbe comunicato con gli animali e trovato ricchezza.
Quando una carestia colpì il suo regno, la principessa cercò di sfamare la sua gente, vendendo tutti i suoi gioielli, ed anche la lucertola, un pezzo alla volta.
Sulla sua ultima zampa, apparve una vera lucertola con gli occhi color Crisoprasio, per dirle (nella lingua lucertoliana) di cercare aiuto in un fiume.
In effetti, nel Râul Doamnei (un affluente del fiume Argeș), la principessa scoprì una miniera di Crisoprasio, che le consentì di porre fine alla carestia ed iniziare un’era di prosperità.
Sempre durante il Medioevo, alcuni credevano che il Crisoprasio avrebbe reso la libertà, se tenuto in bocca dopo essere stato accusato di un crimine.
Nel I secolo, gli arcivescovi cristiani affermavano che il Crisoprasio rifletteva l’opera dei martiri, mentre nel X secolo, i Cristiani credevano che questa pietra simboleggiasse la morte di Cristo e il regno dell’aldilà.
Ebraismo e Cristianesimo, nei testi sacri narrano di una società utopica dell’aldilà, chiamata Nuova Gerusalemme.
Le scritture ebraiche descrivono una visione profetica della città, che include dodici pietre preziose come suo fondamento, poiché dodici simboleggia il completamento: il Crisoprasio è la decima pietra.
Palazzi reali e diademi del ‘700, in Gran Bretagna ed in Russia, erano adornati di Crisoprasio.
Il Crisoprasio è una gemma perfetta per le persone che hanno problemi ad articolare i propri pensieri e sentimenti, e per le persone dalla mentalità chiusa.
E’ una delle pietre portafortuna dei nati in Maggio e tradizionalmente simboleggia l’impresa, la felicità e la prudenza.
Il Crisoprasio è famoso, per essere in grado di migliorare la salute emotiva, in quanto promuove empatia, perdono, crescita, amor proprio e una generale brama di vita.
E’ una gemma d’amore, che può essere utilizzata per infondere nella propria atmosfera potenti qualità curative.
Il Crisoprasio aiuta ad attivare e ad aprire le emozioni, consentendo di comunicare con il proprio sé superiore, incoraggiando a concentrare il proprio potere ed a purificarci da tutti i cattivi sentimenti.
Aiuta a guarire i cuori infranti, equalizzando l’equilibrio emotivo di chi lo indossa e favorendo la capacità di accettare il cambiamento.
Rafforza e stabilizza la propria risposta psicologica, aiutando anche a riparare uno spirito ferito ed aumenta l’identità.
Motiva ad abbracciare il futuro e ad essere contenti della propria relazione.
È anche associato all’aumento della tolleranza verso gli altri e al fornire un leggero aumento dell’autostima, migliorando la propria resistenza ed aiutando a essere più comprensivi e sereni.
Il Crisoprasio è una gemma curativa per il cuore, facendo uscire la persona da una varietà di problemi psicologici ed insegnandole, che tutto ciò che non è genuino, non vale il proprio tempo.
Aiuta anche a liberare i legami con sentimenti, dogmi ed animosità basati sull’ansia, aumentndo la capacità di divertirsi e mostrare affetto.
Il Crisoprasio può aiutare a connettersi con gli spiriti ambientali e la magnificenza del pianeta fisico.
Aiuta a coltivare idee sane e terapeutiche riguardanti il prossimo e l’ambiente.
Alcuni benefici fisici del Crisoprasio aiutano la salute riproduttiva. Questo minerale può aumentare la libido, migliorare la fertilità e dare una spinta agli organi riproduttivi, oltre ad alleviare i crampi mestruali.
Il Crisoprasio può accelerare il processo di guarigione e lenire il dolore pulsante, soprattutto se posizionato vicino a sè durante il sonno.
Il Crisoprasio può essere portato con sè o indossato, per attirare denaro e successo.
Funge anche da barriera e da difensore dalle cattive idee degli altri.
Messo un Crisoprasio proprio fuori dalla porta di casa, o sul posto di lavoro, protegge dalla negatività degli altri che si avvicinano.
Il Crisoprasio deve essere lavato con acqua corrente, con una leggera pioggerellina, prima dell’applicazione vera e propria, e poi ricaricato, almeno ogni due settimane tra varie pietre preziose di quarzo.
PIANETA: Venere
ELEMENTO: Terra
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Toro
CHAKRA: 4, Anahata (C. del Cuore)
La “Magia apotropaica” (dal greco =”allontanare”), o “Magia protettiva” è un tipo di magia inteso a respingere il male o le influenze del male, oltre al danno delle energie maligne, deviando la sfortuna o scongiurando il Malocchio (leggi articolo: https://www.madameblatt.it/2022/01/05/il-malocchio/).
Le culture antiche invocavano regolarmente i poteri di simboli e rituali magici, o apotropaici, per proteggere se stesse ed i loro cari dal male.
Nell’antica Grecia, per queste credenze superstiziose, si usava il termine ‘Deisidaimonia’, che si fondava sulla convinzione che le persone, sia vive che morte, avessero la capacità di inviare sfortuna ed energia negativa ad altre persone.
Per i vivi, potevano farlo contro un nemico, o contro qualcuno che li aveva offesi in qualche modo.
Per i defunti, se non veniva loro concessa un’adeguata sepoltura, o il dovuto rispetto, si credeva che avrebbero perseguitato coloro che avevano fatto loro il torto, portandogli sfortuna come punizione.
Infatti, personaggi e spiriti così vendicativi sono un tema comune nell’antica tragedia greca.
I Greci facevano offerte agli “Dei devianti” (Apotropaioi theoi), divinità ctonie (divinità generalmente femminili, legate ai culti di Dei sotterranei e personificazione di forze sismiche o vulcaniche), i quali garantivano sicurezza e deviavano il male.
Per questo, si usava la Magia apotropaica per allontanare qualsiasi danno, scongiurare il male e deviare la sfortuna inviata da esseri vendicativi.
Nacque, così l’Apotropaion, ovvero un qualsiasi oggetto o simbolo, ritenuto in possesso del potere di proteggere il suo proprietario dall’energia negativa, proprio come un portafortuna.
Poteva essere una statuetta femminile, infilata su una collana da portare al collo, o indossata su una fascia sul corpo, per esempio.
Ma, oltre ad essere esposti sul corpo, le donne usavano spesso amuleti per la protezione dei propri figli, poiché sono stati trovati molti vasi, che raffigurano bambini, che indossano una varietà di amuleti diversi.
Le donne dell’antica Grecia, quindi partecipavano ed usavano i poteri della Magia apotropaica.
Mentre alcune di queste immagini sembrano essere svanite nell’oscurità, se ne possono ancora trovare altre in varie forme, spesso ‘nascoste in bella vista’.
Tradizionalmente trovati incisi o bruciati nelle aree di ingresso, in particolare finestre, caminetti e porte, i simboli apotropaici sono apparentemente comuni negli edifici antichi, con abitanti che temevano gli spiriti maligni.
Essi si ritrovano su case, fienili, chiese e porte delle cantine.
I simboli apotropaici erano più comunemente creati in 3 forme: cerchio, pentacolo e una forma “VV“, mentre meno frequentemente, erano linee diagonali, scatole e labirinti, ed altre centinaia di variazioni su questi temi.
Il più usato era il ‘Fiore della vita’ (o ‘Ruota a margherita’, ‘Daisy wheel’), un simbolo che ricorda un fiore a sei petali racchiuso in un cerchio, simbolo delle streghe.
Si credeva, che la sua linea unica e continua fosse seguita da spiriti maligni e fosse usata per confonderli ed intrappolarli.
Due piccole margherite sono state persino scoperte vicino alla porta, che conduce a una cantina di birra nella casa natale di Shakespeare a Stratford-upon-Avon, e molte si trovano ancora nelle chiese, case ed edifici medioevali.
Molto usato era anche il simbolo del Pentacolo, attualmente associato al Paganesimo, che nel Medioevo era considerato un segno cristiano, intriso del potere di allontanare le streghe.
Infatti, si credeva che i cinque punti su questa stella rappresentassero le cinque ferite di Cristo, ed il Pentacolo era spesso indossato come amuleto protettivo, non era inciso negli edifici.
Oltre ai disegni, si ritiene che varie lettere dell’alfabeto abbiano un potere significativo, a seconda delle loro associazioni.
Il più popolare al culmine dell’uso apotropaico era il “VV“, pensato per evocare la protezione della Vergine delle Vergini, o la Vergine Maria.
Appaiono anche variazioni su questo simbolo, tra cui “AM” per “Ave Maria” e “M” per “Maria”.
Nei villaggi medioevali, gli abitanti attribuivano malattie, raccolti infruttuosi e una serie di disgrazie al male degli spiriti maligni, come streghe, demoni, il diavolo, ecc.
Per questo motivo utilizzavano questi segni rituali, che venivano ritagliati, graffiati o scolpiti nelle travi, nei muri e nelle soglie di case e chiese, nella speranza di rendere il mondo un luogo più sicuro e meno ostile.
Ed erano azioni normali e comuni nella vita quotidiana, mentre oggi sono considerate rappresentazioni inquietanti e curiose di un’Era passata di un popolo superstizioso.
Spesso, nella Magia apotropaica, si utilizzavano animali, come i gatti.
A volte addirittura membri amati della famiglia, quando morivano, venivano sepolti nei muri delle case della gente.
Si credeva, che incastonare il gatto nei muri, avrebbe protetto la casa dalla sventura, dal malocchio e, in alcuni casi, anche dalle streghe.
È interessante notare che coloro che hanno seppellito questi gattini nelle loro mura, non penserebbero mai di aver fatto magie.
Oltre a questi animali, venivano sepolti nei muri delle case per proteggere la famiglia dalla Stregoneria, ‘Bottiglie delle Streghe’ appositamente preparate, teschi di cavallo e scarpe.
Ciò perché la Magia apotropaica è stata così radicata nella storia e nella cultura delle piccole città per decenni, persino secoli, che questa pratica probabilmente sembrava un modo normale per proteggere la propria casa.
In Irlanda, nel giorno dedicato a Santa Brigida (1 febbraio), era consuetudine tessere una ‘Croce di Brigida’ (Cross Bride) di giunco, che veniva appesa a porte e finestre, per proteggere la casa da fuoco, fulmini, malattie e spiriti maligni.
Così come, anticamente a Samhain, era consuetudine tessere una croce di bastoncini e paglia, chiamata ‘Parshell‘ o ‘Parshall‘, che veniva fissata sopra la porta, per scongiurare la sfortuna, la malattia e la Stregoneria.
Nell’antica Grecia, l’immagine più usata, per scongiurare il male, era quella delle Gorgoni, mostri di aspetto stupendo, con ali d’oro, mani di bronzo e serpenti al posto dei capelli.
Chiunque le guardasse direttamente negli occhi, rimaneva pietrificato.
Questa immagine della testa era chiamata ‘Gorgoneion’, ed aveva anche occhi selvaggi, zanne e lingua sporgente.
La gente credeva, che le porte e le finestre degli edifici fossero particolarmente vulnerabili all’ingresso o al passaggio del male, quindi, oltre ad utilizzare le Gorgoni, usavano volti barbuti grotteschi, simili a satiri, spesso con il berretto appuntito, i quali venivano scolpiti sulle porte delle fornaci, per proteggere da incendi ed incidenti.
Successivamente, su chiese e castelli iniziarono ad apparire Gargoyle o altri volti e figure grotteschi, come Sheela na Gig (una serie di sculture medievali rappresentanti donne nude che mostrano una vulva ingigantita) e Hunky punk (incisioni grottesche sui lati degli edifici, in particolare delle chiese tardo gotiche, simile nell’aspetto a un Gargoyle), per spaventare streghe ed altre influenze maligne.
Il legno più utilizzato era quello di Corniolo .
Allo stesso modo, le facce grottesche scolpite nelle Zucche ad Halloween, avevano lo scopo di scongiurare il male, tra l’altro nella stagione di Samhain, il capodanno celtico.
Ciò in quanto, a quei tempi, si credeva che fosse il periodo in cui le anime dei morti ed altri spiriti pericolosi camminavano sulla Terra.
E’ molto interessante sapere che, nell’antica Grecia, si credeva che i ‘Phalloi’ (Falli) avessero qualità apotropaiche.
Spesso, riproduzioni in pietra venivano posti sopra le porte e le versioni tridimensionali venivano erette in tutto il mondo greco.
I più notevoli di questi sono i monumenti urbani trovati sull’isola di Delo.
Il Fallo era anche un simbolo apotropaico per gli antichi Romani, che però lo chiamavano ‘Fascinum’.
Nell’antica Roma, si pensava che l’invidia portasse sfortuna alla persona invidiata, per cui, per non essere invidiati, i Romani cercavano di incitare alle risate i loro ospiti, usando immagini umoristiche, spesso prendendo di mira persone deformi, come i gobbi o i pigmei.
Infatti, essi consideravano la deformità, una condizione comica e credevano che tali immagini potessero essere utilizzate per deviare il malocchio.
Rappresentazioni falliche, per scongiurare il malocchio si trovano ed usano ancora nel Bhutan moderno, associate al monaco buddista, missionario e poeta della tradizione tibetana Mahamudra, Drukpa Kunley.
Anche in Asia meridionale, il simbolo fallico è utilizzato, con il nome di ‘Lingam’.
Rituali magici apotropaici erano praticati anticamente in tutto l’estremo Oriente e in Egitto, dove divinità spaventose venivano invocate tramite rituali, per proteggere gli individui, allontanando gli spiriti maligni.
Nell’antico Egitto, questi rituali eseguiti nelle case, erano personificati dalla divinità associata alla magia stessa, Heka (o Hike).
Altre due divinità più spesso invocate in questi rituali, erano la Dea della fertilità Taweret, sotto forma di ippopotamo e il demone-leone Bes (che si sviluppò dall’antico Dio demone nano apotropaico, Aha, letteralmente “combattente”).
Anche l’acqua era usata frequentemente nei rituali, in cui venivano utilizzati vasi per libagioni a forma di Taweret, per versare acqua curativa su un individuo.
In seguito, quando l’Egitto passò sotto i Tolomei greci, le stele recanti il Dio Horus furono usate in rituali simili: l’acqua veniva versata sulla stele e, dopo aver effettuato rituali poteri curativi, veniva raccolta in una bacinella, per abbeverare un malato.
Tutti questi oggetti venivano spesso usati nei rituali, per facilitare la comunicazione con gli Dei.
Un altro di questi, ritrovato molto spesso, è la bacchetta apotropaica d’avorio, “Zanna di nascita” (Birth tusk), che aveva un’ampia popolarità nel Regno di Mezzo (1550-1069 a.C.) ed era usata, per proteggere le donne incinte ed i bambini dalle forze maligne.
In alcune culture dei Nativi americani, un Acchiappasogni, fatto di filo come una ragnatela, veniva posizionato sopra un letto o una zona notte, per proteggere i bambini addormentati dagli incubi.
L’uso degli oggetti riflettenti era molto apprezzato, in quanto si pensava che deviassero il malocchio.
Per esempio, le “Sfere delle streghe” (Witch’s balls) sono ornamenti in vetro soffiato, simili a palline di Natale, che venivano appese alle finestre.
Allo stesso modo, lo specchio cinese Bagua (o Pa kua) veniva solitamente installato, per scongiurare l’energia negativa e proteggere gli ingressi delle residenze.
Nella cultura occidentale, il Ferro di cavallo era spesso inchiodato sopra o vicino alle porte.
Si credeva anche, che proiettili d’argento, rose selvatiche, crocifissi ed aglio allontanassero o distruggessero i Vampiri.
In Europa, venivano scolpite sulla prua dei velieri, Polene apotropaiche, considerate un sostituto del sacrificio di uno schiavo, durante l’Età delle invasioni da parte di marinai sassoni e vichinghi, per evitare sfortuna durante il viaggio.
Il dragaggio (pulizia dei fondali) del Tamigi sotto il London Bridge ha portato alla scoperta di un gran numero di coltelli, pugnali, spade e monete piegati e rotti, del periodo moderno e risalenti all’epoca celtica.
Sembra che questa usanza fosse quella di evitare la sfortuna, in particolare quando si partiva per un viaggio.
Nel Regno Unito, si pensava che le Gazze portassero sfortuna, per cui si coniavano varie rime o saluti personalizzati, per placarle.
I viaggiatori irlandesi e gli zingari vendevano spesso l’Erica bianca o Limonium bianco, per “portare fortuna”.
In realtà, è difficile distinguere tra oggetti, che dovrebbero scongiurare il male, ed oggetti destinati a portare fortuna, anche se, generalmente, un talismano porta fortuna, mentre un amuleto scongiura o protegge (è quindi apotropaico).
Fatto sta che, ancora oggi, questi oggetti, questi rituali e queste scritture sono utilizzati come ‘portafortuna che allontanano il male’, e quindi credenze superstiziose, ed i loro amuleti associati, non perirono con i loro antichi seguaci.
Piuttosto, molti sono sopravvissuti nel mondo moderno e rimangono una parte importante di numerose culture in tutto il globo.
Per esempio in Australia, in particolare tra le comunità di Greci ed Italiani, è facile vedere che, contro il Malocchio, si indossino anche oggi amuleti come “Occhio di Horus”, oppure di colore celeste-blu.
Ma anche indossare abiti neri ai funerali, è un’antica superstizione, ancora osservata nel Mondo occidentale moderno.
Infatti, anticamente si riteneva che, vestirsi di nero, mostrasse rispetto per il defunto e la sua famiglia, mentre indossare colori vivaci avrebbe insultato il defunto, in quanto sarebbe stato simbolo della luce della vita, di cui il trapassato non poteva più goderne.
Oppure ai matrimoni, oggigiorno piccoli ferri di cavallo di carta sono presenti nei coriandoli.
Insomma, amuleti, talismani e gesti di buona fortuna abbondano nei tempi moderni, così come Ghiande, Quadrifogli, Monete, Dita incrociate, Coccinelle, Dadi, Numeri fortunati, una lista infinita…
I miei inseparabili sono gli specchietti (che restituiscono al mittente l’energia negativa) ed i tintinnii (che tengono lontani gli spiriti malvagi).
Ed i vostri?
Daucus è un genere mondiale di piante erbacee, appartenente alla famiglia delle Apiaceae, di cui la specie più nota è la Carota coltivata.
Comprende circa 25 specie, con caratteristiche simili tra loro, come le foglie pennatosette con sezioni terminali strette, steli ispidi ed infiorescenze ad ombrelle.
Alcune specie hanno un piccolo fittone commestibile pallido o bianco, simile a un ravanello, che può avere un sapore amaro.
La specie più comune è Daucus carota, la Carota selvatica, pianta da cui derivano tutte le cultivar coltivate in tutte le aree temperate del globo, per uso commestibile.
Allo stato spontaneo, la Carota selvatica è considerata pianta infestante e si trova facilmente in posti assolati ed in zone calde e sassose.
La Carota selvatica ha fiori disposti ad ombrelle, bianchi col centro rosso scuro,nei quali sono presenti delle piccole ghiandole profumate, che attirano gli insetti.
Una curiosità è che le infiorescenze, dopo la fecondazione dei fiori, si chiudono a nido d’uccello.
Il nome Daucus deriva dal greco = ‘riscaldare’, per le sue supposte proprietà riscaldanti.
Altri nomi: Pastinaca, Carotte, Carrot, Karotte, Zanahoria.
Questa pianta è di origine euroasiatica, ed è coltivata in tutto il Mondo, per le radici a fittone utilizzate a scopo alimentare, sia crude sia cotte.
Le varietà coltivate hanno radici carnose di forma variabile e di colore bianco, arancio o rosso e sono ricche di coloranti e vitamine.
Nel sud Italia, alcune cultivar di Carota prendono il nome di “pastinaca”.
Molto conosciuta è la ‘Pastinaca di S. Ippazio’, soprattutto a Triggiano (Bari) e nel basso Salento (zone Tricase, Specchia).
Questo ortaggio è una Carota a radige lunga, per l’esattezza si chiama: Daucus carota L. var. sativus cultivar “Santu Pati” e, a seconda della maturazione, ha colori che vanno dal giallo chiaro al viola scuro, quasi nero.
Molto famosa è la Fiera di Sant’Ippazio a Tiggiano (Le), patrono del paese, che si tiene il 19 gennaio di ogni anno.
Un tipo di Carota molto simile, ma poco commercializzata, è coltivata nel promontorio del Poro, in Calabria, e in dialetto è chiamata ‘Prestinaca’.
Nel I sec. dopo Cristo, era già conosciuta a Roma, perché la troviamo raffigurata negli affreschi di Pompei.
La Carota arrivò dall’Afghanistan agli antichi Romani, che la coltivavano come rimedio per il mal di gola e non come cibo.
La radice è citata da Plinio, per le proprietà cicatrizzanti, diuretiche e digestive.
Le Carote ‘antiche’ erano però sottili e nodose, con gusto acre e polpa biancastra ‘dura come pietra’, in quanto la selezione delle Carote coltivate oggi, iniziò nel Medioevo, quando i Liguri diffusero in Europa l’uso culinario.
I ricettari fitoterapici del Rinascimento consigliavano una tisana a base di fiori di Carota, come sicuro rimedio contro l’epilessia.
Le Carote andavano a ruba presso le coppie sterili e, una volta avvenuto il concepimento, durante la gravidanza, perché favorivano la nascita.
Dal XVI sec. la radice è diffusa e conosciuta ad ogni livello sociale.
La Carota è ricca di vitamine, minerali e composti antiossidanti, aiuta a sostenere la funzione immunitaria, ridurre il rischio di alcuni tumori e promuovere la guarigione delle ferite e la salute dell’apparato digerente.
Nell’antichità, si riteneva che il fiore di Carota selvatica, raccolto nelle notti di Luna Piena, servisse a curare l’epilessia, o che aiutasse il concepimento e che, per favorirlo, fosse necessario bere un bicchiere di vino, nel quale fossero stati bolliti i fiori della pianta.
Un soprannome inglese della Carota selvatica è ‘Queen Anne’s Lace’ (Pizzo della Regina Anna), che deriva da una leggenda sulla regina Anna d’Inghilterra.
Quando la donna arrivò dalla Danimarca, nel 1700, per diventare la consorte di re Giacomo I d’Inghilterra, sfidò le dame per vedere chi avrebbe realizzato un pizzo fine, come il fiore della Carota selvatica.
Le dame sapevano che non potevano competere con l’abilità della regina, la quale, appunto, vinse.
Ma, mentre stava ricamando, si punse il dito e una goccia di sangue cadde sul pizzo bianco che stava cucendo.
Da allora, il capolino bianco della Carota selvatica, ha un fiore purpureo proprio al centro.
La Carota selvatica anticamente veniva raccolta dalle donne scozzesi, la domenica che precedeva il giorno di San Michele, ed era chiamata ‘La domenica delle Carote’.
Quel giorno, le donne cantavano “rune” (canti particolari), mentre si radunavano.
Le radici biforcute della Carota selvatica erano molto apprezzate e considerate porta fortuna.
Nell’Europa orientale, il fiorellino purpureo al centro dell’infiorescenza della Carota selvatica, è chiamato ‘vergogna delle ragazze’ oppure ‘onore delle ragazze’, in quanto visto come connessione con le mestruazioni, la fertilità e la sessualità.
In Transilvania si narra che, se il fiorellino purpureo è molto grande, o mancante, si riferisce all’onore delle ragazze che abitano nelle circostanze.
Inoltre, si racconta che, un tempo, questo fiorellino fosse più grande, ma rimpiccolisce sempre di più, a causa dei costumi più libertini dei tempi moderni.
Quindi, se un giorno dovesse scomparire del tutto, sarebbe vicina la fine del Mondo.
Anticamente, i semi di Carota selvatica venivano conservati in vasi panciuti di terracotta, in modo che le radici crescessero grandi come i vasi.
Inoltre, i giorni migliori per la semina erano il Giovedì santo e il giorno di San Benedetto (21 marzo) o, meglio ancora, nei periodi in cui la Luna Piena si trovava nei segni di Terra (Toro, Vergine, Capricorno).
Invece, se si fosse seminato con la Luna Piena del Cancro, le radici sarebbero state sottili come fili, o come zampe di granchio.
Seminate con la Luna Piena in Scorpione, si sarebbero trasformate in vermi; in Gemelli, si dividerebbero; in Pesci, sarebbero diventate troppo lisce.
Nelle zone di campagna, all’alba delle Pentecoste (5 giugno), le donne si rotolavano in mezzo alle Carote, per farle crescere rigogliose.
In Europa, bucare le radici di Carota selvatica, aggiungendo l’urina del paziente, oppure semplicemente appendere le Carote nel seminterrato, curava l’ittero.
Se un bambino bagnava il letto, si scavava una Carota, si riempiva d’urina del bimbo e si appendeva sopra il camino, ad asciugare.
Per curare la difterite, il malato doveva urinare su una tazza contenente Carote, che poi venivano appese a nord-ovest del camino, per 8 giorni.
In alcuni Stati dell’America, chi soffriva di spasmi al collo, che si pensava fossero provocati dai vermi, doveva bere succo di Carota, che questi animali non sopportavano e quindi sarebbero ‘strisciati fuori’.
Pare che le verruche sarebbero scomparse, strofinandole con una Carota, che poi doveva essere seppellita, dimenticandosi il luogo.
Una leggenda racconta, di un seme di Carota caduto fuori dalla borsa di un mercante di semi, mentre attraversava il Reno.
Il seme crebbe in una Carota gigantesca, con la quale l’agricoltore, che la trovò, sfamò due buoi per tutto l’inverno.
In Esoterismo, mangiare i semi della Carota selvatica, aiuta le donne a rimanere incinte.
Le Carote vengono mangiate, per promuovere la lussuria e per curare l’impotenza.
Infatti, anticamente si creavano incantesimi d’amore con le Carote selvatiche, che rendevano gli uomini più appassionati ed incoraggiavano le donne ad essere sottomesse.
La Carota selvatica è utilizzata negli incantesimi di attrazione d’amore, lussuria, aumento della fertilità, aumento della potenza, desiderio sessuale e può apportare intuizione o chiarezza spirituale radicata.
Oltre al radicamento, guarigione, protezione, desiderio, sessualità, fertilità, aiuta a vedere le cose per quello che sono veramente, ‘pianta’ i semi del tuo desiderio, positività e divertimento, dolcezza, guarigione, apertura del Terzo occhio, sogni, visioni, giovinezza e giocosità.
Nella tradizione curativa islamica Unani, i semi di Carota selvatica sono utilizzati nelle pozioni d’amore, per aumentare il flusso di sperma e per rilassarsi.
L’olio essenziale di semi di Carota selvatica è tradizionalmente associato all’assorbimento di energia spirituale nel piano fisico, ed è utile per coloro che cercano una base magica.
È anche un’ottima scelta, per coloro che cercano la saggezza spirituale.
Viene anche indicato, per il trattamento e la rimozione delle rigidità emozionali che interessano il plesso solare e il cuore.
Favorisce un senso di empatia con gli altri.
Si sposa bene con: legno di cedro, bacche di ginepro, geranio, lavanda ed oli di agrumi.
Nelle essenze floreali francesi, la Carota selvatica favorisce la calma e riposa la mente, mentre in quelle californiane viene usata come rimedio naturale per lo scarso rendimento sessuale.
PIANETA: Marte
ELEMENTO: Fuoco
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Leone
CHAKRA: 3, Manipura (C. del Plesso solare) – 6, Ajna (C. del Terzo occhio)
Reiki è una combinazione di due parole giapponesi, ‘Rei‘ e ‘Ki’, col significato di ‘Energia vitale universale’.
Il Reiki è un’antica tecnica di risanamento delle mani, che usa l’energia della forza vitale per guarire, equilibrando le energie sottili nei nostri corpi (fisico, emotivo, mentale e spirituale).
Si tratta di una terapia di guarigione pratica, un approccio terapeutico, in cui il praticante facilita la consegna di energia universale ad un individuo, per aumentarne la vitalità e promuovere la capacità innata del corpo di guarire.
L’intenzione del praticante di Reiki è di agire come un condotto per la consegna dell’energia universale, e quindi ricostituire e ripristinare il flusso e l’equilibrio dell’energia.
Infatti, il metodo di guarigione Reiki è stato fondato sulla rivelazione e comprensione del sistema energetico del corpo.
ll Reiki è usato nella cura di sé, per la cura della propria famiglia, ed è offerto nella pratica privata, negli ospedali e nelle strutture mediche, come terapia aggiuntiva e di supporto al benessere ed alle cure mediche tradizionali.
La forma di Reiki più utilizzata oggi, Usui Reiki, è in uso da oltre cento anni.
Usui Reiki prende il nome dal suo fondatore, il Dr. Mikao Usui.
A volte chiamato Usui Sensei, il dottor Mikao Usui nacque in una ricca famiglia buddista nel 1865, ed ebbe un grado di istruzione a tutto tondo per l’epoca.
Da bambino, il dottor Usui studiò in un monastero buddista, dove gli furono insegnate arti marziali, spada e la forma giapponese di Chi Kung, conosciuta come Kiko.
Durante la sua formazione, egli si interessò alla medicina, alla psicologia ed alla teologia, le quali lo spinsero a cercare un modo per guarire se stesso e gli altri, usando l’imposizione delle mani.
Egli desiderava trovare un metodo di guarigione, che fosse slegato da qualsiasi religione o altra credenza specifica, in modo che il suo sistema fosse accessibile ed accettato da tutti.
Viaggiando molto durante la sua vita, studiò sistemi di guarigione di tutti i tipi e svolse diverse professioni tra cui giornalista, missionario, funzionario pubblico e guardia, diventando alla fine sacerdote/monaco buddista, e vivendo in un monastero.
Durante questi anni nel monastero, il dottor Usui per 21 giorni visse in una grotta sul monte Kurama, digiunando, meditando e pregando finché, la mattina del ventunesimo giorno, visse un evento che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Infatti, egli vide antichi simboli sanscriti, che lo aiutarono a sviluppare il sistema di guarigione che tanto aveva desiderato inventare: nacque così “Usui Reiki”.
Quindi, subito dopo fondò a Tokyo un centro di pratica ed insegnamento, diventando in breve tempo molto famoso.
In seguito, Il dott. Usui ritornò dapprima nel suo monastero e poi decise di recarsi nel quartiere dei mendicanti di Kyoto, per poter aiutare questa povera gente, guarendoli ed offrendo loro una vita migliore.
Rimase all’incirca sette anni in questi bassifondi e trattò molti malati.
Un giorno, vedendo in quel quartiere sempre gli stessi visi e chiedendo loro perché non cercassero un lavoro e vivessero diversamente, questi risposero che, al lavoro, preferivano mendicare.
Profondamente scosso da queste parole, il dottor Usai pianse sul loro significato e riconobbe, che egli aveva dimenticato qualche cosa di molto importante: non aveva insegnato loro la riconoscenza.
Così, nei giorni che succedettero, egli fissò i principi di vita del Reiki:
Per oggi
Non ti preoccupare.
Non ti arrabbiare.
Sii pieno di gratitudine.
Svolgi il tuo lavoro con dedizione.
Sii gentile con le persone.
Just for today
Do not worry.
Do not anger.
Be humble.
Be honest.
Be compassionate toward yourself and others.
I will earn my living honestly.
Poco tempo dopo, abbandonò il quartiere dei mendicanti e ritornò a Kyoto, dove accese un’enorme fiaccola.
A chi gli domandava il significato di questa fiaccola, egli rispondeva di essere alla ricerca di uomini che volessero vedere la vera luce, che fossero malati ed oppressi e che desiderassero arrivare alla guarigione.
Si aprì, quindi, un nuovo capitolo della sua esistenza, in cui egli viaggiò molto per insegnare il Reiki.
Il dottor Usui morì nel 1926, per ictus, solo 4 anni dopo aver fondato la sua scuola di Reiki, ma avendo già formato circa 2000 allievi e 14 insegnanti: la diffusione del Reiki è potuta quindi proseguire rapidamente in tutto il Mondo.
Egli è sepolto a Tokio, in un tempio Buddista del Jodo Shu e la storia della sua vita si trova incisa sulla pietra della sua tomba.
Si dice, che lo stesso imperatore del Giappone abbia reso omaggio alle sue spoglie.
Uno degli allievi del dottor Usui, fu il dottor Chujiro Hayashi, il quale continuò sulle orme del suo maestro, creando una clinica di Reiki, che rimase aperta fino al 1940.
Egli era un ufficiale di marina e chirurgo in pensione, e studiò con il dottor Usui per 10 mesi, prima che il maestro morisse nel marzo 1926.
Il Dottor Hayashi sviluppò un nuovo stile di Reiki, che ha la stessa energia e lignaggio dell’Usui Reiki, così come molte delle tecniche originali, ma è anche responsabile degli aspetti formali del Reiki che vengono insegnati oggi, come le posizioni delle mani, le basi scientifiche pratiche tenute all’interno del Reiki e insegnando anche una “sintonizzazione”.
La fama e la popolarità della clinica del dottor Hayashi si diffusero in tutto il Giappone, ed ebbe un discreto successo nel portare energie curative a molte persone.
Hawayo Takata era una donna hawaiana di origine giapponese nata nel 1900.
Dopo la morte del marito e della sorella, si ammalò e decise di recarsi in Giappone alla ricerca di un medico, che potesse eseguire un’operazione ritenuta necessaria per lei, per tornare in buona salute.
Essendo affetta da tumore, calcoli biliari ed appendicite, e sentendo profondamente dentro di sé, che le operazioni non sarebbero state necessarie, chiese se esistesse un modo alternativo per guarire.
Fu, così, indirizzata alla clinica del dottor Hayashi.
La signora Takata iniziò a ricevere trattamenti settimanali regolari e, in un periodo di diverse settimane, la sua salute migliorò drasticamente.
Rimanendo stupita, chiese al dottor Hayashi di insegnarle come trasmettere le energie Reiki agli altri, il quale accettò di insegnarle Reiki I e II.
La donna studiò con lui dal 1936 al 1938, divenendo una delle tredici studentesse insegnanti di ‘Hayashi Chujiro’.
È stata, infatti, la prima a portare l’insegnamento di Hayashi in Occidente, quando tornò alle Hawaii, dove iniziò a praticare il Reiki.
Due anni dopo, convinse il dottor Hayashi a farle visita alle Hawaii, in modo che potesse vedere la sua clinica di Reiki, e lui decise di avviare la signora Takata al terzo grado di Reiki.
La signora Takata continuò a fare trattamenti e iniziò ad insegnare agli studenti di Reiki di livello 1 e livello 2 e, negli anni ’70, iniziò a formare altri maestri di Reiki, per oltre 40 anni.
Al momento della sua morte, l’11 dicembre 1980, la signora Takata aveva formato 22 maestri di Reiki, ed è grazie a loro che questa disciplina si è diffusa principalmente in Occidente.
Nel 1993, la Reiki Alliance (comunità internazionale di Reiki Masters dedicata alla pratica dell’Usui Shiki Ryoho, il Sistema Usui di Guarigione Naturale), originariamente costituita per supportare gli insegnamenti di Hawayo Takata, attraverso la nipote Phyllis Furumoto, iniziò a definire le qualifiche ed il comportamento etico di un praticante di Reiki.
Heracleum è un genere di erbe biennali e perenni della famiglia delle Carote (Apiaceae).
Cresce in tutto l’Emisfero settentrionale temperato ed in alta montagna, fino all’estremo sud dell’Etiopia.
Il nome del genere Heracleum deriva dal greco antico “di Eracle“, ovvero l’eroe mitologico Ercole, con riferimento alle grandi dimensioni di alcune specie.
I nomi comuni per il genere, o la sua specie, includono Panace e Prezzemolo della mucca (in quanto si raccoglieva e dava alle mucche contro i reumatismi).
Il nome volgare di Panace, fa riferimento alle supposte, molteplici virtù terapeutiche, una ‘panacea’ appunto.
Altri nomi con cui è conosciuto: Patte d’ours, Berce des prés, Wiesen-Bärenklau, Cow parsnip, Hogweed, Devil’s Tobacco.
Questo genere comprende circa 88 specie con caratteristiche abbastanza simili, tranne Heracleum mantegazzianum, il quale può raggiungere altezza veramente eccezionale.
Attenzione, perché è noto che la maggior parte delle specie del genere Heracleum causa fitofotodermatite, ovvero dermatite da contatto con specie vegetali, causate proprio dal contatto della cute con sostanze vegetali quali latice, linfa, succhi e resine irritanti per la pelle.
In particolare, sono ben noti i rischi per la salute pubblica del Panace gigante (Heracleum mantegazzianum).
Ed ora, vediamo da vicino alcune specie.
Heracleum sphondylium, Panace comune, Panace dei macereti o Spondilio, è una pianta dei prati e dei boschi molto diffusa in tutta l’Europa eccetto in Mediterraneo alta fino a 150 cm.
Sphondylium deriva dal greco = vertebra, per il fusto con nodi ingrossati simili a vertebre.
Esso è robusto, densamente ispido con peli rigidi, fortemente solcato-angoloso.
Le foglie sono grandi, polimorfe, glabre o ricoperte su entrambi i lati da peli corti e rigidi.
I fiori sono bianchi, verde-giallastri o rosa, riuniti in ombrelle di 15-30 raggi.
Il Panace è comune nei boschi, nelle macchie, nei prati di montagna ed è conosciuto anche con il nome di Zampa d’Orso, Sedano dei prati.
Il Panace contiene un succo irritante ed una miscela di olii essenziali.
Il sapore e l’odore somigliano a quello delle formiche schiacciate.
I germogli primaverili possono essere consumati crudi in insalata, oppure preparati come gli asparagi.
Dai frutti è possibile ottenere un liquore, dal gusto gradevole.
Nelle zone alpine di Svizzera e Austria, e nel sud della Germania, con il Panace si produce un ottimo miele.
Nell’ Europa orientale, le foglie vengono fatte fermentare per preparare una specie di birra, detta “Parst” o “Bartsch”, mentre i piccioli vengono distillati da soli o con i mirtilli, per ricavarne una specie di grappa.
Le foglie disseccate sono un cibo di cui i conigli sono ghiotti.
Dai fusti maturi e secchi del Panace, si ricava una polvere con la quale si possono confezionare dolci, o da usarsi come addensante per i budini.
Il fusto trasuda una melata bianchiccia dolce ed i rametti possono essere succhiati come caramelle.
Erba molto comune e famosa nel Rinascimento per combattere le crisi depressive.
L’infuso della radice con le foglie, insieme a quello di Zafferano, è una ricetta per combattere impotenza e frigidità, nota fin dall’antico Egitto.
I Polacchi ed i Lituani usano questa droga per fabbricare ogni genere di birra.
Nel Medioevo era consigliata contro i vizi della milza e la secchezza dei nervi.
Considerata efficace anche contro i vermi del cervello.
Tra i profumi più famosi dell’Età classica, si annoverano “Amarkinon” ed “Unguento reale”, entrambi composti anche da Panace.
Il Panace è indicato come stimolante ed afrodisiaco, digestivo, espettorante e sedativo.
La radice ha proprietà simili a quelle di Ginseng.
Una specie molto interessante è l’Heracleum mantegazzianum, Panace di Mantegazza, in onore dell’antropologo, fisiologo, patriota e scrittore dell’800, Paolo Mantegazza.
Questo genere è stato importato in Europa dal Caucaso alla fine del XIX secolo, per le sue proprietà mellifere e come pianta ornamentale in giardini privati, poi diffondendosi ed inselvatichendosi nei prati, sulle rive dei fiumi e nei luoghi incolti, sia in pianura, sia a quote più elevate.
Avendo una rapida capacità di diffusione, in molte zone è considerata infestante, in quanto provoca il deperimento e la distruzione della vegetazione indigena, oltre ad essere molto pericolosa, principalmente per la tossicità cutanea ed oculare della sua linfa, innescata dalla fotoesposizione.
I danni, che il Panace di Mantegazza può causare, sono vesciche, eruzioni cutanee ed ustioni, che possono richiedere fino a sette anni per raggiungere una completa guarigione.
Infatti, la sua linfa contiene sostanze chimiche tossiche che reagiscono con la luce, a contatto con la pelle umana, causando la formazione di vesciche.
Quindi, impedendo alla pelle di proteggersi dai raggi solari, reca conseguenze temibili, come bruttissime scottature che lasciano evidenti cicatrici.
Se la sua linfa entra in contatto con gli occhi, può causare cecità momentanea o permanente.
Pertanto, se per qualsiasi ragione si entrasse in contatto con questa pianta, la prima cosa da fare è lavarsi con acqua e sapone e poi recarsi all’ospedale.
In molte zone è raccomandata la sua eradicazione, ma occorre proteggere il corpo con abiti adatti, munirsi di guanti e occhiali, e coprirsi anche il viso.
Mi raccomando: E’ UNA PIANTA MOLTO PERICOLOSA.
Cresce soprattutto lungo sentieri e argini, ma anche in luoghi come parchi, cimiteri e terreni incolti.
In Italia è possibile trovarla nelle zone del nord, ed è molto facile riconoscerla anche grazie alla sua altezza, può raggiungere addirittura i 5 metri.
Infine, parlo dell’Heracleum maximum, unica specie originaria del nord America.
Conosciuta anche come Pastinaca delle mucche, Sedano indiano, Rabarbaro indiano, Pushki, a volte è indicata come Heracleum lanatum o Heracleum lanatum var. asiaticum, di cui in realtà è un sinonimo.
Può raggiungere i 2 metri d’altezza, per cui spesso è anche confuso con il Panace di Mantegazza, il quale però ha tipiche macchie violacee sugli steli e foglie più seghettate.
L’Heracleum maximum è ampiamente riconosciuto come preziosa pianta da pascolo per mucche, pecore e capre, oltre ad essere noto per essere importante nelle diete di numerosi animali selvatici, in particolare orsi, sia grizzly che neri.
Anche con questa specie, i germogli, che entrano in stagione all’inizio dell’estate, possono essere mangiati cotti, ma si dovrebbe prestare attenzione, poiché i fiori assomigliano a quelli della Cicuta maculata, estremamente velenosa.
I Nativi americani usavano moltissimo il Sedano indiano, spesso percorrendo lunghe distanze in primavera, anche 100 chilometri, per trovare i germogli di piante succulente.
In termini di gusto, consistenza e sostanze nutritive, i gambi sbucciati assomigliano al Sedano, che ha dato appunto origine al nome comune “Sedano indiano”.
Gli indigeni sono consapevoli degli effetti tossici della pianta, sapendo che, se la pelle esterna non viene rimossa, si può avere “prurito alla bocca” o una pelle con vesciche.
Essi, anticamente raccomandavano alle donne in gravidanza, di allontanarsi dai gambi dei boccioli dei fiori di questa pianta, per evitare che i neonati morissero asfissiati, mentre piangevano.
L’Heracleum maximum era un ingrediente negli impacchi applicati su lividi o piaghe, mentre gli impiastri preparati con le sue radici venivano applicato sui gonfiori, soprattutto dei piedi. Gli steli essiccati venivano usati come cannucce per gli anziani o gli infermi, o trasformati in flauti per i bambini.
Inoltre strofinavano il corpo con infuso dei fiori, per respingere mosche e zanzare.
Dalle radici si può ricavare un colorante giallo.
In Esoterismo, l’Heracleum è una delle prime piante da fiore della primavera, quindi è l’ideale per un altare Imbolc o uno spazio sacro.
Rappresenta il cambio di stagione e gli spazi liminali come le siepi e i margini in cui si trova.
L’Heracleum riguarda i periodi di transizione, la pausa tra i diversi stati dell’essere e l’essere presenti nel momento.
I fiori sono bianchi, il che è associato alla purezza ed all’integrità in alcune culture.
Nella mitologia celtica, il bianco rappresenta un visitatore proveniente dagli Inferi o, in termini più moderni, da oltre il ‘velo’.
E’ associata anche ai segugi magici irlandesi, Cú sídhe , i quali sono bianchi con le orecchie rosse e spesso si dice, che siano portatori di morte.
La morte può significare una trasformazione completa, piuttosto che il significato letterale della fine della vita.
Potrebbe essere la fine di un periodo di dolore, un lavoro in cui sei bloccato o anche una relazione insoddisfacente.
La pianta ha anche una forte associazione con la morte, infatti la superstizione inglese sembra affermare, che ciò sia dovuto al fatto che tendeva a crescere sulle tombe o nei cimiteri.
L’Heracleum potrebbe essere usato come emblema, quando si medita o si eseguono visualizzazioni intorno a coloro che sono trapassati.
Potresti anche invertire l’associazione e portare un rametto di questa pianta, come protezione contro danni o morte.
Per la sua stretta somiglianza con la Cicuta (col fiore bianco altamente velenoso, strettamente legato alla Stregoneria), l’Heracleum potrebbe avere qualche significato simile a quest’ultima.
Questa pianta ha anche la reputazione di “spezzare il cuore di tua madre”, perché i minuscoli fiori bianchi cadono rapidamente, cosa che infastidirebbe una madre che ama tenere pulita la casa.
L’Heracleum è adatto alle persone che si sentono ‘senza radici’, oppure sono incerti sulla direzione interiore da prendere, o hanno difficoltà a connettersi o adattarsi a un nuovo ambiente, dopo un trasloco.
Questa pianta, infatti, promuove la forza interiore, assiste nel processo di adattamento a un nuovo ambiente, incoraggia la pace della mente e l’appagamento per le circostanze presenti, anche durante i periodi di intensa transizione e cambiamento.
L’Heracleum è adatto anche per coloro che prendono la vita troppo sul serio, e si sentono responsabili di tutto, spesso avendo un senso di insicurezza di fondo.
Per i bambini è utile, quando hanno dovuto già sopportare eccessive responsabilità e non hanno la capacità di giocare.
PIANETA: Venere
ELEMENTO: Acqua
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Cancro
CHAKRA: 1, Muladhara (C. della Radice)
TROVA IL TUO NOME!
PIA/PIO: dalla devozione cristiana ‘ligio alla religione’
Caratteristiche della personalità: fiducioso, affidabile
Segno corrispondente: Vergine
Numero fortunato: 4
Colore: Verde
Pietra: Olivina
Metallo: Oro
Onomastico: 19 Gennaio (Pia) – 30 Aprile (Pio)
Varianti: Pije, Pius, Pie, Piusz, Pij
PIERA/PIERO: VEDI PIETRA/PIETRO
PIERANGELA/PIERANGELO: dal latino “grande messaggero”
Caratteristiche della personalità: disponibile, curioso
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 5
Colore: Viola
Pietra: Kunzite
Metallo: Argento
Onomastico: 29 Giugno-15 Luglio
PIERCARLO: dal latino “grande uomo libero”
Caratteristiche della personalità: empatico, raro
Segno corrispondente: Bilancia
Numero fortunato: 3
Colore: Celeste
Pietra: Celestite
Metallo: Mercurio
Onomastico: 29 Giugno-4 Novembre
PIERDAVIDE: “pietra amata”
Caratteristiche della personalità: gioviale, scientifico
Segno corrispondente: Leone
Numero fortunato: 8
Colore: Giallo
Pietra: Quarzo citrino
Metallo: Rame
Onomastico: 29 Giugno-29 Dicembre
PIERFERDINANDO: “ardito nella pace”
Caratteristiche della personalità: nobile, scontroso
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 3
Colore: Bianco
Pietra: Labradorite
Metallo: Argento
Onomastico: 29 Giugno-30 Maggio
PIERFRANCESCO: “pietra libera”
Caratteristiche della personalità: rigoroso, impegnato
Segno corrispondente: Ariete
Numero fortunato: 4
Colore: Blu
Pietra: Topazio
Metallo: Alluminio
Onomastico: 29 Giugno-4 Ottobre
PIERGIORGIO: “grande agricoltore”
Caratteristiche della personalità: indipendente, sicuro
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 2
Colore: Marrone
Pietra: Corniola
Metallo: Ferro
Onomastico: 20 Maggio-29 Giugno-4 Luglio-23 Aprile
PIERGIOVANNI: ”dono del Signore”
Caratteristiche della personalità: ironico, permaloso
Segno corrispondente: Leone
Numero fortunato: 5
Colore: Arancio
Pietra: Corniola
Metallo: Piombo
Onomastico: 24 Giugno-29 Giugno
PIERLUCA: “pietra del giorno”
Caratteristiche della personalità: innovativo, amante della natura
Segno corrispondente: Leone
Numero fortunato: 8
Colore: Giallo
Pietra: Quarzo citrino
Metallo: Oro
Onomastico: 29 Giugno-18 Ottobre
PIERLUIGI: “pietra illustre”
Caratteristiche della personalità: libero, fedele
Segno corrispondente: Capricorno
Numero fortunato: 1
Colore: Grigio
Pietra: Ematite
Metallo: Rame
Onomastico: 29 Giugno-21 Giugno-28 Aprile
PIERMARIO: “pietra importante”
Caratteristiche della personalità: gioviale, spiritoso
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 1
Colore: Arancio
Pietra: Berillo
Metallo: Rame
Onomastico: 29 Giugno-19 Gennaio
PIERPAOLO: “pietra piccola”
Caratteristiche della personalità: esuberante, accogliente
Segno corrispondente: Pesci
Numero fortunato: 5
Colore: Celeste
Pietra: Angelite
Metallo: Platino
Onomastico: 29 Giugno
PIERRE: VEDI PIETRO
PIERSILVIO: “pietra del bosco”
Caratteristiche della personalità: introverso, fedele
Segno corrispondente: Acquario
Numero fortunato: 8
Colore: Bianco
Pietra: Quarzo latteo
Metallo: Argento
Onomastico: 29 Giugno-1 Marzo
PIERSIMONE: “sasso schiacciato”
Caratteristiche della personalità: energico, affidabile
Segno corrispondente: Leone
Numero fortunato: 8
Colore: Viola
Pietra: Ametista
Metallo: Ferro
Onomastico: 29 Giugno-28 Ottobre
PIETRA/PIETRO: dal greco “pietra”
Caratteristiche della personalità: innovativo, amante della natura
Segno corrispondente: Leone
Numero fortunato: 8
Colore: Giallo
Pietra: Ambra
Metallo: Rame
Onomastico: 29 Giugno
Varianti: Pierre, Petrone, Pjetër, Petra, Petros, Petr, Per, Pere, Petar, Peder, Peter, Peeter, Petro, Pedro, Pekka, Petri, Petteri, Pietari, Piers, Pitter, Pedr, Petre, Pika, Petrus, Pétur, Peadar, Piaras, Peres, Pitter, Petras, Petera, Petter, Piotr,
Pedar
PILAR: dallo spagnolo “pilastro”
Caratteristiche della personalità: coinvolgente, comunicativa
Segno corrispondente: Acquario
Numero fortunato: 7
Colore: Viola
Pietra: Ametista
Metallo: Argento
Onomastico: 12 Ottobre
PINA/PINO: VEDI GIUSEPPE
PIPPO: VEDI FILIPPO O GIUSEPPE
PLACIDA/PLACIDO: dal latino “mansueto”
Caratteristiche della personalità: apparentemente calmo, irrequieto
Segno corrispondente: Ariete
Numero fortunato: 1
Colore: Verde
Pietra: Peridoto
Metallo: Argento
Onomastico: 11 Ottobre
Varianti: Placide, Placid, Placyd
PLATONE: dal greco “ampio”
Caratteristiche della personalità: riflessivo, affascinante
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 7
Colore: Arancio
Pietra: Tormalina
Metallo: Argento
PLINIO: dal latino ”pieno”
Caratteristiche della personalità: imprevedibile, affidabile
Segno corrispondente: Pesci
Numero fortunato: 5
Colore: Arancio
Pietra: Ambra
Metallo: Oro
POLIDORA/POLIDORO: dal greco “che dona molto”
Caratteristiche della personalità: espansivo, ilare
Segno corrispondente: Scorpione
Numero fortunato: 6
Colore: Bianco
Pietra: Quarzo ialino
Metallo: Platino
Onomastico: 10 Dicembre
Varianti: Polydorus, Polidor, Polydore, Polydora
POMPEA/POMPEO: dal latino “quinto nato”
Caratteristiche della personalità: esuberante, vanitoso
Segno corrispondente: Pesci
Numero fortunato: 8
Colore: Verde
Pietra: Olivina
Metallo: Argento
Onomastico: 14 Dicembre
Varianti: Pompeio, Pompeia, Pompej, Pompey, Pompée
PONZIO: antico nome gentilizio “quinto nato”
Caratteristiche della personalità: esteta, amante dell’arte
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 5
Colore: Viola
Pietra: Ametista
Metallo: Platino
Onomastico: 8 Marzo
Varianti: Ponç, Pons, Poncio, Pontus
PORFIRIO: dal greco “purpureo”
Caratteristiche della personalità: mite, silenzioso
Segno corrispondente: Acquario
Numero fortunato: 3
Colore: Marrone
Pietra: Occhio di tigre
Metallo: Ferro
Onomastico: 4 Maggio
Varianti: Porfiria, Porfiri, Porphyre, Porphyry, Porphyra, Porfiriusz
PORZIA: dal latino “separata”
Caratteristiche della personalità: precisa, stilosa
Segno corrispondente: Pesci
Numero fortunato: 1
Colore: Bianco
Pietra: Howlite
Metallo: Argento
Onomastico: 8 Ottobre
Varianti: Porsia, Portia, Porsha, Pórcia, Porcie
PREZIOSA: dal medievale “preziosa”
Caratteristiche della personalità: carismatica, amante dell’arte
Segno corrispondente: Gemelli
Numero fortunato: 3
Colore: Rosa
Pietra: Rodonite
Metallo: Platino
Onomastico: 1 Luglio
Varianti: Preciosa, Precious, Preciosa
PRIAMO: dal greco “riscattato”
Caratteristiche della personalità: competitivo, perfezionista
Segno corrispondente: Sagittario
Numero fortunato: 6
Colore: Giallo
Pietra: Topazio giallo
Metallo: Ferro
Onomastico: 28 Maggio
PRIMO: dal latino “primo nato”
Caratteristiche della personalità: socievole, sportivo
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 8
Colore: Azzurro
Pietra: Acquamarina
Metallo: Piombo
Onomastico: 9 Giugno
Varianti: Primož
PRISCA: dal antichissima Gens latina “assai vecchia”
Caratteristiche della personalità: misteriosa, avventurosa
Segno corrispondente: Scorpione
Numero fortunato: 1
Colore: Nero
Pietra: Onice
Metallo: Platino
Onomastico: 18 Gennaio
Varianti: Priska, Piroska, Priscilla
PRISCILLA: VEDI PRISCA
PROSERPINA: dal greco “emergente”
Caratteristiche della personalità: tradizionale, affidabile
Segno corrispondente: Toro
Numero fortunato: 4
Colore: Grigio
Pietra: Andalusite
Metallo: Rame
PROSPERA/PROSPERO: dal latino “ricco, fecondo”
Caratteristiche della personalità: vitale, lavoratore
Segno corrispondente: Gemelli
Numero fortunato: 3
Colore: Bordeaux
Pietra: Granato
Metallo: Oro
Onomastico: 4 Settembre (Prospera)- 25 Giugno (Prospero)
Varianti: Prosper
PROTASIO: dal latino “preferito”
Caratteristiche della personalità: pragmatico, diretto
Segno corrispondente: Leone
Numero fortunato: 8
Colore: Viola
Pietra: Ametista
Metallo: Piombo
Onomastico: 19 Giugno-6 Novembre
Varianti: Protaso
PRUDENZIA/PRUDENZIO: dal latino “prudente”
Caratteristiche della personalità: meticoloso, razionale
Segno corrispondente: Vergine
Numero fortunato: 2
Colore: Bianco
Pietra: Quarzo ialino
Metallo: Platino
Onomastico: 6 Maggio (Prudenzia)-6 Aprile (Prudenzio)
Varianti: Prudenziano, Prudenziana, Prudenza, Prudence, Prudencio, Prudencia, Prue, Prudy, Prudie, Purdie, Purdy