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Mandragora è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Solanaceae, conosciuto anche come Mandragola.
Il suo nome deriva dal persiano ‘mandrun-ghia’ = ‘erba-uomo’, per la forma antropomorfa delle radici.
Altri nomi sono: Herbstalraune, Mandrake, Mandragore.
Si tratta di piante erbacee perenni fetide, poste a livello del terreno, alte fino ad una trentina di centimetri, con foglie disposte in rosetta basale, al cui centro nascono i fiori di colore dal bianco-verdastro a blu pallido o viola.
Tra le varie specie, una è Mandragola mediterranea (Mandragora officinarum) di origine appunto mediterranea, radice eretta spesso ramificata, e fiori campanulati bianco-verdastri, seguiti da bacche gialle o arancioni.
Un’altra specie è la Mandragola autunnale (Mandragora autumnalis), di origine balcanica e con fiori violacei.
La Mandragola è una specie estremamente tossica, contenente alcaloidi simili a quelli della scopolamina, josciamina ed atropina, presenti anche nella Belladonna e nel Giusquiamo .
Dosata moderatamente viene talvolta utilizzata come preanestetico e nella cura degli spasmi intestinali, oltre che nell’omeopatia come rimedio sedativo nei casi di asma e tosse.
A causa di questi alcaloidi tropanici allucinogeni deliranti, che causano appunto delirio ed allucinazioni, e la forma delle loro radici che ricordano figure umane, nel corso della storia, la Mandragola è stata sempre associata ad una varietà di pratiche religiose e spirituali.
E’ stata (ed è ancora) a lungo usata nei rituali magici, nelle pratiche pagane contemporanee come Wicca ed Heathenry.
Tuttavia bisogna precisare, che le “Mandragole” utilizzate in questo modo non erano sempre specie di Mandragora, ma spesso si trattava di Bryonia alba.
La Mandragola è una pianta sacra, sia nella sua accezione positiva sia negativa: può dare la vita come la morte.
Evocando il corpo umano, essa rappresenta la panacea, ma contiene anche una forza malefica.
Si pensava che, strappare dal terreno una Mandragola, provocasse una morte istantanea, in quanto essa era lo strumento di Dio come del diavolo.
Infatti, nell’ epoca romana, si credeva che la Mandragola, svellendola dal terreno, avrebbe risvegliato il demone.
Quindi, si suggeriva di disegnare tre cerchi e di legarla al collo di un cane con un filo nero, per evitare l’evocazione malefica.
Nelle regioni appenniniche del lago Scaffaiolo (Modena), la Mandragola era considerata un potente rimedio contro i temporali e le bufere.
I pastori del luogo guardavano di mal occhio gli escursionisti, temendo che essi raccogliessero la pianta, spesso maltrattando i malcapitati soprattutto dopo una tempesta, ritenendoli responsabili delle perturbazioni atmosferiche.
Si narra che, quando la magica pianta viene estratta dal terreno, emetta un grido che fa morire chi lo sente.
Gli Assiri impiegavano il fumo della radice bruciata come esorcismo, soffiandolo sul corpo della persona da guarire, per cacciare il male, così come in Armenia si bruciava la radice per allontanare gli spiriti malvagi, mentre in Israele era nota come amuleto per rendere fertili.
Nel Testamento di Salomone (I – III secolo d.C.), si fa probabilmente riferimento alla radice di Mandragora dicendo, tra l’altro, che sotto la pietra preziosa dell’anello magico di Salomone, portatogli dall’arcangelo Michele, ci fosse un pezzo di radice della pianta, e che tale anello servisse per assoggettare gli spiriti e curare gli ossessi.
I nomi ebraici ed arabi per la pianta si riferiscono ad essa come “l’ardente“, o “Lampada del diavolo”, in quanto si credeva che brillasse di notte con una fiamma ultraterrena.
L’uso farmaceutico di questa pianta risale ai tempi più antichi e, superstiziosamente, gli uomini la credevano capace di provocare l’amore e di creare ricchezza.
Per queste virtù la Mandragola era nota anche come Circea, alludendo alle meravigliose ed incantevoli arti della maga Circe.
Ciò si spiegherebbe, in quanto la Mandragola era la pianta per eccellenza di Ecate, la quale probabilmente, in origine, era una Dea asiatica della Terra.
Madre delle maghe Circe e Medea, viveva in Caria (Asia Minore) ed era la Dea ctonia degli Inferi, la “Signora del mondo sotterraneo”, a cui erano rivolte formule di incantamento, oltre ad essere la Dea delle streghe, degli spiriti notturni, delle nascite e dei trivi.
Causava nell’uomo sonno pesante, sogni gravosi, stati di coscienza mutevoli, epilessia e pazzia, e portava una corona composta da serpenti e rami di quercia (esiste un’associazione tra Mandragora e quercia, secondo una leggenda francese del picchio).
Il cane era il suo animale sacro e spirito aiutante, ed essa stessa appariva come fantasma di un cane, oltre al fatto che era evocata come “nero cane”.
Pertanto, il cane era l’animale da sacrificare e dedicare a Ecate, durante la raccolta della radice di Mandragola, offerto anche nei templi a lei dedicati.