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MITI E LEGGENDE
Anticamente in Germania, con l’aumento dell’importanza dell’agricoltura, nella popolazione contadina crebbe di pari passo l’interesse per gli Spiriti dei Campi, i Feldgeister.
Questi favorivano o inibivano la crescita dei raccolti, motivo per cui si cercava di non irritarli, di scacciarli o di renderli amichevoli, oppure spesso causavano fulmini e pioggia.
Ad esempio, l’ondeggiamento del grano nel vento era dovuto al Windkatze (Gatto del vento), o del Wetterkatze (Gatto del tempo).
Anche Windsauen (Scrofe del vento), Windböcke (Cervi del vento) o Windwölfe (Lupi del vento) provocavano le nuvole nel grano.
Ai bambini era vietato raccogliere fiordalisi nei campi di grano, in particolare quelli blu, poiché avrebbero potuto facilmente cadere vittime del Bullkaters (Gatto-toro).
Durante la raccolta, bisognava fare attenzione al Korndämonen (Demone del grano).
Prima della falciatura, questo demone si nascondeva nell’ultimo covone, dove doveva essere ucciso, altrimenti sarebbe andato nell’aia con la mietitura.
Oltre agli Spiriti dei campi in forma animale, ce n’erano anche alcuni in forma umana, come Kornmutter (Madre del grano) o Kornweiber (Donna del grano), Hafermuhme (Mamma dell’avena) o Alte (Vecchi), i cui nomi danno l’idea di una Grande Madre Terra.
Il compagno della Kornmutter era il selvaggio Kornmann (Uomo del grano) con la sua mazza di ferro.
Le ultime spighe di grano ed i frutti degli alberi spesso non venivano raccolti, come sacrificio per gli Spiriti agricoli.
Durante la stagione del raccolto, un Feldgeist correva nelle profondità dei campi, per sfuggire alle falci e, con gli ultimi gambi di mais, esso rimaneva intrappolato.
Oppure veniva ucciso, mentre si tagliavano le spighe del grano, trebbiando il mais, e poi veniva portato al villaggio in maniera cerimoniale, a forma di bambola di mais.
Infatti, era consuetudine per lasciargli gli ultimi steli del raccolto in piedi, o fare bambole con l’ultimo covone, le quali venivano vestite ed erano l’ospite d’onore alla successiva festa del raccolto.
La bambola, poi, veniva riposta con cura in casa.
Probabilmente, gli spaventapasseri possono essere visti anche in relazione a tali usanze.
Entrare a contatto diretto con il Feldgeist provocava malattia.
A volte, i Feldgeister potevano essere evocati da streghe, sciamani, druidi ed altri maghi della natura, nei terreni agricoli.
Gli Spiriti dei campi si materializzavano o si manifestavano come contadini o braccianti, solitamente vestiti con abiti antichi.
A seconda di dove erano stati evocati, essi apparivano come giardinieri con grembiuli verdi, cappelli di paglia e tagliasiepi, come boscaioli o persino come pastori di bestiame.
Ecco i Feldgeister più conosciuti.
Ø Roggenmuhme (o Rogenmühme): il suo nome si traduce in “Madre della segale“. Si dice che abbia il seno pieno di catrame, con le punte ricoperte di ferro. Roggenmuhme cammina su e giù per il campo, si nutre del mais e strappa le spighe acerbe. La punta delle sue dita sputa fuoco e tiene in mano un bastone, o una frusta di betulla, da cui produce fulmini. È anche nota per trasformarsi in altri animali, come serpenti, tartarughe, rane. Quando è arrabbiata con il contadino, prosciuga il suo campo e così lo punisce. In generale, però, l’attraversamento del campo da parte di questo Spirito garantisce la fertilità. Alla mietitura fugge nell’ultimo covone. Roggenmuhme riceve anche una parte del raccolto, che viene lasciato ai margini o gettato nel campo. Questa usanza dovrebbe mettere la Madre della segale in uno stato d’animo misericordioso e portare a un fruttuoso raccolto, l’anno successivo. Roggenmuhme è nota per rapire bambini umani che cercano fiordalisi, oppure sostituisce i bambini con i Cangianti (creature simili agli umani). Costringe i bambini a succhiare il suo petto mortale e può colpirli con esso. Roggenmuhme insegue anche i bambini a velocità simili a quelle di un cavallo in corsa. Spegne la luce dei bambini e li picchia con la sua zangola di ferro. Roggenmuhme è anche la madre dei Roggenwölf (Lupi di segale) potendo assumere, lei stessa, la forma di un lupo. A volte Roggenmuhme è accompagnata da cagnolini, che guidano i bambini nel suo abbraccio di ferro.
Ø Roggenwolf: equiparato al Lupo mannaro, il ‘Lupo di segale’ è uno spirito campale a forma di lupo. Questo Spirito ruba i bambini e si nutre di loro.
Ø Haferbock: il Caprone dell’avena è uno spirito strettamente legato alla vegetazione e alla coltivazione dei semi, che incarna l’atto di rigenerazione e il cerchio della vita per le piante o le cose in crescita. L’Haferbock solitamente assume la forma di una capra, ma può anche assumere la forma di un uccello a tre zampe, o di un ibrido capra-uccello. Si nasconde nei campi di grano, cercando di fuggire da eventuali intrusi o umani che incontra ma, se dovessi raggiungere l’Haferbock, o peggio, toccarlo, il meglio che potrà succederti, è avere sfortuna per il resto della giornata. Se incontri un Haferbock particolarmente malvagio, potrebbe schiaffeggiarti in faccia, prenderti a calci, morderti o persino divorarti. Inoltre, non imitare mai il grido dell’Haferbock, in quanto non ama le imitazioni, quindi farà tutto il possibile per catturarti. Anche se non ci riuscirà, troverai il mantello insanguinato di un uccello-capra morto, appeso fuori dalla tua finestra quando torni a casa e, fidati, non sarà uno spettacolo piacevole.
Inoltre, non dovresti mai lasciare che i tuoi figli si avvicinino ai tuoi campi di grano, poiché l’Haferbock ama molto i bambini e non in senso positivo. Sembra che questa leggenda abbia avuto origine dal desiderio dei contadini, di evitare che i loro figli entrassero nei campi di grano.
Ø Habergeiß: è l’equivalente femminile dell’Haferbock. Nel suo aspetto ricorda una capra domestica e bela anche così. Ma ride anche come un folletto, gracida come un rospo e bubola come un gufo. Infesta ogni sorta di luogo, anche fossi ed incroci, provocando ogni sorta di terrore alle persone. È un personaggio ambivalente, che da un lato assicura giustizia, come inseguire i ladri di legna, ma dall’altro deturpa grano e mucche, oppure opprime come un incubo le persone che dormono. Spaventa i bambini quando sono disobbedienti ed annuncia, bubolando come un gufo, la morte di una persona. A volte potrà apparire con solo tre zampe, o come capra-uccello e, chi imita il suo verso, verrà punito. L’ Habergeiß caccerà, graffierà o addirittura mangerà lo sbruffone. Questo Spirito del mais schiaffeggia anche le persone, che guardano fuori dalla finestra di notte. In un forte temporale l’ Habergeiß porta il grano tagliato dal campo dell’agricoltore a quello di un’altra persona. Fissare l’Habergeiß provoca sfortuna: il mais si rovinerà, le mucche perderanno peso, non daranno latte e feltro. E quando in autunno si sente il grido dell’Habergeiß, significa un lungo inverno e mancanza di fieno.
Ø Getreidehahn (Gallo del grano): è un demone del grano a forma di gallo, che siede in un campo di grano ed aspetta che i bambini si becchino gli occhi. Il suo equivalente femminile è Erntehenne o Aarhenne (entrambi Gallina del raccolto).
Ø Bilsenschnitter o Bilwisse (Gallina mietitrice): può essere trasformato in essere umano o originarsi come Bilwisse. Questo spirito può causare malattie alle vittime umane, lanciando frecce invisibili incantate. In forma umanoide, un Bilwisse è sempre scalzo, ma con una falce legata all’alluce destro. In questo modo, mentre cammina, taglia una linea attraverso il grano. Ma se qualcuno vede la creatura, mentre sta facendo questo e lo chiama, allora il Bilwisse è maledetto, e morirà nello stesso anno. Se, tuttavia, il Bilwisse vede qualcun altro e lo chiama prima di essere chiamato a sua volta, quella persona sarà invece maledetta e morirà entro l’anno. Ancora oggi, è credenza popolare che i Bilsenschnitter in forma umanoide escano nei campi molto presto, nei giorni di Himmelfahrt (Ascensione di Gesù o Maria ), la vigilia di San Giovanni o la domenica della Trinità , a piedi nudi e con un coltellino a forma di falce, che si legano all’alluce del piede destro. Passano attraverso i campi seminati e tagliano una linea con il coltello attraverso di esso. Al momento della raccolta e della trebbiatura, la decima parte del frutto di tale campo deve essere concesso al Bilsenschnitter. Ma, come dicevo prima, questa cosa è associata a un grande pericolo in quanto, il Bilsenschnitter sarà chiamato da qualcuno, o gli verrà sparato addosso con un fucile da caccia, quindi dovrà morire nello stesso anno. Quindi lo spirito, arrivando, cercherà di rivolgersi per primo verso qualcuno, per deviare il cattivo destino sull’altro. Pertanto, la maggior parte dei contadini cerca di salvarsi dai danni che minacciano i loro campi, arando e seminando il campo prima all’esterno, perché nel grano coltivato, in questo modo, nessun Bilsenschnitter potrà nascondersi.
Ø Windsbraut (Sposa del vento): è il nome delle trombe d’aria femminili, che volano con la polvere del turbine. Il mito si rifà ad Holda o Diana, che si dedicava alla caccia con passione. Poiché non prestò attenzione ai campi coltivati, fu maledetta a ruggire come un turbine per l’eternità.
In realtà questi Spiriti dei campi sono tantissimi, tutti interessanti, e tutti pericolosi.
Sembra che le storie su di loro venivano raccontate ai bambini, per dissuaderli dal giocare nei campi agricoli poichè, giocando, spesso calpestavano i raccolti, il che era dannoso per i contadini.
Comunque…fate attenzione…
L’Ilomba, conosciuto anche come Malomba, Mulombe, Mulolo, Sung’unyi, Ndumba ed Uomo-serpente, è un serpente d’acqua, uno dei tanti spiriti familiari associati agli stregoni ed alla stregoneria in Zambia.
L’Ilomba appare come un serpente dalla testa umana e condivide le caratteristiche e le emozioni dei suoi proprietari.
Poiché l’Ilomba si crea attraverso una stregoneria deliberata per uccidere i nemici o rubare il cibo, chiunque sia sospettato di avere un Ilomba, non ha nulla di buono.
Potenti capi e cacciatori, solitamente maschi, posseggono il loro Ilomba, per essere protetti dalla stregoneria.
Gli stregoni malvagi possono creare Ilomba in diversi modi: più comunemente, una miscela di determinati medicinali ed acqua viene preparata e posta su un pezzo di corteccia.
Accanto a questo sono poste cinque corna di cefalofo (piccola antilope africana).
Si forma una treccia con luwamba o mbamba (Erythroxylum coca), lunga circa 45 centimetri e larga 2 cm. e le corna del cefalofo sono poste a un’estremità di questa treccia.
Frammenti delle unghie del cliente vengono inseriti nelle corna, ed il sangue prelevato dalla fronte e dal petto del cliente, viene mescolato con la medicina.
Parte della miscela viene bevuta dal cliente, mentre il resto viene spruzzato sulla treccia con un altro luwamba-treccia, la quale diviene bianco cenere.
La seconda spruzzata di miscela la trasforma in un serpente; la terza gli conferisce una testa e spalle, che ricordano il cliente in miniatura, compresi eventuali gioielli presenti.
Dopodiché, le spalle presto svaniscono per lasciare solo la testa.
Quindi, l’Ilomba poi si rivolge al suo padrone:
“Mi conosci e mi riconosci, vedi che i nostri volti sono simili?”
Quando il cliente risponde affermativamente ad entrambe le domande, gli viene consegnato il suo Ilomba.
Una volta ottenuto, un Ilomba vivrà ovunque il proprietario lo desideri, ma di solito si troverà nei canneti lungo il fiume.
Di solito, viene nutrito con uova e pappa d’avena quando è giovane, perché le sue zanne non sono completamente sviluppate.
Presto, l’Ilomba farà la sua prima richiesta per la vita di una persona.
Il proprietario potrà, quindi, designare il bersaglio scelto e l’Ilomba ucciderà la vittima, mangiandogli la vita, consumando la sua ombra, o semplicemente banchettando con la sua carne o ingoiandola intera.
Quindi ritornerà e striscerà sopra il suo proprietario, leccandolo.
La vittima, prima di morire, vedrà la faccia dello stregone al posto di quella dell’Ilomba, ma le altre persone lo vedranno come un normale serpente.
Le persone che possiedono l’Ilomba diventano lucide, grasse e pulite, possiedono una lunga vita e non moriranno, finché tutti i loro parenti non saranno morti.
Tuttavia, questo ha un prezzo elevato, poiché l’Ilomba avrà di nuovo fame e continuerà a mangiare vite e, se non gli sarà permesso di nutrirsi da solo, il suo proprietario si indebolirà e si ammalerà, fino a quando l’Ilomba non si nutrirà di nuovo.
Quando si noterà l’innaturale quantitativo di persone morte, uno stregone verrà chiamato per indovinare il nascondiglio dell’Ilomba.
Per ucciderlo, lo stregone spargerà la medicina ‘nsompu’ (preparazione magica divinatoria) intorno alla sua tana sospetta, per far sì che il livello dell’acqua si alzi ed il terreno rimbombi.
Prima compariranno i pesci, poi i granchi ed infine l’Ilomba stesso che, a quel punto, verrà prontamente colpito da una freccia avvelenata ed il suo proprietario ne sentirà il dolore: moriranno entrambi allo stesso tempo!
Il mito dell’Ilomba è particolarmente presente nel folclore dei Lozi dello Zambia, ma alcuni testi parlano di creature simili in altre parti dell’Africa.
Uno stregone creerà o evocherà l’Ilomba che, col passare del tempo, inizierà ad apparire come qualcosa di più di un normale serpente, poiché assumerà le caratteristiche del suo creatore/proprietario.
Si dice che, a volte per chi lo guarda, sembra essere un normale serpente, ma per la sua vittima ha le sembianze dello stregone che lo controlla.
Ovviamente ciò che la vittima non sospetta mai è che, in verità, sia l’Ilomba a controllare il suo creatore.
Una volta evocato o creato, l’Ilomba inizia a crescere e presto inizia a desiderare sangue: se non gli fornisci vittime, riceverà la sua richiesta da colui che l’ha evocato.
All’inizio potrà essere soddisfatto dai bambini ma, alla fine, desidererà più sangue, quello di un adulto.
Fate attenzione…
Nacque un fanciullo dall’amore di Hermes, messaggero degli Dei, ed Afrodite, Dea dell’amore e della bellezza.
Il neonato fu allattato dalle Naiadi nelle grotte del Monte Ida, una montagna sacra situata nella regione della Frigia, in Asia minore.
All’età di quindici anni, annoiato dall’ambiente in cui viveva, cominciò la sua esplorazione del mondo e, desideroso di avventure, egli iniziò a viaggiare.
Un giorno, giunto in Caria, nel territorio di Alicarnasso, si avvicinò ad uno stagno d’acqua limpidissima, in cui viveva una ninfa di nome Salmace.
A differenza delle altre compagne, ella disdegnava le attività venatorie e si dedicava prevalentemente alle arti di Venere.
Un giorno, mentre raccoglieva fiori, vide presso la fonte il bel figlio di Hermes e Afrodite, del quale si invaghì all’istante.
Mossa dalla sua natura frivola, Salmace inizialmente provò a sedurlo con le parole che Odisseo rivolge a Nausicaa, poi passò direttamente all’azione, eccitata dall’inesperienza del ragazzo che rifiutava le avances della ninfa, arrossendo.
“O fanciullo, che tanto appari
degno d’essere un Dio, se lo sei, puoi essere Cupido,
o, se sei un mortale, beati quelli che ti generarono,
felice tuo fratello, fortunata in verità
tua sorella, se ne hai una, e quella nutrice che ti porse il seno;
ma di gran lunga più beata e più di tutti la tua sposa,
se ne hai una, o la donna che riterrai degna d’esserlo.
Se hai già fatto la tua scelta, lascia che almeno un dolce desiderio segreto,
sia il prezzo della mia fiamma; e se la tua mano puoi concedere ancora,
oh, possa io essere la tua sposa ed esaudire tutti i miei desideri!”
(Ovidio, Metamorfosi Libro IV)
Salmace, ormai in preda alla passione, tentò in più modi di gettarglisi al collo, ma la minaccia del contatto fisico sembrò scuotere il giovane, che la respinse.
Il fanciullo, pensando di essere al sicuro, si immerse nello stagno ma, appena si denudò, scatenò ancora di più l’enorme desiderio di Salmace, la quale si gettò nuda in acqua.
Seguì una lotta durante la quale il giovane resisteva, continuando a respingerla, e la ninfa cercava di avvinghiarsi a lui, baciandolo, toccandolo ed implorando gli Dei di non separarli.
In quel momento, la pelle del giovane iniziò ad ammorbidirsi, il suo viso e le sue gambe divennero più femminili ed iniziarono a crescergli i seni; tuttavia, i suoi genitali maschili erano rimasti.
Era devastato!
Sapeva di non poter più conquistare il mondo con i suoi sguardi, perché sarebbe stato rifiutato dal mondo.
Il desiderio di Salmace era stato esaudito, i corpi avvinghiati si erano fusi in un “unico corpo”, con una duplice forma, donna e uomo insieme.
La nuova creatura era una fusione di due generi, anche se ad uscire dalle acque fu effettivamente il solo fanciullo, di cui Ovidio svelò finalmente il nome, forgiato dall’unione di quelli dei suoi genitori, dei quali aveva ereditato alla nascita anche la bellezza: Ermafrodito.
Sconvolto e con spirito vendicativo, egli pregò gli Dei affinché ogni uomo, che fosse entrato in quelle acque, perdesse la virilità ed il vigore virile.
“Divinità di cui porto il nome, autori dei miei giorni,
concedetemi la grazia che imploro!
Affinché tutti coloro che verranno dopo di me
a fare il bagno in queste acque
perdano metà del loro sesso!».
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“Non erano due, ma una duplice forma,
così che non potevano chiamarsi maschio o femmina,
e sembravano né l’uno né l’altro”.
(Ovidio, Metamorfosi Libro IV)
Da questo mito deriva il tipo figurativo dell’ermafrodita, che era particolarmente popolare nel mondo ellenistico e a Roma, e che sembra essere stato fissato plasticamente dallo scultore greco Policle di Atene.
Della famosa statua bronzea di Policle, oggi scomparsa, abbiamo diverse repliche nei musei: Ermafrodito Borghese al Louvre; Ermafrodito Ludovisi nel museo di Firenze; Ermafrodito dormiente, II secolo d.C. su materasso del Bernini, XVII secolo, Galleria Borghese, Roma; Ermafrodito dormiente, Palazzo Massimo, Roma.
Qui gli scultori hanno assunto la figura ermafrodita, presentando agli spettatori idee di dualità ed ambiguità.
Hanno raffigurato la divinità mentre dorme, con il corpo attorcigliato nelle lenzuola, per presentare punti di vista opposti, così gli spettatori sono destinati a girare intorno alla figura.
Da un lato vedranno un viso femminile (rivolto verso la schiena) e curve femminili, mentre camminando dall’altra parte (la parte anteriore del corpo), vedranno le figure dei genitali maschili.
La figura è femminile e maschile allo stesso tempo, a seconda del punto di vista, pertanto, al centro di ogni scultura ermafrodita, il genere diventa ambiguo.
In termini di dualità, la figura addormentata costringe gli spettatori a confrontarsi con consapevolezza ed inconsapevolezza.
Mentre Ermafrodito dorme, non è consapevole degli spettatori che lo osservano i quali, dall’altra parte, diventano completamente consapevoli di questa figura nuda e del suo mutevole genere.
L’idea di un essere così fatto è nata dalle religioni in Oriente, come per esempio, nell’Induismo di Ardhanarishvara, in cui la natura ermafrodita esprime l’idea di un essere primitivo, che in origine univa in sé entrambi i sessi.
Nell’area greca apparve a Cipro, in cui troviamo una statua barbuta con le fattezze di un’Afrodite maschile, chiamata da Aristofane (commediografo greco) col nome di Afrodito.
Lo storico, indovino, aruspice ed esegeta ateniese Filocoro (300 a.C.), nel suo Atthis, capolavoro rimasto incompiuto per la morte dell’autore, in cui si narrava la storia dell’Attica, identificò ulteriormente questa divinità, associandola alla Luna.
Infatti descrive che, durante i riti sacrificali ad essa dedicati, uomini e donne si scambiavano i vestiti, attuando in tal maniera una forma di travestitismo.
Quindi, il successivo Ermafrodito di Ovidio sarebbe una diretta prosecuzione di questo Afrodito di Cipro, e significherebbe semplicemente “Afrodite in forma di Ermes.
Il termine ‘ermafrodita’ è stato a lungo il nome accettato per una persona, che ha parti sia maschili che femminili.
Tuttavia, l’ermafroditismo si verifica quando un organismo ha organi riproduttivi maschili e femminili, non solo parti.
In altre parole, possono produrre sia ovulo che sperma per la riproduzione.
Il termine corretto, per una persona, che ha solo parti esterne maschili e femminili, è in realtà “intersessualità”.
Ma, scienza a parte, l’unico termine che, a mio avviso, si dovrebbe utilizzare per tutti gli umani è: persona!
Tlachtga, o Tlachta, era una potente Druida nella mitologia irlandese, figlia dell’Arcidruido Mug Ruith, che accompangnava nei viaggi per il Mondo, imparando i suoi segreti magici e scoprendo pietre sacre in Italia.
Essi volavano in una macchina chiamata ‘roth ramach’, la “ruota a remi“.
Nel folclore irlandese, Tlachtga fu violentata da Simon Magus (o dai suoi tre figli), mentre suo padre stava imparando da lui i segreti magici, e diede alla luce tre gemelli Dorb (o Doirb), Cuma (o Cumma) e Muach, nel giorno di Samhain (leggi articolo: https://www.madameblatt.it/2020/11/01/samhain-il-capodanno-celtico/), morendo subito dopo.
I figli di Tlachtga nacquero sulla collina che portava il suo stesso nome.
La collina, situata ad una ventina di km a nord-ovest della collina di Tara (la distesa di torba più sacra d’Irlanda), era il luogo di un grande ‘oenach’ (raduno), dove i Druidi accendevano il ‘bruane Samhna’ (falò di Capodanno) a Samhain.
In seguito, cambiò il suo nome in Ward Hill (o Hill of Ward), collina di Ward.
La collina di Tlachtga all’epoca era il punto in cui i Druidi sentivano, che questo mondo e l’altro mondo erano più vicini al nuovo anno; questa tradizione fu poi fusa con quella di Tara, che sarebbe poi stata associata al Centro santo d’Irlanda.
La collina era costituita da un recinto rialzato, circondato da quattro sponde e fossati con una serie di anelli, che furono rovinati nel 1641 ed era il Tempio sacro alla Dea Tlachtga.
Un’altra versione, narra che la Dea druida Tlachtga arrivò con i Firbolg, molto prima dei Tuatha De Dannan e dei Milesiani.
Il significato del suo nome è “Earth Spear” (Lancia della Terra), probabilmente in relazione al fulmine.
Era figlia del druido capo Mogh Ruith di Munster, che visse al tempo del re Cormac McAirt (metà del III secolo d.C.), anche se potrebbe essere stato un Dio in una forma precedente, ed il suo nome significa ‘devoto della ruota ‘, che probabilmente si riferisce al Sole.
Si dice che Tlachgta, dai rossi capelli, abbia creato una pietra pilastro chiamata Cnamhcaill, che significa “danno osseo”, da un frammento della ruota di suo padre Roth Ramach.
Questa pietra uccideva tutti coloro che la toccavano, accecava coloro che la guardavano ed assordava coloro che l’ascoltavano.
Si pensa, che questo pilastro rappresenti un fulmine, che si legherebbe al significato del suo nome, poiché il fulmine era paragonato ad una lancia scagliata a terra.
Molto probabilmente, Tlachtga non era solo un’antica Dea, screditata e retrocessa dagli scribi cristiani, ma una Dea della morte e della rinascita, del Sole e del Fulmine.
Qualunque siano le circostanze della sua morte, o la paternità controversa, è sicuro che Tlachtga abbia dato alla luce tre maschi: Doirb, Cumma e Muach.
Nella versione più antica della storia, essi divennero sovrani di Munster, Leinster e Connaught, tre province d’Irlanda.
Si diceva che, fintanto i loro nomi fossero stati ricordati, l’Irlanda sarebbe stata al sicuro dal dominio degli estranei.
Certo è, che furono davvero dimenticati e l’Irlanda, come tutti sappiamo, cadde sotto il giogo dei Normanni.
Il triplice parto di Tlachtga e la successiva morte ricordano la doppia nascita e morte di Macha per il dolore, conferendole nel processo, potere sulla Terra, e portando alcuni a vederla come una forma della triplice Dea.
Nonostante sia chiaro che Tlachtga è intimamente legata alla morte simbolica ed alla rinascita della terra a Samhain, la sua storia è stata riscritta e quasi dimenticata, per ridurre il suo impatto e garantire, che lei e il suo tempio sacro fossero dimenticati dalla società tradizionale.
E’ stato svolto un lavoro così efficiente, che la maggior parte dei pagani moderni non è a conoscenza né di lei e dell’antico tempio, né dei suoi legami con Samhain.
Fortunatamente, nonostante i grandi sforzi per eliminare Samhain, (così come altre tradizioni pagane) esiste ancora un legame diretto tra l’antico Fuoco sacro di Tlachtga, la moderna accensione dei falò e l’antica Festa dei morti.
L’augurio è che Tlachtga, questa Dea quasi dimenticata, riprenda il suo legittimo posto all’interno della cultura celtica e, per una rinnovata comprensione del suo significato nel Paganesimo, nella storia della Terra d’Irlanda e nei costumi e tradizioni celtiche, che sopravvivono non solo nelle isole britanniche, ma anche tra noi.
Il Púca (al plurale Púcaí), dall’irlandese ‘spirito, fantasma’, chiamata anche Pooka o Phouka, solitamente è una creatura del folklore celtico, considerata portatrice di buona o cattiva sorte.
Esso può decidere di aiutare o ostacolare le comunità rurali e marine.
Il Púca può avere pelliccia o capelli scuri, o bianchi ed appartiene al genere di creature mutaforma (leggi articolo: https://www.madameblatt.it/2021/06/09/i-mutaforma/), che potevano assumere l’aspetto di cavalli, capre, gatti, cani e lepri, o addirittura assumere una forma umana, includendo varie caratteristiche animali, come orecchie o coda.
Quindi, in alcune storie, sentirai dire che questa creatura ha assunto l’aspetto di un cavallo nero con una criniera selvaggia, i cui occhi dorati brillavano luminosi; in altre, sentirai parlare di persone, che affermano di aver incontrato un Púca che aveva assunto la forma di un essere umano, con i capelli nerissimi ed occhi dorati, ecc.
Questo essere ha controparti in tutte le culture celtiche dei vari Paesi europei.
Per esempio, nella mitologia gallese è chiamato Pwca; in Cornovaglia si chiama Bucca; nelle Isole del Canale (Normandia) è Pouque (e s’intende come una fata che vive vicino a pietre antiche); in altre isole franco-normanne, si trova vicino ai Cromlech (tombe preistoriche, dolmen), ed indicato come Pouquelée o Pouquelaye; in Bretagna, Poulpiquet e Polpegan.
Nella leggenda irlandese, il Púca era noto per apparire solo di notte ed era temuto da molti umani, poiché si diceva che portasse fortuna o sfortuna a coloro a cui si mostrava.
Poteva essere trovato negli angoli rurali dell’Irlanda, anche se pare prediligesse piccoli laghi nelle profondità delle montagne.
In effetti, alcuni di questi laghi sono conosciuti come “Pooka Pools” (“Piscine del Pooka”), traslitterato approssimativamente in “The Demon’s Hole” (“Il buco del Diavolo”).
Le montagne, le colline ed i laghi erano i domini di questa creatura e, a seconda della parte dell’Irlanda in cui si viveva, si pensava che il Púca fosse utile o minaccioso.
Infatti, era noto per aiutare gli agricoltori, ma poteva anche causare il caos.
In generale, tuttavia, la saggezza percepita sosteneva, che un incontro con Púca non era da considerarsi propizio, poiché questa creatura fatata era un presagio di imminente rovina.
Conosciuto per la sua astuzia e arguzia, nonché per le bugie e l’inganno, l’archetipo di Púca è l’imbroglione.
Però è anche uno spirito di fertilità, poiché ha il potere di creare o distruggere, oltre alla capacità del linguaggio umano, e di essere un profeta dotato.
Nel corso degli anni, ho sentito molte storie di persone, che hanno intrapreso un viaggio alla ricerca del Púca e del suo vero nascondiglio.
Tra le più conosciute, una riguarda la storia di un Púca un po’ pazzo.
Si racconta che il Púca assumesse spesso la forma di un cavallo amichevole e si presentasse agli umani stanchi, che di solito erano appena usciti incespicando da una casa o da un pub, un po’ brilli.
Quindi il Púca accompagnava il suo passeggero ubriaco in un terrificante viaggio di ritorno a casa, galoppando all’impazzata per tutta la piccola città rurale.
Il passeggero stanco si rendeva presto conto, che qualcosa non andava, mentre il cavallo saltava oltre le siepi e galoppava per l’area, per tutta la notte, in cerca di modi per spaventare il suo cavaliere.
Il giorno dopo, essendo ancora sotto l’incantesimo del Púca, la persona non ricordava cosa fosse successo.
Questo quindi spiegava perché alcune persone, essendosi ubriacate, riferivano di non avere idea di cosa fosse successo la notte precedente.
Sembra, che l’unico uomo ad aver mai cavalcato con successo un Púca sia stato il Sommo Re d’Irlanda e fondatore della dinastia O’Brien, Brian Boruma Mac Cennetig (941-1014), più comunemente noto come Brian Boru.
Egli riuscì a controllare la magia della creatura, utilizzando una speciale briglia formata da tre peli della coda del Púca.
L’abilità fisica di Brian consistette nel rimanere agganciato sulla schiena della creatura, fino a quando il Púca, esausto, non gli si arrese.
A quel punto, il re costrinse il mutaforma ad accettare due promesse: in primo luogo, che non avrebbe più tormentato i cristiani e rovinato le loro proprietà; e in secondo luogo, che non avrebbe mai più attaccato un Irlandese, tranne coloro che erano ubriachi o erano all’estero con intenzioni malvagie.
Sebbene il Púca fosse d’accordo, sembra aver dimenticato le sue promesse nel corso degli anni.
Per questo, è soprannominato “il principe delle bugie”.
L’altra storia narra di quanto sia facile incontrare un Púca, sulle panchine più solitarie dei parchi.
Infatti, è noto che i Púcaí amano interagire con il mondo umano e, sebbene le loro azioni siano talvolta considerate turbolente, sono spesso utili (anche se si divertono un po’ a recitare).
E’ risaputo di quanto essi godano a farsi delle chiacchierate per ore ed ore, con persone ignare di trovarsi davanti ad un mutaforma, prendendosi il tempo per dare consigli e condividere i loro pensieri sui problemi.
Appena essi vedono una persona sola su una panchina, si avvicinano ed iniziano una conversazione.
Questa creatura mitica è anche ben documentata nella letteratura classica irlandese e britannica.
Il poeta e drammaturgo irlandese William Butler Yeats descrive il Púca come un’aquila, mentre il romanziere e drammaturgo irlandese Brian O’Nolan, che scriveva con lo pseudonimo di Flann O’Brien, ne è stato così ispirato.
Nel suo capolavoro “At Swim-Two-Birds”, presenta un personaggio chiamato Pooka MacPhillemey, un “membro della classe del diavolo”.
“In Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, Puck è uno spirito malizioso ed arguto, responsabile di mettere in moto molti degli eventi dell’opera attraverso la sua magia.
La storia passata registra molti avvistamenti di Púcaí in tutta l’Irlanda, ma il racconto più famoso è quello su uno spirito animale, che ha dato il nome a Poulaphuca (da Pooka Pools) al confine del fiume Liffey, tra le contee di Kildare e Wicklow.
Attualmente questo è il sito di una centrale idroelettrica, dove il fiume scorre attraverso una stretta gola, prima di precipitare di 46 metri in tre fasi.
Lì sotto c’è una piscina, chiamata Hole of Pooka e l’autore irlandese Padraig O’Farrell (1932-2004) racconta questa storia, che è stata ispirata dal racconto scritto da un anonimo di Kildare.
Alla fine, lo scrittore ha aggiunto un poscritto interessante:
“Nel novembre 1813, Kildare Hunt, noto come Killing Kildares, partì.
Dopo aver gustato la tradizionale coppa con staffa all’incrocio di Tipper, vicino a Naas, andò a caccia di volpi senza successo, finchè si avvicinò alla contea di Kildare.
Qui apparve una grossa volpe, che proseguì verso Liffey e, contemporaneamente, apparve un cavallo nero, che non apparteneva a nessuno dei cavalieri.
Era un Pooka!
Il terreno era difficile e la volpe correva veloce, così che vicino a Liffey, solo uno dei membri della caccia, un uomo di nome Grennan, e il cavallo, che in realtà era Pooka, rimasero con il branco.
Mentre stavano guadagnando terreno, la loro preda iniziò a farsi strada attraverso le rocce.
Vedendo il pericolo, Grennan tentò di richiamare i cani, ma il Pooka davanti a loro stava tentando di proseguire.
La volpe si diresse verso la sporgenza sulla parte stretta della gola, vedendo gli occhi rossi del Pooka sputare fuoco, e saltò, mancò la sporgenza e cadde nelle acque turbolente sottostanti.
Il Pooka saltò facilmente attraverso la gola, scomparendo nei boschi, ma un branco di cani, sentendo l’odore della volpe, si gettò a capofitto nell’acqua.
Guardando in basso, Grennan vide la volpe ed i cani, che cercavano disperatamente di mettersi in salvo a nuoto attraverso le onde vorticose; altri cani lanciati contro le rocce stavano urlando di dolore e morendo.
Pianse, mentre la maggior parte del branco andava a fondo. All’improvviso il suo dolore cedette il passo al terrore, quando sentì un nitrito diabolico, come un animale che ride, dal bosco di fronte. Grennan capì allora, che era il Pooka.“
Il Púca esiste anche nell’Irlanda contemporanea, avendo una forte risonanza con gli eventi del recente passato, e non solo simbolicamente.
Il folclorista dell’800 Thomas Crofton Croker, in “Fairy Legends and Traditions” sostiene che il Púca appaia come una vera persona in carne e ossa.
Con le sembianze umane si avvicina a qualcuno, si fa strada nelle sue simpatie, facendo l’amico, e successivamente prevede eventi sfortunati che accadranno a questa persona.
Naturalmente, quando le avversità colpiscono, questa creatura non è mai presente, nascosto nel suo regno soprannaturale, gode della gioia di guardare gli umani sopportare gli effetti di eventi catastrofici.
Novembre è il mese dei Púcaí.
Anticamente in Irlanda, ad Halloween, molti bambini uscivano “durante Púcaí”, ma altri restavano in casa, timorosi delle storie che avevano sentito, su ciò che i Púcaí facevano ai bimbi.
Oggi, invece, esiste il Púca Halloween Festival, che si svolge durante il capodanno celtico a fine ottobre, nelle contee di Meat e di Louth nel cuore dell’Ireland’s Ancient East (costa orientale e parti delle Midlands e delle coste meridionali dell’Irlanda).
È impossibile non venire catturati dalle atmosfere gotiche tra le rovine del Trim Castle, nell’abbazia di St Mary, o lungo le stradine di Drogheda, nella contea di Louth: per tre notti, alla fine di ottobre, a cavallo di novembre, qui si susseguono abbaglianti spettacoli di luci, eventi musicali, narrazioni interattive con teste parlanti e performance musicali, che spaziano dalla musica da camera alla musica elettronica.
Il tutto, quindi, durante il Capodanno celtico, quando vagano gli spiriti di Halloween, quando la luce diventa oscurità ed il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottiglia, e le creature di Samhain, l’antica tradizione irlandese di Halloween, prendono vita.
Vagando nell’oscurità come uno spettro oscuro, lo spirito mutaforma di Púca prende vita, cambiando le sorti di tutti coloro che incrocia il suo cammino, mentre trasforma la notte in un colorato parco giochi di celebrazioni sacre.
Attraverso le spettacolari notti del Festival di Púca, si rende omaggio agli spiriti di Halloween, riaprendo i percorsi di riflessione e celebrazione scolpiti dai viaggiatori oltre 2000 anni fa, ed illuminando il cielo notturno con illuminazioni maestose e soprannaturali.
Anche la città di Athboy è un importante centro della tradizione di Halloween, durante il Festival di Púca.
Antichi manoscritti dicono che The Hill of Ward (la Collina di Ward) era un luogo di grande raduno di Samhain, a fine ottobre.
Infatti, nell’antico capodanno celtico, le regole possono essere infrante e gli spiriti si muovono tra i mondi.
Anche lo spirito mutaforma Púca prende vita, vagando per la notte e cambiando le sorti di coloro che incrociano il suo cammino.
Fai attenzione, potresti incontrarlo anche tu…
Sorat è un demone, il cui nome compare probabilmente per la prima volta, nel “De Occulta Philosophia” di Agrippa von Nettesheim, un alchimista, astrologo, esoterista e filosofo tedesco del ‘500.
In questo trattato, Sorat è lo “spirito astrale” associato al Sole.
L’associazione del demone Sorat con uno dei sette astri “mobili”, ovvero i 5 pianeti antichi (Marte, Giove, Venere, Saturno e Mercurio) + il Sole e la Luna, ha un fondamento biblico, in quanto nel mondo pagano ognuno dei 7 “pianeti” era associato a una divinità e, pertanto, nella Bibbia si affermava che “tutti gli Dei pagani sono demoni” (Sal 96,5).
Nel Medioevo, quindi, ad ogni pianeta furono associati demoni ed angeli tutelari.
Bisogna anche aggiungere, però, che il nome dello spirito astrale associato al Sole non era Sorat, ma “Storax“, come risulta da diversi manoscritti medievali.
Chiamato anche Surat o Sorath, è il Demone Sole, l’avversario del Cristo, il cui obiettivo è estinguere l’Io umano.
Sorat è la punta di diamante del testa a testa del male con il Cristo, rappresentando i poteri avversi più feroci e pronunciati rispetto all’influenza luciferica sull’uomo e all’influenza arimanica sull’uomo, che sono più una questione di squilibri.
Sorat è il leader degli Asura e dei Rakshasa (Esseri divini), si trova nel lato nascosto della Magia nera, il crimine più spaventoso dell’evoluzione terrestre, con il quale nessun altro crimine può essere paragonato.
Nel libro dell’Apocalisse, Sorat corrisponde alla bestia con due corna, avversario dell’Agnello mistico.
E’ anche la “Bestia” legata al mistero del numero 666, che rappresenta un ciclo evolutivo nello stadio di Venere Futura, quando una parte dell’umanità cadrà irrimediabilmente all’interno dell’Ottava Sfera (deviazione dal percorso normale dell’evoluzione), e di cui Sorat sarà il suo reggente.
Rudolf Steiner, esoterista e teosofo austriaco dell’800, dice che Sorat è il “Demone-Sole dell’Apocalisse”, con un potere malvagio superiore a quello di Lucifero, e predice che, dopo la fine dei millenni, le persone spirituali saranno in grado di vedere il “Sole-Genio”, ovvero la visione eterica di Cristo.
Quindi in risposta, Sorat fomenterà l’opposizione, attraverso uomini che sono posseduti da lui, con una natura forte, delirante e distruttiva sia nelle loro facce e gesti, e che esteriormente appaiono come quelli degli animali.
Essi si prenderanno gioco di tutto ciò che è spirituale.
Infatti, il Demone-Sole è la negazione dell’umanità, opera nelle forze malvagie dell’uomo, respingendo ogni forma di bene, ed opera in modo tale, che una parte della razza umana sarà espulsa dall’evoluzione che conduce al Sole.
Sorat custodisce segreti, nel suo misterioso numero, 666 (che è il suo nome-codice in incognito), infatti:
«Se uno avesse scritto correttamente con le lettere ebraiche (da destra a sinistra) e poi letto correttamente (anche da destra a sinistra), sarebbe risultato quanto segue: 60, Samech, 6 Waw; 600 è stato scritto dagli esoteristi come 200 + 400: 200 Resch + 400 Taw, ottenendo 666, che in lettere ebraiche si scrive “Sorat”».
Sorat è anche la parola corrispondente in greco.
Ogni stella ha il suo spirito buono (la sua intelligenza) e il suo spirito malvagio (il suo demone).
L’avversario dei poteri buoni del Sole è chiamato Sorat.
Cristo è sempre stato il Rappresentante del Sole, cioè l’Intelligenza del Sole.
Sorat è, quindi, l’Avversario di Cristo Gesù.
Pertanto, alla fine dei tempi, il Genio del Sole (Cristo) sconfiggerà Sorat, attraverso le azioni dell’Arcangelo Michele, il quale possiede la chiave dell’abisso e la catena per legare Sorat.
Il suo colore è il nero: ma non un nero caldo, è un nero “vuoto”.
Quando opera, si può vedere la sua luce viola scura, chiamata ‘luce nera’, soprattutto nelle luci a neon degli edifici.
Sorat è parte attiva negli omicidi di massa diretti dallo Stato, nell’autodistruzione, nei serial killer, nelle violenze sessuali.
Si manifesta con male radicale, odio, danno, abuso, luridità, trauma travolgente, annientamento, disumanità e nelle armi nucleari.
Rudolf Steiner ipotizza anche che, al tempo della Seconda Guerra Mondiale, Hitler e Stalin fossero posseduti da Sorat, facendone scaturire omicidi di massa di questa guerra devastante.
Il Demone-Sole è, allo stesso tempo, il Demone della Terra, e vuole impedire la riunione della Terra con il Sole, che è destinata al futuro, tanto da legare permanentemente l’uomo alle scorie terrestri allora rimaste, la cosiddetta Ottava Sfera.
In Esoterismo, Sorat, la cui radice è Srt/Svrt, è il Demone solare, che agisce sulla Terra come l’Anticristo.
E’ il custode dei segreti della Magia nera ed è chiamato a ristabilire l’ordine o il controllo della propria vita.
Sorat può essere anche invocato a scopo motivazionale, ma è comunque rischioso lavorare con lui, a causa del suo immenso potere.
Inoltre pare che, ogni 666 anni, ci sia un impatto della Bestia sulla Terra.
Infatti, secondo questa prospettiva apocalittica, la prima volta che si manifestò intorno all’anno 666, ci fu un aumento dell’afflusso di elementi anticristiani all’interno della religione.
La seconda volta, nel 1332, l’Ordine dei Cavalieri Templari tentò di riportare il Cristianesimo all’adorazione del Sole, anche se l’Ordine era stato sconfitto nel 1312.
Dopo 666 anni, si è ipotizzato che eventi mondiali di natura anarchica abbiano avuto luogo, quando Sorat ha iniziato a risvegliarsi, quindi gli sono stati attribuiti la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la Guerra Fredda e tutte le altre guerre che hanno sconvolto il Mondo.
Per chiarire il concetto, gli apocalittici vedono questi eventi mondiali come separati da 666 anni, durante i quali il potere di Sorat aumenta o diminuisce.
Questo Demone ha un aspetto umano maschile, di corporatura robusta, capelli biondo chiaro e pelle rossastra con sfumatura leggermente dorata.
Bisogna fare attenzione, in quanto è un demone rischioso con cui lavorare, perché influenza la mente, controllando l’Es, ovvero la parte primitiva della mente, facendo perdere il controllo della propria vita, prima di ripristinarla.
Riesce a far perdere l’identità e la personalità alla vittima, cosa che viene notata da parenti ed amici intimi.
Solitamente, si invoca Sorat per fornire controllo o motivazione all’interno della vita di un individuo, e può anche fornire illuminazione come custode dei segreti della Magia nera.
Sorat è un’entità molto potente e solo le persone esperte devono invocarlo, preferibilmente facendo effettuare il rituale a qualcuno che abbia già una relazione con il demone.
Ricordiamo che Sorat influenza l’identità e può causare la distruzione completa della propria vita, se non viene gestito correttamente.
Evito consapevolmente la descrizione di tutte le modalità ed i rituali di invocazione, lasciando questo articolo a titolo puramente narrativo.
Il Coniglio lunare o Lepre lunare, Yuètù (月兔), è una figura mitologica presente nel folklore dell’Estremo Oriente, in particolare Corea, Cina e Giappone.
In Cina viene anche chiamato ‘Coniglio di Giada’, Yùtù (玉兔) o ‘Coniglio d’Oro’, Jīntù (金兔), e viene celebrato nella festività dedicata alla Luna ed alla Dea Chang’e, appunto la ‘Festa della Luna’ o Festa di metà autunno, “Zhōngqiūjié” (中秋節, 中秋节).
La leggenda parla di un Coniglio che vive sulla Luna, sulla base della ‘pareidolia’ (illusione subcosciente, che tende a ricondurre a forme note oggetti o profili, naturali o artificiali, dalla forma casuale) comune in Asia ma non in Occidente, per la quale è possibile vedere, una figura di Coniglio seduto sulle zampe posteriori a fianco di un mortaio da cucina, negli avvallamenti della faccia illuminata della Luna Piena.
Questo Coniglio lunare è un compagno della Dea della Luna, Chang’e, e nel mortaio prepara per lei l’elisir di lunga vita.
L’animale vive sulla Luna con il Rospo e può essere visto ogni anno, ad occhio nudo, a metà autunno o il 15 agosto.
In una leggenda raccontata a Pechino e dintorni, una piaga mortale arrivò in città, circa 500 anni fa, ed iniziò a uccidere molte persone.
L’unica cosa, che poteva salvare la città da questa epidemia, era il Coniglio lunare.
Chang’e lo inviò sulla Terra, per visitare ogni famiglia e curarla da questa piaga.
L’animale faceva proprio questo e non chiedeva nulla in cambio, tranne alcuni vestiti, spesso cambiando da uomo a donna.
Dopo aver curato la città da questa piaga, tornò sulla Luna.
Un’altra versione narra, che l’Imperatore di Giada si travestì da mendicante, per trovare un animale degno di aiutarlo a preparare l’elisir di lunga vita per gli immortali.
In questo racconto cinese del Coniglio di Giada, l’animale saltò nel fuoco, per sacrificarsi come cibo per il mendicante, ma fu immediatamente salvato dall’Imperatore di Giada, che poi lo portò sulla Luna, per creare l’elisir della lunga vita.
L’Imperatore fu così colpito dal Coniglio, che trasformò la sua pelliccia in un bianco abbagliante.
E, chi cerca il Coniglio di Giada troverà il suo profilo sulla Luna con il suo pestello e mortaio, mentre mescola l’elisir divino.
Nel 2013, la Cina ha lanciato la sua prima sonda lunare senza equipaggio, per esplorare una regione lunare nota come ‘Sinus Iridum’, o ‘Baia degli Arcobaleni’.
Questa sonda lunare è stata chiamata Jade Rabbit, Coniglio di Giada.
Purtroppo, Jade Rabbit ha subito alcuni malfunzionamenti sulla superficie lunare, prima che la missione fosse completata.
Nonostante ciò, la sonda è riuscita a trasmettere i dati sulla Terra e, alla fine, ha lasciato “l’impronta” della Cina sulla Luna.
In Cina, ancora oggi si producono figurine giocattolo del Coniglio lunare, che indossa un’armatura e cavalca una Tigre, un Leone, un Elefante o un Cervo, molto popolari tra bambini e adulti, soprattutto durante il Festival di metà autunno o durante il Capodanno lunare nell’anno zodiacale del Coniglio (l’ultimo è stato nel 2011; il prossimo sarà nel 2023).
Esistono leggende sul Coniglio lunare anche tra i Nativi americani negli Stati Uniti, Messico e Canada.
Gli Aztechi credevano che, un tempo, il Dio Quetzalcoatl (leggi articolo) vivesse sulla Terra come un uomo.
Egli iniziò un viaggio e dopo aver camminato per qualche tempo, divenne stanco e affamato.
Dal momento che non aveva niente da bere e da mangiare, pensava che sarebbe morto tuttavia, un Coniglio stava pascolando e trovò l’uomo, offrendosi come cibo per salvargli la vita.
Quetzalcoatl, commosso dall’offerta del Coniglio di sacrificarsi per il suo benessere, lo portò prima sulla Luna e poi lo riportò sulla Terra, dicendogli:
“Sei solo un coniglio, ma sarai ricordato da tutti. La tua immagine rimarrà alla luce della Luna per tutti gli uomini di tutti i tempi”.
Il mito azteco di Tecciztecatl racconta una versione diversa, di come un Coniglio arrivò sulla Luna.
Tecciztacatl ed un altro Dio azteco, Nanahuatzin, gareggiarono per diventare un nuovo Sole, dopo la morte del precedente.
Gli Dei accesero un grande fuoco, che doveva bruciare per quattro giorni e, quando venne il momento per Tecciztecatl di saltare nel fuoco, ebbe paura e sbagliò per quattro volte, perché il calore era talmente forte, che lui ebbe paura di saltare.
Allora gli Dei chiamarono Nanauatl, il quale chiuse gli occhi, controllò la paura e saltò.
Quando Tecciztecatl lo vide saltare, ferito nell’orgoglio, lo seguì.
All’inizio non successe niente, ma poco dopo due Soli apparvero nel cielo.
Gli Dei erano arrabbiati perché Tecciztecatl continuava a seguire Nanauatl e tutti e due brillavano allo stesso modo, così Nanauatl prese un Coniglio e lo gettò in faccia a Tecciztecatl.
Quest’ultimo perse il suo splendore ed il Coniglio rimase impresso sulla sua faccia, diventando così la Luna, che ha ancora segnata sulla propria superficie l’immagine di questo animale.
Nell’arte Maya, nei glifi, nei geroglifici e nelle iscrizioni, un Coniglio viene spesso mostrato con la loro Dea della Luna e un’altra divinità sempre legata alla Luna.
Anche gli Indiani d’America Cree hanno una leggenda sul Coniglio lunare.
Questo animale voleva cavalcare la Luna, ma solo la gru lo avrebbe aiutato.
Il grosso Coniglio si aggrappò alle zampe magre della gru e, di conseguenza, esse si allungarono molto durante il viaggio.
Questo è il motivo per cui le zampe della gru ora sono così lunghe.
Quando atterrarono sulla Luna, il Coniglio toccò la testa della gru con una zampa insanguinata, premiandola con i segni rossi sulla sua testa, che questo volatile ha ancora oggi.
In Giappone, il Coniglio lunare è conosciuto come “Tsuki no Usagi” e su di lui c’è una storia famosa che dice:
«Una notte, l’Uomo sulla Luna scese sulla Terra travestito da mendicante.
Si imbatté in una Volpe, una Scimmia e un Coniglio (Usagi) e chiese del cibo.
La Volpe gli portò il pesce da un ruscello e la Scimmia portò i frutti dagli alberi, ma il Coniglio poteva offrire solo erba.
Allora disse al mendicante di accendere un fuoco e, quando fu acceso, si gettò sulle fiamme per offrirsi a lui come cibo.
Stupito dalla generosità del Coniglio, il mendicante si trasformò di nuovo nell’Uomo sulla Luna e tirò il Coniglio fuori dal fuoco.
Per onorare la gentilezza del Coniglio, l’Uomo sulla Luna riportò il Coniglio sulla Luna per vivere con lui».
Infatti, se guardi la Luna Piena, puoi vedere il profilo del Coniglio che pesta gli ingredienti per preparare il ‘mochi’ (dolce tipico giapponese) sulla Luna.
Questo classico racconto popolare viene spesso raccontato ai bambini nel periodo della ‘Luna Piena del raccolto’, a settembre (leggi articolo).
Sembra, però, che questo mito derivi da un racconto buddista, “Śaśajâtaka”.
In questa versione il Coniglio, con una compagnia di altri animali, decise di praticare la carità nel giorno di Luna Piena.
Passò un mendicante ed ogni animale offriva qualcosa per l’uomo, ma il Coniglio poteva donare solo erba.
Come nel racconto giapponese, saltò tra le fiamme del suo fuoco.
Il mendicante si rivelò essere “Śakra”, il Sovrano del Cielo.
Impressionato dal sacrificio del Coniglio, pose l’immagine del Coniglio sulla Luna, affinché tutti potessero vederla.
Inoltre, questa leggenda spiega che vediamo la Luna è grigia, in quanto è il colore che le è rimasto per il fumo del fuoco di quella fatidica notte.
In Corea, il Coniglio lunare è noto come ‘Daltokki’ (달토끼), e ha dato vita ad una leggenda molto popolare tra bambini ed adulti.
Anche il Coniglio lunare coreano batte gli ingredienti per i mochi nel suo mortaio, e la leggenda è uguale a quella giapponese.
Invece in Vietnam, il Coniglio lunare bianco si chiama ‘Tho Trang’.
Questa versione ha un Coniglio bianco (Tho Trang), che organizza una festa con i suoi amici, per accogliere la Luna luminosa, quando sente un urlo.
Mentre gli animali vanno a cercare chi ha urlato, e trovano un vecchio svenuto per la fame, la Volpe ruba tutto il cibo che era stato preparato per la festa.
Tho Trang ed i suoi amici cercano altro cibo per sfamare il vecchio ma, non trovando nulla, il Coniglio si sacrifica.
In realtà, il vecchio era una fata, che è così impressionata dal sacrificio di sé del Coniglio, che porta Tho Trang con sé sulla Luna.
Nella mitologia araba, i Jinn sono spiriti soprannaturali al di sotto del livello di Angeli e Diavoli, e senza connotazione precisa di bontà o malvagità.
Il nome deriva dalla parola araba ‘Janna’ = ‘nascondere, nascondersi’.
Citati anche nel Corano:
“Infatti abbiamo creato l’uomo
dall’argilla essiccata di fango nero liscio.
E prima abbiamo creato il Jinn
dalla fiamma di fuoco senza fumo”
(Corano 15:26-27)
si suddividono a loro volta in:
⇒ Ghūl (spiriti traditori di forma cangiante): i Ghūl (Ghoul) sono alcuni dei Jinn più temuti, a causa della loro capacità di cambiare forma e della loro tendenza a depredare gli umani. Mentre tutti i Jinn sono temuti in una certa misura, i Ghoul sono particolarmente temuti a causa della loro brama di carne umana. Essi di solito si accontentano di nutrirsi di un cadavere, ma spesso preferiscono divorare gli umani che sono ancora in vita, divenendo quindi una grande minaccia. I Ghūl frequentano cimiteri, rovine e luoghi generalmente disabitati. Tendono ad attaccare le persone che viaggiano da sole, o che sono in piccoli gruppi in inferiorità numerica rispetto al loro branco. I Ghūl femmine sono particolarmente temute, a causa della loro capacità di apparire come normali e belle donne mortali. Convincono gli uomini a sposarle e poi li divorano.
⇒ Ifrīt (spiriti diabolici, maligni): sono un tipo di Jinn, che si pensa frequenti le antiche rovine. Essi proteggono le piramidi ed i cimiteri egiziani. Si pensa che, se qualcuno tentasse di aprire queste aree senza avere un anti-incantesimo, l’Ifrit verrebbe e ucciderebbe l’autore del reato. Gli Ifrit vivono in società molto simili ai mondi umani, hanno regalità e rango sociale, che seguono l’esempio delle linee tribali arabe, comprese tribù e clan. Sebbene preferiscano sposare altri Ifrit, sono noti per essere in grado di sposare umani ed avere figli con loro. Gli Ifrit sono anche noti per avere il potere di esaudire i desideri. Sebbene gli Ifrit abbiano il libero arbitrio, e siano noti per essere in grado di scegliere di essere credenti o non credenti, la maggior parte di loro sono considerati creature malvagie, che dovrebbero essere evitate a tutti i costi.