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ARAUCARIA, IL PINO DEL PARANA’

Scritto da MadameBlatt

Il genere Araucaria comprende circa venti specie di conifere sempreverdi, originarie dell’America meridionale e dell’Australia, introdotta in Europa dal sud America intorno al 1850.
Chiamato anche Albero  Bunya, i suoi semi sono commestibili e sono parte integrante della dieta dei nativi dei suoi luoghi d’origine.
Gli Indigeni australiani mangiano la pigna dell’albero del Bunya sia cruda che cotta (arrostita e, in tempi più recenti, bollita), e anche nella sua forma acerba. Tradizionalmente, le pigne venivano inoltre macinate e trasformate in una pasta, che veniva mangiata direttamente o cotta nei carboni ardenti per fare il pane.
Le pigne venivano anche conservate nel fango dei torrenti  e mangiate allo stato fermentato, cosa questa  considerata una prelibatezza.

Araucaria angustifolia-Ph. klaytonvelho on Pixabay

Araucaria araucana-Ph. Randy_Puh on Pixabay

Araucaria columnaris-Ph. DEZALB on Pixabay

Oltre a consumare le pigne, gli indigeni australiani mangiavano germogli di Bunya e utilizzavano la corteccia dell’albero come legna da  ardere.
Il nome deriva dalla tribú degli Araucanos, indigeni cileni che vivono nelle pendici occidentali delle Ande, fino a notevoli altitudini.
Le Araucarie sono molto simili ai resti fossili delle loro progenitrici, presenti già 195 milioni di anni fa, nel Giurassico.
Il loro aspetto arcaico è evocativo di paesaggi forestali scomparsi, all’ombra dei quali si muovevano animali mesozoici oggi estinti.
In alcuni casi è usata come albero di Natale in miniatura e, se si vuole sfruttare come tale, è necessario prestare attenzione a non danneggiare i rami.

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Una leggenda racconta che, tanto tempo fa, quando il Paraná era ricoperto di foreste, vi vivevano molte tribù indigene.
Sulle montagne di Paiquerê, viveva l’indiano Curiaçu, il quale era più alto e più forte di chiunque altro nella sua tribù.
I suoi compagni lo ammiravano e i suoi nemici lo temevano.
Curiaçu era impareggiabile nella pesca, con una mira così precisa che catturava qualsiasi pesce desiderasse.
Forte e coraggioso, cacciava come nessun altro, non lasciando mai che alla sua tribù mancasse il cibo, anche se gli piaceva cacciare da solo.
Nonostante fosse molto grande, i suoi passi erano lunghi e silenziosi, e i suoi movimenti molto leggeri.

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Un giorno Curiaçu partì per una delle sue cacce nel bosco, seguendo le tracce di un giaguaro.
Sentì che qualcosa lo stava conducendo verso la bestia e ne fu certo, quando vide in lontananza Guacira, figlia dello Sciamano della tribù nemica, che cercava e raccoglieva erbe curative.
Il giaguaro si avvicinò alla ragazza che, quando se ne accorse, ormai non poteva più scappare.
Mentre l’animale balzava verso la fanciulla, più veloce dei suoi pensieri, Curiaçu armò il suo arco e lanciò una rapida freccia, colpendo fatalmente la bestia.
Guacira si spaventò e svenne, venendo soccorsa da Curiaçu il quale la prese in braccio e la portò al fiume.

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Con cautela, bagnò il viso della bellissima giovane donna per svegliarla, con la quale si scambiò sguardi appassionati.
Da lontano, un guerriero della tribù dei Guacira vide quella scena, riconobbe Curiaçu e pensò che la figlia dello Sciamano fosse stata rapita.
Poi chiamò i suoi compagni, che circondarono Curiaçu e iniziarono a scagliare frecce contro il ragazzo.
Egli combatté coraggiosamente e riuscì a fuggire, portando con sé Guacira nel bosco, però ferito dalle frecce nella parte superiore del corpo.
Capendo che le sue forze stavano per finire, chiese a Guacira di nascondere il suo corpo, poiché non voleva essere trovato dai suoi nemici.

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La ragazza trovò un buco nel terreno, nascose Curiaçu e lo coprì di foglie.
Tornando sul sentiero che aveva preso con lui, notò le gocce di sangue del guerriero sparse sul terreno e cercò di cancellarle.
Quando i guerrieri se ne andarono e non c’era più pericolo, Guacira cercò di trovare Curiaçu, per usare tutte le erbe che conosceva per guarirlo, ma senza trovarlo, mai più.
Qualche tempo dopo, in quel punto esatto, apparve un albero enorme, bellissimo, con un tronco marrone scuro, come il dorso di un Indiano, i cui rami sembravano frecce conficcate nel tronco.
Fu così che apparve il primo Araucaria, il Pino del Paraná.
Tupã, il Dio del Tuono, ebbe pietà di Guacira e la trasformò nella Ghiandaia azzurra.

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Da allora, ogni volta che i pinoli cadono a terra, la Ghiandaia azzurra, pensando che siano le gocce di sangue di Curiaçu, cerca di nasconderle e seppellirle, non ritrovandole poi più, così come il corpo di Curiaçu non fu mai ritrovato quando era un Indiano.
Dai pinoli interrati nacquero altre Araucarie, formando così immense e bellissime foreste a Paiquerê.
Nella lingua aborigena Mapuche, l’Araucaria si chiama Pehuén ed è l’albero nazionale emblema del Cile.
Una leggenda cilena narra che, molto tempo fa, il popolo Pehuenche viveva vicino ai “Pehuenes” o foreste di Araucaria.
Si radunavano sotto gli alberi per pregare, fare offerte e appendere doni ai loro rami, ma non ne raccoglievano i frutti, pensando che fossero velenosi e non si potessero mangiare.

Araucarie piantate per ripristinare la foresta del Parco Nazionale di Lanin (Argentina) bruciata nel 2013-Ph. El Sur también existe

Un anno, l’inverno fu molto duro e durò più a lungo, e le persone iniziarono a esaurire le risorse, i fiumi erano ghiacciati, gli uccelli erano migrati e gli alberi aspettavano l’arrivo della primavera.
Il terreno era completamente ricoperto di neve e molti dei Pehuenche resistettero alla morte di fame, ma i bambini e gli anziani morivano.
Dopo aver ascoltato le sagge parole di uno degli anziani della tribù, il popolo Pehuenche decise di raccogliere i frutti dell’Araucaria, i pinoli.
L’intera tribù partecipò alla preparazione del cibo e molti uscirono in cerca di altri pinoli, portarono l’acqua e accesero il fuoco.
Poi arrostirono, bollirono e mangiarono i pinoli che avevano raccolto.

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Fu una festa indimenticabile e si dice che, da quel giorno, i Mapuche, che vivevano accanto all’albero Pehuén, e che si fanno chiamare Pehuenches, non soffrirono mai più la fame, sperando che un albero così bello ed utile non venisse mai loro portato via.
Ancora oggi, la raccolta dei pinoli è un rito che prende il nome di “piñoneo”, un’attività che si svolge ogni anno tra febbraio e aprile, ed è diventata un’attrazione turistica, alla quale possono partecipare solo i candidati prescelti.
Si ha bisogno di scarpe speciali per arrampicarsi sul tronco dritto e guanti rinforzati per maneggiare le foglie appuntite.
In alcuni casi le mietitrici devono salire diverse decine di metri, poi con un bastone, colpiscono i sacchetti di pinoli, fino a farli scoppiare per liberare i loro frutti.

Ph. Mate & Colibrì

In una buona annata, un Araucaria di 100 anni, può produrre fino a 400 chili di pinoli, ma deve essere un albero femminile.
A causa delle enormi dimensioni e dell’età di questi alberi, gli alberi di Araucaria erano considerati guardiani sacri, protettori delle tribù.
Vista come maschile nelle energie, a causa della longevità, delle sue dimensioni, del modello di crescita e del tempo impiegato dal frutto per maturare, era considerato un atto di guerra, se i membri di un’altra tribù prendevano frutti dall’albero di un’altra tribù, senza permesso.
La feroce protezione di questi alberi da parte degli Aborigeni e il riconoscimento del valore del legname, portarono le autorità coloniali a vietare ai coloni di tagliare gli alberi, nel 1842.

Vaso di legno Araucaria- Ph. AmikamWoodArt on Etsy

Nei paesi di origine, l’Araucaria è considerata una pianta magica; infatti viene sempre collocata vicino all’ingresso delle abitazioni, perché si crede che allontani i nemici.
Previa autorizzazione a tagliare, i rami possono essere usati per creare maestosi bastoni, bacchette, che richiedano energia maschile.
Forza, resistenza, pazienza, protezione sono altri aspetti magici di questo meraviglioso antico albero.

ELEMENTO: Terra
PIANETA: Saturno
SEGNO ZODIACALE: Capricorno
CHAKRA: 1° della Radice

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“La speranza è il tappeto magico che ci trasporta dal momento presente nel regno delle infinite possibilità” (H. J. Brown)

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