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Agosto 2023
In passato, la Terra con tutti i suoi doni era collegata agli Dei, che si manifestavano agli uomini attraverso frutti, semi, fiori, foglie e radici.
Così, alcuni umani iniziarono ad usare questi doni divini, creando antiche magie, sia per l’anima che per il corpo.
Nacque, quindi, anche la tradizione mistica del cibo, che probabilmente molti di noi hanno dimenticato ma, le energie senza tempo, che vibrano ancora nell’Universo stanno aspettando che tu le percepisca e le usi.
Iniziamo questo fantastico viaggio, tra ricette, ingredienti e significati sensoriali?
Anche questa è Magia…
Per poter cucinare, naturalmente, occorrono innanzitutto gli attrezzi ed utensili da cucina, spesso sottovalutati, ma che concorrono sicuramente alla buona riuscita di una ricetta, oltre a dare quel tocco in più di magia.
Il Forno
Simbolo del divino, il forno racchiude in sé il processo trasformativo della cottura, è caldo e luminoso e fa parte della nostra civiltà da migliaia di anni.
In tutto il Mediterraneo, l’Africa e l’Impero Romano, i fuochi di legna in un recinto di pietra erano usati per arrostire la carne e cuocere il pane.
Questa era la premessa fondamentale per il forno, in quanto forniva una fonte di calore diversa per la cottura, rispetto al fuoco all’aperto utilizzato per riscaldare l’acqua e fare la zuppa.
Sebbene ci siano stati alcuni fantastici progressi nel corso dei secoli, questo concetto di base per il forno originale è rimasto.
Gli esseri umani hanno creato diversi tipi di forni, da quelli di mattoni di fango del Medio Oriente, ai forni di terra usati sia in Nord America che in Polinesia.
Nell’antica Roma si festeggiava Fornacalia, una festa celebrata in onore di Fornace, la Dea romana del forno per il pane (fornax) o protettrice del processo di cottura del pane.
Era una sorta di personificazione del forno e la Dea si assicurava che il pane non bruciasse.
La festa veniva celebrata tra trenta Curie (curiae), le più antiche divisioni di Roma, create dal mitologico Romolo delle tre tribù originarie di Roma.
Si ritiene che, durante la festa, le famiglie romane di ogni curia fossero solite spargere un po’ di grano in casa, per assicurarsi che le stufe domestiche non si spegnessero durante l’anno.
Inoltre, durante i Fornacalia si offriva alla Dea, il Mola Salsa, ovvero chicchi di farro abbrustoliti e pestati in un mortaio.
Questa salsa veniva distribuita in piccole porzioni ai credenti, quale atto di purificazione, oppure utilizzata per cospargere gli animali destinati al sacrificio: da qui il termine “immolare“, che ha il significato di “ricoprire con Mola Salsa“.
Invece nell’antica mitologia cinese Zao Shen, il Dio del focolare inteso anche come forno, è una divinità molto popolare, tanto che molte case cinesi hanno una sua immagine di carta appesa, durante tutto l’anno, vicino al forno di famiglia.
Questo dio non solo veglia sugli affari domestici di una famiglia, ma è anche una forza morale nella vita di tutti i membri della stessa.
Ogni anno, una settimana prima del Capodanno cinese, le famiglie offrono un sacrificio chiamato “Nian gao” alla divinità, la quale ascende al Cielo per presentare all’Imperatore di Giada il suo rapporto annuale sul comportamento di ogni membro della famiglia.
Secondo il rapporto, di conseguenza l’Imperatore di Giada premia o punisce ogni famiglia.
Il ‘Nian gao’ è una torta appiccicosa simile a una radice di loto, fatta di zucchero e miele, una tipica caramella tradizionale cinese.
Spalmando zucchero appiccicoso e miele sulla bocca del Dio del focolare, i membri della famiglia cercano di “chiudergli le labbra”, sigillandole e “corrompendo” Zao Shen, affinché presenti una versione “addolcita” del rapporto all’Imperatore di giada, l’imperatore del cielo.
L’ascesa al cielo di Zao Shen si compie bruciando la sua immagine: il fumo che sale verso il cielo rappresenta simbolicamente il suo viaggio verso l’Imperatore del Cielo, mentre i petardi vengono accesi per accelerare il suo viaggio.
Alcune famiglie offrono denaro simbolico durante l’incendio della foto della divinità, oppure offrono una portantina ed un cavallo di cartapesta per il viaggio, o persino versare del liquore sull’immagine di Zao Shen, per produrre una fiamma luminosa, che dovrebbe accelerare il viaggio anche in Paradiso.
Una sua nuova foto viene quindi posta sopra il forno per il prossimo anno.
Nel pomeriggio del quarto giorno dopo l’ascesa al Cielo di Zao Shen, le persone preparano offerte di cibo per accogliere il suo ritorno dal viaggio alla corte dell’Imperatore di Giada, evento che segna la fine della libertà dalla sorveglianza spirituale.
Il primo forno ufficiale della storia documentata fu costruito nel 1490 in Francia, realizzato con mattoni e piastrelle.
In Europa il forno non divenne di uso comune fino al XVIII secolo; al suo posto veniva utilizzato il calderone, una specie di forno portatile.
Lo scopo dei forni è quello di trattenere il calore del combustibile che brucia e di fornire la temperatura necessaria per una corretta cottura.
I forni riscaldati a gas o elettrici vanno bene per la cottura magica, invece i microonde funzionano secondo un principio completamente diverso quindi, poiché la Magia del cibo è una pratica tradizionale, è meglio evitarli ed utilizzare gli strumenti tradizionali e consacrati per la preparazione del cibo.
Il Calderone
Quando pensiamo alle Streghe, subito ci viene in mente il Calderone, un tempo comune pentola da cucina usata in tutta Europa.
Realizzato in ferro, contrassegnato da nervature usate per misurare e poggiato su tre lunghe gambe, nelle antiche mitologie dei Celti gallesi ed irlandesi, il calderone ha svolto un ruolo importante, divenendo uno dei miti più duraturi.
Ad esso venivano spesso attribuite proprietà magiche ma, nella vita quotidiana dei Celti, era anche un utensile molto utile e versatile.
Utilizzato per cucinare, bollire, pulire, fare il bagno, portare l’acqua e altri compiti domestici, essendo un contenitore per l’acqua, l’oceano, i mari ed alcuni laghi erano di conseguenza considerati grandi calderoni.
A volte essi venivano lasciati come offerte votive agli Dei in paludi, fiumi e stagni.
Quando un calderone d’acqua veniva posto sopra un fuoco e riempito d’acqua per bollirla, la sua magia poteva essere vista gorgogliante in azione.
Tutto ciò che vi veniva messa dentro, ne usciva cambiato.
Nell’Altromondo celtico, la quantità di ispirazione poetica ed artistica che una persona riceveva, era regolata da come aveva vissuto la propria vita: il modo in cui l’acqua nel calderone ribolliva determinava la misura che ricevevano.
Tra le divinità irlandesi troviamo Dagda, spesso raffigurato come un gigante con una lunga barba nera.
Egli era chiamato il “Calderone dell’Abbondanza”, visto che ne portava uno in spalla, ed era uno dei Quattro Tesori dei Tuatha Dé Danann, il quinto dei sei popoli preistorici che invasero e colonizzarono l’Irlanda prima dei Gaeli.
Dagda era un dio importante di statura gigantesca associato alla fertilità, all’agricoltura, alla forza e alla virilità, spesso ritratto in modo umoristico, si credeva che controllasse il tempo, i raccolti, il tempo, le stagioni, la vita e la morte.
Di buon carattere, tutti potevano mangiare a sazietà dal suo calderone che non si esauriva mai.
Si narrava, che il mestolo fosse così grande, che due uomini potevano facilmente entrarci dentro.
Un’altra bella leggenda è quella del Calderone della conoscenza, dell’ispirazione e della rinascita di Ceridwen, una maga.
Ella usava il suo calderone per preparare una pozione, che avrebbe infuso conoscenza e saggezza a chiunque l’avesse bevuta, ma la preparava esclusivamente per suo figlio.
La miscela doveva essere bollita e mescolata per un anno e un giorno, quindi aveva incaricato un cieco di nome Morda di alimentare il fuoco e un ragazzo di nome Gwion Bach di mescolare la pozione.
Un giorno erroneamente, Gwion Bach bevve tre gocce dell’infuso che gli erano schizzate sulla mano.
Portandosi la mano alla bocca per alleviare il dolore, fu immediatamente pervaso di saggezza ma, sapendo che Ceridwen si sarebbe arrabbiata, fuggì.
La strega lo inseguì, e tra i due iniziò una serie di trasformazioni mutaforma in diversi animali e uccelli, che alla fine portarono il giovane a rinascere come Taliesin, il più antico poeta di lingua gallese del quale siano sopravvissute alcune opere.
Nella lista dei Tredici Tesori della Britannia, troviamo il Calderone di Dynwych, il quale possiede l’insolito attributo di saper distinguere tra un uomo coraggioso e un codardo.
Per un uomo coraggioso, la carne cuoce velocemente mentre quella per un codardo non cuoce mai.
Questo calderone è stato incluso in The Mabinogion compilato da Lady Charlotte Guest.
Da non dimenticare è Diwrnach Wyddel, l’amministratore di Odgar figlio di Aedd, re d’Irlanda, il quale possedeva un calderone magico, che gli fu richiesto dal gigante Ysbaddaden, per cuocere la carne per il banchetto di nozze di sua figlia, come condizione per dare a Culhwch il permesso di sposare sua figlia Olwen.
Re Artù, parente di Culhwch, si assunse l’incarico per suo conto, di farsi dare il calderone e salpò per l’Irlanda con una compagnia di guerrieri.
Diwrnach però si rifiutò di rispondere alla richiesta di Artù e Bedwyr (il campione del re) si impadronì del calderone, affidandolo a uno dei servi, che portalo sulle spalle.
In un colpo solo, con la spada chiamata Caledfwlch, Llenlleawg l’irlandese uccise Diwrnach e tutti i suoi uomini, e seguì uno scontro con le forze irlandesi, respinto da re Artù e dai suoi uomini.
Così risalirono a bordo della loro nave Prydwen e, portando con loro il calderone come bottino di guerra, tornarono in Gran Bretagna.
Diwrnach si rifiutò di darglielo, ma uno dei guerrieri di Artù se ne impossessò ugualmente, uccidendo il proprietario e scatenando una guerra, dalla quale. Diwrnach viene ucciso nel combattimento che ne segue, e Arthur ei suoi guerrieri combattono per tornare alla loro nave con il calderone e tornare in Gran Bretagna.
L’associazione del calderone con la Stregoneria deriva dalla famigerata scena delle “Tre streghe” nel Macbeth di Shakespeare.
Usare una pentola di ferro per preparare la birra (come per preparare il tè) o cucinare non era insolito nel XVI secolo, ma ciò che attrasse l’attenzione del pubblico, fu il tipo di cucina che facevano queste tre donne.
Tra i Wiccan moderni, il calderone è onorato come simbolo della Dea Madre, proprio come lo sono stati ciotole, barattoli e pentole.
Le pentole a tre gambe in ghisa sono ancora prodotte per scopi decorativi ed occulti, ma ti sconsiglio di provare a cucinare in un calderone, ci vogliono troppe ore ed un sacco di spazio.
Il Piatto
I piatti sono stati inventati probabilmente prima delle ciotole ed i primi erano fatti di legno o foglie rigide, mezze zucche o anche valve di conchiglie di mare, utili per contenere e raffreddare leggermente i cibi cotti prima di mangiarli.
Piatti in legno, ceramica e metallo risalgono all’antichità in molte culture più che altro occidentali, mentre la foglia di banana predomina in alcune culture dell’Asia meridionale e del sud-est asiatico.
I piatti sono governati dal Sole e dall’elemento Terra, e rappresentano il mondo fisico, il denaro e l’abbondanza.
Qualsiasi piatto fatto di materiali naturali può essere usato per la magia.
Il Cucchiaio
Osservandolo bene, un cucchiaio è una ciotola con il manico, quindi è legato alla Luna ed all’elemento Acqua.
I cucchiai sono stati usati da migliaia di anni, come dimostrano alcune collezioni museali che ne presentano di varie dimensioni e forme, realizzati a seconda dell’epoca: in argilla, pietra, ecc.
Anticamente, questo attrezzo era spesso presente durante incantesimi e magie nei quali 3, 7 o 9 cucchiai, raccolti in tre, sette o nove case, venivano usati per spezzare il pericoloso incantesimo del Malocchio.
Inoltre, questi cucchiai potevano essere usati per lanciare o spezzare la magia, per scremare il latte del bestiame, per raccogliere il mais dai campi e per il matchmaking (l’unione di due individui per affinità, di solito ai fini del matrimonio).
Si credeva che i cucchiai avessero il potere di “sciogliere” o “legare” lo sposo, cioè di aiutarlo o impedirgli di adempiere ai suoi obblighi la prima notte di nozze.
Pertanto, durante i matrimoni, i parenti degli sposi ispezionavano accuratamente capi di abbigliamento e coperte nella stanza preparata per la notte, alla ricerca di cucchiai.
Un altro simbolo del cucchiaio è di sostegno e sostentamento, in quanto è quasi sempre un percorso essenziale per procurarsi il cibo necessario venendo usato come forma di supporto per portare il cibo in bocca, in un piatto, pentola, ecc.
Mentre i migliori cucchiai per cucinare sono fatti di quercia, faggio o acero, nella Magia bianca e nella rottura dell’incantesimo del malocchio si richiedono legni di olmo, frassino o carpino.
In tutte le altre magie si utilizzano normalmente cucchiai di Bosso.
Nel folklore, gettare un cucchiaio sopra la testa di un uomo, lo liberava dalla paura, meglio ancora se prima si metteva dentro un po’ di sale e acqua, che la persona doveva bere, e poi glielo si lanciava sul cranio.
Bisognava ripetere questo rito più volte, fino a quando il cucchiaio cadeva con il lato concavo rivolto verso l’alto, altrimenti la paura non avrebbe lasciato l’uomo.
Si usava il potere protettivo del cucchiaio anche nei primi giorni dopo la nascita di un bambino, quando alle giovani madri era vietato uscire di casa prive di una candela accesa o un tizzone ardente su una tegola, stoffa bruciacchiata ed aglio, per scacciare i demoni e, naturalmente, non doveva mancare un cucchiaio di legno legato con un filo rosso.
Esiste anche un’interpretazione dei segnali con il cucchiaio:
-CUCCHIAIO IN PIU’ A TAVOLA: arrivava un ospite inaspettato.
-DUE CUCCHIAI ALLO STESSO POSTO IN TAVOLA: ci si sarebbe sposati due volte.
– CUCCHIAIO UTILIZZATO DA 2 COMMENSALI: a breve avrebbero litigato aspramente.
-CUCCHIAIO CHE CADE DA TAVOLA: arrivo di una visitatrice.
-CUCCHIAIO CHE CADE CON COLTELLO: arrivo di una coppia di visitatori.
-CUCCHIAIO SPORCO: sfortuna o eventi nefasti.
-SOGNARE CUCCHIAIO D’ARGENTO: significa stabilità economica.
-RICEVERE IN REGALO CUCCHIAIO D’ARGENTO: augura ricchezza, denaro, prosperità, abbondanza o successo. Infatti si usa anche la frase: “nato con un cucchiaio d’argento“, implicando che qualcuno sia nato nella ricchezza o nell’abbondanza.
Ne “L’Allegoria dei lunghi Cucchiai”, del rabbino Haim di Romshishok, si dimostra la differenza tra paradiso e inferno, tramite persone costrette a mangiare con lunghi cucchiai.
“In ogni luogo, gli abitanti hanno accesso al cibo, ma gli utensili sono troppo ingombranti per usarli da soli.
All’inferno, le persone non possono collaborare e, di conseguenza, muoiono di fame.
In paradiso, i commensali si danno da mangiare l’un l’altro dall’altra parte del tavolo e sono sazi”.
Questa parabola incoraggia le persone ad essere gentili l’una con l’altra.
Fino a poco tempo fa in Giappone lo Shamoji, la famosissima spatola per il riso, che ormai tutti conosciamo ed usiamo, era considerato un oggetto magico.
Piccoli Shamoji venivano inchiodati sulla porta d’ingresso di una casa per proteggerla, e nella speranza che i suoi abitanti non soffrissero mai la fame o la mancanza di riso.
Questa spatola di legno spesso intagliata a mano, nell’antico Giappone era spesso vista come un simbolo tradizionale per madri e mogli, e veniva tramandato dalle suocere/mamme alle nuore/figlie come diritto di passaggio per i nuovi anni, per comunicare che, da quel momento, la cucina sarebbe passata nelle mani della novizia.
Il Shamoji, presumibilmente, è stato inventato da un monaco a Miyajima, nella prefettura di Hiroshima, era considerato un porta fortuna ed anche la parte concava del cucchiaio (come di una ciotola) era considerata sacra, come un luogo in cui potevano vivere spiriti o Kami (divinità giapponesi).
Gli stessi cucchiai di legno sono usati nelle danze durante il festival Hakata Dontaku (manifestazione che risale al 1179 d.C., allora noto come Festival Matsubayashi).
La leggenda narra che diverse casalinghe, mentre erano nel mezzo della preparazione della cena, furono travolte dall’eccitazione del festival ed il suono della musica quindi, non riuscendo a resistere, parteciparono anche loro suonando i loro cucchiai, tradizione che vige tutt’oggi.
—segue—
“Sei una strega, o sei una fata
o sei la moglie di Michael Cleary?”
-filastrocca irlandese-
Se Alice Kyteler è stata la prima Strega d’Irlanda, l’ultima, probabilmente è stata Bridget Cleary, ed ecco la sua storia.
Bridget Boland nacque nel 1869 a Ballyvadlea, in Irlanda e, nell’agosto 1887 sposò Michael Cleary, nella chiesa cattolica romana in pietra di Drangan.
La coppia si era incontrata all’inizio di quel mese a Clonmel, dove
la diciottenne Bridget era apprendista sarta, una vocazione insolita per una ragazza della sua età e mezzi modesti.
Michael, allora 27enne, lavorava come bottaio, costruendo botti e altri beni.
Dopo il matrimonio, essi vissero separati per gran parte dell’anno successivo: Bridget tornò a Ballyvadlea, forse per prendersi cura della madre malata, e Michael a Clonmel, continuando a lavorare come bottaio.
Bridget abitava in un cottage, continuando ad essere una talentuosa sarta nonché venditrice di uova, finché vi si trasferì anche Michael.
Trascorsero otto anni di matrimonio e la coppia non aveva avuto figli, ma sembra che fossero in ottimi rapporti, nessuno li aveva mai sentiti discutere o litigare, ed erano benestanti, tanto che Bridget possedeva addirittura una macchina per cucire.
Un giorno, la donna andò a consegnare delle uova, facendo una passeggiata di tre miglia in un luogo a lei familiare, vicino al forte medievale ad anello di pietra (nell’Alto Medioevo, negli insediamenti venivano spesso costruiti forti protettivi ad anello di terra e pietra), sulla collina di Kylenagranagh, noto a molti come il “Forte delle Fate“.
All’epoca, si parlava di “Aos Sí “o “Fair folk”, ovvero fate di dimensioni umane, che vivevano in un mondo nascosto e, come gli esseri umani, potevano essere generose, concedendo buoni favori a coloro che le trattano con rispetto, oppure malvagie e vendicative, guastando il latte e danneggiando i raccolti.
A Ballyvadlea, la gente del posto diceva:
“Se ti avvicini troppo a un cerchio fatato, potresti essere rapito da una fata, soprattutto se sei un bambino o una bella donna”.
Si narrava, che a volte le fate avessero problemi a generare figli da sole, quindi rapivano bei mortali per continuare la loro discendenza.
Al posto del rapito, le fate lasciavano un Cangiante, una fata fatta per assomigliare alla persona rubata, che spesso poteva essere identificato a causa delle sue strane azioni, tipo ammalarsi o apparire leggermente diverso dall’umano che aveva sostituito.
Quindi, se qualcosa andava storto nell’Irlanda del XIX secolo, era colpa delle fate, che si diceva abitassero in fortezze fatate, come quella in cui Bridget passò quel lunedì mattina e poi, quando tornò a casa, iniziò a non stare bene.
Sembrava che non riuscisse a scaldarsi e, il giorno successivo, rimase a letto con i brividi, lamentandosi di “un dolore furioso alla testa”.
Nei giorni successivi, le sue condizioni peggiorarono ed il padre di Bridget camminò per quattro miglia sotto la pioggia, per andare a prendere il dottore, il quale non potette andare.
Michael provò a chiamarlo altre due volte, prima che finalmente arrivasse il dottore, nove giorni dopo che Bridget si era ammalata.
Il medico le diagnosticò “eccitazione nervosa e leggera bronchite“, prescrivendole delle medicine.
Più tardi quel pomeriggio, un prete diede a Bridget l’estrema unzione, per ogni evenienza.
Michael era sempre più preoccupato per il benessere di sua moglie ed iniziò a cercare una causa soprannaturale per la sua malattia.
Iniziò ad affermare che la malata Bridget era “due pollici più alta” e “troppo bella” per essere sua moglie.
Dunne, un seanchaí (narratore locale), esperto di fiabe, avallò i sospetti di Michael, dicendogli: “Non è che tua moglie sia lì“.
Su sollecitazione di Dunne, Michael andò dal “dottore delle fate” locale, Dennis Ganey, per una cura a base di erbe:
“Prendilo, strega, o ti ammazzo!“
Per scacciare la fata, gettarono addosso alla povera Bridget dell’urina e la minacciarono con un attizzatoio rovente, bruciandole la fronte.
E queste torture durarono ancora e ancora,.
Secondo una testimonianza della cugina Johanna Burke, Bridget sembrava “selvaggia e squilibrata“.
Alla fine della notte, tuttavia, nel cottage sembrò calare la quiete: Michael era soddisfatto del suo esorcismo.
Al mattino, venerdì 15 marzo 1895, per la prima volta in quasi due settimane, Bridget indossava i suoi abiti tipicamente alla moda “per darle coraggio quando andava tra la gente“, raccontò in seguito Burke.
Quel pomeriggio, diversi parenti vennero a prendere il tè ma, quando Bridget chiese del latte, si riaccese la paranoia di Michael, in quanto le dicerie narravano che le fate bramino il latte fresco.
Anche Mary Kennedy andò a trovare la nipote malata, su per la collina fino al cottage dei Cleary a Ballyvadlea ma, mentre si avvicinava alla casa, sentì delle urla e, quando aprì la porta, vide sei uomini, tra cui Michael e lo stesso padre della donna, che tenevano Bridget ferma nel suo letto.
Ormai col passare dei giorni, anche i parenti di Bridget, si erano convinti che ci fosse un mutaforma fatato in casa, un Cangiante, che si era messo al posto di Bridget, la quale era stata rapita dalle fate.
Michael riprese di nuovo il suo interrogatorio e Bridget gli disse:
“Tua madre andava con le fate, ed è per questo che pensi che io vada con loro“.
Il marito si arrabbiò, costringendo Bridget a mangiare diversi pezzi di pane prima di gettarla a terra, le strappò i vestiti, la cosparse di olio, poi prese un bastoncino caldo dal camino e diede fuoco al tessuto.
James Kennedy, un parente, intimò a Michael di non bruciare sua moglie.
Ma l’uomo rispose:
“Non è mia moglie, è una vecchia strega ingannatrice inviata al posto di mia moglie.”
Ci fu una grande confusione quando i membri delle due famiglie si resero conto di ciò che aveva fatto Michael Cleary, e decisero di rimanere chiusi in quella casa.
Michael trascorse le successive tre notti consecutive, aspettando sulla collina di Kylenagranagh che le fate restituissero la vera Bridget.
Da un momento all’altro, credeva, sarebbe arrivata al galoppo, attraverso il forte ad anello su un cavallo bianco, lui l’avrebbe liberata e sarebbero tornati a casa, insieme.
Poi, con l’aiuto di Patrick Kennedy, Michael rimosse il corpo dalla casa e seppellì Bridget in una fossa poco profonda, a circa un quarto di miglio dal loro cottage.
I resti di Bridget Cleary furono ritrovati nei giorni seguenti in una fossa poco profonda, vicino all’abitazione e, mercoledì 20 marzo 1895, la polizia arrestò otto persone per il loro coinvolgimento nella morte della donna.
Come parte del processo di due giorni molto pubblicizzato nel luglio 1895, la giuria fu effettivamente condotta all’edificio di stoccaggio in cui il corpo di Bridget era tenuto per la sepoltura, e dove era disponibile per la visione.
Alla giuria fu data l’opportunità di vedere le condizioni del corpo e l’entità delle ferite della donna, nonché di verificare personalmente che il corpo fosse davvero di Bridget, guardandola in faccia.
Ciò che la giuria vide nella dependance, la convinse delle orribili sofferenze che Bridget aveva subito prima di morire.
Pertanto, Michael fu accusato di omicidio colposo, ed anche Jack Dunne, Patrick Boland e quattro cugini di Bridget furono giudicati colpevoli e condannati a pene che andavano dai sei mesi ai venti anni di lavori forzati.
Michael Cleary fu condannato a vent’anni di servitù penale e trascorse quindici anni in prigione.
Il 28 aprile 1910 fu rilasciato dalla prigione di Maryborough e si trasferì nella città inglese di Liverpool, emigrando poi in Canada nel luglio dello stesso anno.
Gli atti giudiziari del processo forniscono dettagli notevoli su coloro che divennero testimoni, tra cui la cugina di Bridget, Johanna Burke, e sua figlia di dieci anni, Katie.
I registri del tribunale mostrano che Michael Cleary fu condannato a vent’anni per la sua parte nell’omicidio e, al suo rilascio, andò a Liverpool e poi in Canada.
Registri del General Prisoners Board, risalenti al 1852-1946 e comprendenti verbali, rapporti annuali, diari di lavori forzati e casellari giudiziari, includono i precedenti penali per Michael Cleary, Patrick Kennedy e John Dunne, condannati per il loro ruolo nella diffusione della tradizione fatata dei Changeling (Cangianti) che uccise Bridget.
Nell’archivio ci sono alcune fotografie, che descrivono in dettaglio l’esterno della casa Cleary, la stanza in cui Bridget dormiva, la cucina della casa, la seconda camera da letto e l’area in cui fu scoperto il suo corpo.
Esiste anche un ulteriore file, che afferma l’esistenza di una fotografia, che testimoniava la scena dell’indignazione, ovvero quella in cui Bridget viene torturata per confessare di essere una Cangiante, ma naturalmente scomparve.
Nonostante l’Irlanda dell’epoca fosse considerata arretrata, un luogo dove la superstizione dilagava con effetti fatali, l’omicidio di Bridget parla di qualcosa di più sinistro, ovvero di cosa succedeva alle donne che andavano al di fuori delle aspettative della società di quel periodo.
Infatti, Bridget Boland era intelligente, bella e indipendente e, per molti versi, si adattava alla definizione della “nuova donna” della fine del XIX secolo.
Bridget era una sarta e modista, e vendeva anche uova, in gran parte mantenendosi da sola, per campare non aveva bisogno del marito come la maggior parte delle donne dell’epoca.
Sia lei che il marito erano alfabetizzati, benestanti, vivevano in una casa con finestre di vetro e tetto d’ardesia, mentre la restante popolazione vivevano in abitazioni con tetti di paglia e pareti di fango.
Inoltre non avevano figli nonostante gli 8 anni di matrimonio e la cosa li rendeva ancora più diversi dagli altri.
Ma oltre a questo, è irragionevole pensare che “stare via con le fate” fosse un mito patriarcale modellato per trattare con donne recalcitranti?
Potrebbe essere che, in realtà, proprio come le streghe che venivano bruciate sul rogo, anche Bridget Cleary sia stata accusata di qualcosa di assurdo quando, forse, aveva una relazione con un altro uomo; oppure che la sua malattia fosse la conseguenza di un aborto spontaneo di un figlio generato con un altro uomo?
Non potrebbe essere che Michael Cleary abbia compiuto un atto di vendetta contro la moglie, quando ha scoperto tutto?
Era coinvolto in un atto di avvelenamento, e quella notte l’uccisione a causa delle “fate” è stata solo la motivazione a cui tutti avrebbero creduto, grazie alla forza enorme che tali credenze esercitavano sulle menti non istruite?
Concludendo, la morte di Bridget è stata popolarmente descritta come “L’ultima strega bruciata in Irlanda“, quando invece non è mai stata effettivamente descritta come collaboratrice del diavolo, come da consuetudine con le streghe accusate: si pensava solo che fosse stata sostituita da una fata cangiante.
Certo cambia poco, la realtà è che Bridget fu uccisa in maniera orribile, vittima della cattiveria, ignoranza, violenza, indifferenza e grettezza umana.
Cosa che continua ad accadere anche oggi, XXI secolo…
Nella mitologia europea, Changeling, ovvero Cangiante, è una creatura simile ad un essere umano, ma in realtà è una fata lasciata al posto di un bambino o di un neonato, rubato da altre fate.
Quando menzioniamo la parola “fata“, pensiamo ad esseri gentili e benevoli, ma questo non è certamente il caso dei Cangianti, che venivano scambiati solitamente per uno di questi tre motivi:
1) perché le fate volevano che il bambino rapito fosse un loro servitore,
2) perché volevano ricevere l’amore di un bambino umano,
3) per malizia/vendetta.
La maggior parte delle volte, lo scambio veniva effettuato con una fata anziana, in modo che potesse vivere la sua vita nel comfort di un essere umano, o in modo che potesse morire.
Di solito venivano rapiti i bambini più belli, perché le fate desideravano ed ammiravano questa peculiarità.
Spesso un bambino poteva ammalarsi o assumere uno strano aspetto, oppure una persona poteva all’improvviso diventare incapace di muovere gli arti: “colpita dalle fate” si diceva, e la gente del posto iniziava a sospettare che sotto ci fosse il loro zampino.
Nel Medioevo, si pensava che i bambini con deformità, malattie o condizioni, che all’epoca erano inspiegabili, fossero stati sostituiti da Cangianti, motivo per cui molti di loro erano abbandonati o addirittura uccisi.
Ma c’erano quelli che sospettavano, che il loro bambino fosse stato scambiato con un Mutaforma e, quindi, sentivano di doversene prendere cura ugualmente ed amarlo, per paura che le fate facessero del male al loro vero bambino o, peggio, non lo riportassero mai indietro.
Alcuni credono che l’origine del mito del Cangiante derivi da un angolo molto oscuro della mente, che si azionava quando sussisteva un problema che non si riusciva a comprendere o risolvere, a causa della mancanza di comprensione di determinate disabilità e condizioni, come l’autismo o la malattia fisica.
Per esempio, se una famiglia non si sentiva in grado di prendersi cura di un bambino, in particolare uno che riteneva non sarebbe stato utile per loro in futuro, in quanto malato o deforme, era più facile per loro “perdere” il bambino, credendo che fosse stato rapito dalle fate, piuttosto che ammettere di aver lasciato morire il proprio figlio.
Infatti nell’epoca medioevale, l’infanticidio era un aspetto orribile ma molto reale della vita rurale, ed il fatto che esistano innumerevoli racconti sui Cangianti, indica che i genitori di questi sfortunati bambini li vedessero come una minaccia per la sopravvivenza delle loro famiglie, e quindi li facevano morire, considerando che fosse l’unico modo per salvare tutti gli altri.
Una storia del genere si può trovare in un episodio della prima stagione di “Outlander”, una serie Tv ambientata in Scozia.
Nelle leggende irlandesi e scozzesi, un bambino fatato appariva malaticcio e non cresceva di dimensioni come un bambino normale, e poteva anche avere caratteristiche fisiche notevoli, come barba o denti lunghi.
Era descritto con un’intelligenza superiore ai suoi anni apparenti, oltre a possedere una pungente intuizione.
Inoltre un Cangiante poteva mostrare un comportamento insolito quando pensava di essere solo, come saltare, ballare o suonare uno strumento.
Ma alcune storie raccontano addirittura che il Cangiante doveva essere torturato per rivelarsi, il che portò a molti casi reali di abusi sui minori.
Solo in rare occasioni i genitori furono ritenuti responsabili di questi abusi.
Uno di questi casi ebbe luogo nel 1690 a Gotland, in Svezia, dove una coppia fu processata dopo aver lasciato il proprio bambino di 10 anni su un mucchio di letame, durante la notte della vigilia di Natale.
Il bambino era malato e non cresceva correttamente e la coppia, credendo che fosse un Cangiante sperava che, lasciandolo in un posto simile gli elfi, che presumibilmente avevano rubato il loro bambino originale, li avrebbero scambiati di nuovo.
Invece, il bambino morì per esposizione al gelo.
In alcune storie, come il racconto islandese “The Changeling Who Stretched“, che racconta di un ragazzo che crebbe rapidamente fino a diventare adulto, i Cangianti non erano affatto bambini fatati, ma piuttosto fate adulte che assumevano la forma di un bambino, per poter convincere i genitori che il loro bambino fosse un Cangiante, e quindi a temerlo.
Nel 1826, ci fu un caso inquietante di un’anziana donna irlandese di nome Ann Roche, la quale si stava prendendo cura del nipote di quattro anni, Michael Leahy, che non era in grado di camminare o dormire ma, all’improvviso, lo annegò in un fiume, presumibilmente credendo che l bambino fosse “incantato dalle fate“.
Al processo per il suo omicidio, la donna disse di aver annegato il bambino “per mettere fuori gioco la fata“, credendo che lo avrebbe curato e…fu dichiarata NON COLPEVOLE.
Nel folklore scozzese, i bambini rapiti potevano sostituire i Cangianti nel tributo dovuto dalle fate al diavolo ogni sette anni, come narrato nella ballata Tam Lin e in quella di Thomas the Rhymer.
Secondo altri miti scozzesi, un bambino nato con un “caul” ovvero con una parte della membrana amniotica sul viso, era un Cangiante di nascita fatata e presto sarebbe morto.
Altre storie affermano, che il latte umano era necessario per la sopravvivenza dei bambini fatati, quindi o il bambino umano appena nato veniva scambiato con un bambino fatato per essere allattato dalla madre umana, oppure la madre umana veniva portata nel mondo delle fate, per allattare i piccoli fatati.
Ma, si racconta, che anche le ostetriche umane fossero necessarie per mettere al mondo i bambini delle fate.
Si narra, inoltre di Cangianti che dimenticavano di non essere umani e continuavano a vivere una vita umana, oppure che non dimenticavano, tuttavia, tornavano alla loro famiglia fatata, abbandonando quella umana senza preavviso.
Nel Medioevo, in Scandinavia si diceva che la bellezza nei bambini umani e nelle giovani donne, in particolare i tratti che evocano luminosità o riflessi, come i capelli biondi e gli occhi azzurri o argentati, attirassero le fate, poiché forse trovano preziosità in questi tratti.
In Cornovaglia, ci sono alcune pietre chiamate Mên-an-Tol, le quali hanno un guardiano fatato o un folletto, che può praticare cure miracolose.
Si racconta che un bambino Cangiante sia stato fatto passare attraverso una di quelle pietre, affinché restituisse alla madre il suo vero figlio, che i folletti malvagi avevano scambiato, in quanto solo le pietre erano in grado di invertire il loro incantesimo.
In Germania, i Cangianti si chiamavano Wechselbalg, Wechselkind, Kielkopf o Dickkopf (in riferimento agli enormi colli e teste di questi Mutaforma).
Qui esistevano diversi metodi per identificare un Cangiante e quindi farsi restituire il bambino reale:
∇confondere il Cangiante cuocendo o preparando la birra nei gusci d’uovo.
Questo costringeva il Mutaforma a parlare, rivendicando la sua vera età, rivelando la sua provenienza;
∇tentare di bruciare il Cangiante nel forno, cercando di fargli dire la verità;
∇colpirlo o frustarlo.
Una volta scoperta la sua reale natura fatata, l’essere doveva essere nutrito con il latte di una donna, prima di sostituire i bambini.
Nel folklore tedesco, inoltre, si parla anche di diversi possibili genitori, noti per i cangianti:
∇ il diavolo, credenza condivisa da Martin Lutero che, per questo motivo, sosteneva l’uccisione dei Cangianti;
∇ una nana femmina;
∇ uno Spirito dell’acqua;
∇una Roggenmuhme o Roggenmutter (donna demoniaca che vive nei campi di grano e ruba bambini umani).
In Polonia c’era il Mamuna o Boginki, uno spirito che scambiava i bambini nella culla.
Questi Cangianti avevano un addome anormalmente grande, una testa insolitamente piccola o grande, una gobba, braccia e gambe sottili, un corpo peloso e lunghi artigli.
Inoltre, i Cangianti Mamuna mettevano la loro prima serie di denti prematuramente rispetto a un bambino umano.
Le madri, per proteggere il proprio figlio dal rapimento della Mamuna, legavano un nastro rosso attorno al polso del bambino, gli metteva un cappello rosso in testa e lo teneva lontano dalla luce della luna.
Altri metodi preventivi includevano il non lavare i pannolini dopo il tramonto, e il non voltare mai la testa dal bambino mentre dormiva.
Tuttavia, se un bambino veniva rapito dalla Mamuna, si poteva costringerla a restituirlo, portando il Cangiante in un letamaio, frustandolo con un bastoncino di Betulla e versandogli sopra dell’acqua da un guscio d’uovo, il tutto gridando:
“Prendi il tuo; restituiscimi il mio“.
In genere, il Mamuna si dispiaceva per il proprio figlio e lo restituiva alla madre.
In Galles, il bambino Cangiante inizialmente assomigliava a quello umano sostituito, ma gradualmente diventava più brutto nell’aspetto e nel comportamento: malformato, con un cattivo carattere, che urlava e mordeva.
Poteva anche essere meno intelligente del solito, oppure essere ugualmente identificabile per via della sua saggezza ed astuzia tipica di un adulto.
Il modo più comune impiegato per identificare un Cangiante era cucinare un pasto in un guscio d’uovo, cosa che avrebbe fatto esclamare al bambino: “Ho visto la ghianda prima della quercia, ma non ho mai visto qualcosa di simile” e poi sarebbe svanito, per essere sostituito dal bambino umano originale.
In alternativa, o in seguito a questa identificazione, sarebbe stato necessario maltrattare il Cangiante mettendolo in un forno caldo, tenendolo in una pala sopra un fuoco caldo, o bagnandolo in una soluzione di Digitale.
In Irlanda, guardare un bambino con invidia, ovvero “guardare oltre il bambino“, era pericoloso, poiché metteva in pericolo il piccolo, che allora era in potere delle fate.
Così come era pericoloso anche ammirare o invidiare una donna (soprattutto neo sposa o neo mamma) o un uomo, naturalmente belli, a meno che la persona non aggiungesse una benedizione.
Varie leggende descrivono modi per sventare un’aspirante fata rapitrice, per esempio gridando: “Gairim agus coisricim thú” (Ti benedico) o “Dio ti benedica“, che avrebbe indotto la fata ad abbandonare il bambino che stava cercando di rubare.
Un’altra possibile tattica era quella di inserirsi in una discussione su chi avrebbe tenuto il bambino, urlando alla fata: “a me“, cosa che l’avrebbe indotta a restituire il bambino umano.
I Cangianti, in alcuni casi, non erano considerati bambini fatati sostituti, ma piuttosto vecchie fate portate nel mondo umano per morire.
Il nome Siofra, dato oggi alle ragazze irlandesi, significa “bambino elfico o cangiante”, e deriva da Síobhra che significa fata .
La credenza nei Cangianti resistette in alcune parti dell’Irlanda fino al 1895, quando Bridget Cleary fu uccisa dal marito che la credeva una Cangiante, per costringere le fate a restituire la sua “vera” moglie.
In generale, esistevano dei modi per tenere lontane le fate dalle culle dei neonati, come un cappotto rovesciato o forbici di ferro aperte, lasciate dove dormiva il bambino, che si pensava le allontanasse; altre misure includevano una costante sorveglianza sul piccolo.
Ma quando veniva rapito un adulto al posto di un bambino, al posto dell’umano rubato veniva lasciato un oggetto, come un tronco incantato con le sembianze della persona rapita.
Quest’oggetto al posto dell’umano poteva ammalarsi e morire, essere sepolto dalla famiglia umana, mentre l’umano vivente continuava a vivere tra le fate.
Vi lascio con una bella leggenda sui Mutaforma, raccontata dai Fratelli Grimm.
Nel 1580, in un campo vicino a Breslavia, in Germania, c’era un nobile che, ogni estate, richiedeva ai suoi sudditi di raccogliere il suo grande raccolto di fieno.
Nessuno era esentato da questo lavoro manuale, nemmeno una neomamma, che aveva partorito il suo primo figlio appena una settimana prima.
Non potendo fare altrimenti, la giovane madre portò con sé il neonato nel campo del nobile e si mise al lavoro, deponendo il bambino in un piccolo fazzoletto d’erba.
Quando più tardi tornò ad allattare il bambino, questi iniziò a ululare in modo disumano e le morse il seno con tanta forza e avidità, che la donna gridò di dolore.
Il piccolo non assomigliava per niente al bambino che conosceva, ma la mamma tornò a casa e lo tenne con sé per diversi giorni, tollerando nel frattempo il suo comportamento disgustoso, finché non riuscì più a sopportarlo.
Si rivolse al nobile per chiedere aiuto, e lui le disse: “Donna, se pensi che questo non sia tuo figlio, allora fai questa cosa. Portalo nel prato dove hai lasciato il tuo bambino precedente e battilo forte con un bastoncino di Betulla. Allora sarai testimone di un miracolo”.
La donna fece come le era stato detto e picchiò il bambino con un bastoncino, finché non iniziò ad urlare.
Fu allora che le apparve il Diavolo, tenendo in braccio il suo bambino rubato, e le disse: “Ecco, ce l’hai!”
E portò via il suo demoniaco figlio.
Fate attenzione…
Valeriana è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Caprifoliaceae, che comprende circa 150 specie, utilizzate prevalentemente come calmante naturale.
La più famosa è senz’altro Valeriana officinalis, di origine europea e di alcune zone dell’Asia, che può raggiungere i 150 cm d’altezza, presenta rizoma, fusto eretto e radici con odore sgradevole e penetrante.
Le foglie sono opposte, i fiori hanno colorazione dal bianco al rosa e sono leggermente profumati, il frutto provvisto di setole piumose che si disperdono per mezzo del vento.
Il nome ha diverse interpretazioni circa la provenienza:
1) deriva dal latino “valere”, ossia stare bene in salute;
2) deriva dal X sec., dalla provincia ungherese Pannonia Valeria, in cui la pianta era abbondante;
3) deriva da diversi personaggi latini di nome Valerius o Valerianus;
4) deriva dal sassone “baldrian”, collegato al Dio della luce Baldur, alludendo alle proprietà magiche della pianta come scaccia-diavoli.
Altri nomi popolari sono: All-heal, Amantilla, Cappon’s tail, Cat’s valerian, Fu, Garden heliotrope, Garden valerian, Genicularis, Marinella, Phu, Setwall, St George’s Herb, Terdina, Theriacardia, Van, Vandal root, Wenderot.
Questa pianta ha un penetrante e gradevole aroma, quando è fiorita, emanando un gradevole profumo etereo, che risulta particolarmente attraente per i felini: da questa caratteristica deriva il nome popolare “Erba dei gatti“.
La Valeriana era usata come medicamento già nell’antico Egitto.
Nel Medioevo, era considerata una panacea e si dice che Fabio Colonna, famoso scienziato del 1500, abbia curato l’epilessia grazie a questa pianta.
Già gli antichi Greci e Romani conoscevano la Valeriana, che era apprezzata anche come rimedio contro la gotta e le fitte ai fianchi.
Fu solo intorno al 1800 che Christoph W. Hufeland (medico tedesco considerato il promulgatore della Medicina olistica) scoprì le sue proprietà tranquillanti e neurotoniche.
Considerato che la Valeriana conferisce un cattivo sapore quando si fuma tabacco, è pure in grado di aiutare a smettere di fumare.
La radice di Valeriana ha una lunga storia di utilizzo come sedativo, in quanto agisce come un sedativo nel cervello e nel sistema nervoso.
Soprannominata il “valium della natura”, è usata principalmente nei disturbi del sonno, in quanto l’assunzione giornaliera di estratto di radice di Valeriana per via orale sembra migliorarne la qualità, anche se potrebbe essere necessario un uso continuo, prima che l’effetto sia evidente.
ATTENZIONE: la Valeriana è generalmente ben tollerata, ma se ne deve fare un uso non prolungato, onde evitare alcuni effetti collaterali che possono essere anche gravi.
Inoltre, potrebbe causare sintomi di astinenza, se interrotta dopo un uso a lungo termine.
Pertanto è meglio ridurre lentamente la dose nell’arco di una o due settimane, prima di interromperla completamente.
Infine, non assumere la Valeriana durante la gravidanza o l’allattamento, non darla a bambini o adolescenti, a meno che non sia raccomandata e monitorata da un medico.
Le radici, i rizomi e gli stoloni della Valeriana sono usati per fare integratori alimentari come capsule e compresse, così come tisane e tinture.
Altri potenziali benefici della radice di Valeriana includono riduzione delle vampate di calore nelle persone in menopausa e post-menopausa; beneficio nella sindrome mestruale; miglioramento dei sintomi della sindrome delle gambe senza riposo.
Durante entrambe le guerre mondiali, la Valeriana è stata utilizzata come nervino, per trattare lo shock da granata ed è stata inclusa in compresse per aiutare a calmare i cittadini che vivevano sotto la minaccia dei bombardamenti notturni.
Nel folklore, tra i popoli nordici si diceva che Hertha, la Dea dei cicli della vita e delle stagioni, mettesse la Valeriana sul suo frustino, facendo aumentare la velocità del cervo che cavalcava.
Poiché si raccontava che la briglia del cervo fosse fatta di luppolo (Humulus lupulus, Cannabaceae), la combinazione potrebbe aver contribuito a facilitare il viaggio tra i Regni, lo spazio liminale dello sciamano e della strega, o tra la veglia e il sonno.
Si narra che il pifferaio magico di Hamelin si sia messo in tasca la Valeriana, o si sia strofinato con essa, per attirare i topi dalla città, perché ne amano l’odore.
I Greci usavano la Valeriana per allontanare il male, appendendone mazzi alle finestre.
I Celti l’appendevano nelle loro case per scongiurare i fulmini.
Una convinzione riguardante il suo potere era che, se l’avessi lanciata in un combattimento, le persone coinvolte sarebbero decedute all’istante.
Esotericamente, la Valeriana è sempre stata inclusa sia nelle pozioni d’amore che in quelle per dormire quindi, può essere usata nel lavoro magico per offuscare i sensi altrui.
Altri usi magici includono la purificazione, come la consacrazione di strumenti rituali, la promozione della pace, la rottura di fatture e la fornitura di stabilità e felicità.
La Valeriana è usata per radicarsi durante le turbolenze emotive e per favorire la creatività.
Viene anche impiegata per aiutare nella comunicazione durante i conflitti, e connettere gli umani agli Esseri nell’Altro Regno.
Quando si cerca la verità dietro i segreti, si pensa che la Valeriana aiuti ad accedere alla conoscenza nascosta.
La Valeriana è stata a lungo associata all’amore e si ritiene che possieda proprietà magiche, in grado di attrarre partner romantici o migliorare le relazioni esistenti.
Inoltre, avere radici di Valeriana nelle vicinanze, risolve una discussione tra una coppia, pone fine a litigi e crea una famiglia pacifica.
È utile nei rituali di celebrazione di Samhain e Yule, negli incantesimi relativi alla fine del senso di colpa ed al dialogo interiore negativo, allo sviluppo dell’accettazione di sé.
La Valeriana si usa a proprio vantaggio, quando ci si trova in circostanze sfortunate, per scoprire il bene anche in situazioni apparentemente terribili.
È anche utilizzata nella Magia degli animali, in particolare in quella dei gatti e nell’evocazione degli spiriti degli animali.
I fiori o le foglie di Valeriana sono talvolta usati come offerte in rituali e cerimonie, per onorare divinità o spiriti associati all’amore, al sonno o alla divinazione.
A volte, nei rituali è usata come sostituto della terra del cimitero nella Magia nera (per evocare fantasmi che eseguano i propri ordini), oltre ad essere utilizzata per rituali più oscuri, per evocare demoni e spiriti, e come ingrediente in incantesimi funesti.
Gli steli di Valeriana possono essere essiccati ed immersi in sego o olio, quindi usati come torcia per incantesimi e rituali.
La torcia può quindi essere utilizzata per accendere fuochi sacri e, meditare con la sua luce, migliora la chiarezza per una data situazione.
Per evitare visitatori indesiderati, cospargi Valeriana in polvere sulla veranda e pronuncia il loro nome mentre, per eliminare i problemi, scrivili su carta pergamena, quindi bruciala e mescola le ceneri con questa pianta in polvere, quindi seppellisci il tutto.
Infine, ricorda… che un rametto di Valeriana appuntato alla propria veste, induce gli uomini a “seguirti come bambini”…
PIANETA: Giove, Venere, Mercurio, Luna
ELEMENTO: Acqua
SEGNI ZODIACALI ASSOCIATI: Vergine, Acquario
CHAKRA: 2, Svadhisthana (C. sacrale)
“Amo gli alberi. Sono come noi.
Radici per terra e testa verso il cielo”
-Erri De Luca-
La Magia verde è un’energia ed una forza inspiegabili, che si verifica in natura intorno a noi, anche se probabilmente non tutti ne sono consapevoli o aperti ad essa.
E’ quella sensazione unica, quell’innalzamento dello spirito quando sei all’aperto, in un posto bellissimo.
Le persone di tutte le credenze spirituali riconoscono quella forza vitale magica nella Natura, dandole nomi diversi.
I nostri antenati erano molto più in contatto con le forze misteriose che li circondavano, con il cambio delle stagioni, il miracolo della crescita ogni primavera, le tradizioni degli animali, il ritorno del sole dopo l’inverno; tutti fenomeni naturali che oggi spesso ignoriamo dandoli quasi per scontati.
La Magia verde ruota attorno alle forze naturali presenti nella nostra realtà, il suo potere deriva dalla natura stessa, ecco perché il verde è il colore adatto, che denota proprio il tipo di magia di cui sto parlando.
Questa forma di magia è un ramo delle pratiche occulte metafisiche, per trasformare la volontà e l’intenzione in realtà percepibile.
I praticanti di Magia verde credono che ogni essere vivente emani una forza o un’energia unica chiamata “Manae” alla quale, attraverso l’uso di canali ed allenamenti corretti, è possibile accedere ed utilizzare per sempre.
È un sistema di credenze piuttosto neutrale e distaccato da altri sistemi di religioni, tradizioni ecc. che, appunto per questo, rende partecipi credenti religiosi, agnostici ed atei a diversi dei suoi rituali.
Inoltre, quando si vive vicino alla natura, si capisce in modo più completo quanto dipendiamo dalla sua generosità.
Vedendo la Natura come una manifestazione della divinità, l’anima umana riacquista qualcosa che era andato perduto quando abbiamo industrializzato la nostra Terra, che riguarda la psiche ed il nostro benessere spirituale.
L’essenza della Magia verde coinvolge fortemente la volontà, l’intenzione e l’incantesimo, richiedendo che l’utente impari come accedere alla propria capacità innata e come canalizzarla per la manifestazione.
La Magia verde usa la natura come fonte di energia, quindi ci sono davvero molti modi per usare la flora per i rituali magici, grazie soprattutto ad un sistema le cui radici si estendono dai nostri antichi antenati e pagani.
Essi hanno compreso le potenti proprietà curative, allucinogene e pratiche delle erbe e delle piante, facendo un grande uso di questa conoscenza, di cui ritroviamo ancora oggi dei resti, nonostante ci sia una medicina occidentale più basata sulla chimica, che ha la precedenza nelle pratiche sanitarie moderne.
In realtà c’è una lotta immane, in quanto la natura viene distrutta dalla deforestazione, dall’inquinamento e da altre azioni umane.
Le piante si estinguono continuamente, così come gli animali e, a causa della globalizzazione, la conoscenza tribale indigena è considerata rudimentale o si sta estinguendo anch’essa insieme alla natura.
Così la Magia verde dell’essere naturale si trova in opposizione a tutto ciò che è innaturale.
La natura lavora sui principi della simbiosi e della cooperazione mai fini a se stesse: ad esempio, piantare fagioli insieme a girasoli e mais aiuta a rafforzare l’apparato radicale di quest’ultimo, che consente una maggiore resistenza ai forti venti.
La Magia verde funziona con l’energia della Madre Terra, utilizzando un atteggiamento ed obiettivi positivi, e basa le sue radici su fonti naturali, con una forte volontà di rispettare il mondo che ci circonda e le sue creature.
Naturalmente, come accennato in precedenza, essa è una pratica magica svolta con l’ausilio prevalente di erbe, fiori, frutti e spezie (sia freschi che essiccati), il cui uso è legato a rituali magici e religiosi fin dalla notte dei tempi, che servivano a curare anche malattie del corpo.
La Magia verde è usata, quindi, per la guarigione, l’armonia e l’equilibrio, lavorando per stabilire pace tra tutti gli elementi, usando il potere della Terra, che include il pianeta e tutto ciò che vive su di essa, inclusi animali, piante e persone.
Ogni elemento naturale della Terra, infatti, ha una virtù specifica ed è legato, a sua volta, al Mondo celeste, dal quale riceve forti influssi occulti, facendo da intermediario tra noi e il potere.
Nelle pratiche ritualistiche, le erbe (sia secche che fresche) vengono utilizzate per purificare l’ambiente dalle cattive energie, grazie all’aiuto di un Athame, per massimizzare l’esecuzione del rituale.
Inoltre, la combustione o l’applicazione dei suoi oli può indurre stati d’animo calmanti o invigorenti, a seconda dell’effetto desiderato, che aiutano anche la pratica rituale.
Nella Magia verde, la pratica del radicamento è comune ed è molto efficace.
È un incoraggiamento a camminare a piedi nudi, per trasferire l’energia dal suolo al deambulatore e per trasmutare le energie iperattive in energie controllate.
Ma chi pratica la Magia verde?
La Stregoneria verde è sorella della magia popolare da cui deriva, spesso sovrapponendosi.
La Strega verde proviene da donne di medicina del villaggio, guaritrici, ostetriche, gente astuta e nonne che sembravano avere un tocco magico con i rimedi.
Si trattava di gente comune, spesso di classe inferiore, o donne solitarie che avevano compreso la guarigione grazie all’aiuto della natura, prima che la scienza la raggiungesse.
Solitamente, al centro di essa c’è una naturalista, un’erborista, una saggia ed una guaritrice, che abbraccia il potere della natura, attinge energia dalla Terra e dall’Universo, fa affidamento su oggetti naturali come pietre e gemme per entrare in comunione con la terra su cui vive.
Usa piante, fiori, oli ed erbe per la guarigione, invoca la guida della natura e rispetta ogni essere vivente, non importa quanto piccolo sia.
L’operatore verde usa il suo potere per sfruttare l’energia delle fonti naturali intorno a sé, comunicando con piante e animali selvatici.
Il sentiero verde è la struttura scheletrica dei guaritori e degli operatori sanitari della comunità, aiutati dall’erboristeria e dalla volontà.
E, una volta che rimosse le norme culturali, le tradizioni e le ideologie religiose, si potranno vedere le fondamenta su cui si può costruire il proprio viaggio spirituale.
Queste indicazioni sono ben descritte nel “Grimoire for the Green Witch: A Complete Book of Shadows” (Libro delle ombre della strega verde) di Ann Moura, una vera e propria guida operativa, che contiene ricette ed incantesimi personalizzati con miscele di erbe e incantesimi.
Non bisogna confondere la Magia verde con quella bianca, in quanto la prima concentra gli sforzi sull’energia naturale della flora della Terra, mentre la seconda usa la magia pratica focalizzata sul Bene superiore.
E’ interessante notare che le nuove generazioni si stanno dirigendo verso un percorso che spieghi la vita, in un modo che parli a tutti, indipendentemente dall’ascendenza.
Forse perché questi percorsi hanno tre cose fondamentali in comune: sono basati sulla magia popolare, non richiedono un elemento spirituale e coloro che percorrono i sentieri tendono ad essere solitari praticanti, come spiega Arin Murphy-Hiscock nel suo libro “The Green Witch”.
Tra le varie piante comunemente usate nella Magia verde, troviamo:
• Cicoria
• Aloe Vera
• Papavero
• Arnica
• Boldo
• Calendula
• Scintilla asiatica
• Dente di leone
• Ginseng
• Ginko Biloba
• Erba gatta
• Iperico
• Finocchio
• Tiglio
• Camomilla
• Menta
• Noce
• Maca
• Valeriana
Oltre ad essere utilizzate come integratori di medicina naturale, alcune piante fungono anche da ingrediente dominante nella maggior parte dei rituali e degli incantesimi.
RITUALE DI MAGIA VERDE PER ATTIRARE IL SUCCESSO NEGLI AFFARI
Ingredienti:
• Arachidi
• Anice stellato (può essere anche in grani)
• Foglie di Alloro
• Riso bianco secco
• Piatto bianco
• 1 padella
• 1 candela bianca
• Fiammiferi
• 1 sacchetto di carta
Procedimento:
• Metti le arachidi nella padella.
• Aggiungi l’Anice stellato e mescola entrambi gli ingredienti.
• Una volta tostati, ridurli in polvere.
• Mettili nel piatto bianco e lasciali per tre giorni vicino alla porta di casa tua. Puoi tenerli su un tavolo.
• Accendi la candela bianca e lasciala per quindici minuti accanto al piatto, spegnendola dopo 15 minuti.
• Mentre la candela brucia, aggiungi al piatto foglie di Alloro fresche e una manciata di riso crudo.
• Ripeterai la sequenza della candela e degli ingredienti aggiunti, per 3 giorni consecutivi.
• Il terzo giorno, metti ciò che c’è nel piatto in un sacchetto di carta.
• Quindi spargi questa sostanza ai quattro angoli del tuo posto di lavoro.
• Se hai fede, i soldi ed i clienti verranno da te.
RITUALE DI MAGIA VERDE PER ATTRARRE RICCHEZZA
Ingredienti:
• 1 candela bianca
• 3 rami di Ruta
• Petali di rosa
• Panno verde
• Fiammiferi
• Olio essenziale
• 1 vaso pieno di terra
Procedimento:
• Accendi la candela bianca in un luogo all’aperto.
• Mentre usi le fiamme della candela, brucia i rami della Ruta.
• Versare le ceneri sul panno verde.
• Aggiungi i petali di rosa ed alcune gocce di olio essenziale.
• Chiudi tutto in modo ordinato e seppellisci il pacchetto nel vaso di terra.
• A voce alta e con spirito fiducioso, fai la tua richiesta e in pochi giorni noterai un notevole cambiamento che migliorerà le tue entrate.
Altre aree in cui è possibile applicare la Magia verde includono la cura di diversi disturbi, la fertilità, incantesimi d’amore, allontanamento della sfortuna, ecc..
Attenzione però, prima di utilizzare le piante come medicina alternativa, soprattutto se ha a che fare con la salute, assicurati di fare un’accurata ricerca sulla pianta e cerca obbligatoriamente un parere medico.
Ricorda che il modo migliore per riconnettersi con la Natura, ed aprire il tuo spirito alla Magia Verde tutt’intorno, è uscire all’aria aperta e permettere alla Natura di stabilire una connessione con la tua anima.
Se ti senti attratta dal mondo naturale, hai un dono per la guarigione ed il sollievo e ti piace il giardinaggio e la cura di piante ed erbe, potresti essere una Strega verde.
“Non c’è erba migliore
per prendere i vapori malinconici dal cuore,
per rafforzarlo e rendere un’anima allegra,
allegra e allegra di questa erba”
-Nicholas Culpeper-
La Cardiaca (Leonurus cardiaca) è una piccola pianta officinale appartenente alla famiglia delle Lamiaceae, chiamata anche “Coda di leone dai fiori rosa”, originaria dell’Asia.
E’ diffusa in tutta l’Europa continentale, raramente nelle isole britanniche e nel mediterraneo, e cresce non oltre i 100 m di altitudine, in terreni incolti, ai margini di sentieri e strade, tra i ruderi.
Può raggiungere il 1,50 mt di altezza, ha fusto peloso e biancastro, foglie picciolate e fiori rosa o violacei riuniti in spiga.
L’intera pianta emana un odore sgradevole.
“Leonurus” deriva da due parole greche che insieme significano “simile alla coda di un leone”.
“Cardiaca”, invece, deriva dall’antica consuetudine di ritenere efficace tale pianta sia per i dolori gastrici che cardiaci.
La Cardiaca era già conosciuta dagli antichi Greci e, nel Medioevo, veniva coltivata nei monasteri.
La sua azione sedativa viene paragonata a quella della Valeriana.
Il nome tedesco “Mutter kraut” e quello inglese “Motherwort” (Erba madre) indicano l’uso nella tradizione popolare della pianta come stimolante uterino: un tempo infatti era utilizzata come pianta emmenagoga.
Anticamente, era utilizzata come nervino di supporto per la malinconia e l’ansia, rafforzando il cuore e il sistema nervoso a livello emotivo, per elevare lo spirito e calmare l’ansia, che le nuove madri potevano provare, in modo che potessero occuparsi del compito di madre, senza i sentimenti di sopraffazione e insicurezza che lo accompagnavano.
La Cardiaca è stata a lungo utilizzata in diversi sistemi di medicina tradizionale, come la medicina tradizionale cinese, anche se pochi studi scientifici hanno testato gli effetti di questa pianta sulla salute.
Tuttavia, alcune ricerche preliminari mostrano che la Cardiaca può offrire potenziali benefici.
Infatti, le sostanze in essa contenute sono un valido supporto nella cura dei problemi cardiaci, ansia, depressione, insonnia, ipertensione, problemi mestruali e post-partum.
Le tribù native in America, tra cui Delaware, Oklahoma, Micmac, Mohegan e Shinnecock, usavano l’infuso di Cardiaco come aiuto ginecologico per le “malattie femminili“.
I Cherokee e gli Irochesi la usavano rispettivamente come coadiuvante gastrointestinale per facilitare la digestione, e come sedativo per “affezioni nervose e isteriche” e come tonico nervoso, ed anche come stimolante per gli svenimenti.
Attenzione, questa erba non deve essere assunta durante la gravidanza.
Non usare in combinazione con altre erbe che agiscano sul cuore o che causino sonnolenza.
In cucina, si usano sia i fiori freschi che quelli secchi, per insaporire le zuppe di legumi, in particolare le lenticchie, oltre ad essere usati in alcune regioni, per preparare birra e tè.
Dalla Cardiaca si può ricavare, mediante decotti, un colorante per tessuti di colore scuro verde-oliva.
Storicamente, questa pianta è stata associata alla longevità.
Un’antica leggenda narra, che una volta c’era una città la cui sorgente scorreva attraverso una macchia di Cardiaca.
Tutti i cittadini locali ricevevano la loro acqua potabile quotidiana da quella sorgente e tutti vissero fino a più di 100 anni.
Nel linguaggio vittoriano dei fiori, la Cardiaca simboleggiava l’amore nascosto.
Questa pianta si collega all’Elemento acqua, il che la rende ottima per il lavoro lunare, in quanto la Luna domina i ritmi dei corpi idrici su questo pianeta.
Aiuta anche a regolare i cicli mestruali, che spesso sono strettamente legati ai cicli della Luna.
Come ogni pianta ancestrale, la Cardiaca è stata riconosciuta per le sue qualità magiche ed esoteriche da molte civiltà e religioni, da Druidi, Celti, nella Santeria di centro e sud America.
Esotericamente, viene utilizzata per aumentare la fiducia, la vitalità, l’ottimismo ed il perdono.
Questa pianta è ben nota come guardiana contro gli incantesimi oscuri, gli incantesimi di sfortuna ed è un repellente contro gli spiriti maligni.
All’interno del genere dell’occulto, si dice che la Cardiaca abbia poteri che funzionano attraverso le energie, come la capacità di guarire o far ammalare, ed anche proprietà esorcistiche.
In alcune tradizioni, viene utilizzata per benedire e proteggere in modo specifico la propria famiglia, specialmente se conservata con foto di famiglia.
La sua natura protettiva e l’affinità per le madri ne fanno un’erba efficace per la protezione delle donne incinte e delle mamme.
A volte usata nella contro-magia, la Cardiaca può essere usata per deviare e proteggersi da qualsiasi azione o effetto magico indesiderato.
E’ adatta per coloro che vogliono riporre più fiducia nel sé interiore e promuovere l’amore per se stessi.
A causa della sua associazione con Luna e Venere, la Cardiaca si usa per onorare le Dee della fertilità ed invocare le energie generali del femminile nei suoi aspetti materni.
Può essere utilizzata in tutti gli incantesimi curativi e nelle operazioni magiche, in particolare quelli per alleviare la depressione e scacciare la malinconia, oltre ad essere particolarmente utile negli incantesimi per proteggere le donne incinte e i loro bambini non ancora nati.
Usala in un sacchetto mojo rosso, chiuso da un nastro rosso, durante la gravidanza per proteggerti, o nella Magia delle candele per qualsiasi evento importante della vita, per incoraggiare la forza.
È eccellente come aiuto nei viaggi astrali e nei sogni lucidi, specialmente in combinazione con l’Artemisia.
Se vuoi liberarti da una maledizione, fai un bagno a base di sapone alla Cardiaca.
Puoi anche creare un incenso con essa, insieme ad alcune altre erbe come Salvia sclarea, Alloro e Chiodi di garofano, per rendere tutto molto più potente.
Invece per proteggerti, appendi la pianta di Cardiaca sulla porta, così respingerà tutti i cattivi incantesimi o maledizioni che potrebbero essere stati lanciati a casa tua, o sulle persone che ci vivono.
Questo tipo di incantesimo ti proteggerà sempre dalla porta di casa oltre la quale, al suo interno, troverai momento riposo e sarai protetto.
PIANETA: Luna
ELEMENTO: Acqua
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Leone
CHAKRA: 4, Anahata (C. del Cuore)
Le leggende del Portogallo e della Spagna parlano di una terra incantata, Mourama, in cui un popolo magico, i Mouros, dimora sotto terra in Portogallo e Galizia.
Mourama è l’aldilà, il mondo dei morti da cui tutto ritorna.
Il Mourama è governato da un essere incantato chiamato rei Mouro (re Mouro) che vi abita con sua figlia, la princesa Moura (principessa Moura), una mutaforma che può trasformarsi in un serpente, chiamato anche “bicha Moura”, o può anche essere vista cavalcare un drago.
Il folklore galiziano dice, che “In Galizia ci sono due tipi di persone sovrapposte: una parte vive sulla superficie della terra, ed è il popolo galiziano, e l’altra nel sottosuolo, i Mouros“.
Nel XIX secolo, gli archeologi usavano le storie locali per individuare la posizione di antichi resti di interesse storico, in particolare insediamenti lusitani abbandonati da tempo, poiché le storie su Moura erano spesso collegate a tali luoghi.
I Lusitani erano un popolo indoeuropeo, che abitava la penisola iberica prima della sua conquista da parte della Repubblica Romana.
Le monete antiche, a volte rinvenute presso i forti collinari di quelle zone, erano quindi conosciute come “medaglie dei Mouros”.
Quasi tutti i villaggi portoghesi o galiziani raccontano di una Moura encantada, che si dice abitasse nella zona.
Infatti, nella penisola iberica, i monumenti funerari non più in uso sono spesso associati alla Moura, e le tombe scavate nella roccia sono conosciute come Covas da Moura (grotta di Moura), Cama da Moura (letto di Moura) o Masseira (il luogo dove il Pane è impastato da Moura).
In alcune regioni, i dolmen sono popolarmente chiamati mouras o Casa da Moura (casa della Moura), credendo comunemente che le Mouras encantadas vivessero in quelle costruzioni.
L’origine del nome Moura rimane sconosciuta e gli studiosi hanno offerto diverse spiegazioni.
La parola potrebbe derivare dal celtico Mrvos, proveniente da “mr-tous”, derivante a sua volta dal latino “mortuus” = morto.
Da notare che questo termine ha lo stesso significato “morto”, sia in portoghese che in galiziano.
Però, tradizionalmente, la parola Mouro era usata anche come sinonimo di “moro” o “musulmano” nella penisola iberica, in quanto per secoli ha ospitato i Mori.
Quindi, è possibile che il nome Moura (la versione femminile di Mouro) sia legato all’idea che i Mori abbiano creato questi antichi monumenti non cristiani con cui la Moura encantada è comunemente associata.
Inoltre, la parola celtica “mahra” significa “spirito”.
In generale, la principessa Moura encantada (l’incantata Moura), quindi è un essere soprannaturale nel folklore portoghese e galiziano, solitamente descritta come una donna che si pettina i suoi bellissimi capelli lunghi, che possono essere dorati, rossi o neri come la pece.
È sotto un incantesimo lanciato solitamente dal padre, o fratello, o amante o un’altra figura maschile, varia da una leggenda all’altra, per costringerla a rimanere ferma e custodire i suoi tesori.
La fanciulla mutaforma, quindi, promette una ricca ricompensa a chiunque sia in grado di spezzare l’incantesimo e liberarla.
La ricompensa consiste in tesori, anche se in altre versioni la Moura si trasforma in una donna umana e sposa il suo salvatore, spesso portando in dote oro ed altri tesori.
Per spezzare l’incantesimo, occorre ad esempio un bacio, latte o pane senza sale.
È particolarmente probabile che la Moura sotto forma di serpente chieda latte.
In alcune storie, l’incantesimo si spezza quando l’umano dice una certa parola o compie una certa prova (per esempio non guardare qualcosa di nascosto).
Se l’umano tenta di liberare la Moura ma fallisce, l’incantesimo viene raddoppiato.
Entrando più nello specifico delle descrizioni di questa magica mutaforma, ne troviamo diverse:
Moura Mãe: Madre Moura, che appare come una bellissima giovane donna incinta.
Cerca un’ostetrica e promette di dare una grande ricompensa all’uomo che può aiutarla.
Moura Fiandeira: Fanciulla filatrice Moura, che appare portando una pietra sulla testa.
Trasporta pietre per costruire un forte sulla collina, mentre fila la lana con una conocchia portata in vita.
Moura serpente: Serpente Moura è una creatura mutaforma che può assumere la forma di un serpente.
Si può placare questa creatura dandole del latte.
In alcune delle storie, il serpente ha le ali, oppure la Moura assume la forma in parte di serpente, in parte di donna.
In alcuni racconti, può assumere talvolta sembianze di cane (cão), capra (cabra) o cavallo (cavalo).
Le storie locali su un serpente Moura sono spesso legate a una fontana, alla cui acqua si attribuiscono proprietà magiche.
In circostanze particolari, bere l’acqua della fontana può far innamorare un giovane della Moura.
Pedra Moura: pietra della Moura, creatura che risiede all’interno della pietra.
Lo sfortunato che si siederà su una di queste pietre rimarrà incantato.
Se porti una di queste pietre nella tua casa, tutti gli animali di quella casa moriranno presto.
Tuttavia, queste pietre sono attraenti per gli umani, perché si ritiene che contengano tesori.
Ci sono diverse leggende in cui la Moura, invece di essere una pietra, vive dentro la pietra.
Nella tradizione portoghese si dice che si possa entrare o uscire da certe rocce, forse legate alle leggende della Moura.
Infatti questo mutaforma è anche descritto mentre viaggia verso Mourama, stando seduto su una pietra che può galleggiare nell’aria o nell’acqua.
Dentro le grotte, sotto le rocce e sotto terra, molte storie dicono che esistano palazzi con tesori.
E comunque non era raro tra i popoli della penisola iberica preromana credere, che le anime dei morti dimorassero in certe rocce.
Così “almas dos Mouros” o “alminhas dos Mouros” (anime o piccole anime dei Mouros) era il nome dato alle are votive, in quanto “alminhas” era il nome comune dell’edicola funeraria.
Si credeva che le Mouras encantadas fossero le costruttrici delle fortezze paleolitiche, dei dolmen e dei megaliti.
Sembra che la Pedra Formosa trovata a Citânia de Briteiros, fu portata in questo luogo da una Moura che la trasportava sulla testa mentre filava con un fuso. Inoltre, solitamente le Mouras sono tessitrici notturne, ma di notte si sente solo il rumore della tessitura.
Moura Frades: Frati delle Mouras sono le creature incantate che appaiono come colonne di pietra bianca, in quanto sono tutte vestite di bianco.
Princesa Moura: Principessa Moura, che sembra un serpente ma con lunghi capelli biondi.
In molte storie, soprattutto quelle di origine portoghese, inizia la sua vita da mortale, come una bellissima principessa musulmana, che si innamora di un cavaliere cristiano portoghese durante il periodo della Riconquista.
In un’altra versione abbastanza comune, è una principessa magica che vive in un castello sotto terra e si innamora di un moro.
Molte delle leggende raccontate sui principi Moura tentano di spiegare l’origine di una città o di un altro insediamento, e gli eventi della leggenda si svolgono nel mondo reale e in un periodo di tempo specifico.
Spesso fatti storici reali sono stati mescolati con elementi soprannaturali.
Moura Lavadeira: Moura lavandaia, che appare come una lavandaia che mette ad asciugare al sole vestiti bianchi puliti.
Moura Velha: Moura vecchia, che appare come una donna anziana.
Cadeira de Moura: La sedia di Moura è un monolite con la forma di una sedia, pensata per essere un trono reale.
La Moura si siede sulla sedia di notte e, ogni volta che va a prendere l’acqua, porta la sedia sotto il braccio.
Moura encantada e ouro: Molte storie sulle Mouras riguardano l’oro, che può apparire in molte forme diverse, tra cui gonne d’oro, filati d’oro, capelli d’oro, strumenti d’oro (come il pettine d’oro) o animali d’oro.
A volte l’oro sembrerà carbone o fichi.
Esso può essere nascosto all’interno di contenitori interrati, come vasi e padelle e ciò potrebbe essere collegato a reali scoperte di oro all’interno di urne in antiche tombe nella penisola iberica.
Quando la gente del posto si imbatteva in un tesoro nascosto come quello, la leggenda di Moura avrebbe aiutato a spiegarne l’esistenza.
In alcune storie, la Moura custodisce tre pentole: una pentola d’oro, una pentola d’argento e una pentola di peste.
Moura encantada e São João (mezza estate): Molte leggende sulla Moura narrano che si mostra con i suoi tesori solo il giorno di San Giovanni, e che questo è l’unico giorno dell’anno in cui puoi rompere con successo l’incantesimo.
In alcune storie, la Moura spargerà fichi su una grande roccia al chiaro di luna. Mentre, in alcune regioni della penisola iberica, il figo lampo (un tipo di fico bianco) viene raccolto in questo periodo dell’anno e tradizionalmente offerto in dono il giorno di San Giovanni.
Ricordo che il giorno di San Giovanni cade il 24 giugno, il che significa che è strettamente associato al Solstizio d’estate.
L’idea che al Solstizio d’estate (mezz’estate) venga conferito un’importanza speciale e un significato soprannaturale risale ai tempi precristiani ed è presente in molte culture diverse.
LEGGENDA DI MOURA SALÚQUIA
La principessa Salúquia, figlia di Abu-Hassan e governatore della città di Moura, allora chiamata Al-Manijah, si innamorò di Bráfama, sindaco moresco di Aroche.
Alla vigilia del matrimonio, Bráfama si recò con un seguito ad Al-Manijah, a dieci leghe di distanza ma, siccome l’intero territorio dell’Alentejo a nord ed a ovest era già stato conquistato dai Cristiani, il viaggio si rivelò pericoloso.
Nel frattempo, re D. Afonso Henriques, il primo sovrano del Portogallo, commissionò a due nobili, i fratelli Álvaro e Pedro Rodrigues, la conquista della città di Moura.
Venuti a conoscenza dei preparativi per il matrimonio, i fratelli tesero un’imboscata in un uliveto vicino ai limiti del villaggio e, sorpreso dall’azione dei cavalieri cristiani, l’entourage di Aroche fu facilmente sconfitto e Bráfama fu ucciso.
Travestendosi con le vesti dei rappresentanti musulmani, i nobili cristiani si recarono in città, dove Salúquia era in cima alla torre del castello, attendendo l’arrivo del suo fidanzato.
Vedendo avvicinarsi un gruppo di cavalieri apparentemente islamici, la principessa pensò che fossero il seguito di Aroche, così ordinò loro di passare attraverso le porte della fortificazione.
Ma, non appena varcarono le mura, i Cristiani si avventarono sui difensori della città, colti di sorpresa, e conquistarono il castello. Salúquia allora si rese conto dell’errore che aveva commesso e, ferita dalla certezza della morte di Bráfama, prese le chiavi della città e si lanciò dalla torre in cui si trovava.
Commossi dalla storia d’amore che gli Islamici sopravvissuti raccontarono loro, i fratelli Rodrigues ribattezzarono la città in “Terra di Moura Salúquia”, l’odierna Moura.
Una torre di fango nel castello di Moura è ancora oggi chiamata “Torre di Salúquia”, e un uliveto vicino a Moura, quello in cui si suppone che Bráfama e il suo entourage siano caduti in un’imboscata, è chiamato Bráfama de Aroche.
Infine, nello stemma della città è raffigurata una moura morta a terra, con una torre sullo sfondo, in allusione alla leggenda di Moura Salúquia.
Caro navigante, se ami questi luoghi misteriosi e fatati, potresti fare il percorso pedonale “Caminho da Moura Encantada“, con partenza da Santa Clara, Alcaravela, un percorso circolare di circa 15,5 km, che presenta alcune difficoltà specifiche, ma offre l’opportunità di esplorare luoghi fantastici.
E’ moderatamente impegnativo, ottimo per il trekking, richiede una media fino a 4 ore per essere completato, ed è improbabile incontrare molte altre persone durante l’esplorazione.
Tranne le Mouras, naturalmente…
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