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Luglio 2023
CHIODO DI GAROFANO, L’ALBERO CHE DEVE SEMPRE VEDERE IL MARE
Scritto da MadameBlatt
scritto da MadameBlatt
Il Syzygium aromaticum (o Eugenia caryophyllata), è un albero di media o di piccola grandezza, sempreverde che appartiene alla famiglia delle Myrtaceae, originario delle Molucche (Indonesia), ma oggi coltivato in molte aree tropicali: Antille, Africa orientale, Cina e Zanzibar.
L’albero è eretto, con chioma tondeggiante, con grandi foglie di colore verde scuro, molto lucide, leggermente cuoiose, mentre le giovani foglie sono soffuse di rosso.
I fiori sono riuniti in corimbi ad ombrello e da un lungo calice rosso acceso sboccia un fiorellino bianco, dall’aspetto piumoso, a cui segue poi piccole bacche rossastre.
Dai boccioli essiccati ancora chiusi di quest’albero, otteniamo i famosissimi Chiodi di garofano proprio perché, una volta secchi, assumono una colorazione rosso bruna, diventando simili nell’aspetto a dei chiodi.
La parola Chiodi di garofano deriva dalla parola francese “clou”, che significa chiodo.
Nonostante il nome, essi non hanno nulla a che vedere con la pianta di garofano: l’accostamento deriva semplicemente dalla forma, simile a un garofano, che i boccioli assumono una volta essiccati.
Syzygium deriva dal greco = “accoppiato, unito, appaiato”, in riferimento alle foglie accoppiate.
L’epiteto aromaticum deriva dal latino = “aroma, profumo, aromatico, profumato”.
Il Chiodo di garofano ha molti nomi in diverse lingue: Ding xiang (cinese mandarino), Laung (hindi), Clavo (spagnolo), Clou de girofle (francese), Qurnafl (arabo), Nelke (tedesco), Cravo (portoghese).
I primi riferimenti ai Chiodi di garofano si trovano nella letteratura asiatica del periodo Han cinese, sotto il nome di “spezia della lingua di pollo“.
Prima di parlare con l’imperatore cinese, era obbligatorio masticare Chiodi di garofano per addolcire l’alito.
È del VI secolo la prima testimonianza archeologica, rinvenuta in Alsazia (Francia), in una tomba contenente una piccola scatola d’oro che racchiudeva due Chiodi di garofano.
Dall’VIII secolo in poi, i Chiodi di garofano divennero una delle principali spezie nel commercio europeo.
Nelle isole Molucche (ora parte dell’Indonesia), dove furono scoperti per la prima volta i Chiodi di garofano, i genitori piantavano un albero di questa spezia quando nasceva un bambino.
Quando le foreste di Chiodi di garofano furono scoperte per la prima volta, tutti rimasero incantati dalla fragranza e dalla bellezza di questo albero tropicale sempreverde che “deve sempre vedere il mare” per prosperare.
I Chiodi di garofano erano estremamente costosi ed hanno svolto un ruolo importante nella storia mondiale, tanto che furono combattute guerre per assicurarsi i diritti esclusivi sul redditizio business di questa spezia.
Per molti anni, le isole Molucche fecero parte delle Indie orientali olandesi ed il governo olandese cercò di controllarne il monopolio, distruggendo ogni albero di Chiodi di garofano che cresceva altrove.
Il mito di questa pianta crebbe con il tempo, e in piano Medioevo una manciata di Chiodi valeva mezzo bue o un montone.
Nel Medioevo, si faceva uso di un qualche tipo di Chiodi di garofano, chiamati “Gariofili”, anche per scopi terapeutici.
Si credevano essere efficaci per combattere la fatica mentale o la perdita di memoria.
Oppure, addirittura che le arance nelle quali fossero stati conficcati dei Chiodi di garofano proteggessero dalla peste e, a tale scopo, a Napoli si preparavano pastiglie con questa spezia.
Fu nel Cinquecento che questa spezia dal gradevolissimo aroma divenne sicuramente uno dei prodotti più ricercati e cari, ed i medici consigliavano di metterla in infusione nel latte, perché avrebbe “mirabilmente aumentato le forze di Venere”.
I Chiodi erano considerati così potenti come afrodisiaci, che il loro uso era proibito agli appartenenti a vari ordini monastici.
All’inizio del 1800, i Francesi avviarono un’operazione di contrabbando per trasportare piantine di Chiodi di garofano alle isole di Zanzibar e Pemba, che divennero più accessibili anche per gli Europei.
I trattati medici dell’Ottocento continuarono a ritenere i Chiodi di garofano validi a curare l’impotenza, e ottimo rimedio anestetico da introdurre all’interno di un dente dolorante, o sopra una ferita indolenzita.
In India, il Chiodo di garofano è una spezia preziosa celebrata come il “fiore divino” già nei primi testi risalenti all’800 d.C.
Nell’Induismo, il Chiodo di garofano è considerato sacro e compare in alcuni testi ed astrologia come rimedio contro la
negatività, o per attrarre denaro e prosperità.
Si ritiene che offrire o bruciare Chiodi di garofano nell’olio, o secondo il Tantra Shashtra, adorare la dea Lakshmi con petali di rosa e Chiodi di garofano attiri buona fortuna.
Oggi, si mette una ciotolina di Chiodi di garofano dentro la credenza dove c’è la pasta, la farina ed altri alimenti simili, in quanto terranno lontane le farfalline che spesso riescono a deteriorare tutta la dispensa.
Oppure si possono mettere nei contenitori di plastica o borse termiche, per togliere il cattivo odore di stantio o di muffa, ma anche negli armadi, avranno successo.
In mezzo limone, si conficcano numerosi Chiodi di garofano, fino a coprirlo completamente, si mette su piattino e si lascia in una stanza scoperto: terrà lontane le mosche.
Gli stessi Chiodi conficcati in una mela, terranno lontane le tarme.
L’olio essenziale contenuto nei Chiodi può macchiare in modo indelebile le parti in plastica degli utensili con cui viene in contatto.
Oggi possiamo dire che questa spezia contiene vitamine C e K, fibre e manganese ed aiuta a rafforzare l’immunità e la funzione cerebrale.
Inoltre, i Chiodi di garofano sono anche usati per trattare l’infiammazione e gestire il diabete.
Fai attenzione in quanto può essere consumato da tutti, tranne dalle persone con diabete e farmaci per fluidificare il sangue, oltre al fatto che il consumo eccessivo può causare irritazione della pelle e livelli di zucchero nel sangue notevolmente inferiori.
Nell’Ayurveda (sistema di guarigione tradizionale in India), il Chiodo di garofano, chiamato “Lavanga“, non è utilizzato solo in cucina, ma è impiegato come erba medicinale per sostenere la digestione, lenire la nausea, sostenere la salute dei polmoni e si pensa che si un carminativo altamente efficace.
Questa spezia è considerata un’erba energicamente calda con un sapore pungente e quindi più utile in condizioni fredde o stagnanti.
Allo stesso modo nella MTC (medicina tradizionale cinese), il Chiodo di garofano è considerato un’erba riscaldante, che rompe l’energia stagnante incoraggiando il flusso del “Chi” (energia) ed è usato per sostenere i meridiani dei reni, della milza e dello stomaco.
Ampiamente utilizzati nella cucina mediorientale, nordafricana, cinese (nella loro “polvere di 5 spezie”) e indiana, i Chiodi di garofano sono anche indispensabili nel “Chai“, un tè indiano speziato che contiene anche cardamomo, cannella, zenzero, pepe nero in grani e tè nero.
E’ anche ingrediente del “Garam masala”, una spezia culinaria indiana usata nei curry, contenente curcuma e una varietà di altre spezie.
La salsa Worcester, un contributo indo-britannico alla cucina internazionale, è marcatamente dominata dall’aroma di Chiodi di garofano, che sono anche usati per aromatizzare molte marche di ketchup di pomodoro.
Nella cucina occidentale, i Chiodi di garofano sono usati per incastonare i prosciutti al forno, come spezia per sottaceti e nel vin brulè.
Le sfere di pomander sono realizzate incastonando arance (e altri frutti) con Chiodi di garofano essiccati e possono essere utilizzate come decorazione o come rinfrescanti.
Vari racconti e miti popolari circondano il Chiodo di garofano, poiché si credeva che fosse intriso dei poteri magici di protezione, amore e veniva bruciato come incenso, per attirare l’abbondanza finanziaria.
Inoltre, si pensava che bruciarlo come incenso avrebbe impedito agli altri di spettegolare sulla propria persona e veniva usato negli esorcismi per espellere gli spiriti maligni.
Il componente principale dell’olio volatile è l’eugenolo (anche la cannella contiene alti livelli di questo componente), ritenuto responsabile degli effetti analgesici dei Chiodi di garofano.
Da qui l’altro nome di questo albero, Eugenia.
In Esoterismo, il Chiodo di garofano è ben noto per la protezione, l’empatia, la guarigione, la memoria, grazie al suo aroma penetrante che ha effetti fisici e magici.
Il Chiodo di garofano offre protezione contro energie negative, esagoni e spiriti maligni, porta abbondanza, ricchezza e successo negli affari, oltre ad aumentare le capacità psichiche e migliorare le pratiche di divinazione.
È associato all’amore e può essere utilizzato in rituali o incantesimi, per attirare l’amore e rafforzare i legami.
Inoltre può fornire un senso di radicamento e stabilità, aiutando a bilanciare le energie.
Nella Dottrina delle Segnature, si utilizzavano i Chiodi di garofano, in quanto simili a piccoli falli, per aumentare la potenza maschile.
Mentre, l’applicazione di olio di Chiodi di garofano era suggerita per prevenire l’eiaculazione precoce.
Ti lascio con dei consigli di utilizzo dei Chiodi di garofano.
♦ PER PROTEZIONE:
Ecco cosa devi fare per tenere i nemici lontani da casa tua.
1. Servono tre Chiodi di garofano e un po’ di sale. Metti tutto in una ciotola e mescola bene.
2. Quindi metti la miscela sotto il letto per 72 ore.
3. Poi mescola di nuovo tutto, fino a quando il sale non scompare.
4. Metti la miscela sull’ingresso di casa o su un muro vicino a dove mangi.
I guaritori rimuovono gli incantesimi di negatività con Chiodi di garofano ed aglio.
Il Chiodo di garofano è anche usato per paralizzare o neutralizzare una persona, ma non per fargli del male.
I frutti sono anche usati per assorbire energia: un’arancia, ad esempio, con dei Chiodi di garofano incorporati, respinge le vibrazioni negative grazie all’odore.
Ti consiglio di posizionarla al centro di un tavolo, visibilmente e strategicamente esposta.
♦ PER RAFFORZARE LA MENTE E LA MEMORIA:
Prendi tre Chiodi di garofano ogni mattina e schiacciali in una ciotola.
Quindi annusa l’aroma, il quale aumenterà le tue capacità cognitive.
♦ PER FORZA E CORAGGIO:
Mangia una miscela preparata con tre Chiodi di garofano macinati e un cucchiaio di miele.
♦ PER ATTIRARE LE VIBRAZIONI SPIRITUALI:
L’essenza di Chiodi di garofano messa in candele bianche è molto efficace in casa o in azienda, per attirare vibrazioni spirituali in equilibrio, purificare il luogo ed ottenere protezione.
♦ PER LA MEMORIA:
Ogni mattina prendi tre Chiodi di garofano e, mentre li annusi, ricorderai cose che avevi dimenticato.
♦ PER MANTENERE UN’AMICIZIA:
Crea per ogni amico al quale sei affezionato, un sacchetto di stoffa arancione con dentro sette Chiodi di garofano.
E indossalo sempre.
♦ INCANTESIMO D’AMORE:
Questo è un semplice talismano, che puoi realizzare con le tue mani e nel comfort di casa tua.
• Una manciata di Chiodi di garofano
• Un pezzo di stoffa
• Un filo rosso
• Un fiore di gelsomino
Macina i Chiodi di garofano finché non diventano polverosi.
Tagliate a pezzetti i petali del fiore di gelsomino.
Posiziona i Chiodi di garofano macinati e il gelsomino tritato all’interno del tessuto.
Lega la stoffa con il filo rosso e ripeti la seguente frase:
“Da questo momento, questi ingredienti
diventeranno un amuleto d’amore.
Attirerò il tuo sguardo, la tua attenzione
e il tuo amore con loro.
Il chiodo di garofano sarà la mia arma di seduzione. “
Porta sempre con te il talismano, soprattutto se sai che vedrai quella persona di cui sei innamorat*.
♦ PER FARE INNAMORARE UNA PERSONA:
• Sei Chiodi di garofano
• Una candela rossa
• Matita e carta piccola
• Una piccola tazza di ceramica
Posiziona la candela rossa all’interno della tazza ed accendila.
Metti i Chiodi di garofano all’interno della tazza e lasciali bruciare.
Scrivi il tuo nome e il nome della persona amata sulla carta.
Arrotola la carta, mettila nella tazza e lasciala bruciare completamente.
Infine, lascia che la candela bruci completamente.
Ripeti il rituale per tre notti di seguito.
♦ PER DEFINIRE UNA RELAZIONE:
Se hai una relazione con qualcuno e sei confuso sui sentimenti di quella persona per te, questo rituale ti aiuterà a scoprire in quale situazione ti trovi.
Potrebbe trattarsi solo di una bella amicizia, quindi per eliminare la confusione e chiarirti le idee, fai questo rituale.
• Chiodi di garofano
• Canovaccio di tela bianca
Avvolgi una manciata di Chiodi di garofano in un piccolo canovaccio di tela bianco.
Al momento di coricarti, prendi questo fagotto e pensa alla persona ed ai sentimenti.
Tienilo in mano mentre lo fai quindi, prima di addormentarti, mettilo sotto il cuscino.
La risposta molto probabilmente ti arriverà durante il sonno e, in caso contrario, ripeti tutto la notte successiva.
I poteri esoterici del Chiodo di garofano ti aiuteranno a liberarti dai dubbi.
PIANETA: Giove
ELEMENTO: Fuoco
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Ariete
CHAKRA: 1, Muladhara (C. della Radice)
Uno dei più antichi misteri irrisolti d’America risale all’agosto del 1587, quando un gruppo di circa 115 coloni inglesi arrivò a Roanoke Island, al largo della costa dell’attuale North Carolina.
L’insediamento doveva essere la prima colonia inglese permanente nel Nuovo Mondo, dei fratellastri Sir Humphrey Gilbert e Walter Raleigh, i quali condividevano la passione per l’esplorazione e la colonizzazione.
Nel 1578, la regina Elisabetta offrì a Gilbert una borsa di studio di 6 anni, per esplorare e sistemare, per suo conto, porzioni non reclamate del Nord America.
Temendo la guerra con la Spagna cattolica, e bramando la ricchezza spagnola dall’America centrale e meridionale, Elisabetta vedeva la costa americana come un potenziale rifugio per corsari come Sir Francis Drake
Quindi affidò questo ambizioso tentativo a Sir Walter Raleigh, il quale doveva stabilire una base fissa nel nord America, con lo scopo di molestare le navi spagnole, estrarre oro ed argento, scoprire un passaggio per l’Oceano Pacifico e cristianizzare gli Indiani.
Una flotta di undici navi, capitanata da Gilbert, e con a bordo anche Raleigh, salpò nel settembre 1578, ma arrivò solo fino alla costa dell’Africa prima di tornare indietro.
Nel 1580, Gilbert inviò il pirata delle Azzorre Simon Fernandes in un viaggio di ricognizione nel New England e sulla costa medio-atlantica, prima di condurre lui stesso una missione più ampia, nel giugno 1583, prima a Terranova e poi a Cape Breton Island, Nuova Scozia.
Inestinguibile avventuroso e talvolta spericolato, Gilbert si imbatté in una brutta tempesta e morì in mare e, a quel punto, il fratellastro Raleigh, si avvicinò molto alla regina, la quale apprezzandone la schiettezza, gli ordinò comunque una nuova missione.
Due piccole navi salparono da Plymouth il 27 aprile 1584, una comandata dal piccolo e capriccioso Philip Amadas, l’altra da Arthur Barlowe, un colto compagno di combattimento di Raleigh in Irlanda.
L’equipaggio era composto da settantacinque soldati e marinai, un capo pilota, ed altri artisti-intellettuali, tra cui il pittore John White ed il matematico Thomas Hariot.
Tutti loro sbarcarono nelle Outer Banks dell’attuale North Carolina e lì stabilirono contatti per lo più amichevoli con gli abitanti di vari villaggi di lingua algonchina, tra cui i Croatoan, tornando in seguito anche in Inghilterra con due di loro: Manteo e Wanchese.
Hariot in seguito descrisse gli indiani Roanoke, che avevano emesso un “grido orribile, come persone che non avevano mai visto uomini vestiti come noi, e si facevano strada emettendo grida come bestie feroci o uomini dalle loro teste”.
Amadas e Fernandes, invece, presero una nave per, probabilmente, il lato nord di Albemarle Sound, e lì incontrarono indiani ostili.
Barlowe rimase fortemente impressionato dal luogo, lodando i suoi “bei boschi, pieni di cervi, conigli, lepri ed uccelli, anche in piena estate, in incredibile abbondanza”, per non parlare dei “cedri più alti e rossi del mondo.”
Spinto dal rapporto positivo di Barlowe e dalla concessione della regina Elisabetta di insediare la “Virginia”, a dicembre Raleigh aveva il sostegno sia della Corona che della Camera dei Comuni e, il 6 gennaio 1585, fu nominato cavaliere durante una celebrazione della dodicesima notte di Natale.
Poco dopo assunse i titoli di Lord e Governatore della Virginia, e il 9 aprile 1585, circa 600 coloni, oltre a Amadas, Barlowe, White, Hariot, Manteo e Wanchese, salparono da Plymouth su cinque navi e due pinnacoli più piccoli.
Circa la metà dei coloni erano soldati, ma c’erano anche falegnami, fabbri, cuochi, calzolai ed almeno un ministro, tutti uomini.
Il 26 giugno, gettarono l’ancora sull’isola barriera di Outer Banks di Wococon, a circa ottanta miglia a sud-ovest di Roanoke.
Probabilmente non comprendendo appieno quanto potesse essere insidiosa la navigazione nella zona, tre giorni dopo una delle navi si arenò e gran parte del carico si rovinò.
Le provviste inizialmente bastanti per un anno per centinaia di coloni, si ridussero a soli venti giorni.
Di contro nel frattempo, gli Indiani continuavano ad avere sentimenti ambivalenti e contrastanti nei confronti degli Inglesi.
Inoltre, durante l’assenza degli invasori, gli indigeni avevano osservato un’eclissi totale di sole e, subito dopo la ricomparsa dei coloni, una cometa aveva attraversato lentamente il cielo.
Gli Algonchini pensavano che questi fossero segni potenzialmente significativi e, quando i villaggi iniziarono a soffrire di una malattia spesso fatale, videro tutti questi eventi come correlati.
Nonostante ciò ed altri vari problemi, gli Inglesi stabilirono un accampamento fortificato sull’isola di Roanoke, e Thomas Hariot e John White accompagnarono le esplorazioni della terraferma e della baia di Chesapeake, creando mappe, dipinti e descrizioni della cultura nativa.
Ma dopo meno di un anno in America, e poco dopo aver decapitato il capo indiano Pemisapan, gli Inglesi abbandonarono la colonia, lasciando dietro di loro 108 uomini sotto la guida di Ralph Lane, promettendo l’arrivo di una missione di soccorso in autunno.
Ciò non accadde e quell’inverno i coloni affamati, probabilmente guidati da Amadas, salparono per la baia di Chesapeake, dove visitarono Skicoak, capitale degli indiani Chesapeake, e probabilmente qualche altra tribù.
Nel frattempo, malattie e carestie misero a dura prova gli Indiani a Roanoke, così che quando Amadas tornò in primavera, un capo tribù stava valutando se tentare di spazzare via gli intrusi.
Dopo varie vicissitudini, nel 1587 gli Inglesi tornarono in America, questa volta sotto la guida di White, il quale portò anche la sua famiglia, e con l’intenzione di stabilirsi nel Chesapeake: invece, rioccuparono Roanoke.
In seguito White dovette ritornare in patria anche a causa della guerra contro gli Spagnoli e, nonostante il divieto a tutte le navi inglesi di lasciare il porto, Raleigh riuscì a organizzare una missione di soccorso a due navi, che salpò il 22 aprile 1588, tre mesi prima della temibile Armada spagnola.
Ma uno scontro in mare con i Francesi fece tornare le navi zoppicanti in Inghilterra, e White non fu in grado di organizzare un’altra missione fino al 1590, quando finalmente quattro navi salparono per Roanoke.
Questi erano corsari; non portarono con sé coloni o rifornimenti aggiuntivi ed accettarono solo di lasciare White alla colonia. Quando una tempesta affondò una delle navi all’arrivo, erano ancora più ansiosi di andare avanti, ma il 18 agosto 1590 White e una compagnia di marinai sbarcarono a Roanoke.
Il campo era abbandonato, con la parola “CROATOAN” scolpita su un palo.
Tre anni prima, White ed i coloni avevano concordato, che se avessero avuto bisogno di trasferirsi, avrebbero indicato la loro destinazione proprio in quel modo; se si fossero trovati sotto costrizione, avrebbero dovuto incidere una croce sopra le lettere. Con sollievo di White, non c’era una croce del genere.
Ma, nonostante ciò, i coloni erano scomparsi, compresa sua nipote Virginia Dare (la prima bambina inglese nata nelle Americhe), e mai più ritrovati.
La colonia perduta di Roanoke è uno dei misteri più famosi della storia americana; gli indizi criptici lasciati nell’insediamento abbandonato e la mancanza di prove concrete ne fanno il fulcro di speculazioni e teorie selvagge.
Le indagini sul destino della “colonia perduta” di Roanoke sono proseguite nei secoli, ma nessuno ha trovato una risposta soddisfacente.
“Croatoan” era il nome di un’isola a sud di Roanoke, che ospitava una tribù di nativi americani con lo stesso nome: forse, allora, i coloni furono uccisi o rapiti dai nativi americani.
Altre ipotesi sostengono che abbiano tentato di tornare in Inghilterra da soli e si siano persi in mare, che abbiano incontrato una fine sanguinosa per mano degli Spagnoli che erano saliti dalla Florida, o che si siano trasferiti nell’entroterra e siano stati assorbiti in una tribù amica.
Nel 2007, sono stati raccolti i DNA da analizzare delle famiglie locali, per stabilire se fossero imparentati con i coloni di Roanoke, le tribù locali dei nativi americani o entrambi.
Inoltre, nel 2009 la Croatoan Archaeological Society ha iniziato degli scavi sotto la guida del professore ed archeologo inglese dell’Università di Bristol, Mark Horton, insieme con Henry Wright, professore di antropologia all’Università del Michigan, ed esperto di storia dei nativi americani del posto.
I ricercatori hanno trovato migliaia di manufatti, che mostrano un mix di vita inglese e nativa a circa 2 metri di profondità nel terreno.
Parti di spade, anelli, lavagne per scrivere, parti di pistole e vetro si trovano nello stesso strato di terra delle ceramiche indigene e delle punte di freccia.
Insomma, nel corso degli anni vari enti ed organizzazioni hanno tentato di scoprire cosa sia successo ai coloni inglesi.
Concludendo, alcuni dicono che un secolo dopo la scomparsa, l’esploratore inglese John Lawson abbia trovato nativi di Roanoke con gli occhi azzurri.
Oppure che la colonia lasciò l’isola di Roanoke con i Croatoani, per stabilirsi sull’isola di Hatteras, dove prosperarono, mangiarono bene, ed ebbero famiglie miste, resistendo lì per generazioni.
Altri ancora che l’intera colonia sia stata completamente trucidata dagli Indiani.
Le ricerche, gli studi e le supposizioni continuano ancora oggi, ma la domanda rimane: “Come sono potuti scomparire 115 uomini, donne e bambini?”
È un mistero che continua ad ossessionare storici e archeologi da centinaia di anni…
With the sun in place
Streams of thought awaken
New realities
Breaking all illusions
Power’s not an act
It’s understanding truth
Changing my direction
Live in the moment
Breathe in a new beginning
Wisdom revealed
As I unlearn to learn
Life’s biggest battles
Often are fought alone
My spirit brings me home
Drawn to curses left behind
Starts a fire in the mind
To arrive
Where I began
In the light
Embrace the days
Don’t turn away
Life’s true intent needs patience
Karma starts the signal
Chi avrebbe mai detto che una pianta unica proveniente dalla lontana Cina, sarebbe diventata una delle bevande più amate nel mondo, soprattutto nel Regno Unito?
La storia del Tè è veramente affascinante ed inizia, secondo una leggenda, nel 2737 a.C. quando l’imperatore cinese Shen Nung era seduto sotto un albero, mentre il suo servitore faceva bollire l’acqua potabile.
Ad un certo punto, alcune foglie dell’albero caddero nell’acqua e Shen Nung, un rinomato erborista, decise di provare l’infuso che il suo servitore aveva accidentalmente creato.
L’albero era una Camellia sinensis e la bevanda risultante era quello che oggi chiamiamo Tè.
Nonostante non si sappia con certezza se questa sia solo una leggenda o la storia vera, il consumo di tè si è certamente affermato in Cina molti secoli prima che se ne parlasse in Occidente.
Nelle tombe risalenti alla dinastia Han, 206 a.C.-220 d.C., sono stati ritrovati contenitori per il Tè, ma fu sotto la dinastia Tang (618-906 d.C.) che esso si affermò stabilmente come bevanda nazionale della Cina.
Divenne così popolare che, durante la fine del VIII secolo, uno scrittore di nome Lu Yu redasse il primo libro interamente sul Tè, il Ch’a Ching, o Classico del Tè.
Poco dopo, il Tè fu introdotto per la prima volta in Giappone, dai monaci buddisti giapponesi che si erano recati in Cina per studiare.
Lì, il consumo di Tè divenne una parte vitale della cultura giapponese, che dette vita alla cerimonia del Tè, che potrebbe essere radicata nei rituali descritti nel Ch’a Ching.
Nella seconda metà del XVI secolo,iniziarono ad arrivare piccole notizie sul Tè, provenienti soprattutto da commercianti e missionari portoghesi che vivevano in Oriente.
Essi portarono piccoli campioni delle sue foglie in patria, ma i veri importatori furono gli Olandesi che negli ultimi anni del XVI secolo iniziarono a percorrere le rotte commerciali portoghesi in Oriente.
All’inizio del secolo, stabilirono una stazione commerciale sull’isola di Giava, dalla quale, nel 1606, fu spedita la prima partita di Tè dalla Cina all’Olanda.
Da lì poi il Tè si diffuse in altri Paesi dell’Europa occidentale continentale ma, a causa del suo prezzo elevato, rimase una bevanda per i ricchi.
Sempre nel ‘600, la British East India Company, compagnia inglese,aveva il monopolio sull’importazione di merci da fuori Europa, ed i marinai di queste le navi portavano il Tè a casa come regalo.
Ma la fama arrivò nel settembre 1658 quando, sul Mercurius Politicus, un giornale londinese, si annunciò che “China Drink, chiamato dai cinesi Tcha, da altre nazioni Tay alias Tee” era in vendita in un caffè di Sweeting’s Rents in the City.
Il punto di svolta, però, fu il matrimonio di Carlo II con Caterina di Braganza, una principessa portoghese “drogata” di Tè, cosa che stabilì che il Tè fosse visto come bevanda alla moda prima a corte, e poi tra le classi benestanti in generale.
Pertanto, sfruttando questa pubblicità, la Compagnia delle Indie Orientali iniziò a importare tè in Gran Bretagna, con il suo primo ordine piazzato nel 1664, per 45 kg. di Tè cinese da spedire da Giava.
Ben presto, il Te divenne una bevanda popolare nei caffè, che erano luoghi sia per la transazione di affari, quanto per il relax o il piacere.
Un punto a sfavore era che, però, fosse appannaggio degli uomini della classe sociale medio-alta; le donne bevevano il Tè nelle proprie case, ma la bevanda era ancora troppo costosa per essere diffusa tra le classi lavoratrici.
Uno dei motivi per il prezzo elevato era dovuto alla tassazione: nel 1689 fu introdotta la prima, talmente alta che quasi interruppe le vendite.
Fu quindi ridotta nel 1692 e da allora fino al 1964, quando le tasse sul Tè furono finalmente abolite, i politici armeggiarono continuamente con il tasso ed il metodo esatti sulla tassazione del Tè.
Naturalmente, a causa di questa tassazione iniziarono contrabbando ed adulterazioni, effettuati non solo dalle bande criminali, ma anche da molti britannici “per bene” che li supportavano.
Ma la cosa peggiore per i bevitori era che la tassazione incoraggiava anche l’adulterazione del Tè contrabbandato, la cui qualità non era controllata attraverso dogane e accise.
Foglie di altre piante, oppure foglie che erano già state preparate e poi essiccate, venivano aggiunte alle foglie di Tè, conferendogli a volte un colore non abbastanza convincente, che spingeva ad aggiungere qualsiasi cosa, dallo sterco di pecora al carbonato di rame velenoso, per farlo sembrare più simile al vero Tè.
Nel 1784, il governo si rese conto che la pesante tassazione stava creando più problemi di quanti ne valesse la pena, quindi la ridusse e, all’improvviso, il Tè legale divenne accessibile e il contrabbando si fermò praticamente dall’oggi al domani.
Nel 1820, la Compagnia Britannica delle Indie Orientali avviò la produzione di Tè su larga scala nelle regioni indiane dell’Assam e del Darjeeling, grazie all’introduzione della pianta cinese, rubata segretamente da un certo Robert Fortune, che ne portò non solo i semi ma anche l’esperienza dei lavoratori del Tè cinesi.
Le foglie coltivate sul suolo indiano risultavano più grandi e avevano una maggiore capacità di fermentazione rispetto a quelle coltivate in Cina.
Il Tè coltivato in India era considerato un prodotto patriottico dell’impero ed era spesso preparato al massimo della sua capacità date dalla maggiore forza delle foglie indiane, che fornivano vigore e forza d’animo; mentre il Tè coltivato in Cina era considerato insipido ed acquoso.
I Britannici accolsero favorevolmente anche l’associazione di ingredienti aggiuntivi, probabilmente radicati nella tradizione indiana, che preparava il Tè chai (o Masala chai), un’infusione di tè nero e spezie (come cardamomo, chiodi di garofano, cannella, pepe nero, pepe lungo e zenzero) infuso in acqua bollente con l’aggiunta di latte e servito zuccherato.
Il Tè, prima considerato una bevanda di alto rango, acquistò poi maggiore popolarità tra la classe operaia britannica, grazie al costante calo del prezzo.
Il Movimento per la Temperanza promosse il consumo di Tè all’inizio del XIX secolo, come alternativa al gin, che per secoli era stato un grave problema sanitario e sociale tra le classi più povere.
Infine, si notò che il cibo, piuttosto secco e di scarsa qualità disponibile all’epoca, era aiutato da una tazza di Tè zuccherato e lattiginoso ad ogni pasto.
E così alla fine del XIX secolo, grandi marchi come Lyons, Lipton e Twinings dominavano il mercato, visto che il Tè era senza dubbio la bevanda preferita da tutte le classi durante l’era vittoriana.
Anche se la maggior parte della produzione di Tè era concentrata principalmente nell’emisfero orientale, venne introdotto anche in America.
Diversi stati negli Stati Uniti ebbe piccoli coltivatori di Tè, anche se la maggior parte veniva coltivato nella Carolina del Sud, principalmente nella piantagione di 127 acri a Charleston, probabilmente una delle piantagioni di Tè più storiche del Paese.
Esistono varie categorie di Tè, tra cui:
NERO—Solitamente, i Tè neri singoli e non miscelati prendono il nome dalle regioni in cui vengono coltivati, ad esempio Assam, Darjeeling, Yunnan, Ceylon, Keemun. Essi sono completamente ossidati, risultando in una tazza di Tè scura e ricca, piuttosto ricca di caffeina e composti chimici forti. Le foglie vengono spesso macerate durante il processo di ossidazione, consentendo a tutte le parti delle foglie di essere esposte all’aria e scurirsi completamente. I Tè neri si abbinano bene con latte, zucchero, oli e spezie. I più famosi sono Earl Grey (con olio di bergamotto), Masala Chai (a base di spezie aromatiche indiane come zenzero fresco, baccelli di cardamomo, cannella, chiodi di garofano e grani di pepe) e Lapsang Souchong (foglie di Tè essiccate su un fuoco di legno di pino con conseguente sapore profondo, scuro, affumicato). La famosa miscela English Breakfast è un mix di Assam, Ceylon e Tè neri kenioti, preparata in Scozia per la regina Vittoria, durante una delle sue visite al castello di Balmoral.
OOLONG–I tè Oolong sono parzialmente ossidati, quindi a metà strada tra i Tè neri e verdi, ed hanno caratteristiche aromatiche che variano a seconda del loro livello di ossidazione. Molti Oolong vengono trasformati in un modo in cui intere foglie di Tè vengono arrotolate strettamente in piccole palline, che si aprono gradualmente man mano che le foglie vengono immerse in acqua calda. A causa di questa particolare forma, molti Tè Oolong possono essere infusi più volte, offrendo sottili differenze di sapore ad ogni infusione successiva.
VERDE–Le foglie di Tè verde sono in genere di colore più chiaro, riflettendo le foglie verdi originali dopo il raccolto. Sono in gran parte non ossidate e subiscono un processo di riscaldamento subito dopo la raccolta, per arrestare l’ossidazione, risultando una bevanda più leggera e più dolce. I Tè verdi cinesi sono tipicamente cotti in padella per fermare l’ossidazione, mentre quelli giapponesi sono tipicamente cotti a vapore. Gunpowder, Matcha, Sencha e Dragon Well sono solo alcune delle tante varietà di Tè verde provenienti da Cina e Giappone, le cui differenze risiedono nelle tecniche di produzione e nell’esposizione alla luce. Il Tè verde si sposa particolarmente bene con la menta ed è una delle bevande più consumate nei paesi nordafricani come il Marocco.
PU’ER—i Tè Pu’er (o Pu-erh) sono unici, in quanto sono fermentati ed invecchiati. Mentre l’ossidazione si ottiene con l’esposizione dei Tè all’aria, la fermentazione è un processo di invecchiamento in cui le foglie di Tè vengono scomposte dall’attività microbica. I Tè Pu’er vengono invecchiati da pochi mesi a diversi anni e sviluppano un caratteristico gusto ricco e terroso.
BIANCO–I Tè bianchi subiscono una minima quantità di ossidazione e sono composti dai migliori boccioli e punte lanuginose della Camellia sinensis, il che li rende particolarmente pregiati. Questi Tè hanno un delicato carattere floreale e, a differenza di altri, sono molto ricchi di antiossidanti quanto più a lungo vengono preparati.
I Tè verde e bianco aiutano nei disturbi legati ai processi degenerativi, contrastando gli esiti dell’invecchiamento, della chemioterapia e delle radiazioni.
Hanno effetti positivi anche nei problemi al cuore, ai vasi sanguigni ed al sistema nervoso centrale.
Studiando l’effetto dell’aroma del Tè Darjeeling di secondo livello, probabilmente il miglior Tè nero del mondo, si è scoperto che l’inalazione dell’aroma riduce significativamente lo stress soggettivo, “depressione/ansia” e “ostilità”.
Esistono delle leggende su alcuni tipi di Tè; eccone alcune.
–Genmaicha, o Tè di riso integrale, è un Tè verde giapponese miscelato con riso integrale tostato.
Talvolta è indicato come Tè popcorn a causa dei chicchi di riso integrale tostato, che scoppiettano durante la tostatura, assomigliando ai popcorn.
Una variante di questo Tè aggiunge il matcha alla miscela.
Secondo la sua leggenda, nel Giappone del XV secolo, un samurai stava pianificando una campagna militare.
Il suo servitore, Genmai, gli stava servendo del Tè verde, un lusso in quel periodo, e alcuni chicchi di riso caddero dalla sua manica nella tazza del samurai.
In un impeto di rabbia, il samurai estrasse la sua katana e decapitò il servo ma, mentre beveva il suo Tè, si rese conto che il riso si sposava bene col sapore del Tè e si pentì.
Ordinò che questo nuovo Tè fosse servito per commemorare il suo defunto servitore e, per onorarne la memoria, lo chiamò Tè Genmai-cha.
Un’altra storia pone l’origine del Gen Mai Cha a circa 100 anni fa, quando un piccolo negozio di tè a Kyoto creò un Tè più economico per le persone, usando un Tè bancha, ovvero raccolto tardivo mescolato con riso, per mascherare il sapore del Tè.
— Tie Guan Yin, ovvero Iron Goddess of Mercy (la Dea ferrosa della misericordia) è un Tè Oolong premium cinese originario del XIX secolo.
La produzione Tie Guan Yin è molto complessa e viene fatta due volte l’anno (primavera e inverno).
La leggenda racconta di un pio e povero contadino, Wei, che un giorno passava davanti a un tempio fatiscente, che ospitava la statua di Guanyin, il Bodhisattva della Compassione.
Essendo povero non poteva fare molto, ma un giorno portò una scopa per pulire, facendolo due volte al mese per diversi mesi, finché una notte Guanyin apparve nei suoi sogni.
Gli disse di un dono che aveva lasciato per lui dietro il tempio, che avrebbe dovuto condividere con gli altri.
L’uomo lì trovò una piccola pianta di Tè, che piantò in un campo vicino.
La pianta del Tè fiorì e le talee furono utilizzate per creare più cespugli di questa pianta.
–Earl grey: è il Tè aromatizzato più popolare in tutto il mondo, e contiene il frutto del bergamotto, Citrus bergamia, una specie di arancia amara.
Sull’origine di questo Tè esistono varie leggende e l’unico filo conduttore in tutte le storie è che è, in qualche modo, correlato al primo ministro britannico dell’800, Earl Grey.
Una storia racconta che, durante una missione in Cina, Earl Grey salvò la vita a un nobile Mandarino e ricevette la ricetta del Tè come simbolo di gratitudine.
Un’altra dice che Earl Grey ricevette questo Tè come regalo al termine di una visita diplomatica di successo in Cina.
Alcuni sostengono che gli uomini di Lord Grey abbiano salvato il figlio di un Mandarino dall’annegamento e che gli sia stato offerto questo Tè aromatizzato in segno di gratitudine.
Oppure, Lord Gray sviluppò personalmente la ricetta e lo dette ad una Casa da Tè locale a Londra per produrlo, oppure che Earl Grey abbia ricevuto questo Tè da un inviato, durante il suo viaggio di ritorno dalla Cina.
Altri raccontano che, mentre tornava a casa con il suo carico, una nave mercantile fu investita da un’orrenda tempesta. Il tè e il frutto del bergamotto si mescolarono insieme, rovinando la bevanda.
Ma a Lady Grey piacque quel sapore e iniziò a far servire questo Tè ad ogni evento.
Un’ultima versione, che il Tè fu aromatizzato appositamente da Lord Grey da servire ad un Mandarino cinese, per farlo adattare all’acqua locale del Northumberland, che aveva un forte sapore di limo (calcio).
In Esoterismo, le doti magiche del Tè si riferiscono principalmente alla ricchezza ed alla forza, ma anche se hai bisogno di coraggio, questo infuso ti sarà utile.
E naturalmente, non dimenticare la Tasseomanzia, ovvero l’arte divinatoria, che si basa sulla lettura dei fondi di Tè.
Ora vediamo quale varietà usare nei rituali, a seconda dell’obiettivo che si intende raggiungere:
TE’ BIANCO– è utile per pulire se stessi o un’area, e per fornire protezione
TE’ MATCHA– è benefico per la chiarezza mentale, il benessere generale e la salute
TE’ VERDE– è benefico per la guarigione, la creazione di consapevolezza e l’apporto di nuova energia positiva
TE’ NERO– può fornire forza e felicità, respingendo allo stesso tempo l’energia negativa
TE’ OOLONG– è benefico per la saggezza e per creare una connessione più profonda con se stessi.
Vi lascio con tre magici rituali.
TE’ PER L’ANIMA
Ingredienti:
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Acqua lunare, che si ottiene lasciando una tazza, una ciotola o una bottiglia d’acqua vicino ad una finestra per crogiolarsi al bagliore della luna.
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Tè Matcha
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Rosmarino
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Camomilla
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Cannella
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Miele
Indicazioni:
Infondere tutti gli ingredienti nell’acqua di luna. Una volta combinati, mescola in senso orario per attirare la tranquillità. E’ meglio bere questo Tè prima di andare a letto.
TE’ PER LA POSITIVITA’
Ingredienti:
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Tè verde
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Camomilla
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Miele
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Limone
Indicazioni:
Metti in infusione il Tè e, una volta che è pronto, aggiungi il miele e il limone. Usando un cucchiaio, mescola in senso orario per attirare positività. Se hai un canto o un mantra, puoi recitarlo mentre mescoli.
TE’ CURATIVO
Ingredienti:
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Tè nero alla vaniglia
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Cannella
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Latte a piacere
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Miele
Indicazioni:
Metti il Tè e un pizzico di cannella nella tua tazza. Versaci sopra del latte tiepido. Successivamente, aggiungi un cucchiaio di miele e mescola in senso orario, per attirare conforto e in senso antiorario per bandire la negatività.
“Assaggia l’anguria e capirai cosa mangiano gli angeli”
-Mark Twain-
Citrullus è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Cucurbitaceae, di cui conosciamo bene ed apprezziamo la specie Citrullus lanatus, ovvero il Cocomero, o Anguria, o Melone d’acqua.
Essa è una pianta a ciclo vegetativo annuale, originariamente proveniente dall’Africa tropicale, arrivata in Europa nei primi secoli dopo il 1000, al tempo delle Crociate.
Il nome Citrullus è un diminutivo moderno derivante dal latino “citrus” = “cedro”, col significato di “giallo-arancio”.
L’epiteto “lanatus” è un termine sbagliato, in quanto si riferisce alle parti lanose della pianta giovane del Melone cedro, che cresce nell’Africa meridionale, candidato popolare per l’antico antenato dell’Anguria.
Cocomero deriva dal latino “cucumis” = “cetriolo”.
Anguria invece dal greco “angoúrion” = “cetriolo selvatico”.
Melone d’acqua, dal francese “melon d’eau”, a sua volta derivante dal latino “melone”.
Altri nomi regionali o internazionali sono: Pateca, Sarginiscu, Zipangolo, Pizzitangulu, Citrone, Sindria, Sindiyya, Sandia, Baṭīḫa, Zipangu, Watermelon.
Esistono più di 1300 cultivar di Anguria, di peso, colore e sapore variabile.
Il frutto che noi mangiamo è una falsa bacca molto massiccia, con la buccia liscia di colore verde e strisce/chiazze più chiare, o gialle o bianche.
All’interno, la polpa è rossa, ma anche gialla, arancione o bianca, con semi di colore variabile e contiene oltre il 90% di acqua.
Anticamente, l’Anguria era solitamente deposta nelle tombe dei faraoni come mezzo di sostentamento per la vita nell’aldilà, ma ancora oggi è considerata quasi un elisir di lunga vita, per la notevole quantità di antiossidanti che contiene.
Grazie alla sua composizione, l’Anguria è un frutto fortemente ipocalorico ed è adatto alla stagione estiva per la sua capacità dissetante.
Ottima per gelati, dolci, bevande, macedonie e marmellate, questo frutto può essere utilizzato anche in cosmesi: la polpa, infatti, è ottima per preparare maschere idratanti e con il suo succo si preparano lozioni utili ad ammorbidire la pelle.
Uno studio, condotto dagli scienziati dell’Università di Tokyo, ha recentemente provato l’efficacia del licopene contenuto nell’Anguria (il più comune pigmento rosso che si trova negli alimenti come pomodoro, anguria, albicocche, arance e pompelmo rosa, considerato precursore della vitamina A) nel proteggere i polmoni dei fumatori o di chi vive in città industriali, la cui aria è inquinata da sostanze tossiche.
I semi NON vanno ingeriti (hanno un alto potere lassativo) ma sputati.
Si può provare a graffiare via un po’ di buccia con un’unghia: se si stacca facilmente, il Cocomero è maturo al punto giusto.
In alcune culture, si ritiene che l’Anguria abbia proprietà che aumentano la fertilità, grazie al suo alto contenuto d’acqua, che aumenta la quantità di liquido amniotico nelle donne in gravidanza; mentre il suo alto contenuto nutrizionale sostiene lo sviluppo del feto.
Inoltre, i semi vengono tostati e mangiati per aumentare la fertilità e la potenza sessuale degli uomini.
Sull’Anguria esistono diverse leggende tra cui una vietnamita, che spiega l’origine di questo frutto e sostiene la virtù dell’indipendenza, nel non fare affidamento sugli altri.
È una virtù necessaria e preziosa per ogni essere umano e dovrebbe essere ancora rispettata nella società moderna.
La leggenda dell’Anguria in Vietnam
Tanto tempo fa, durante il diciottesimo periodo di re Hung, c’era un uomo di nome Mai An Tiem, il quale era agile, intraprendente e laborioso, quindi era amato dal re e riceveva da lui molte cose buone e particolari.
Di solito, quando le persone ricevevano doni dal re, tutti lo amavano e lodavano, ma An Tiem disse:
– Ciò che guadagniamo è prezioso, ciò che qualcuno ci dà è debito.
L’uomo lavorava sempre sodo e non si aspettava, né desiderava, di ricevere l’aiuto del re.
Malevoli funzionari riportarono al re le parole di Mai An Tiem, e il sovrano si arrabbiò tantissimo, pensando che Mai An Tiem fosse una persona orgogliosa ed ingrata.
Disse: “Voglio vedere, se egli dipenderà solo dalle sue forze, sopravviverà?”.
Quindi disse ai soldati di arrestare Mai An Tiem, per poi deportarlo con tutta la sua famiglia su un’isola deserta.
Durante il viaggio, l’intera famiglia di Mai An Tiem galleggiava nel mare giorno dopo giorno, ed alla fine si fermò su una strana isola.
La moglie di Mai An Tiem pianse e gridò: Perché sono così infelice? Non avremmo dovuto far arrabbiare il re!
Mai An Tiem confortò sua moglie: Dio ci ha generati, per vivere e morire facendo affidamento su lui e su noi stessi. Solo con queste mani, non avremo paura della fame.
L’uomo, dopo qualche giorno scoprì uno stormo di uccelli provenienti da ovest, atterrati sulla riva dell’isola, che stavano mangiando una specie di seme nero.
Mai An Tiem pensava: “Se gli uccelli possono mangiare questi semi, anche gli esseri umani possono mangiarli!”.
Quindi, raccolse immediatamente tutti i semi e li piantò nel terreno.
Giorno dopo giorno, Mai An Tiem cercò di fertilizzare il suo giardino, il quale ben presto divenne rigoglioso.
Le piante fiorirono e fruttificarono bene e, al momento del raccolto, Mai An Tiem, sua moglie ed i suoi figli portarono a casa tutti i frutti maturi.
Essi erano di colore verde scuro e, quando venivano spaccati, l’interno era rosso vivo, succoso ed aveva anche semi neri.
An Tiem provò ad assaggiarne uno, sentendo che era dolce e fresco.
Un giorno, una barca incontrò una tempesta ed andò sull’isola di An Tiem per trovare riparo.
Tutti gli uomini scesero a terra, videro molti frutti strani, che sembravano deliziosi, e si affrettarono a scambiare il loro cibo con la famiglia di An Tiem.
Da lì si sparse la voce che su quell’isola ci fosse un frutto molto delizioso e le navi mercantili si fermavano alacremente per scambiare cibo con la famiglia An Tiem, per assaggiare questo meraviglioso frutto.
Grazie a ciò, la piccola famiglia di An Tiem divenne sempre più ricca.
Un giorno, qualcuno offrì al re uno strano frutto e il sovrano, dopo averlo assaggiato, chiese informazioni sulla sua origine, venendo a sapere che era stato coltivato da An Tiem sull’isola deserta.
Il re, capendo di essersi sbagliato sulle qualità dell’uomo, mandò immediatamente una barca per far tornare la famiglia di An Tiem. L’uomo e sua moglie si rallegrarono, raccolsero tutte le Angurie mature ed i semi da portare a casa, che vennero poi distribuiti agli abitanti del regno, insegnandogli come piantarli.
Oggi le Angurie sono associate al capodanno in Vietnam, chiamato il festival del Tet, in cui la gente mangia semi di Anguria arrostiti.
La leggenda dell’Anguria nelle Filippine
Gli Spagnoli rimasero nelle Filippine per circa trecento anni, con l’intenzione di conquistare queste terre.
Per fare ciò, gli Spagnoli utilizzavano lo strumento del Cattolicesimo, e la prima messa fu celebrata a Limasawa, da un prete spagnolo di nome Padre Novelles.
Egli cercò di convertire i nativi alla religione cattolica, ma prima studiò il loro dialetto per comunicare bene.
Poiché gli indigeni adoravano le loro divinità da molto tempo, fu difficile per Padre Novelles convincerli ma, imperterrito, divenne più diligente nell’insegnare la vita e gli insegnamenti di Cristo.
Questo prete missionario fu talmente bravo, che molti si convertirono al Cattolicesimo.
Ma, anche se molti avevano già iniziato a seguire i suoi insegnamenti, c’era ancora una città che era cieca e sorda che adorava ancora le divinità, soprattutto la città governata da Diliwariw.
Questo sovrano tribale non voleva seguire gli insegnamenti del Cattolicesimo e, poiché era tanto furioso, chiese al suo popolo di catturare il missionario che predicava.
Padre Novelles fu catturato, dovette portare una croce, così come predicava parlando della sua religione,e fu inchiodato su di essa sui monti Caraballo.
Ciò spezzò il cuore agli indigeni convertiti, soprattutto quando, con il calore sfrigolante del sole, il missionario perse la sua umile vita.
Proprio come con Cristo, sul sacerdote veniva usata una lancia appuntita, facendo scorrere abbondantemente il sangue dal suo petto fino al suolo, dove si trovava la base della croce.
In seguito, dopo la morte di padre Novelles, il re Diliwariw iniziò a sentirsi a disagio, e ricordò la parte degli insegnamenti del missionario, secondo cui Cristo tornò in vita il terzo giorno.
Quindi, per rassicurarsi, il terzo giorno Diliwariw tornò sul posto con il suo soldato più fidato, rimanendo scioccato in quanto il corpo senza vita, che avevano lasciato inchiodato sulla croce, non c’era più. Diliwariw con il suo soldato cadde in ginocchio, chiedendo sinceramente perdono.
E, mentre chinavano il capo con gli occhi pieni di lacrime, notarono un germoglio che cresceva a terra, esattamente nel punto in cui sgorgava il sangue del devoto sacerdote. La suddetta pianta portava un frutto liscio e tondo, che per loro era proprio come la testa del prete missionario.
Quando si aprì, il frutto aveva una polpa acquosa rossa, che sembrava il sangue del missionario.
Da allora, Diliwariw, ormai cattolico convertito, visitò sempre la montagna dove era morto il sacerdote missionario, facendo un vero e proprio voto.
E con quel voto arrivò l’accettazione di qualsiasi punizione per il suo più grande peccato, l’uccisione del sacerdote.
Naturalmente, quel frutto rosso era l’Anguria.
La leggenda delle Zucche ed Angurie-vampiro
Secondo una particolare credenza popolare documentata da Tatomir Vukanovic in Kosovo a metà del 1900, zucche ed Angurie si animano durante le notti di Luna piena, dando vita a macabre danze che culminano con dispetti verso la popolazione. Tale trasformazione sarebbe evidenziata dalla comparsa di alcune particolari macchie simili al sangue, all’interno delle quali si troverebbero una sorta di piccoli vermi bianchi.
La trasformazione avviene se questi frutti vengono conservati per più di 10 giorni; a quel punto le zucche/anguria si avvicinano ed iniziano a scuotersi tra loro, emettendo suoni come “brrr, brrr”.
A questo punto vanno in giro per le case, cercando di fare del male alle persone, ma la gente non le teme particolarmente, perché sa che il danno che può ricevere è relativo.
Infatti, per sconfiggerle basta bollirle e ridurle in poltiglia, quindi spazzare i resti con una scopa e bruciarli.
Spiritualmente, in molte culture l’Anguria è simbolo di abbondanza e fertilità, associate alla polpa dolce e succosa.
Si ritiene, che mangiare Anguria possa portare fortuna e prosperità.
Grazie al suo effetto rinfrescante, è anche legata al ristoro ed al ringiovanimento, in quanto si pensa che rinnovi corpo, mente ed anima.
Mangiare Anguria aumenta il desiderio e la passione, quindi è da consumare in occasioni romantiche, come San Valentino.
Essendo un frutto ricco di acqua, in molte culture è associata alla purificazione ed alla pulizia, in quanto elimina le tossine, le impurità e promuove la salute spirituale e fisica.
Il significato spirituale dell’Anguria è anche legato alla trasformazione ed al cambiamento, proprio per i suoi semi, che rappresentano il potenziale per una nuova vita.
Essi sono spesso usati nei rituali per simboleggiare la trasformazione della propria vita in positivo.
In Esoterismo, l’Anguria è utilizzata soprattutto nelle culture africane, dove si ritiene che abbia proprietà curative e protettive, soprattutto nei semi che vengono usati nelle pratiche divinatorie.
L’Anguria allontana gli spiriti maligni e protegge la casa dall’energia negativa.
Infatti viene spesso collocata all’ingresso delle abitazioni o appesa alle pareti, per fornire protezione spirituale.
Come pratica divinatoria, i semi vengono gettati su una stuoia o su un tavolo ed interpretati in base alla loro posizione e disposizione.
Essi forniscono informazioni sul futuro ed aiutano le persone a prendere decisioni importanti.
L’Anguria può essere usata anche come strumento per la pratica della consapevolezza, la quale implica di essere pienamente presenti nel momento e prestare attenzione ai propri pensieri e sentimenti, senza pregiudizio.
Nei sogni è spesso associata ad abbondanza, fertilità e prosperità.
Se sogni di mangiare Anguria, potrebbe rappresentare un bisogno di nutrimento o soddisfazione emotiva.
Se sogni di coltivarla o di raccoglierla, potrebbe indicare un periodo di crescita ed abbondanza nella tua vita.
ELEMENTO: Acqua
PIANETA: Luna
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Cancro
CHAKRA: 4, Anahata (C. del Cuore)
Il Calicanto, Chimonanthus praecox, è una pianta appartenente alla famiglia delle Calycanthaceae, è originario di Cina, dove è chiamato Làméi (蠟梅), e Giappone ed in natura è distribuito in tutta l’Eurasia.
E’ noto anche come Wintersweet, Calycanthus, Pimento giapponese, Japanese allspice.
In Iran, luogo in cui è ampiamente coltivato, è chiamato Gol-e yakh (گلیخ).
Il Calicanto è un arbusto vigoroso che può raggiungere i 4 metri di altezza, ha tronco eretto, foglie lanceolate lunghe fino ad una trentina di cm; fiori pendenti fortemente profumati, che sbocciano in inverno su steli nudi, di colore giallo o verde-giallo pallido esternamente, mentre i petali interni solitamente hanno pigmenti rosso porpora.
Esso è una delle prime piante da giardino che producono il fiore nel pieno dell’inverno, anche con climi molto rigidi, quindi si dice che i rami fioriti del Calicanto annuncino l’avvento dell’inverno.
Da ciò il suo nome Chimonanthus, dal greco “cheimón” = “inverno” e “ánthos” = fiore.
Invece “praecox” dal latino = “precoce”, in quanto si sviluppa, fiorisce o matura in anticipo rispetto alle specie simili.
I semi del Calicanto sono tossici per umani ed animali.
Soprattutto in Cina, sono state condotte molte ricerche scientifiche inerenti le proprietà medicinali (soprattutto antimicotiche) del Calicanto.
I fiori hanno dimostrato di contenere sostanze antiossidanti ed antibatteriche, oltre a composti fenolici in grado di stimolare e rafforzare il sistema immunitario e cardiovascolare, contrastare le infiammazioni e l’azione dei radicali liberi e manifestare un’azione espettorante utile in caso di tosse e catarro.
In Cina, i fiori sono sempre stati tradizionalmente usati come medicina popolare, per il trattamento di morbillo, tosse, tonsillite e faringite.
Un olio estratto dall’infuso dei fiori, utilizzato esternamente, sfrutta le proprietà lenitive ed antiossidanti del Calicanto, per combattere arrossamenti ed irritazioni della pelle.
L’olio essenziale dei fiori è utilizzato in cosmesi, profumeria ed aromaterapia.
I fiori sono anche usati per aromatizzare tisane o vengono aggiunti a miscele di pot-pourri, per profumare la biancheria.
Il legno, dopo essere stato immerso in acqua, si lucida fino ad ottenere una finitura nera brillante.
In Giappone, i fiori sono usati nel tè e come condimento nei dolci tradizionali.
I fiori del Calicanto sono noti per avere un significato spirituale e rappresentano resilienza, speranza e rinnovamento.
Infatti, le bellissime fioriture emergono spesso dal gelo e dalla neve invernali, a significare la resilienza che la natura possiede. Questi fiori fungono da ispirazione per ricordarci che, anche nei momenti più bui, la speranza ed il rinnovamento sono sempre dietro l’angolo.
Essi simboleggiano anche la bellezza della vecchiaia, poiché sono venerati per la sua longevità e continuità durante tutta la stagione invernale.
Si ritiene che sognare fiori di Calicanto rappresenti l’introspezione, la riflessione e la scoperta di sé.
Il sognatore potrebbe attraversare un periodo di trasformazione e crescita, e questo fiore è un simbolo di speranza, un segno che le cose migliori sono all’orizzonte.
Esistono molte leggende associate al Calicanto.
Nella mitologia giapponese, i suoi fiori sono indicati come “Il fiore dell’amore solitario”.
Si ritiene che una giovane donna, che aspetta il suo amore perduto, debba mettere dei fiori di Calicanto vicino al suo letto per simboleggiare la pazienza e la resistenza.
Allo stesso modo, nel folklore cinese, i fiori sono associati all’attesa ed alla pazienza, poiché spesso sbocciano durante l’inverno quando altri fiori sono dormienti.
Si narra, che ci si dovrebbe profumare ogni mattina polsi e caviglie con essenza di Calicanto, per rinforzare le ossa ed i fasci di nervi che vi confluiscono.
Il Calicanto è spesso considerato un simbolo di buona fortuna, infatti si ritiene che avere fiori in casa o in giardino possa portare positività e prosperità nella propria vita.
Inoltre, nella cultura cinese, si ritiene che questa pianta possa proteggere dagli spiriti maligni e dall’energia negativa.
Un’antica leggenda racconta che, tanto tempo fa, c’era un piccolo pettirosso infreddolito in cerca di riparo dal gelo, che si spostava di pianta in pianta.
Solo il Calicanto gli offrì un luogo caldo tra i suoi petali gialli così, per premiare la sua generosità, il Signore donò al fiore un cuore cremisi in ricordo del piccolo uccellino dal petto rosso, oltre ad una copiosa e profumata fioritura invernale, tanto simile ad una pioggerella di stelle.
PIANETA: Giove
SEGNO ZODIACALE ASSOCIATO: Sagittario
CHAKRA: 3, Manipura (C. del Plesso solare)
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